Corte costituzionale
Sentenza 24 aprile - 3 maggio 2013, n. 81
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco Gallo; Giudici: Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro, Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo, Alessandro Criscuolo, Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi, Marta Cartabia, Sergio Mattarella, Mario Rosario Morelli, Giancarlo Coraggio,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 8 della legge della regione autonoma Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della regione) e dell'articolo 48, comma 3, della legge della regione autonoma Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, nel procedimento vertente tra la s.p.a. C. P. e la regione autonoma Sardegna ed altri, con ordinanza del 12 ottobre 2011, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2012.
Visto l'atto di costituzione della regione autonoma Sardegna;
udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 2013 il giudice relatore Sabino Cassese;
udito l'avvocato Massimo Luciani per la regione autonoma Sardegna.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 12 ottobre 2011, depositata nella cancelleria il 21 dicembre 2011 (reg. ord. n. 279 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 48, comma 3, della legge della regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), e dell'articolo 8, comma 4, della legge della regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della regione), per violazione dell'articolo 97 della Costituzione.
L'art. 48, comma 3, della l.r. n. 9 del 2006, prevede che le procedure in materia di valutazione di impatto ambientale "si concludono, sulla base dell'attività istruttoria, con atto deliberativo assunto dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale della difesa dell'ambiente".
L'art. 8, della legge della regione Sardegna n. 31 del 1998, rubricato "Direzione politica e direzione amministrativa", dispone, al comma 1, che "La Giunta regionale, il Presidente e gli Assessori, secondo le rispettive competenze, esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo [...]", e, al comma 3, che "Ai dirigenti dell'amministrazione e degli enti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano le amministrazioni verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa [...]". L'impugnato comma 4 precisa che "Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 3 possono essere derogate soltanto a opera di specifiche disposizioni legislative".
2. Le questioni di costituzionalità sono state sollevate nel corso di un giudizio che - secondo quanto riferisce il Tribunale rimettente - ha ad oggetto la richiesta, da parte della s.p.a. C. P., società mineraria titolare dal 1999 al 2005 della concessione per la coltivazione della miniera denominata "Pitzu Rubiu", di annullamento della deliberazione del 30 gennaio 2009 n. 7/21, della Giunta regioniale della regione autonoma della Sardegna e ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente. Con tale deliberazione, la Giunta ha espresso giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del progetto di rinnovo della concessione mineraria presentato dalla s.p.a. C. P., ma l'ha subordinato ad una serie di condizioni ritenute eccessivamente onerose dalla società (ad esempio, la durata della concessione sarebbe di dieci anni, anziché di quindici).
Con ordinanza n. 234 del 3 giugno 2009, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, ha accolto l'istanza cautelare. Con l'ordinanza n. 279 del 2011, lo stesso Tar per la Sardegna, facendo proprie le argomentazioni prospettate dalla società ricorrente, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle due disposizioni citate, contenute in due diverse leggi regionali.
2.1. Ad avviso del giudice rimettente, l'attribuzione alla Giunta regionale, anziché alla dirigenza, della competenza ad esprimere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, prevista dall'art. 48, comma 3, della l.r. n. 9 del 2006 - in deroga al principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa -, violerebbe l'art. 97 Cost. La deroga di cui all'art. 48, comma 3, della l.r. n. 9 del 2006, si fonderebbe sull'art. 8, comma 4, della l.r. n. 31 del 1998, anch'esso, perciò, lesivo dell'art. 97 Cost.
2.2. Quanto alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che "qualora fondata, la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme in questione comporterebbe l'illegittimità della deliberazione della giunta regionale impugnata dalla ricorrente, sotto il profilo preliminare ed assorbente dell'incompetenza della giunta regionale medesima ad esprimere il giudizio di compatibilità ambientale, dovendosi ritenere la competenza dirigenziale ad esprimere il giudizio medesimo".
2.3. Il giudice sostiene poi che, in ragione delle "specifiche disposizioni legislative statali succedutesi nel tempo"? gli atti normativi citati sono i seguenti: decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, recante "Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"; decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, recante "Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"; legge 15 maggio 1997 n. 127, recante "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo"; legge 16 giugno 1998, n. 191, recante "Modifiche ed integrazioni alle legge 15 marzo 1997, n. 59, e legge 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica"; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali"; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"; decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante "Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni" -, debba ritenersi che "il principio di separazione della funzione politica da quella amministrativa costituisca, allo stato, principio fondamentale dell'ordinamento giuridico" e "espressione diretta dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione" di cui all'art. 97 Cost. Infine, il giudice rimettente ritiene che il giudizio di valutazione di impatto ambientale costituisca senz'altro "atto amministrativo di gestione, di natura tecnico discrezionale, senza che nell'espressione di tale giudizio rilevino profili di programmazione, o valutazioni di indirizzo politico", dovendo quindi ritenersi la non manifesta infondatezza della questione.
3. Si è costituita in giudizio la regione autonoma Sardegna, con atto depositato nella cancelleria il 31 gennaio 2012, deducendo l'inammissibilità e comunque l'infondatezza delle questioni.
3.1. La difesa regionale sostiene, innanzitutto, che le questioni sarebbero inammissibili per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, dato che "il remittente nulla osserva in ordine al persistere dell'interesse, in capo al ricorrente nel giudizio principale, all'annullamento dell'atto originariamente impugnato", nonostante il provvedimento impugnato risalga "al 30 gennaio del 2009" e il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna abbia "accolto l'istanza cautelare proposta dalla parte privata" con l'ordinanza n. 234 del 3 giugno 2009.
3.2. Nel merito, le censure sarebbero non fondate, in ragione della particolare "complessità del procedimento di valutazione d'impatto ambientale", caratterizzato da una specifica "integrazione" tra valutazioni tecnico-scientifiche e valutazioni socio-politiche. La disciplina prevista dalla legge sarda terrebbe conto di tale complessità, attribuendo alla Giunta regionale la competenza ad adottare la deliberazione finale, ma "sulla base dell'attività istruttoria" riservata ad organi tecnici. Ad avviso della difesa regionale, il giudice remittente farebbe "un uso schematico del paradigma della rigida separazione di competenze tra organi amministrativi e organi politici", laddove "la separazione di funzioni tra le competenze dell'organo di direzione politica e la dirigenza amministrativa non può essere valutata aprioristicamente in termini astratti, ma deve essere rapportata alla effettiva natura della funzione pubblica svolta". In particolare, la valutazione di impatto ambientale (VIA) comprenderebbe al suo interno "sia aspetti tipici dell'attività di indirizzo politico-amministrativo sia contenuti più propriamente gestionali". Di ciò costituirebbe conferma anche l'art. 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che attribuisce al Consiglio dei ministri il potere sostitutivo quando vi sia un ritardo, da parte dell'autorità competente, a concludere il procedimento di valutazione dell'impatto ambientale, e l'art. 7, comma 5, del medesimo decreto, che identifica nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'autorità competente a condurre la VIA. Anche la giurisprudenza amministrativa ha affermato in più occasioni - osserva la difesa regionale - che la valutazione di impatto ambientale "impone una ponderazione complessa che coinvolge profili tecnici e profili di vera e propria opportunità che ben possono farsi rientrare nell'ambito dei poteri di indirizzo politico amministrativo, eccedendo la mera attività gestionale" (in tal senso, è citata la decisione del Consiglio Stato, sezione V, 11 febbraio 2004, n. 258). Tale orientamento sarebbe stato ribadito in alcune pronunce successive (sono richiamate: Consiglio Stato, sezione VI, 24 gennaio 2005, n. 127; Consiglio Stato, sezione VI, 18 gennaio 2006, n. 129; Consiglio Stato, sezione VI, 17 maggio 2006, n. 2851; Tar Lazio, Roma, sez. II, 8 settembre 2010, n. 32176; Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 10 marzo 2011, n. 209).
4. In data 19 marzo 2013, la regione autonoma Sardegna ha depositato una memoria, in cui si ribadisce l'inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle questioni.
4.1. La difesa regionale riafferma che le questioni sarebbero inammissibili sotto il profilo del difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, poiché il giudice rimettente non avrebbe argomentato sulla "necessaria applicazione della norma censurata nel giudizio innanzi a lui pendente". In secondo luogo, ad avviso della difesa regionale, le questioni sarebbero inammissibili "per indeterminatezza dell'oggetto", in quanto il rimettente, pur rivolgendo le proprie censure non solo all'art. 48, comma 3, della l.r. n. 9 del 2006, ma anche all'art. 8, comma 4, della l.r. n. 31 del 1998, non avrebbe chiarito quale sia "il nesso di rilevanza che intercorre tra le due norme [...] e il giudizio a quo". Di conseguenza, ad avviso della difesa regionale, la censura avrebbe altresì carattere ancipite, "perché inammissibilmente rivolta alternativamente verso due disposizioni di legge".
4.2. Nel merito, la difesa regionale richiama la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, 31 maggio 2012, n. 3254, in cui il collegio, chiamato a pronunciarsi proprio sull'art. 48, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, ha affermato che "non può sostenersi che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione" e che di conseguenza tale normativa regionale "si sottrae [...] al dubbio di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, per la prospettata violazione del principio di separazione della funzione di indirizzo politico-amministrativo da quella gestionale di attuazione della prima".
Considerato in diritto
1. Con ordinanza del 12 ottobre 2011, depositata nella cancelleria il 21 dicembre 2011 (reg. ord. n. 279 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 48, comma 3, della legge della regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), e dell'articolo 8, comma 4, della legge della regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della regione), per violazione dell'articolo 97 della Costituzione.
2. In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità prospettate dalla regione autonoma Sardegna.
2.1. Ad avviso della difesa regionale, "il remittente nulla osserva in ordine al persistere dell'interesse, in capo al ricorrente nel giudizio principale, all'annullamento dell'atto originariamente impugnato", nonostante il provvedimento impugnato risalga "al 30 gennaio del 2009" e il Tar Sardegna abbia "accolto l'istanza cautelare proposta dalla parte privata" con ordinanza n. 234 del 3 giugno 2009. Ciò renderebbe la questione inammissibile per difetto di rilevanza.
L'eccezione non è fondata.
L'accoglimento dell'istanza cautelare non ha determinato la cessazione dell'interesse del ricorrente nel giudizio principale, né ha esaurito i poteri del giudice rimettente, il quale ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale nella fase di merito del giudizio principale. Inoltre, il decorso del tempo, invocato dalla difesa regionale quale ragione di inammissibilità, non ha conseguenze sull'applicazione delle norme censurate nel giudizio tuttora pendente e dunque non incide sulla rilevanza delle questioni.
2.2. La regione autonoma della Sardegna, poi, eccepisce che le questioni sarebbero inammissibili per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, perché il giudice rimettente non avrebbe fornito alcuna argomentazione circa la "necessaria applicazione" delle disposizioni censurate nel giudizio innanzi a lui pendente.
2.2.1. Tale eccezione va accolta con riguardo all'art. 8, comma 4, della l.r. n. 31 del 1998. Questa disposizione si limita a prevedere che il criterio di riparto - fissato dal medesimo art. 8 - tra le funzioni di indirizzo politico, rimesse agli organi politici, e le funzioni di gestione amministrativa, affidate ai dirigenti, possa essere derogato soltanto a opera di specifiche disposizioni legislative. La norma, quindi, non trova diretta applicazione nel giudizio principale. Ne discende che la questione riferita all'art. 8, comma 4, della legge della regione Sardegna n. 31 del 1998 è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza (da ultimo, sentenza n. 257 del 2012).
2.2.2. L'eccezione va respinta, invece, con riguardo all'art. 48, comma 3, della legge della regione autonoma Sardegna n. 9 del 2006. Tale disposizione attribuisce alla Giunta regionale la competenza a deliberare in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), sulla base dell'attività istruttoria svolta dai dirigenti regionali: laddove tale disposizione fosse dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 97 Cost., ne deriverebbe, come osservato dal giudice rimettente, "l'illegittimità della deliberazione della giunta regionale impugnata dalla ricorrente sotto il profilo preliminare ed assorbente dell'incompetenza della giunta regionale medesima ad esprimere il giudizio di compatibilità ambientale". Si deve, perciò, ritenere che la disposizione censurata trovi applicazione nel giudizio principale e che il giudice rimettente abbia sufficientemente motivato la rilevanza della questione (da ultimo, sentenza n. 236 del 2012).
3. La questione relativa all'art. 48, comma 3, della legge della regione autonoma Sardegna n. 9 del 2006 deve quindi essere esaminata nel merito.
Ad avviso del giudice rimettente, l'attribuzione alla Giunta regionale, anziché ai dirigenti della regione, del potere decisionale in ordine alla valutazione di impatto ambientale (ma "sulla base dell'attività istruttoria" svolta dai dirigenti) violerebbe il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa, "espressione diretta dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione sanciti dall'art. 97 della Costituzione", in quanto la valutazione di impatto ambientale costituirebbe un "atto amministrativo di gestione, di natura tecnico discrezionale, senza che nell'espressione di tale giudizio rilevino profili di programmazione, o valutazioni di indirizzo politico".
La questione non è fondata.
Il ragionamento svolto dal giudice rimettente si articola in due passaggi argomentativi. Innanzitutto, il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa costituirebbe espressione dell'art. 97 Cost.; in secondo luogo, l'atto oggetto del giudizio principale - la valutazione di impatto ambientale - dovrebbe essere qualificato come atto di gestione. Se la prima affermazione risulta in linea con le giurisprudenza costituzionale, la seconda va respinta, nei termini chiariti di seguito.
3.1. Il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa, proprie dei dirigenti, introdotto dal d.lg. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), è stato poi "accentuato" dal legislatore, "proprio per porre i dirigenti (generali) "in condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principî d'imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione"" (sentenza n. 104 del 2007). Tale rafforzamento si è realizzato, dapprima, con il d.lg. 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) e, poi, con il d.lg. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Con riferimento alla dirigenza amministrativa, la giurisprudenza costituzionale ha affermato più volte che una "netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie" (sentenza n. 161 del 2008) costituisce una condizione "necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'azione amministrativa" (sentenza n. 304 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 390 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007). Al principio di imparzialità sancito dall'art. 97 Cost. si accompagna, come "natural[e] corollari[o]", la separazione "tra politica e amministrazione, tra l'azione del "governo" - che, nelle democrazie parlamentari, è normalmente legata agli interessi di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza - e l'azione dell'"amministrazione" - che, nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obbiettivate dall'ordinamento" (sentenza n. 453 del 1990).
3.2. La separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa, quindi, costituisce un principio di carattere generale, che trova il suo fondamento nell'art. 97 Cost. L'individuazione dell'esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell'organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa, però, spetta al legislatore. A sua volta, tale potere incontra un limite nello stesso art. 97 Cost.: nell'identificare gli atti di indirizzo politico amministrativo e quelli a carattere gestionale, il legislatore non può compiere scelte che, contrastando in modo irragionevole con il principio di separazione tra politica e amministrazione, ledano l'imparzialità della pubblica amministrazione.
Con la disposizione censurata, il legislatore regionale ha attribuito alla Giunta il potere di decidere sulla valutazione di impatto ambientale di interesse provinciale o regionale; tuttavia, tale potere decisionale deve tener conto, per espressa previsione legislativa, dell'attività istruttoria svolta dai dirigenti regionali. La scelta realizzata dal legislatore regionale determina una divisione di competenze tra la Giunta e i dirigenti regionali che non appare irragionevole, anche in considerazione della particolare complessità della VIA. In quest'ultimo atto, infatti, a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell'attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell'ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico - assumono indubbiamente un particolare rilievo politico. In ragione di ciò, il riparto di competenze previsto dalla disposizione censurata, in un ambito caratterizzato da un intreccio di attività a carattere gestionale e di valutazioni di tipo politico, non viola l'art. 97 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 4, della legge della regione autonoma Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della regione), sollevata, in riferimento all'articolo 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 48, comma 3, della legge della regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), sollevata, in riferimento all'articolo 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, con l'ordinanza indicata in epigrafe.