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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

a cura di Giancarlo Montedoro

Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.

1. Beni culturali

Tar Sardegna, sez. II, 3 febbraio 2016, n. 97 - Pres. Scano - Est. Manca - Dichiarazione di particolare interesse archeologico, ai sensi dell'art. 10 comma 3, lettera a) del d.lgs. 42/2004.

Il giudizio che presiede all'imposizione di una dichiarazione di interesse culturale è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, che implica un apprezzamento riservato all'Amministrazione competente alla tutela; e sottratto al controllo di legittimità, se non entro i limitati margini del sindacato esterno, sotto i diversi profili del difetto di motivazione, del palese travisamento dei fatti, della abnorme illogicità o della manifesta irrazionalità (ex multis, recentemente, v. Cons. St., VI, 2 marzo 2015, n. 1000; in precedenza, Cons. St., VI, 6 marzo 2009, n. 1332; VI, 24 maggio 2013, n. 2851).

Quando si tratta della imposizione del vincolo archeologico, è ovvio che l'autorità amministrativa ritenga di sottoporre a tutela una intera area complessivamente abitata nell'antichità e solo eventualmente cinta da mura, comprendendovi anche gli spazi verdi, dal momento che le esigenze di salvaguardia riguardano non i reperti in sé e solo in quanto addossati gli uni agli altri, ma complessivamente tutta la complessiva superficie destinata illo tempore all'insediamento umano (già Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2013, n. 522; nello stesso senso sez. VI, 9 aprile 2013, n. 1906).

Cons. St., sez. II, 21 maggio 2015, n. 945/13 - Pres e rel. S. Santoro - Sulla fondazione La Triennale di Milano.

Atteso che nell'ordinamento non è rinvenibile una nozione unitaria di ente di ricerca, dal momento che non sembra potersi individuare alcuna definizione normativa univoca di tale categoria di enti classificatori, occorre fare riferimento all'attività in concreto svolta secondo le norme primarie e secondarie che attengono ai compiti ed all'organizzazione di ciascun ente, sicché, esaminata in concreto l'attività dell'ente fondazione "la triennale" di Milano, non v'è dubbio che lo stesso debba qualificarsi come culturale e di ricerca e che pertanto rientri pienamente nell'ipotesi di esclusione dai limiti di remunerazione per la partecipazione agli organi collegiali prevista nell'ultima parte del 2º comma dell'art. 6 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con legge 30 luglio 2010, n. 122.

2. Beni paesaggistici

Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5001 - Pres. Zaccardi - Est. Castiglia - Sul c.d. "effetto selva" in materia di parchi eolici.

La soprintendenza può adottare criteri generali per la valutazione delle fattispecie sottoposte al suo esame e in linea di principio può considerare con cautela, ai fini della tutela del paesaggio, la presenza di più parchi eolici nella stessa area; tuttavia non può arrestarsi ad una valutazione tipica (cioè che la realizzazione di due parchi eolici nella stessa area determinerebbe in ogni caso un "effetto selva" non compatibile con il contesto paesaggistico tutelato) senza considerare le caratteristiche della specifica vicenda, allorché il progetto è stato modificato proprio per venire incontro agli iniziali giudizi negativi: ciò può rappresentare una non consentita "irragionevole limitazione" alla installazione di un impianto di produzione di energie alternative e non pare conforme alle linee guida, per le quali la mera preesistenza di altri impianti eolici non è di per sé ostativa, benché occorra tenerne conto (d.m. 10 settembre 2010, all. V, n. 3.2., lett. k).

Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2015, n. 5752 - Pres. Pajno - Est. Franconiero - Autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 per la realizzazione di un impianto fotovoltaico in area dichiarata di notevole interesse pubblico.

Non può prescindersi dall'apporto istruttorio di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela di beni di rilievo costituzionale quali il paesaggio, nei riguardi di provvedimenti autorizzativi di opere aventi un impatto sulla collettività, nonché, laddove queste siano sovraordinate rispetto all'amministrazione procedente, dell'effetto impeditivo della decisione finale sull'istanza da parte di quest'ultima e conseguente devoluzione dell'affare al vertice dell'organizzazione amministrativa nazionale.

Sotto tale profilo sono ravvisabili analogie con la disciplina relativa alla valutazione di impatto ambientale, che, se di competenza statale, determina la rimessione dell'affare alla medesima sede (artt. 26, comma 2, t.u. ambiente e 14-ter, comma 6-bis, legge n. 241/1990), mentre "in tutti gli altri casi" non inibisce la decisione finale dell'amministrazione procedente, "valutate le specifiche risultanze della conferenza" (14-ter, comma 6-bis, citato) nell'ambito della quale deve necessariamente confluire anche la valutazione di impatto ambientale non resa nei termini perentori di legge (art. 14-ter, comma 4, legge n. 241/1990).

Un'autorizzazione regionale rilasciata in difetto di tali imprescindibili passaggi è illegittima, essendo precluso all'amministrazione sindacare le ragioni addotte a sostegno del parere negativo da parte dell'autorità istituzionalmente competente alla tutela dell'interesse paesaggistico.

Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1945 - Pres. Santoro - Est. Scanderberg - Sanatoria paesaggistica di opere edilizie di modeste dimensioni realizzate sine titulo.

Nei casi in cui una nuova opera rientra nella nozione di vano tecnico, cioè dello spazio fisico privo di autonomia funzionale ma meramente servente e pertinenziale rispetto ad una costruzione principale, l'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, chiamata a pronunciarsi in sede di cd 'sanatoria paesaggistica', deve valutare la compatibilità dell'intervento con i valori paesaggistici espressi dal decreto di vincolo, senza poter opporre in senso ostativo alla stessa ammissibilità di detta valutazione l'intervenuta realizzazione di nuove superfici e nuovi volumi.

La nozione di 'volume tecnico', corrisponde a un'opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, in quanto destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della stessa; in sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere ubicati all'interno di questa, come possono essere - e sempre in difetto dell'alternativa - quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore e simili, che si risolvono in meri interventi di trasformazione senza generare aumento di carico territoriale o di impatto visivo.

Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 914 - Pres. Severini - Est. Lageder - Potere di imporre il vincolo paesaggistico.

Il potere del ministero de Beni delle Attività Culturali e del Turismo di dichiarare il notevole interesse pubblico di beni paesaggistici, ex art. 138, comma 3 del d.lgs. n. 42 del 2004 è autonomo e non meramente sostitutivo rispetto a quello attribuito alle regioni per corrispondenti esigenze di tutela, sia perché nell'ambito della disciplina dell'iter di formazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, tale disposizione fa espressamente salvo il potere del ministero di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136 del medesimo Codice, sia perché, ai sensi dell'art. 140, comma 2, stesso d.lgs., la dichiarazione determinata dal ministero diviene parte integrante del piano paesaggistico di cui all'art. 135 "e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo".

In considerazione della titolarità, in capo allo Stato, dei poteri in materia paesaggistica (sulla base in primis dell'art. 9 della Costituzione), la normativa del Codice ha espressamente previsto l'autonomia del potere ministeriale di disporre il vincolo paesaggistico (rispetto al corrispondente potere attribuito alla regione sulla base della legislazione trasfusa nel d.lgs. n. 42 del 2004), mediante determinazioni che hanno ipso iure l'effetto della conseguente integrazione del Piano regionale, qualora già emanato.

Cons. St., sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201 - Pres. Santoro - Est. Scanderberg - Parziale diniego di autorizzazione paesaggistica opposto dalla Soprintendenza nel procedimento di sanatoria edilizia di un piccolo impianto fotovoltaico allocato sul tetto dei fabbricati agricoli aziendali in zona agricola avente interesse paesaggistico.

Ove si tratti di piccolo impianto fotovoltaico sostanzialmente integrato nel tetto di fabbricati ad uso agricolo, posto a servizio di un'azienda agricola, la cui normale attività costituisce essa stessa presidio per la salvaguardia dei valori ambientali e della diversità territoriale, l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico deve farsi carico della complessità degli interessi coinvolti, favorendo la soluzione che consenta, ove possibile, la realizzazione dell'intervento con il minor sacrificio dell'interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica a tal fine fornendo all'occorrenza indicazioni conformative sulle modalità allocative dell'impianto.

La valutazione da parte dell'amministrazione deve essere effettuata mediante contestuale stima anche degli altri interessi pubblici implicati nel procedimento autorizzatorio e che risultano spesso collegati, sia pure indirettamente, ai profili di stretta rilevanza paesaggistica, posto che la tutela dell'ambiente, attraverso l'incentivazione della produzione dell'energia pulita, nonché l'affermazione di una agricoltura sostenibile non sono temi estranei alla conservazione ed alla valorizzazione del paesaggio rurale. L'amministrazione deve rinvenire una soluzione di mediazione tra i contrapposti interessi, tenuto peraltro conto del fatto che gli impianti di produzione di energia da fonte fotovoltaica sono soggetti a rapida obsolescenza tecnica, e che quindi l'incidenza sul paesaggio non ha carattere permanente, essendo destinata a durare fino a quando nuove tecnologie non consentiranno di utilizzare ulteriori forme di sfruttamento dell'energia solare, anche maggiormente apprezzabili sul piano estetico.

Tar Lazio - Roma, sez. II-ter, 22 marzo 2016, n. 3536 - Pres. F.F. Rotondo - Est. Gatto Costantino - Rapporto tra protezione dell'ambiente cittadino con caratteri di rilevanza storico, artistica, culturale ed ambientale e disciplina della libertà di iniziativa economica; rilocalizzazione temporanea di posteggi commerciali nel centro storico di Roma Capitale.

Nonostante la costante riduzione normativa dei limiti ai quali assoggettare la libertà di iniziativa economica, residua ancora uno specifico potere della p.a. di individuare su base territoriale ambiti e forme di protezione dell'ambiente urbano che si sostanzino in una interdizione qualitativa o quantitativa allo svolgimento di attività commerciali alle condizioni di legge

La concessione di occupazione di suolo pubblico per l'esercizio di un'attività di tipo commerciale non costituisce un diritto soggettivo pieno e perfetto alla fruizione della superficie concessa, essendo soggetta ad una permanente regolamentazione della p.a. relativa non solo all'"an" della sua concessione, ma anche all'utilizzo dell'area e la sua revocabilità per ragioni di interesse generale, tra le quali rientra anche l'esigenza di tutela del decoro dell'ambiente urbano circostante, e la sicurezza pubblica.

Tale principio, immanente nella disciplina del rapporto tra p.a. proprietaria del bene pubblico e titolare dell'attività privata che su tale bene insiste, comporta che, nel bilanciamento degli opposti interessi, non può essere trascurato il rilievo e la pregnanza del valore dei beni storici, artistici e, più in generale, urbani del contesto che giustifica un più elevato grado di comprimibilità dell'interesse legittimo degli operatori economici, specialmente nelle ipotesi in cui questi ultimi abbiano avuto accesso alle relative utilità senza il discrimine di una procedura di evidenza pubblica.

In questo senso, la risalenza dei titoli degli operatori non solo non impedisce una rinnovata valutazione degli interessi pubblici, essendo il relativo potere ordinariamente connotato dall'esigenza di un permanente aggiornamento dei valori di giudizio, ma addirittura implica che, proprio per il suo regime di esclusiva e di rilievo economico essa debba essere ancor più attentamente verificata quanto alla sua compatibilità con l'ambiente circostante e le connesse esigenze di tutela.

Ciò non implica un indiscriminato potere della p.a. di rimuovere situazioni fondate su legittimi titoli amministrativi a suo tempo concessi, specialmente in riferimento a circostanze risalenti nel tempo, dovendosi pur sempre valutare adeguatamente gli interessi pubblici sopravvenuti rispetto a quelli a suo tempo apprezzati all'epoca in cui il titolo era stato rilasciato.

Tale riesame va condotto a regime in forma di pianificazione e con le necessarie garanzie - che costituiscono il limite esterno dell'esercizio del potere - di equivalenza tra le collocazioni precedente e successiva e di indennizzo.

 

 

 

 

 

 



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