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Sulla tutela del patrimonio culturale

La tutela delle collezioni d’arte tra diritto pubblico e diritto privato: uno sguardo al contesto internazionale [*]

di Eleni Moustaira

Sommario: 1. Le definizioni sono importanti?. - 2. Identità dei collezionisti. - 3. Collezioni private "verso" Collezioni pubbliche. - 4. Accesso del pubblico alle collezioni private. - 4.1. Collezioni private aperte al pubblico - trasformate in collezioni pubbliche. - 4.2. Donazioni da collezionisti privati a musei pubblici. - 5. Epilogo.

Protection of collections between public law and private law: a look at the international context
Many national laws do not contain definitions of the art object or of the private or/and public collections. Some authors believe that the absence, in most national laws, of those definitions, is a hindrance to the production of the necessary documents that regulate the art transactions, national and international, thus causing perplexity and absence of security. Others hold the contrary opinion. Collecting, both private and public, transcend the individual lives of the human participants: Private collectors withdraw artworks from the circulation at the latest until their death, public collections usually do that forever. Furthermore, the fact that during the last decades several private collections turn into [public] museums, in many parts of the world, according to the options that each law may provide, is somehow evidence that the line between private and public property was and is constantly being displaced.

Keywords: Private/Public Collections; Protection; Fruition; Collectors.

1. Le definizioni sono importanti?

Molti (se non moltissimi) diritti nazionali non contengono definizioni normative dell'opera d'arte o delle collezioni private o dei musei. Non c'è certezza nessuna, per quanto riguarda questi concetti. Particolarmente per quanto riguarda i musei, Karsten Schubert descrive ciò brillantemente:

Il museo sta cambiando. Nel passato, era il luogo delle certezze assolute, la fontana delle definizioni, dei valori e della educazione per tutti i dibattiti artistici, un luogo non delle questioni ma delle risposte autoritative. Oggi, il museo è al centro di una discussione accesa sulla sua natura e sulla sua funzione. Al più estremo, lo scopo stesso del museo è contestato - e negato. Si tratta di una discussione assolutamente inconcludente, eppure essa si ripercuote profondamente sul modo con quale i musei sono percepiti e gestiti [1].

Una eccezione, piuttosto rara, all'assenza delle definizioni legislative dei musei, è rappresentata dal diritto Portoguese secondo il quale il museo è "una istituzione di carattere permanente, con o senza personalità giuridica, senza fine di lucro, dotato di una struttura organizzativa che permette a questo di: "a) assicurare una destinazione unitaria ad un set di beni culturali e attribuirvi valore grazie ad attività di ricerca, incorporazione, inventario, documentazione, conservazione, interpretazione, esposizione e pubblicità, con scopi scientifici, educativi e ricreativi; b) procurare al pubblico un accesso regolare per favorire la democratizzazione della cultura, l'avanzamento della persona e il sviluppo della Società" (art. 3 par. 1 Legge per i Musei).

Il concetto giuridico Portoghese per i musei sembra essere ispirato dal Codice della Etica per i Musei, del International Council of Museums (ICOM) [2], secondo il quale, il museo è una istituzione "non-profit" permanente al servizio della società e del suo sviluppo, aperto al pubblico, il quale acquista, conserva, ricerca, communica ed espone, ai fini di studio, educazione e godimento, l'evidenza materiale ed immateriale della gente e del suo ambiente.

Anche in Francia, comunque, la Legge per i Musei (Loi relative aux musées de France), contiene una definizione giuridica di museo [3].

Alcuni autori ritengono che la mancanza, nella maggior parte dei diritti nazionali, di definizioni normative di museo, incida negativamente sulla produzione dei documenti necessari che regolano le transazioni d'arte, nazionali ed internazionali, causando così perplessità ed insicurezza [4]. Altri, al contrario, si oppongono a questa rimostranza, dicendo che le transazioni d'arte sono quasi ovunque cospicue proprio in considerazione della loro relativa informalità.

2. Identità dei collezionisti

Si dice che tutti gli oggetti d'arte abbiano due funzioni: possiamo utilizzarli ovvero possiamo appropriarcene. Queste due funzioni sono mutualmente esclusive. Quando un oggetto d'arte non si definisce più sulla base di sua utilità pratica, esso acquisisce esclusivamente valore soggettivo: il suo destino è quello di divenire un oggetto di collezione [5].

Chi sono i soggetti portatori di questa necessità di accumulare, di ammassare pezzi in un certo numero? [6]

Secondo l'opinione di alcuni - non lontana della verità - in certi periodi di tempo e per certe persone, collezionare oggetti è solo un modo di passare il tempo. Raccogliere oggetti d'arte sarebbe un'attività cui si dedica esclusivamente la gente ricca. Per questa dottrina, collezionare significa ammassare oggetti inutili e, facendo così, vantarsi in modo provocativo verso gli altri, mostrando non solo che certe persone possono disporre liberamente del loro tempo ma che possono anche operare una "traduzione materiale" di questo tempo [7].

Secondo un'altra opinione, quelli che hanno moltissimo denaro sarebbero - per definizione - cattivi collezionisti, dato che il benessere economico facilitando, in modo eccessivo, l'acquisto di oggetti d'arte farebbe perdere la "gioia della caccia". Si dice, infatti, che il collezionista ha "l'olfatto di un cacciatore, l'anima di un poliziotto, l'oggettività di un storico e la prudenza di un commerciante di cavalli" [8]! Spesso, nondimeno, il collezionista è una persona semplice che, come diceva Andre Breton, vuole solo trovare "l'oro del tempo" [9].

"Collezionisti e curatori di musei agiscono come tesorieri", dicono altri. E spesso ciò è vero, anche se siffatta affermazione rischia di essere troppo semplicistica o, comunque, riduttiva a fronte di una così complessa attività. L'attività collezionistica, di certo, oltrepassa le vite dei partecipanti: i collezionisti privati rimuovono gli oggetti d'arte dalla circolazione fino, al più tardi, alla loro morte, mentre le collezioni pubbliche producono lo stesso effetto, di solito, per sempre [10].

Per di più il fatto che, nel corso degli ultimi decenni, numerose collezioni private, in molte parti del mondo, si trasformino in musei pubblici, secondo modalità diverse disciplinate da ciascun ordinamento evidenzia, in qualche modo, come (in questo ambito) la linea tra la proprietà privata e pubblica sia costantemente trasposta [11]. Né ciò deve meravigliare.

Lo stesso era successo in passato, specialmente negli Stati Uniti (ma anche in Europa), nel periodo a cavallo fra l'ultimo quarto del XIX sec. fino alla seconda guerra mondiale; periodo nel quale "estremi collezionisti" compravano sia per loro stessi che nella prospettiva della creazione di un museo. Loro obiettivo era quello di accumulare tanta arte quanta sarebbe stata necessaria per la creazione di un museo strutturato secondo una impronta individuale.

Queste collections museums sarebbero, poi, diventate pubbliche dopo la morte dei collezionisti. Indipendentemente da differenze specifiche, queste collezioni condividono, con i musei propriamente detti, una serie di elementi comuni. Ciò è perfettamente scritto da Higonnet:

C'è per caso un nome che sarebbe appropriato per queste collezioni? Certamente non potrebbero chiamarsi house museums poiché, sebbene, superficialmente, possono sembrare semplici case private, esse erano tutte intese, sin dall'inizio, a diventare pubblici musei d'arte. Potrebbero, forse, chiamarsi musei privati? Ma, sono tutti pubblici. Potremmo parlare di musei personali? Questa definizione sarebbe più precisa, dato che sono veramente personali, sebbene pubblici. E allora personal art collection museums? Definizione molto precisa ma, purtroppo, scomoda. Chissà, forse, collection museum è la soluzione migliore, con la precisazione eventuale che la collezione è, comunque, d'arte [12].

3. Collezioni private "verso" Collezioni pubbliche

Questo è il profilo più complesso. Il rapporto fra collezioni private e collezioni pubbliche presenta, infatti, due facce: da un lato, le collezioni private che vogliono essere più aperte al pubblico, dall'altro le collezioni pubbliche che lasciano volentieri (o anche qualche volta, controvoglia) spazio alla partecipazione privata.

Sapendo che collezionare è spesso un'attività idiosincratica, ci si è chiesto dove riposi la differenza rispetto a quell'attività di raccolta in modo che collezionare acquisisca un carattere istituzionale.

Per alcuni, le collezioni vere e proprie non potrebbero che essere necessariamente private, in quanto recherebbero l'impronta delle preferenze personali dei collezionisti. Ma può una tale "lettura" essere accettata oggi?

L'accesso pubblico e la musealizzazione delle collezioni private devono considerarsi, attualmente, fattori determinanti. Ma quali le ragioni che inducono un collezionista a rinunziare al suo diritto di godimento esclusivo dei suoi beni culturali e a condividerli con il pubblico? Filantropia, prestigio sociale, benefici fiscali, l'idea della continuità della collezione con il nome del collezionista collegato ad una istituzione pubblica? E quali sono le tendenze contemporanee nel settore delle collezioni private [13]?

In quei paesi europei dove lo Stato non investe sufficiente danaro nei finanziamenti ai musei d'arte, le collezioni private, durante il primo decennio del XXI secolo e "quasi senza battaglia", hanno rappresentato un potere in crescita [14].

In Svizzera, da alcuni decenni, è stato istituito un tipo di collaborazione tra musei pubblici, famiglie dei grandi collezionisti e nuove istituzioni private finanziariamente potenti. In Francia, da una parte, le istituzioni pubbliche possono avvalersi di un budget cospicuo per comprare opere d'arte e, dall'altra parte, è riconosciuto alle istituzioni museali una sorta di diritto di prelazione. Alla morte d'artisti importanti, queste istituzioni sono, infatti, ammesse a comprare per prime in caso d'aste o di vendita del bene ereditario.

La geografia dell'attività collezionistica si è poi, di recente, trasformata con l'apparizione - sullo scenario internazionale - di nuove realtà economiche a base regionale. L'emergere di collezionisti provenienti dalla Cina, Sud-Est Asiatico, Medio Oriente o dal subcontinente Indiano, e cioè da paesi ove non esiste una rete internazionale di musei pubblici, pone in rilevante una più evidente connessione tra istituzioni private, da una parte, e collezioni pubbliche statali, dall'altra [15].

4. Accesso del pubblico alle collezioni private

Il problema più grande, nel caso delle collezioni private, è l'accesso, o piuttosto, la mancanza di accesso alle stesse da parte del pubblico.

Il fatto che, per quanto riguarda il ruolo dei musei - privati o pubblici che siano ma comunque depositari di una funzione educativa e di custodia del patrimonio culturale nazionale - domini una mentalità differente, in culture giuridiche differenti, può fino ad un certo punto spiegare il diverso atteggiamento che hanno i legislatori nazionali. Si possono identificare, insomma, atteggiamenti diversi dei diritti nazionali e dei collezionisti privati che risiedono in giurisdizioni differenti.

Ovviamente non sono tutti felici di questa situazione di disomogeneità. Giuristi con una certa mentalità tendono ad accusare di incoerenza o incongruenza i diritti stranieri che trattano questa materia in maniera molto diversa. Fa senza dubbio riflettere, per esempio, la considerazione di Sax: "La Francia (...) restringe la vendita-esportazione di opere d'arte che considera come parte del proprio patrimonio nazionale. Tuttavia quando una certa opera d'arte è venduta all'interno dello Stato, il nuovo proprietario non ha l'obbligo di permettere qualunque tipo di accesso pubblico ad essa" [16].

Per contro, l'atteggiamento volontario di un collezionista che permette l'accesso alla propria collezione, a tutte le persone ovvero solo ad un numero limitato di esse rappresentato da artisti, esperti e generalmente conoscitori, è generalmente valutato molto positivamente. Oltretutto questa condotta, laddove l'accesso sia informale, non necessita di alcuna regolazione giuridica. Sax tratteggia molto bene questa situazione osservando come "pratiche del genere possono significativamente trovare un compromesso tra imperativi privati e pubblici" [17].

Al di là di accordi volontari, tuttavia, le alternative che si offrono, sul piano giuridico, sono varie e dipendono ovviamente dal tipo di scelta operata dal sistema giuridico di riferimento. Così, in alcuni ordinamenti, esistono leggi che provano a "convincere" i collezionisti privati ad aprire al pubblico le proprie collezioni, usando soprattutto incentivi fiscali.

Gli Stati Uniti, ad esempio, consentono detrazioni fiscali di importo pari al valore dei beni artistici donati ai musei pubblici. Il Regno Unito offre, da una parte, benefici fiscali ai collezionisti che vendono o donano opere d'arte allo Stato o le mantengono all'interno dei confini nazionali e, dall'altra parte, operano attraverso una politica di imposizione fiscale favorevole al proprietario di opere d'arte il quale si obblighi a rendere le stesse disponibili per una esposizione. Dal canto loro, Germania ed Austria, pure intervengono sul piano della imposizione fiscale, alleggerendo la relativa pressione a chi presti gratuitamente, per alcuni anni, la propria collezione a musei pubblici.

Vero è che esistono proposte per l'introduzione di un "sistema di prestiti obbligatori con spese a carico delle istituzioni pubbliche". Altrettanto vero che "rendere effettivo un tal dovere" per quanto difficile "non sarebbe certo impossibile". Si tratta però di proposte non accolte da tutti positivamente. A parte il fatto che proposte del genere, come gli scettici molto bene segnalano, scoraggerebbero i collezionisti, è difficile di dire se una siffatta soluzione sarebbe possibile in tutti i sistemi giuridici [18].

4.1. Collezioni private aperte al pubblico - trasformate in collezioni pubbliche

Oggi, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, si assiste ad una proliferazione di "private collector museums". Qui collezionisti influenti utilizzano l'arte per guadagnare accettazione per l'arte contemporanea globale o per educare il pubblico nelle proprie regioni, su movimenti d'arte non locali. Altri collezionisti optano, invece, per soluzioni più selettive e condividono le proprie collezioni su base molto privata.

Inoltre, nuove forme di "collezioni pubbliche-private", che cambiano il carattere del mondo dell'arte, continuano ad apparire. Come si è segnalato, condividere una collezione d'arte con il pubblico determina una crescita del capitale sociale e culturale. Aprendo le loro collezioni al pubblico, i collezionisti si servono dell'arte per affermare la propria identità individuale, elevano il proprio profilo pubblico e creano un lascito. I collezionisti, inoltre, attraverso gli spazi pubblici, guadagnano influenza sul mercato delle opere d'arte, acquisendo una posizione più rilevante anche nella relazione con i commercianti d'arte (specie quando si tratta di effettuare acquisti) e forse, persino, contribuiscono ad alzare il valore dell'arte stessa.

Condividere una collezione fornisce anche vantaggi fiscali [19]. Tuttavia non sempre gli incentivi ai collezionisti sono chiari, trasparenti, specie nei casi la provenienza degli oggetti della collezione non è "conosciuta"; casi in cui, spesso, i collezionisti domandano una "ricompensa", per niente insignificante.

4.2. Donazioni da collezionisti privati a musei pubblici

Un modo comune per i musei pubblici di arricchire le proprie collezioni è quello di accettare donazioni da persone private, siano essi collezionisti o meno. In questo modo, i musei sono in grado di acquisire opere d'arte di gran valore storico ed estetico.

In Spagna, tutti gli acquisti di beni culturali in tal modo effettuati necessitano dell'accordo della Junta de Calificación, Valoración y Exportación de Bienes, del Patrimonio Histórico Español, com'è la regola per i contratti dell'Amministrazione Pubblica. Questa Junta è un organo nominato alla Dirección General de Bellas Artes y Bienes Culturales [20].

Nel Regno Unito, vi sono vari esempi di collezionisti privati i quali - in vita o dopo la morte - hanno donato le loro collezioni, o parti di esse, a musei. Così è per la collezione d'arte di Sir Denis Mahon, fine conoscitore d'arte ed esteta. Secondo i termini del suo testamento le sue collezioni sono state date in perpetuo a sei musei e gallerie d'arte della Gran Bretagna: National Gallery of Scotland, in Edimburgo; National Gallery in Londra; Ashmolean in Oxford; al Fitzwilliam in Cambridge; Birmingham Art Gallery; Temple Newsam House in Leeds.

Ma sempre nel testamento di Sir Denis Mahon esiste una clausola in base alla quale, se mai qualunque di questi musei e di queste gallerie decidesse di far pagare per l'entrata, o laddove questi tentassero di vendere qualcosa delle sue collezioni permanenti, le opere d'arte donate dovranno essere restituite al Art Fund, che è l'organizzazione benefica indipendente nazionale di raccolta fondi per le opere d'arte.

5. Epilogo

La tutela delle collezioni d'arte è un tema con molte sfaccettature, solo alcune delle quali sono qui menzionate. Una cosa è sicura: la cooperazione tra collezioni pubbliche e collezioni private potrebbe dare risultati benefici per entrambe.

Altra questione molto interessante è quella relativa alle tecniche di restauro e conservazione delle opere d'arte. Si è prospettata la possibilità che un museo pubblico possa fornire assistenza alle gallerie d'arte ed ai collezionisti sul corretto trattamento degli oggetti d'arte, particolarmente quando questi sono molti e presentano esigenze di trattamento troppo differenziate.

Secondo questa opinione oltremodo interessante, le istituzioni pubbliche svolgerebbero un ruolo centrale per il futuro della conservazione delle opere d'arte, poiché sono queste che, da una parte, hanno i mezzi necessari e, dall'altra parte, applicano i protocolli internazionali sulla conservazione degli oggetti d'arte. Com'è stato correttamente evidenziato, infatti, il soggetto che procede al restauro e alla conservazione degli oggetti culturali è molto importante specie per i collezionisti privati che spesso, purtroppo, sottovalutano questo aspetto [21].

 

Note

[*] L'articolo è basato sul libro mio, "Art Collections, Private and Public: A Comparative Legal Study", Springer 2015 ed era la mia presentazione al Seminario organizzato per l'Università degli Studi di Salerno, il 27 ottobre 2016. Ringrazio l'Università e i colleghi che sono intervenuti e, specialmente, ringrazio la cara collega Virginia Zambrano per l'invito.

[1] K. Schubert, The Curator's Egg. The evolution of the museum concept from the French Revolution to the present day, 3rd ed. Ridinghouse, London 2009, pag. 15 (la traduzione è mia).

[2] A. Laureano, A Brief Survey on Some Essentials of Portuguese Museum Law, in Revista Museologia e Patrimônio 7 (2014) 3, pag. 10.

[3] Cfr. LOI n° 2002-5 du 4 janvier 2002 relative aux musées de France. Article 1: L'appellation "musée de France" peut être accordée aux musées appartenant à l'Etat, à une autre personne morale de droit public ou à une personne morale de droit privé à but non lucratif.

Est considérée comme musée, au sens de la présente loi, toute collection permanente composée de biens dont la conservation et la présentation revêtent un intérêt public et organisée en vue de la connaissance, de l'éducation et du plaisir du public.

[4] P. Sandretto Re Rebaudengo, Il diritto dell´arte a esistere ne diritto, in: I diritti dell´arte contemporanea (G. Ajani/A. Donati, ed.), Umberto Allemandi & C., Torino 2011, pag. 89, pagg. 90-91.

[5] J. Baudrillard, The System of Collecting, in The Cultures of Collecting (J. Elsner & R. Cardinal, eds.), Harvard University Press, Cambridge, Ma, 1994, pag. 7, 8.

[6] E. Moustaira, Comparative Law and Cultural Objects [in Greek], Nomiki Vivliothiki, Athens 2012, pag. 54.

[7] J. Attali, Mémoire de sabliers. Collections, mode d'emploi, Les Editions de l'Amateur, Paris 1997, pag. 19.

[8] M. Rheims, Les collectionneurs. De la curiosité, de la beauté, du goût, de la mode et de la spéculation, Editions Ramsay, Paris 2002, pag. 19.

[9] P. Cabanne, Les grands collectionneurs. Tome I: Du Moyen Age au XIXe siècle, les Editions de l'Amateur, Paris 2003, pag. 8.

[10] P. van der Griejp, Passion and Profit. Towards an Anthropology of Collecting, Lit Verlag, Berlin 2006, pag. 8.

[11] A. Higonnet, A Museums of One's Own. Private Collection, Public Gift, Periscope Publishing, Pittsburgh 2010, 169.

[12] A. Higonnet, A Museums of One's Own. Private Collection, Public Gift, Periscope Publishing, Pittsburgh 2010, xii. (la traduzione è mia).

[13] A. Duarte, Da coleção ao museu: o colecionismo privado de arte moderna e contemporânea em Portugal, Revista Vox Musei arte e património, 2013, pag. 17 e 19.

[14] R. Fleck, Das Kunstsystem im 21. Jahrhundert. Museen, Künstler, Sammler, Galerien, Passagen Verlag, Wien 2013, pag. 69.

[15] R. Fleck, Das Kunstsystem im 21. Jahrhundert. Museen, Künstler, Sammler, Galerien, Passagen Verlag, Wien 2013, pagg. 72-74.

[16] J.L. Sax, Playing Darts with a Rembrandt. Public and Private Rights in Cultural Treasures, The University of Michigan Press, Ann Arbor 1999, pag. 64 (la traduzione è mia). Per Sax il proprietario dell'opera d'arte deve considerarsi "fortunate, if provisional, trustee, having no right to deprive others who value the objects as much as they do themselves".

[17] J.L. Sax, Playing Darts with a Rembrandt. Public and Private Rights in Cultural Treasures, The University of Michigan Press, Ann Arbor 1999, pag. 66 (la traduzione è mia).

[18] J.L. Sax, Playing Darts with a Rembrandt. Public and Private Rights in Cultural Treasures, The University of Michigan Press, Ann Arbor 1999, pagg. 66-67.

[19] M. Rosell, The Art Collector's Handbook. A Guide to Collection Management and Care, Lund Humphries in association with Sotheby's Institute of Art, 2014, pag. 150, 152-3.

[20] M. Gonzalez Sanz/C. Montero de Espinosa Helly, Museos y mercado del arte. La adquisición de bienes culturales realizada por el Estado: una manera de recuperar, impulsar y difundir nuestro patrimonio, Arte y Sociedad. Revista de Investigación 2011, http://www.eumed.net/rev/ays/0/gseh.html.

[21] A. Detheridge, Quali diritti per l'arte contemporanea?, in I diritti dell´arte contemporanea (G. Ajani/A. Donati, ed.), Umberto Allemandi & C., Torino 2011, pag. 25, 33.

 



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