Corte costituzionale
Sentenza 17-24 luglio 2013, n. 238
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco Gallo; Giudici: Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro, Paolo Maria Napolitano, Alessandro Criscuolo, Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi, Marta Cartabia, Sergio Mattarella, Mario Rosario Morelli, Giancarlo Coraggio,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3, 9 e 10 della legge della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 31 luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n. 27, recante "Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in materia di tutela del paesaggio", promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29-31 ottobre 2012, depositato in cancelleria il 6 novembre 2012 ed iscritto al n. 177 del registro ricorsi 2012.
Visto l'atto di costituzione della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l'avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini per la regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso spedito per la notifica il 29 ottobre 2012, ricevuto il successivo 31 ottobre, e depositato il 6 novembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 31 luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n. 27, recante "Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in materia di tutela del paesaggio". In particolare sono impugnati l'articolo 3, comma 1, lettere g), h), k), q) ed r), e gli articoli 9 e 10 della citata legge regionale.
Secondo il ricorrente, gli artt. 3, 9 e 10 della citata legge regionale n. 27 del 2012, nel modificare alcune norme della legge della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), si porrebbero in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettere m) e s), della Costituzione, con le norme interposte di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost. - vale a dire con gli artt. 146 e 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 13), e con il decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni) − nonché con l'art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale della regione Valle d'Aosta).
1.1. Il Presidente del Consiglio, al riguardo, premette che − sebbene alla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste sia stata riconosciuta dall'art. 2, comma l, lettera q), dello statuto speciale, la potestà di emanare norme legislative nella materia della tutela del paesaggio − il medesimo articolo ha, però, previsto che tale potestà debba essere esercitata "in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica".
Inoltre, prosegue il ricorrente, la Corte costituzionale ha affermato la natura di norme di grande riforma economica e sociale − come tali, pertanto, opponibili anche alla potestà normativa delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano − di diverse disposizioni contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004.
In particolare e proprio riguardo alla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, questa Corte, con la sentenza n. 164 del 2009, ha verificato la compatibilità di talune norme della regione con la potestà legislativa primaria ad essa attribuita dallo Statuto di autonomia, tra queste l'art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, norma di grande riforma economico-sociale, che individua le aree tutelate per legge, finalizzata a garantire standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale.
La sentenza n. 207 del 2012, poi, − prosegue il ricorrente - pronunciata nei confronti della Provincia autonoma di Trento, ha stabilito che spetta allo Stato il potere di disciplinare il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, poiché si è in presenza di una normativa volta a predisporre "modelli procedurali semplificati, in grado di accelerare i tempi che siano, nel contempo, uniformi su tutto il territorio nazionale". Infine, con la recente sentenza n. 164 del 2012, si sono ribadite "le esigenze di uniformità della disciplina in tema di autorizzazione paesaggistica su tutto il territorio nazionale, tanto da giustificare − grazie al citato parametro (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) − che si impongano anche all'autonomia legislativa delle regioni. Nella disposizione censurata, prosegue la sentenza, si ravvisa l'esigenza (comune, per gli argomenti sopra esposti, ai provvedimenti di semplificazione amministrativa, a prescindere dalla materia sulla quale vengano ad incidere) "di determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, compreso quello delle regioni a Statuto speciale e delle Province autonome".
1.2. Ciò premesso, l'Avvocatura generale dello Stato passa ad esporre, nel merito, i profili di illegittimità costituzionale che i censurati articoli presenterebbero.
In particolare, per il Presidente del Consiglio, il citato art. 3, al comma l, nel sostituire l'art. 4 della precedente legge regionale n. 18 del 1994, verrebbe ad ampliare le tipologie degli interventi per i quali non è necessaria l'autorizzazione paesaggistica, stabilendo che non è richiesta tale autorizzazione:
"g) per gli interventi di qualunque natura su edifici o aree ricompresi in ogni zona omogenea del PRG vigente per le quali siano stati redatti strumenti urbanistici attuativi, laddove tali strumenti siano vigenti e siano stati preventivamente concertati con le strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di beni culturali, e qualora siano corredati da puntuale disciplina degli interventi ammissibili per ogni singolo immobile;
h) per gli interventi diretti al ripristino dell'efficienza di opere e di strutture esistenti danneggiate in tutto o in parte a causa di eventi eccezionali;
k) per la collocazione di nuovi apparati tecnologici sulle esistenti postazioni e strutture di supporto per gli impianti radioelettrici e di radio-telecomunicazioni di cui alla legge regionale 4 novembre 2005, n. 25 (Disciplina per l'installazione, la localizzazione e l'esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di radio-telecomunicazioni. Modificazioni alla legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta), e abrogazione della legge regionale 21 agosto 2000, n. 31);
q) per la realizzazione di nuove aperture su edifici realizzati posteriormente al 1945;
r) per la sostituzione o rifacimento parziale o totale di balconi su edifici realizzati posteriormente al 1945, qualora si rispettino le tipologie prevalenti nel contesto edificato circostante".
1.3. L'articolo 10 della citata legge regionale, poi, secondo l'Avvocatura dello Stato, introducendo l'art. 11-ter nella legge regionale n. 18 del 1994, verrebbe a prevedere che, con delibera della giunta regionale, siano fissati "limiti qualitativi e quantitativi, ai fini della tutela del paesaggio, di ammissibilità dei progetti relativi agli interventi di cui all'articolo 3", il quale, a sua volta, individua un elenco di interventi per i quali i comuni sono delegati al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri previsti dalla legge.
1.3.1. Entrambe le disposizioni - secondo il ricorrente - verrebbero a privare del requisito dell'autorizzazione paesaggistica numerosi interventi che, al contrario, l'art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 subordina ad autorizzazione paesaggistica o ad autorizzazione paesaggistica semplificata (disciplinata, per gli interventi di lieve entità, dal d.p.r. n. 139 del 2010).
Pertanto, secondo il ricorrente, le norme regionali censurate − sia esentando dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica una serie di interventi per i quali il codice dei beni culturali espressamente la prevede, sia delegando alla giunta regionale la possibilità di stabilire i "limiti qualitativi e quantitativi" per l'applicabilità della autorizzazione paesaggistica - si porrebbero in contrasto con l'art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e verrebbero di fatto a restringere l'ambito della tutela prevista dal legislatore statale in tale materia, risultando così lesivi degli standard minimi di tutela del paesaggio (necessariamente eguali su tutto il territorio nazionale), i quali, in quanto riconducibili alle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, debbono essere rispettati anche dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, sia pur nell'esercizio della sua potestà legislativa primaria, ai sensi dell'art. 2 dello Statuto di autonomia.
1.4. Infine, per il Presidente del Consiglio, anche l'art. 9 della citata legge regionale, sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto − introducendo l'articolo 11-bis nella legge regionale n. 18 del 1994, il quale stabilisce, al comma 2, che la Commissione regionale per il paesaggio possa esprimere pareri vincolanti relativamente alle istanze in merito alla "conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie" − risulterebbe in contrasto con l'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, ai sensi del quale, in caso di violazioni degli obblighi previsti dalla normativa statale in materia di paesaggio, "il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese".
Il ricorrente, al riguardo, precisa che la sanzione pecuniaria è stata prevista solo nei casi in cui risulti possibile rilasciare l'autorizzazione in sanatoria (in sostanza, quando non vi sia stato un aumento di volume e di superficie e, conseguentemente, si possa ritenere che l'impatto paesaggistico risulti assai limitato e l'attendibilità di una valutazione di compatibilità possa essere valutata anche a posteriori) e, comunque, fermo restando il preventivo accertamento della compatibilità dal punto di vista paesaggistico degli interventi.
Pertanto, il citato art. 9, poiché privilegerebbe i provvedimenti sanzionatori pecuniari al posto di quelli demolitori di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, verrebbe anch'esso a violare l'art. 117, secondo comma, lettere m) ed s), Cost., nonché risulterebbe lesivo degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale, da considerarsi norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che, secondo il dettato dell'art. 2 dello Statuto di autonomia, la regione autonoma è tenuta a rispettare nell'esercizio della sua potestà legislativa primaria.
2. Si è costituita la regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, in persona del Presidente pro-tempore della giunta regionale, chiedendo che il ricorso sia respinto, in quanto infondato per i motivi di seguito esposti.
2.1. Secondo la regione resistente, in primis, destituite di ogni fondamento sarebbero le eccezioni di illegittimità costituzionale avanzate dal ricorrente nei confronti dell'art. 3 della legge regionale censurata n. 27 del 2012.
La ratio della ricordata disposizione, a parere della resistente, non sarebbe quella − sostenuta dal ricorrente − di ampliare il novero degli interventi "esenti" da autorizzazione paesaggistica, ma unicamente quella diretta a semplificare gli adempimenti posti a carico dei cittadini nei casi di interventi di minore entità (volti, quindi, a produrre impatti meno significativi sull'assetto paesistico-territoriale della regione), tenendo anche presente che tali interventi sono previsti e disciplinati nell'ambito degli strumenti attuativi dei piani regolatori urbanistici già concordati con la Sopraintendenza regionale in base alle procedure previste dagli artt. 49, 50 e 52 della legge regionale n. 11 del 1998 e che gli stessi rientrerebbero nei cosiddetti "interventi di consolidamento statico e di restauro conservativo di modesta entità", come tali inidonei ad alterare lo stato dei luoghi e l'assetto paesaggistico, la cui previsione, si noti bene, si configura in termini di specificazione della più ampia categoria disciplinata dall'art. 149 del d.lgs. n. 42 del 2004, rubricato, appunto, "Interventi non soggetti ad autorizzazione".
Poiché - prosegue la resistente - la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste gode di potestà legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio (ex art. 2 dello Statuto speciale), la disciplina regionale impugnata risulta pienamente conforme alla Costituzione e ai principi dell'ordinamento, nonché alle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, trattandosi di una normativa che non comporta alcuna arbitraria restrizione degli standard di tutela paesaggistica previsti dal legislatore statale.
2.1.1. Né, secondo la regione, potrebbe essere portata a sostegno della illegittimità della norma censurata quanto affermato nella sentenza n. 207 del 2012, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato che spetta allo Stato disciplinare, anche nei confronti della Provincia autonoma di Trento, il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, risultando la stessa inconferente alla fattispecie oggi in esame.
2.2. Ugualmente priva di fondamento sarebbe la censura rivolta all'art. 10 della citata legge regionale, poiché erroneamente il Presidente del Consiglio riterrebbe che tale disposizione − delegando alla giunta regionale la possibilità di stabilire "limiti qualitativi e quantitativi" all'applicabilità della autorizzazione paesaggistica − sarebbe "suscettibile di comportare una restrizione dell'ambito di tutela prevista dal legislatore statale", con conseguente lesione, ancora una volta, dell'art. 117, comma secondo, lettere m) ed s), Cost., nonché della disciplina prevista sia dal d.lgs. n. 42 del 2004, sia dal d.p.r. n. 139 del 2010.
La norma in oggetto, al contrario, viene a stabilire che la giunta, con sua delibera, possa solo specificare quali siano gli interventi che necessitano del titolo autorizzativo, in modo da vincolare le Amministrazioni comunali delegate al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri prescritti dalla legge, che dovranno, dunque, attenersi alle prescrizioni stabilite dalla giunta, assicurando, così, uniformità ed omogeneità degli standard di tutela paesaggistica su tutto il territorio regionale.
2.3. Non fondata, infine, sarebbe anche la questione di illegittimità costituzionale sollevata dal ricorrente nei confronti dell'art. 9, comma 2, della legge regionale impugnata, il quale introducendo l'art. 11-bis nella legge reg. n. 18 del 1994, viene a prevedere che la Commissione regionale per il paesaggio possa esprimere pareri vincolanti in merito alle istanze relative alla "conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie", in quanto basata su una errata lettura della norma impugnata da parte del Governo.
Infatti, secondo la difesa regionale, sarebbe proprio la norma interposta considerata violata, cioè l'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, a prevedere la possibilità di applicare, nei confronti del trasgressore, una sanzione pecuniaria in alternativa all'ordine di rimessione in pristino, qualora il medesimo abbia violato gli "obblighi e gli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza", del codice, come si desumerebbe facilmente dal tenore letterale della norma statale. Pertanto, risulterebbe del tutto evidente la non fondatezza della censura mossa dal ricorrente, tenendo altresì presente che "i casi in cui il legislatore statale ammette la sanzione pecuniaria − ovvero quelli di violazione di modesta entità o quelli di irreversibilità dell'intervento eseguito in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesistica − coincidono esattamente con quelli previsti dalla legislazione regionale in materia e, segnatamente, dalla legge regionale n. 1 del 2004, "Disposizioni in materia di riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica e di definizione degli illeciti edilizi nel territorio della Valle d'Aosta", legge, peraltro, mai impugnata dal Governo e dunque pienamente valida ed efficace".
3. In prossimità della data fissata per l'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria in replica all'atto di costituzione della difesa della regione autonoma della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste.
3.1. Relativamente all'art. 3 della legge regionale n. 27 del 2012, il ricorrente contesta la tesi sostenuta dalla regione secondo cui la disciplina di cui al predetto articolo non verrebbe a prevedere restrizioni degli standard di tutela paesaggistica previsti dal legislatore statale, riferendosi la stessa solo ad interventi di consolidamento statico e di restauro conservativo di modesta entità, come tali configurati solamente come specificazione della categoria disciplinata dall'art. 149 del codice per i beni e le attività culturali e il paesaggio.
Al riguardo, l'Avvocatura dello Stato opera una ricostruzione della complessiva disciplina del d.lgs. n. 42 del 2004 al fine di evidenziare i passaggi procedimentali previsti per la concessione dell'autorizzazione paesaggistica, nonché le ipotesi in cui è possibile procedere alla stessa con un regime semplificato.
In proposito, si sottolinea come nel nuovo quadro normativo (completato dalla riforma del 2008 che ha introdotto il regime semplificato di cui all'art. 146, comma 9, ultima parte) l'organo statale non sia più un soggetto con compiti di garanzia della legittimità, bensì sia un organo titolare di un potere consultivo obbligatorio all'interno di un provvedimento autorizzatorio. Ciò comporterebbe l'effetto di estendere le valutazioni della Sovraintendenza al di là dei profili di legittimità dell'azione amministrativa, sino all'ambito del merito della scelte operate dalla regione o dall'ente locale, con tutto ciò che ne deriva in termini in obbligo di motivazione e di sindacabilità giurisdizionale della scelta eventualmente difforme.
3.1.1. Ne conseguirebbe che questo assetto regolativo non lascia ambiti di modifica alla legislazione regionale neppure in termini di specificazione di previsioni contenute nella legislazione statuale.
Da qui un giudizio di illegittimità della norme regionale impugnata, espressamente motivato dal rilievo che la previsione di cui all'art. 149, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004 consente solo gli interventi rivolti alla conservazione ed al miglioramento degli edifici, con i limiti del divieto di alterazione dello stato dei luoghi e dell'aspetto esteriore degli edifici stessi.
Al contrario, gli interventi indicati alle lettere h), k), q) ed r) dell'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 18 del 1994, introdotto dall'art. 3, comma 1, della legge regionale impugnata sono suscettibili, per loro natura, di avere un impatto visibile sui luoghi protetti dal vincolo (ovvero di alterare lo stato dei luoghi e/o l'aspetto degli edifici stessi).
3.2. Per quanto, poi, attiene alla lettera g) del citato articolo, il ricorrente osserva come la regione ne affermi la legittimità in quanto l'esclusione della necessità dell'autorizzazione paesaggistica deriverebbe dalla circostanza che gli interventi di cui trattasi sarebbero già previsti e disciplinati nell'ambito degli strumenti attuativi dei piani regolatori urbanistici, già verificati e concordati con la Soprintendenza regionale sulla base delle procedure stabilite dalla legislazione regionale in materia urbanistica. In merito, il ricorrente osserva come anche qui la norma regionale sia in contrasto con la previsione del codice dei beni culturali e del paesaggio; quest' ultimo, infatti, ha disciplinato anche tale ipotesi, prevedendo per questa, comunque, la necessità del provvedimento autorizzatorio.
Logicamente, stante la specificità della fattispecie, il d.lgs. n. 42 del 2004 ha previsto una diversa forma di procedimento, nel quale il parere della competente Soprintendenza statale diviene da vincolante meramente obbligatorio; peraltro, questo procedimento semplificato è possibile solo quando siano state approvate le prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati predisposte ai sensi degli artt. 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3, lettere b), c) e d), nonché quando il Ministero, su richiesta della regione interessata, abbia positivamente valutato l'adeguamento degli strumenti urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici ex art. 146, comma 5, seconda parte.
3.3. Quanto all'art. 10 della legge regionale impugnata, il ricorrente sottolinea come lo stesso sia ugualmente illegittimo, in quanto prevede la possibilità di delegare alla giunta regionale il potere di stabilire i limiti qualitativi e quantitativi di ammissibilità dei progetti relativi agli interventi di cui all'art. 3 della stessa legge regionale. Ciò in palese contrasto con l'assetto complessivo della disciplina statale, tra l'altro con la previsione di poteri derogatori dalla stessa, come sopra sottolineato, del tutto esclusi dalla normativa statale. Entrambe le norme, dunque, conclude l'Avvocatura, sarebbero lesive degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale. Del resto, la normativa statale costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, che, ai sensi dell'art. 2 dello statuto d'autonomia, la regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste è tenuta a rispettare nell'esercizio della sua potestà legislativa primaria.
3.4. Infine, il ricorrente contesta la legittimità dell'art. 9 della legge regionale censurata, relativo all'istituenda Commissione regionale per il paesaggio.
Al riguardo, si osserva come sia corretto quanto affermato dalla regione nelle sue difese, ovvero che sia l'art. 167 del codice che l'art. 9 della legge regionale impugnata prevedono l'alternatività della sanzione pecuniaria con quella demolitoria, ma si sottolinea come nella disciplina dell'art. 167 è previsto, comunque, che la scelta sia vincolata alla sussistenza o meno della possibilità del rilascio dell'autorizzazione in sanatoria, di cui all'art. 146, comma 4; quindi, il relativo procedimento presuppone necessariamente il parere vincolante dell'organo statale.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 31 luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n. 27, recante "Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in materia di tutela del paesaggio". In particolare sono impugnati gli articoli 3, 9 e 10 della citata legge regionale.
Secondo il ricorrente, le disposizioni censurate, nel modificare alcune norme della legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), si porrebbero in contrasto con l'art. 117, comma secondo, lettere m) ed s), della Costituzione, con le norme interposte di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost. - vale a dire con gli artt. 146 e 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 13), e con il decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni) − nonché con l'art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale della regione Valle d'Aosta).
1.1. Per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'art. 3 della legge regionale della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste n. 27 del 2012, risulta costituzionalmente illegittimo − in riferimento ai sopra ricordati parametri e alle norme invocate ad integrazione degli stessi − nella parte in cui, nel sostituire l'art. 4 della legge regionale n. 18 del 1994 con l'introduzione del comma 1, lettere g), h), k), q) ed r), prevede l'esenzione dall'obbligo del rilascio di autorizzazione paesaggistica per una serie di interventi che la normativa statale, invece, subordina a tale autorizzazione (art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) o ad autorizzazione paesaggistica semplificata (d.p.r. 9 luglio 2010, n. 139).
1.2. Ugualmente in contrasto con la normativa statale sopra citata, nonché con gli standard minimi di tutela del paesaggio − valevoli su tutto il territorio nazionale e riconducibili alle norme fondamentali di riforma economico-sociale, che la regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste è tenuta a rispettare, ai sensi dell'art. 2 dello Statuto di autonomia della regione − è, per il ricorrente, l'art. 10 della legge regionale citata, laddove, introducendo l'art. 11-ter della legge regionale n. 18 del 1994, che delega alla giunta regionale la possibilità di stabilire "limiti qualitativi e quantitativi ai fini della tutela del paesaggio, di ammissibilità dei progetti relativi agli interventi di cui all'articolo 3", determina anch'esso una restrizione dell'ambito di tutela prevista dal legislatore statale.
1.2.1. Da ultimo, anche l'art. 9 della medesima legge regionale impugnata, secondo il Presidente del Consiglio, appare costituzionalmente illegittimo; tale disposizione, infatti, − poiché introduce, nella legge regionale n. 18 del 1994, l'art. 11-bis, il quale prevede che la Commissione regionale per il paesaggio possa esprimere pareri vincolanti in merito alle istanze relative alla conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie, venendo, in tal modo, a privilegiare i provvedimenti sanzionatori pecuniari rispetto a quelli demolitori − viola (al pari delle due precedenti norme sopra riportate) l'art. 117, secondo comma, lettere m) ed s), della Costituzione. Detta disposizione, difatti, si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, secondo il quale, in caso di violazione degli obblighi imposti dalla normativa statale in materia di paesaggio, "il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese", risultando, pertanto, lesivo degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale, da considerarsi norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che, secondo il dettato dell'art. 2 dello Statuto di autonomia, la regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste è tenuta a rispettare nell'esercizio della sua potestà legislativa primaria.
2. Le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate sono fondate.
2.1. È da premettere che la giurisprudenza di questa Corte ha già esaminato la problematica dei rapporti tra lo Stato e le regioni a Statuto speciale − anche con specifico riferimento alla regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste − relativamente al riparto di competenze in materia di tutela paesaggistica, dichiarando costituzionalmente illegittime norme regionali che si ponevano in contrasto con disposizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e 66 del 2012; n. 226 e n. 164 del 2009, n. 232 del 2008 e n. 51 del 2006).
Al riguardo, è stato sottolineato che il legislatore statale, tramite l'emanazione di tali norme, conserva il potere - anche relativamente al titolo competenziale legislativo "nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali" (per tutte, sentenza n. 51 del 2006) − di vincolare la potestà legislativa primaria delle regioni a statuto speciale, così che le norme qualificabili come "riforme economico-sociali" si impongono al legislatore di queste ultime ai sensi, per ciò che concerne la regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, di quanto prevede l'art. 2 dello statuto speciale, che limita l'esercizio del potere legislativo primario della regione nella materia del "paesaggio" al rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali dello Stato.
2.1.1. In particolare, la Corte costituzionale ha affermato tale illegittimità già con la più risalente sentenza n. 151 del 1986 (relativa anche a una norma regionale della Valle d'Aosta), con riferimento alle disposizioni della cosiddetta "legge Galasso", posta a tutela delle zone di particolare interesse ambientale.
Più recentemente, con la sentenza n. 164 del 2009, resa nei confronti della sola regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, la Corte ha ritenuto l'illegittimità costituzionale di numerosi commi di una norma regionale che veniva a sottrarre ai vincoli paesaggistici le zone contermini ai laghi artificiali, introducendo, pertanto, deroghe al regime vincolistico previsto dalla legislazione dello Stato in materia di aree qualificate di interesse paesaggistico e ponendosi, quindi, in contrasto con l'art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, per il quale deve essere mantenuta la qualifica di norma di grande riforma economico-sociale, in quanto l'elencazione in esso contenuta "delle aree vincolate per legge rappresenta[va] nella sostanza un continuum rispetto alla precedente disciplina" (sentenza n. 66 del 2012).
Né può giovare alla regione resistente il richiamo alla competenza primaria in materia di tutela del paesaggio, di cui all'art. 2 dello Statuto speciale, che renderebbe - a detta della difesa regionale − la disciplina regionale impugnata pienamente conforme alla Costituzione e ai principi dell'ordinamento.
Infatti, nella sopra ricordata sentenza n. 164 del 2009, questa Corte − pur evidenziando che la regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste è titolare, in forza dell'art. 2, primo comma, lettera q), dello Statuto speciale, della potestà legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio - ha, al contempo, ribadito come tale potestà debba essere esercitata "in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento, nonché delle norme fondamentali e di riforma economico-sociale".
2.2. Tutto ciò premesso, stante la connessione esistente tra l'art. 3 e l'art 10 della legge regionale della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste n. 27 del 2012, le questioni riguardanti tali disposizioni verranno congiuntamente trattate.
2.2.1. In particolare, come sopra già ricordato, l'art. 3 della legge regionale impugnata − nel sostituire l'art. 4 della legge regionale n. 18 del 1998, introducendo il comma 1, lettere g), h), k), q) ed r) − amplierebbe, secondo il ricorrente, "arbitrariamente" il numero degli interventi per i quali non viene richiesta dalla regione autonoma l'autorizzazione paesaggistica, risultando in contrasto con l'art. 149 del d.lgs. n. 42 del 2004 − in cui sono previsti gli interventi c.d. esenti da autorizzazione paesaggistica. Infatti, quest'ultima norma prevede:
"1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 4, lettera b), non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159:
a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;
b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;
c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia".
Gli interventi di cui all'art. 149 sopra ricordati - vale a dire, per quello che qui interessa, limitatamente a quelli previsti alla lettera a) − rientrano nei cosiddetti "interventi di consolidamento statico e di restauro conservativo di modesta entità", come tali inidonei ad alterare lo stato dei luoghi e l'assetto paesaggistico, essendo, di fatto, limitati al restauro o comunque al miglioramento o ripristino di parti interne di immobili.
Diversamente, gli interventi previsti dall'art. 3 della legge regionale impugnata, nella parte in cui esso introduce nell'art. 4 della legge regionale n. 18 del 1994 il comma 1, lettere h), k), q) ed r), non rientrano in questa tipologia: essi, difatti, sono potenzialmente idonei ad alterare lo stato dei luoghi protetti da vincolo paesaggistico e, quindi, come rilevato anche dall'Avvocatura ricorrente, "non evidentemente riconducibili alla categoria di cui alla lettera a) dell'art. 149". Gli interventi diretti "al ripristino dell'efficienza" (lettera h) o alla "collocazione di nuovi apparati tecnologici" (lettera k) possono infatti comportare (o, forse, quasi necessariamente comportano) un aumento dei volumi, così come "la realizzazione di nuove aperture" (lettera q) e la sostituzione o il rifacimento di balconi "qualora si rispettino le tipologie prevalenti nel contesto edificato circostante" (lettera r) presuppongono, proprio nella indicazione dell'attività che autorizzano, una modifica dell'"aspetto esteriore" dell'edificio oggetto dell'opera edilizia.
2.2.2. Anche gli interventi previsti alla lettera g) dell'impugnata disposizione regionale (specificamente, come sopra ricordato, "gli interventi di qualunque natura su edifici o aree ricompresi in ogni zona omogenea del PRG vigente per le quali siano stati redatti strumenti urbanistici attuativi, laddove tali strumenti siano vigenti e siano stati preventivamente concertati con le strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di beni culturali, e qualora siano corredati da puntuale disciplina degli interventi ammissibili per ogni singolo immobile") non possono andare esenti dalla prevista autorizzazione paesaggistica, benché essi siano, come sostenuto dalla regione resistente, previsti e disciplinati nell'ambito degli strumenti attuativi dei piani regolatori urbanistici, già verificati e concordati con la Soprintendenza regionale sulla base delle procedure stabilite dalla legislazione regionale in materia urbanistica.
Il codice dei beni culturali e del paesaggio, difatti, ha previsto, anche per questi ultimi, l'obbligatorietà del provvedimento autorizzatorio, sia pur in forma diversa, poiché in questo caso il parere della competente soprintendenza statale, non contemplato dalla disposizione legislativa regionale, non è più vincolante, ma meramente obbligatorio. Tra l'altro, questo procedimento semplificato è possibile, in base alla legislazione statale, solo quando siano state approvate le prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati predisposte ai sensi degli artt. 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3, lettere b), c) e d), nonché quando il Ministero, su richiesta della regione interessata, abbia positivamente valutato l'adeguamento degli strumenti urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici ex art. 146, comma 5, seconda parte, del medesimo decreto.
2.3. Relativamente, poi, all'art. 10 dell'impugnata legge regionale n. 27 del 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ne censura la disciplina − in riferimento agli stessi parametri, e alle norme richiamate a loro integrazione, già evocati per le lettere g), h), k), q) ed r), introdotte nell'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 18 del 1994 dall'art. 3 della medesima legge regionale censurata - nella parte in cui lo stesso introduce l'art. 11-ter nella legge regionale n. 18 del 1994, il quale stabilisce la possibilità di delegare alla giunta regionale il potere di determinare i limiti qualitativi e quantitativi di ammissibilità dei progetti relativi agli interventi di cui all'art. 3 della stessa legge regionale.
Secondo il ricorrente, anch'esso, al pari dell'art. 3, comma 1, verrebbe a determinare una restrizione dell'ambito di tutela prevista dal legislatore statale, con conseguente lesione, ancora una volta, dell'art. 117, comma secondo, lettere m) ed s), Cost., nonché della disciplina prevista sia dal d.lgs. n. 42 del 2004, sia dal d.p.r. n. 139 del 2010.
2.3.1. Tale censura è ugualmente fondata.
2.3.2. Appare evidente, infatti, che − non essendo consentito alla regione autonoma resistente di individuare altre tipologie di interventi realizzabili in assenza di autorizzazione paesaggistica, al di fuori di quelli tassativamente individuati dall'art. 149, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004 - altrettanto costituzionalmente illegittima debba ritenersi la possibilità di delegare alla giunta regionale il potere di stabilire limiti qualitativi e quantitativi di ammissibilità relativi a tali tipi di interventi non consentiti al legislatore regionale. Il ricorrente ha individuato, nel suo ricorso, la violazione costituzionale nelle lettere g), h), k), q) ed r) sopra richiamate, con ciò perimetrando la sua doglianza sia con riferimento a detta disposizione legislativa sia al conseguenziale art. 10.
È senz'altro da accogliere l'obiezione formulata dalla difesa della regione secondo cui la disposizione legislativa censurata in realtà stabilisce che la giunta, con sua delibera, può soltanto fornire specificazioni in ordine agli interventi cui fa riferimento l'art. 3, in modo da vincolare le Amministrazioni comunali delegate al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri prescritti dalla legge, che dovranno, dunque, attenersi alle prescrizioni stabilite dalla giunta, assicurando, così, uniformità ed omogeneità degli standard di tutela paesaggistica su tutto il territorio regionale, ma ciò, ovviamente, può valere solo per la parte del suddetto articolo che non è oggetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale.
Poiché l'art. 10 della legge regionale fa riferimento all'art. 3 e da quest'ultimo sono state espunte, in quanto costituzionalmente illegittime, le modifiche apportate all'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 18 del 1994, con l'introduzione delle già citate lettere g), h), k), q) ed r), ne deriva la conseguenziale impossibilità per la giunta regionale di stabilire limiti "qualitativi e quantitativi", di ammissibilità di tali tipi di intervento o ogni altra prescrizione ad essi relativa.
3. La terza questione di costituzionalità sollevata con il ricorso in esame riguarda l'art. 9 della legge regionale della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste n. 27 del 2012, nella parte in cui, introducendo l'articolo 11-bis nella legge regionale n. 18 del 1994, stabilisce che la Commissione regionale per il paesaggio possa esprimere pareri vincolanti relativamente alle istanze in merito alla "conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie".
3.1. Il ricorrente afferma che nell'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2012 la sanzione pecuniaria è stata prevista dal legislatore statale nei soli casi in cui risulti possibile rilasciare l'autorizzazione in sanatoria (in sostanza, quando non vi sia stato un aumento di volume e di superficie e, conseguentemente, si possa ritenere che l'impatto paesaggistico risulti assai limitato e l'attendibilità di una valutazione di compatibilità possa essere valutata anche a posteriori) e, comunque, fermo restando il preventivo accertamento della compatibilità dal punto di vista paesaggistico degli interventi. Diversamente, nell'art. 11-bis, così come introdotto nella legge regionale n. 18 del 1994, il legislatore regionale ha stabilito che la Commissione regionale per il paesaggio, di cui al comma 1 della medesima disposizione, possa esprimere pareri "vincolanti" in ordine alla commutazione di sanzioni demolitorie in sanzioni pecuniarie. In tal modo, la normativa censurata violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettere s) ed m), Cost., risultando altresì lesiva degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale da considerare norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che, secondo il dettato dell'art. 2 dello statuto di autonomia, la regione è tenuta a rispettare nell'esercizio della sua potestà legislativa primaria.
3.1.1. La difesa della regione obietta che il ricorrente avrebbe basato le sue censure su di una errata lettura della norma impugnata: non esisterebbe, difatti, la ritenuta violazione dell'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, poiché sarebbe proprio la norma interposta considerata violata a prevedere la possibilità di applicare, nei confronti del trasgressore, una sanzione pecuniaria in alternativa all'ordine di rimessione in pristino, qualora il medesimo abbia violato gli "obblighi e gli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza", del codice. Ciò sarebbe facilmente desumibile dal tenore letterale della norma statale che prevede: "in caso di violazione [...] il trasgressore è tenuto, secondo che l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica ritenga più opportuno nell'interesse della protezione dei beni [...], alla rimessione in pristino a proprie spese o al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione".
3.1.2. La questione è fondata nei termini appresso indicati.
Al riguardo è da premettere che, fermo restando il principio sancito dall'art. 146, comma 4, secondo il quale l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che l'accertamento della compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità amministrativa competente, in alcuni casi particolari (di cui all'art. 167, commi 4 e 5), possa anche avvenire successivamente alla realizzazione degli interventi.
L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine ugualmente perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria, stabilita dall'ente competente, è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.
È poi da sottolineare che l'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede l'alternatività della sanzione pecuniaria con quella demolitoria, ma la scelta della prima − diversamente da quanto previsto dalla norma regionale censurata − è comunque limitata all'ipotesi in cui sia possibile il rilascio dell'autorizzazione in sanatoria di cui all'art. 146, comma 4. Il relativo procedimento presuppone necessariamente il parere vincolante dell'organo statale.
3.2. Quindi, anche prescindendo dal diverso presupposto stabilito dalla normativa statale rispetto a quella regionale ai fini della sanabilità ex post (conversione della sanzione ripristinatoria in sanzione pecuniaria), diverso è l'organo competente ad operare la valutazione sulla sanabilità attraverso un parere che, peraltro, in entrambi i casi, verrebbe ad avere carattere vincolante.
Infatti, nella disciplina statale è previsto che, a seguito della domanda presentata dal proprietario o possessore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessata per il rilascio dell'autorizzazione in sanatoria all'autorità competente, quest'ultima "si pronuncia sulla domanda [...] previo parere vincolante della soprintendenza". Nel caso che venga accertata la compatibilità paesaggistica, solo allora il trasgressore potrà, attraverso il pagamento di una somma quale sanzione pecuniaria, sottrarsi alla sanzione della rimessione in pristino dei luoghi.
Diversamente, nella normativa regionale, ad esprimere "pareri 'vincolanti' in merito alle istanze relative [...] (alla) conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie" è una Commissione regionale per il paesaggio, composta dal soprintendente regionale per i beni e le attività culturali, con funzioni di Presidente, da altri tre membri espressi dalla regione stessa e da uno espresso dagli enti locali, nella quale la presenza della soprintendenza risulta, come indicato, del tutto minoritaria.
Attesa la natura vincolante del parere reso da questa Commissione, la conversione della sanzione da ripristinatoria a pecuniaria, in questo caso, resta affidata alla volontà di un organo diverso da quello previsto dalla legislazione statale. Vi è poi l'evidente irragionevolezza di una previsione normativa che, in presenza dell'esistenza nella normativa statale della espressione di un parere vincolante reso dalla soprintendenza, anche qualora non abbia la finalità di sostituirlo con il parere reso dalla Commissione, disciplina un'altra fase del procedimento attraverso l'espressione di un altro parere, anch'esso vincolante, con la impossibile coesistenza di due pareri vincolanti che potrebbero essere resi in senso opposto.
Inoltre, la disposizione impugnata, così stabilendo, potrebbe consentire l'esclusione di interventi demolitori, pur in presenza di possibili abusi edilizi, che, al contrario, se avvenuti in altre regioni del territorio nazionale verrebbero sanzionati con la rimessione in pristino.
3.2.1. La norma regionale censurata, quindi, ponendosi in contrasto con il consolidato indirizzo seguito dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui "l'autorizzazione paesaggistica [...], deve essere annoverata "tra gli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale" (sentenze n. 101 del 2010 e n. 232 del 2008) risulta costituzionalmente illegittima là dove prevede che la Commissione regionale per il paesaggio e non la sola soprintendenza possa esprimere parere "vincolante" in merito alle istanze relative a provvedimenti riguardanti l'applicazione di sanzioni demolitorie per abusi edilizi e per la conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie.
3.2.2. Conclusivamente, le disposizioni in esame risultano costituzionalmente illegittime, in quanto − discostandosi da quanto previsto da norme del decreto legislativo n. 42 del 2004 in tema di tutela paesaggistica, qualificabili come ""norme di grande riforma economico-sociale" − non rispettano i limiti posti dallo Statuto speciale all'esercizio della competenza legislativa primaria della regione autonoma.
3.3. Restano assorbite le residue doglianze formulate da parte ricorrente.
per questi motivi
La Corte costituzionale
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 1° agosto 2012, n. 27, recante "Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in materia di tutela del paesaggio", nella parte in cui, sostituendo l'articolo 4, comma 1, della legge regionale n. 18 del 1994, vi inserisce le lettere g), h), k), q) ed r);
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge regionale Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste n. 27 del 2012, nella parte in cui inserisce l'articolo 11-bis nella legge regionale n. 18 del 1994, limitatamente all'aggettivo "vincolanti" presente nel comma 2 di quest'ultimo;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10 della legge regionale Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste n. 27 del 2012, nella parte in cui inserisce l'articolo 11-ter nella legge regionale n. 18 del 1994, limitatamente ai progetti relativi agli interventi di cui alle lettere g), h), k), q) ed r) dell'articolo 4, comma 1, della legge regionale n. 18 del 1994.