Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di
Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici
a cura di Giancarlo Montedoro
Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.
Consiglio di Stato, sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4034 - Pres. Baccarini, Est. De Michele - Legittimazione delle associazioni ambientaliste in tema di azioni a tutela dei beni culturali (fattispecie riguardante il Colosseo)
La c.d. sponsorizzazione di lavori pubblici - disciplinata dagli articoli 26 e 27 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici) - corrisponde ad un contratto atipico, in cui un soggetto ("sponsee" o "sponsorizzato") assume, normalmente in cambio di un corrispettivo, l'obbligo di associare a proprie attività il nome o il segno distintivo di altro soggetto (detto "sponsor", o "sponsorizzatore"), quale forma di pubblicità indiretta; quando di contratti del tale tipo sia parte una P.A. (come specificamente previsto in materia di beni culturali, a norma dell'art. 120 del d.lgs. n. 42/2004) e la sponsorizzazione non comporti alcun onere finanziario per l'Amministrazione stessa, l'accordo - non qualificabile come contratto passivo - non è assoggettato alla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, pur restando applicabili i principi del trattato, in materia di scelta della controparte e più in generale in tema di "economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità", come disposto dall'art. 27 del codice dei contratti pubblici, appunto per i contratti sottratti all'ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti (2004/18/CE e 2004/17/CE), ma non anche ai principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell'Unione Europea.
Ai fini di ritenere sussistente o meno la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste prevista dagli artt. 18 e 13 della l. n. 349 del 1986 (legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, sulle ceneri del precedente Ministero dei beni culturali e ambientali), occorre distinguere tra patrimonio culturale e ambiente ed inoltre se l'interesse fatto valere attenga all'ambiente inteso unitariamente, ovvero al singolo bene culturale considerato isolatamente e separatamente.
Non sussiste la legittimazione del Codacons, nella sua qualità di associazione ambientalista, ad impugnare i provvedimenti adottati dal Commissario Delegato per la realizzazione degli interventi urgenti sulle Aree Archeologiche di Roma e Ostia Antica, ai sensi dell'art. 120 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, secondo la disciplina di cui agli articoli 26 e 27 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con riferimento ad interventi di restauro da effettuare sull'Anfiteatro Flavio di Roma, più comunemente noto come "Colosseo" ed il connesso contratto di sponsorizzazione. In tal caso, infatti, viene in considerazione un intervento su beni culturali pubblici, che l'Amministrazione dei beni culturali governa con lo strumento dell'autorizzazione ai sensi degli artt. 21 e 24 del d.lgs. n. 42/2004; un fatto, dunque, che rientra nella funzione di tutela non dell'ambiente, ma dei beni culturali.
Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana, 7 febbraio 2013, n. 161 - Pres. Virgilio, Est. Salemi - In tema di alienazione e trasmissione delle cose d'interesse artistico
La denuncia di trasferimento e di condizioni della prelazione, ai sensi del combinato disposto degli articoli 59 e 61 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, va effettuata entro il termine di trenta giorni e la prelazione è esercitata nei successivi sessanta giorni, decorrenti dalla data di ricezione della denuncia. Nel caso in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell'art. 59 comma 4.
Consiglio di Stato, sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 61 - Pres. Giovannini, Est. Boccia - In tema di ragione del vincolo indiretto a tutela del vincolo diretto e non di generiche esigenze di salvaguardia di beni meritevoli di tutela
L'art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 attribuisce all'amministrazione il potere di imporre il vincolo indiretto in funzione della protezione di un bene culturale oggetto di vincolo diretto e non di immobili genericamente meritevoli di salvaguardia.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 giugno 2013, n. 3385 - Pres. Maruotti, Est. La Guardia - Interessanti principi giurisprudenziali in tema di controllo statale sulle autorizzazioni paesaggistiche regionali e sulla maggiore incisività del controllo in relazione alla genericità del progetto autorizzato
In base alla disciplina prevista dall'articolo 159, 3° comma, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di controllo in sede statale sull'autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale, va affermato che: a) il termine di sessanta giorni per l'esercizio del controllo ha carattere perentorio e decorre dalla ricezione, da parte della Soprintendenza, dell'autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico-amministrativa, sulla cui base l'autorizzazione è stata adottata; b) nel caso in cui la detta documentazione sia incompleta, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti; quindi il termine decorre dal momento in cui la Soprintendenza riceve la documentazione completa; c) la Soprintendenza, oltre all'integrazione della documentazione appena richiamata, può chiedere integrazioni istruttorie, purché non si tratti di ingiustificati aggravamenti del procedimento dati da richieste pretestuose, dilatorie o tardive; d) in questo caso, ai fini del decorso del termine, di legge si applica quanto disposto dall'art. 6-bis del d.m. n. 495 del 1994, richiamato dal comma 3 dell'articolo 159 del d.lgs. n. 42 del 2004.
In base alla disciplina prevista dall'articolo 159, 3° comma, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di controllo in sede statale sul nulla osta paesaggistico rilasciato in sede regionale, deve ritenersi in particolare che, a seguito di una richiesta di integrazione documentale, l'originario termine si deve intendere interrotto e non sospeso, sicché comincia a decorrere per intero una volta che sia stata fornita la documentazione integrativa richiesta.
Il dies a quo per l'esercizio del potere di annullamento del nulla osta paesaggistico rilasciato in sede regionale decorre non già dal momento in cui l'autorizzazione paesaggistica è comunque nella disponibilità della Soprintendenza, ma solo dal momento in cui l'atto autorizzativo viene formalmente acquisito al registro di protocollo dell'organo statale.
Il giudizio di compatibilità paesaggistica in ordine agli interventi esecutivi può essere svolto in modo più incisivo e con strumenti di vaglio più penetranti laddove l'autorizzazione relativa al piano 'a monte' si caratterizzi per i caratteri di assoluta genericità dei relativi progetti. Si tratta, del resto, di un corollario del principio secondo cui il vaglio ai fini paesaggistici rimesso all'organo statale - ivi compreso quello concretantesi nell'eventuale annullamento dell'autorizzazione a tal fine già rilasciata - assume una funzione di spiccata 'tutela estrema' del vincolo e, in via mediata, dei valori tutelati, aventi rango costituzionale. È pertanto legittimo l'annullamento in sede statale del nulla osta paesaggistico ove il piano particolareggiato (PRU) che prevede il vincolo sia corredato non solo da una motivazione del tutto generica, caratterizzata da formule stereotipe e non commisurate al rilevante valore paesistico dell'area, interessata da una dichiarazione di notevole interesse paesaggistico (d.m. 11 febbraio 1976), ma soprattutto dalla genericità delle previsioni progettuali, le cui specificazioni erano state riservate in sede di emanazione dei provvedimenti successivi.
Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana, 20 febbraio 2013, n. 247 - Pres. Turco, Est. De Francisco - In tema di diritto di panorama
Non può ignorarsi l'esistenza di un diritto al panorama sicuramente tutelabile ove l'opera, costituita nella specie da una piscina scoperta, sia per sua natura idonea a modificare l'assetto paesaggistico del sito in cui viene collocata non solo di per sé, ma anche per effetto della sua ordinaria destinazione ricreativa, richiamando ai bordi più persone che ne fruiscono: ciò concorre a configurare l'interesse all'impugnazione in capo ai proprietari dei fondi vicini (in quanto stabilmente collegati all'ambito in cui la piscina potrebbe essere realizzata), per il corretto assetto urbanistico paesaggistico di tutti i territori vicini ai loro fondi.
Tar Campania, Salerno sez. I, 25 giugno 2013, n. 1429 - Pres. Onorato, Est. Palliggiano - È consentita l'autorizzazione paesaggistica postuma di volume tecnico
Tre sono i parametri utili per identificare la nozione di volume tecnico: a) il primo, di tipo funzionale, secondo cui l'opera che costituisce volume tecnico deve assumere un rapporto di strumentalità necessaria rispetto alla costruzione principale perché ne consente un migliore e più efficiente utilizzo; b) il secondo ed il terzo di tipo strutturale, nel senso che, da un lato, la collocazione esterna del volume tecnico appare l'unica soluzione praticabile per impossibilità di ricorrere a soluzioni progettuali diverse e, dall'altro, deve esistere un rapporto di necessaria proporzionalità tra volume tecnico e costruzione principale.
Nella nozione di volume tecnico non rientrano le soffitte, gli stenditoio chiusi e quelli di sgombero, i piani di copertura qualora, impropriamente considerati sottotetti, costituiscano in realtà mansarde perché dotate di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda. Devono invece considerarsi volumi tecnici gli impianti serventi connessi a condotte idrica, termica o all'ascensore.
Anche i volumi tecnici, al pari delle altre opere, soggiacciono alla regola posta dall'art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, secondo cui l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria è consentita, tra l'altro, per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati. Infatti, nonostante gli elementi specifici e propri che coinvolgono l'interesse paesaggistico, l'osservanza delle regole ermeneutiche che impongono una rigorosa interpretazione letterale dell'art. 167 d.lgs. 42/2004 non esclude affatto che il volume tecnico, rispetto alla nozione di volume edilizio, possa ricevere, in considerazione della peculiare destinazione funzionale, una valutazione differenziata, caso per caso, suscettibile di concludersi con l'autorizzazione paesaggistica postuma, qualora in concreto il manufatto non presenti elementi incompatibili o comunque di estraneità con il paesaggio nel quale è destinato a collocarsi.
È illegittimo il provvedimento quale la Soprintendenza ha espresso parere contrario alla domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica per alcune opere da considerare volumi tecnici, atteso che anche i volumi tecnici, al pari delle altre opere, soggiacciono alla regola posta dall'art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004 (nella specie si trattava di opere di consistenza modesta, per una superficie complessiva di circa 11 metri quadri, destinate al ricovero di impianti idrici, che non avevano creato volumetria né superficie utili e calcolabili a fini residenziali ed, inoltre, non erano individuabili ad occhio nudo dalla visione del prospetto della collina sulla quale insistono).