Editoriale
Pandemia: the day after e i problemi del giorno prima
Pandemic: the day after and the problems of the day before
The Director of Aedon expresses some considerations about the crisis caused by pandemic of Coronavirus disease and the future challenges for the administration (not only) of cultural heritage between temptations of come back
to the past and dangerouse acelerations.
Keywords: Pandemic; Administration; Center-Periphery.
Non è facile riflettere su ciò che sta accadendo e che può derivare sulla società e sulle istituzioni a causa di una epidemia planetaria che già ai primi di aprile, a poche settimane dal suo espandersi dall'area iniziale, ha provocato un milione di contagiati e più di cinquantamila morti. Con prospettive, dicono gli esperti, ancora più gravi.
Ma è indispensabile provarci, con qualche prima considerazione riferita anche al caso specifico del sistema delle attività e dei servizi culturali e delle istituzioni che vi operano.
Alcuni effetti sono certi, e oggi già visibili. Il blocco generalizzato e istantaneo di ogni attività non ha solo svuotato in un istante musei, biblioteche e siti ma ha traumaticamente separato le "cose" e la loro materialità da chi fruendone ne assicura e rinnova il significato. Al punto che le stanche polemiche sulle ovvie distinzioni (di finalità) tra tutela e valorizzazione e l'altrettanto ovvio reciproco intreccio sul piano funzionale e operativo risultano, nella desertificazione attuale di ogni spazio pubblico e nella distanza siderale tra beni e monumenti immersi nella solitudine e reclusione privata della popolazione, di surreale inutilità e pochezza. In mezzo, nella terra di nessuno, resta l'immagine di una socialità sospesa e proprio perché negata mai tanto necessaria agli uni e all'altra.
A ricordarci che non si salva il patrimonio culturale senza coloro che vivendolo ne riscoprono quotidianamente il senso (turismo compreso), e perché entrambi debbono fare conti seri con il più dimenticato degli elementi: il contesto. Che chiede interdipendenza, a fronte di apparati e saperi ostinatamente parcellizzati e talvolta rivendica brutalmente, nelle calamità naturali come in quelle belliche o nelle epidemie, il potere di dire l'ultima parola.
Poi certo, su un piano diverso, c'è molto altro. L'arresto traumatico di ogni attività e di ogni mobilità non solo ha azzerato le attività in atto ma impedisce ogni previsione per quelle future, cancella prestazioni professionali e lavoro di milioni di persone, svuota risorse pubbliche e private che mancheranno per molto tempo. Opportuna dunque l'iniziativa per un Fondo cultura, lanciata a fine marzo sul Corriere della Sera, e una ragione in più per sottolineare la necessità che tutte le istituzioni e le strutture amministrative cui sono riservati i compiti che più direttamente incidono su questi versanti adeguino tempi e modalità di azione alle urgenti necessità del momento. I primi segni, a cominciare dalla perdurante mancanza (al 5 aprile) dei provvedimenti attuativi del d.l. 18/2020 del 17 marzo 2020 decisivi per l'operatività delle misure di emergenza previste (L. Torchia, La triste storia del decreto invisibile, in Rassegna Astrid 4-5/2020), non sono incoraggianti.
In tutto questo, la vita continua e ci sarà tempo di analisi accurate e di proposte adeguate.
Per ora, sarebbe già un risultato capire ciò che certamente è positivo e può aiutare, e dunque va sostenuto, e quello che altrettanto certamente è inutile anzi dannoso, e va evitato.
Si è già detto del Fondo Cultura. Anche il fiorire di iniziative basate sulle reti e sulle applicazioni digitali, alcune delle quali di ottima qualità, è apprezzabile e conferma come questa soluzione costituisca la strada maestra intorno a cui rivedere in futuro molti aspetti della conservazione e della fruizione del patrimonio culturale. A condizione però di ricordare che tutto questo non si ottiene sovrapponendo semplicemente il nuovo al vecchio (immutato) ma ripensando in profondità quest'ultimo. Ciò che non sempre e non da tutti è colto o condiviso.
Numerose invece sono le cose da non fare e qui, a parte le ipotesi tristemente ricorrenti (condoni), i rischi vengono da fronti opposti: quello di chi tenta grazie all'emergenza di rimettere in discussione soluzioni ormai positivamente acquisite, e di chi avanza modifiche radicali reagendo precipitosamente alla profondità della crisi.
Il rischio, qui come altrove, è reale. Lo si vede in materia di sanità ove a fronte di seri problemi emersi sia al centro che in ambito regionale e locale c'è chi propone di ripensare all'impianto complessivo del Servizio Sanitario Nazionale in chiave di ricentralizzazione dimenticando gli innegabili successi raggiunti negli ultimi quarant'anni. O per venire a noi, il rischio che qualcuno a fronte del grippaggio totale dei musei in termini di iniziative programmate e di visitatori con una interruzione di risorse pubbliche e private molto importante (stimabile per l'esercizio in corso in quasi 250 milioni), sia tentato di riaprire querelles mai chiuse: dall'autonomia speciale e ordinaria dei musei alle forme di partenariato pubblico-privato.
Si tratta di tentazioni da evitare per molti motivi. Per ragioni di tempo, perché questo è il momento dell'emergenza e l'esatta dimensione dei problemi ne risulta fortemente alterata; per ragioni di metodo, perché non sempre il segmento in cui si registra il problema è anche il luogo dove cercare la soluzione; e infine per questioni di merito: perché ricentralizzare in modo generalizzato risorse e funzioni è comunque sconsigliabile, dato che l'autonomia nasce dall'esigenza di differenziare per aderire alle diversità del Paese e perché semmai l'alternativa non è il ritorno al centro ma forme di organizzazione e decentramento (anche statali) più flessibili.
E perché, è bene ricordarlo, senza un centro profondamente rivisto non funzionano né l'autonomia, né il decentramento, né la ricentralizzazione.
Ci sarà tempo per approfondire e discuterne. L'unica cosa certa è che non è tempo di improvvisare. Pare ad esempio che dalla inesauribile fantasia di alcune rappresentanze sindacali e sulle leggere ali dello smart working e del suo successo attuale, qualcuno pensi di proporre applicazioni avanzate come... la vigilanza a remoto dei musei e dei siti archeologici.
Pandemia e the day after: è una partita decisiva, si vedrà. Ma dipende molto anche da come sapremo superare gli altri problemi, quelli del giorno prima.