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Ministero per i Beni e le Attività culturali

Norme tecniche e Linee guida applicative delle disposizioni in materia di sponsorizzazione di beni culturali, anche in funzione di coordinamento rispetto a fattispecie analoghe o collegate di partecipazione di privati al finanziamento o alla realizzazione degli interventi conservativi su beni culturali

 

Premessa

I. Le sponsorizzazioni di beni culturali

I.1 Nozione

I.1.1 Sponsorizzazione tecnica, pura, mista e relativa disciplina

I.2 L'applicazione dell'articolo 199-bis alle sponsorizzazioni di servizi o forniture

I.3 Ipotesi applicative particolari della sponsorizzazione di beni culturali e distinzione rispetto a figure affini

I.3.1 Distinzione rispetto alle erogazioni liberali

I.3.2 Distinzione rispetto ai rapporti di partenariato con i soggetti del terzo settore

I.3.3 L'adozione di un monumento

I.3.4 Distinzione rispetto al project financing

I.3.5 Contratti di concessione di spazi pubblicitari

I.3.6 Le modalità di realizzazione di eventi espositivi presso istituti e luoghi della cultura

II. La programmazione e le modalità di selezione del contraente

II.1 Il principio della programmazione

II.2 Lo studio di fattibilità necessario ai fini dell'indizione della procedura

II.3 La scelta della tipologia di sponsorizzazione e la necessità di definizione preventiva degli elementi essenziali della controprestazione offerta

II.3.1 Ulteriori forme di pubblicità e di sollecitazione dell'offerta di sponsorizzazioni e mecenatismo

II.4 L'intermediazione nella ricerca di mecenati o sponsor e nella vendita di spazi pubblicitari

II.5 La costruzione logica della procedura di gara, in funzione dell'ottimizzazione dei risultati conseguibili

II.6 Documenti di gara

II.7 Requisiti dei partecipanti

II.8 Modalità operazionali della procedura

II.9 L'ipotesi di esito negativo della procedura selettiva: il ricorso alla negoziazione diretta

II.10 Il versamento del corrispettivo da parte dello sponsor mediante accollo del debito dell'amministrazione verso l'esecutore dei lavori, servizi o forniture

III. Linee guida attuative dell'articolo 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio

IV. Manifesti e cartelli pubblicitari

V. Profili fiscali (Cenni)

V.1 Premessa

V.2 Il regime fiscale delle erogazioni liberali

V.3 Il regime fiscale delle sponsorizzazioni

V.3.1 La qualificazione delle sponsorizzazioni come spese di pubblicità ovvero di rappresentanza

V.3.2 Il regime IVA delle sponsorizzazioni

Premessa

La sponsorizzazione di beni culturali, quale peculiare rapporto di partenariato pubblico-privato che si caratterizza per l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine o del prodotto di un'impresa a un bene o a un'iniziativa culturale, suscita crescente interesse sia da parte della pubblica amministrazione, sia da parte degli operatori economici. La prima rinviene in essa, infatti, una modalità duttile e agevolmente percorribile per il reperimento di risorse, o anche di beni e servizi, da destinare al perseguimento dei propri scopi istituzionali; i secondi dimostrano di ritenere particolarmente appetibile il vantaggio promozionale che può essere tratto dall'accostamento dell'azienda o dei suoi prodotti al prestigioso patrimonio culturale nazionale.

Da ciò l'affermarsi della sponsorizzazione - istituto di recente elaborazione negoziale, tradizionalmente presente in altri ambiti socio-culturali (si veda ad esempio lo spettacolo e lo sport) - quale efficace strumento di conservazione e di valorizzazione del patrimonio culturale.

Il valore pubblicitario e di immagine che le imprese possono ritrarre dall'associazione del proprio nome o del proprio marchio al restauro di importanti monumenti dimostra peraltro che esiste un mercato all'interno del quale questi valori sono contendibili.

Ne discende la necessità di regolare il confronto concorrenziale, nel duplice interesse, da un lato, dell'amministrazione - che può legittimamente puntare a incrementare l'apporto economico dello sponsor - e, dall'altro lato, delle stesse imprese private, per evitare a priori contenziosi e poter confidare su un quadro certo di regole applicabili.

Non è dunque un caso che il rispetto delle regole procedurali sia stato imposto già dal 2004 sia dal diritto dell'Unione europea, sia dal diritto nazionale (articolo 2 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 30, i cui principi sono poi rifluiti negli articoli 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici, che richiedono il rispetto, nelle sponsorizzazioni, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità).

Da ultimo, l'articolo 199-bis - rubricato "Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor" - introdotto nel Codice dei contratti pubblici (di seguito Codice c.p.), nel capo dedicato ai contratti relativi ai beni culturali, dal decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo", convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, punta a definire un percorso amministrativo chiaro e preciso per dare certezza di legittimità all'operato dell'amministrazione e delle imprese private che hanno interesse a contribuire alla tutela del patrimonio culturale attraverso la stipulazione di contratti di sponsorizzazione.

L'articolo 61, comma 1, del medesimo decreto legge n. 5 del 2012, sempre nel solco dell'esigenza di definire compiutamente l'iter che le amministrazioni sono chiamate a seguire al fine del ricorso a tale peculiare strumento contrattuale di partenariato pubblico-privato, ha altresì demandato al Ministro per i beni e le attività culturali il compito di approvare con proprio decreto "norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni contenute nell'articolo 199-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché di quelle contenute nell'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, anche in funzione di coordinamento rispetto a fattispecie analoghe o collegate di partecipazione di privati al finanziamento o alla realizzazione degli interventi conservativi su beni culturali, in particolare mediante l'affissione di messaggi promozionali sui ponteggi e sulle altre strutture provvisorie di cantiere e la vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari".

Il presente Documento reca pertanto - in attuazione della disposizione ora richiamata - l'elaborazione delle disposizioni finalizzate ad orientare l'azione degli uffici nell'applicazione del complesso quadro normativo attualmente vigente in materia di sponsorizzazioni di beni culturali.

Quanto alla valenza giuridica da riconoscere allo stesso, si reputa di dover distinguere le indicazioni aventi natura di norme tecniche, da quelle che assumono rilevanza quali semplici linee guida, anche allo scopo di chiarirne la vincolatività rispetto agli enti dotati di autonomia.

Invero, sono da intendersi come norme tecniche di portata precettiva esclusivamente quelle attinenti alla tutela del patrimonio culturale. Ci si riferisce, in particolare, alle istruzioni volte a dare attuazione a quanto disposto dall'articolo 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito, Codice bb.cc.), per ciò che attiene alla compatibilità delle sponsorizzazioni con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, nonché alle indicazioni concernenti i requisiti di qualificazione delle imprese affidatarie dei lavori in caso di sponsorizzazione tecnica.

Viceversa, va riconosciuta portata di linee guida alle indicazioni aventi ad oggetto l'interpretazione del quadro normativo vigente e l'applicazione delle disposizioni concernenti le modalità di affidamento dei contratti di sponsorizzazione e dei rapporti di carattere affine. In tale parte, quindi, il presente Documento dovrà intendersi bensì come atto di indirizzo e di direttiva nei confronti degli uffici del ministero per i Beni e le Attività culturali, mentre assumerà valenza di atto di contenuto orientativo e interpretativo nei confronti delle altre amministrazioni e, in particolare, nei confronti degli Enti dotati di autonomia.

Quanto ai contenuti delle presenti norme tecniche e linee guida, esse operano anzitutto una compiuta definizione del contratto di sponsorizzazione, distinguendolo sia da tipologie contrattuali affini, sia dagli accordi di varia natura volti a stabilire rapporti di partnership pubblico-privato. In secondo luogo, vengono esaminate e illustrate nel dettaglio le modalità procedimentali attraverso le quali l'amministrazione addiviene alla stipulazione delle tipologie contrattuali considerate. Da ultimo, vengono presi in considerazione alcuni profili problematici emersi nella prassi applicativa degli istituti, quali: gli aspetti contabili inerenti alla gestione degli introiti delle sponsorizzazioni; il tema della possibilità di stabilire rapporti di partnership rispetto a soggetti del terzo settore; la ricognizione della vigente disciplina fiscale, particolarmente rilevante al fine di incoraggiare l'apporto di capitali privati per la realizzazione di attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

Il quadro normativo da tenere presente, al riguardo, è costituito - oltre alle già richiamate disposizioni di cui agli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p. - anche dall'articolo 120 del Codice bb.cc., che reca la definizione della "sponsorizzazione di beni culturali".

Non costituiscono, viceversa, oggetto del presente Documento le disposizioni specificamente dettate dall'articolo 2, comma 7, del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, al fine di disciplinare il ricorso alle sponsorizzazioni per la realizzazione del programma straordinario e urgente di interventi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei. E', peraltro, da segnalare come le suddette previsioni normative siano espressamente fatte salve dall'articolo 20, comma 2, del decreto legge n. 5 del 2012 e siano da ritenere, quindi, senz'altro vigenti. Tali disposizioni speciali - ispirate, peraltro, ai medesimi principi e criteri direttivi della norma generale introdotta nel Codice c.p. (articolo 199-bis) - si caratterizzano per una maggiore semplificazione e saranno fatte oggetto di apposita circolare esplicativa per gli uffici.

I - Le sponsorizzazioni di beni culturali

I.1 Nozione. - I.1.1 Sponsorizzazione tecnica, pura, mista e relativa disciplina. - I.2 L'applicazione dell'articolo 199-bis alle sponsorizzazioni di servizi o forniture. - I.3 Ipotesi applicative particolari della sponsorizzazione di beni culturali e distinzione rispetto a figure affini. - I.3.1 Distinzione rispetto alle erogazioni liberali. - I.3.2 Distinzione rispetto ai rapporti di partenariato con i soggetti del terzo settore. - I.3.3 L'adozione di un monumento. - I.3.4 Distinzione rispetto al project financing. - I.3.5 Contratti di concessione di spazi pubblicitari. - I.3.6 Le modalità di realizzazione di eventi espositivi presso istituti e luoghi della cultura.

I.1 Nozione

La prima definizione normativa del contratto di sponsorizzazione della pubblica amministrazione si rinviene all'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica". Il comma 1 della suddetta disposizione prevede infatti che, "al fine di favorire l'innovazione dell'organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile". Il comma 2 aggiunge, tra l'altro, che le iniziative in argomento "devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l'attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti. (...)".

Il Codice bb.cc. dedica alla "sponsorizzazione di beni culturali" l'articolo 120, contenuto nel Titolo II (Fruizione e valorizzazione), Capo II (Princìpi della valorizzazione dei beni culturali) della Parte Seconda. La collocazione nell'ambito delle disposizioni specificamente dedicate alla valorizzazione del patrimonio culturale non deve, però, indurre a ritenere che la sponsorizzazione sia destinata unicamente a tale finalità (intesa in primo luogo anche come miglioramento delle condizioni economiche per la tutela). Il comma 1 del citato articolo 120 fornisce, infatti, un'ampia nozione della sponsorizzazione di beni culturali, che include "ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante (...)". Il comma 2 del medesimo articolo 120 specifica poi che "la promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione".

Finalità propria della sponsorizzazione è, pertanto, il perseguimento di finalità di tutela e valorizzazione dei beni culturali mediante l'apporto di soggetti privati, i quali trovano la propria remunerazione nell'associazione tra il proprio nome, prodotto o attività e l'iniziativa sponsorizzata.

Sulla base della definizione generale elaborata dalla dottrina e dalle giurisprudenza, cui appare coerentemente ispirato il modello offerto dall'articolo 120 del Codice bb.cc., il contratto di sponsorizzazione può in via generale definirsi come negozio innominato, a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive, stipulato tra due parti così definite:

- lo sponsee, che, nell'ambito di iniziative destinate al pubblico (programmi televisivi, spettacoli musicali, lavori di restauro di beni di valore storico e/o artistico, competizioni sportive, ecc.) si obbliga a fornire prestazioni di veicolazione del nome, del marchio, dell'immagine, delle attività o dei prodotti di un altro soggetto (lo sponsor);

- lo sponsor, generalmente un'impresa, che si obbliga, in cambio della suddetta veicolazione, ad una prestazione pecuniaria, ovvero ad assumere in proprio la realizzazione di lavori, servizi o forniture in favore dello sponsee.

In ragione della molteplicità di manifestazioni in cui si sostanzia la sponsorizzazione - tutte affermatesi nella prassi - la dottrina ha più volte tentato di ricondurne la natura negoziale a diversi contratti tipici, al fine di individuarne induttivamente la disciplina applicabile. Tuttavia, nessuno di tali tentativi ha avuto successo, affermandosi in tal modo il convincimento, confermato anche dalla giurisprudenza, che il contratto di sponsorizzazione sia invero un negozio atipico, non riconducibile ad alcuna figura contrattuale nominata (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 4 dicembre 2001, n. 6073; Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 1999, n. 13931). La sponsorizzazione è stata, ad esempio, via via assimilata all'appalto di servizi, al contratto d'opera, allo schema del contratto di locazione o a quello della vendita, al contratto di somministrazione, allo schema del mandato o, infine, ricondotta nell'ambito dei rapporti associativi.

Gran parte delle difficoltà applicative dell'istituto derivano, peraltro, proprio dall'incertezza con la quale l'una o l'altra fattispecie negoziale influisce sulla disciplina che ad esso si vorrebbe applicare. E', infatti, proprio l'atipicità che connota il contratto di sponsorizzazione ad averne in passato ostacolato l'utilizzabilità da parte delle pubbliche amministrazioni, in omaggio al principio di stretta legalità che governa l'agere amministrativo. Tale orientamento deve dirsi ormai superato dall'opposto principio secondo cui la pubblica amministrazione gode, al pari di qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento, di autonomia contrattuale, potendo stipulare anche contratti atipici, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, principio che ha trovato conferma sia nel comma 1-bis dell'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, per il quale "la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente", sia nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha sottolineato la necessità di tenere distinto il principio di tipicità dei contratti dal diverso principio di tipicità del provvedimento amministrativo (Cons. Stato, sez. VI, n. 6073 del 2001, cit.).

La causa del negozio atipico di sponsorizzazione è il fine di pubblicità per il quale lo sponsor si impegna a finanziare lo sponsee o a provvedere direttamente alle attività richieste da quest'ultimo. Tuttavia, con specifico riferimento all'oggetto del contratto in esame, l'obbligazione che grava sul soggetto sponsorizzato è di mezzi e non di risultato, dovendosi ritenere preclusa la possibilità per lo sponsor di dolersi dell'eventuale mancato ritorno pubblicitario.

Peraltro, sebbene la causa comune a tutti i contratti di sponsorizzazione sia da identificare nella promozione dell'immagine dello sponsor, ciò non deve condurre a confondere il contratto in oggetto con quello strettamente pubblicitario. Tale distinzione appare rilevante e va tenuta presente anche ai fini di quanto si dirà nei successivi paragrafi I.3.5 e II.4 in merito alle ipotesi di stipulazione di contratti di vendita di spazi pubblicitari.

Mentre per i contratti di pubblicità, infatti, l'evento pubblicizzato è mera occasione di manifestazione del messaggio divulgativo, e funge da mero contenitore e spazio di esposizione, nella sponsorizzazione si realizza un vero e proprio processo di abbinamento o di associazione, per cui lo sponsor trae direttamente dall'iniziativa sponsorizzata vantaggi promozionali ulteriori, legati alla notorietà dell'evento, con effetti potenzialmente molto più intensi o protratti nel tempo rispetto a quelli garantiti da una mera comunicazione pubblicitaria. Inoltre, se la pubblicità tende a privilegiare lo sviluppo e la creazione delle vendite del prodotto identificato dal marchio divulgato, la sponsorizzazione è uno degli strumenti più utili per creare le condizioni migliori per la vendita promuovendo l'immagine dello sponsor, e solo indirettamente i suoi prodotti.

Va altresì evidenziato che la sponsorizzazione figura spesso all'interno di più ampie e articolate operazioni economiche, nello schema della combinazione negoziale. Ciò accade in modo particolarmente evidente nel campo dei beni culturali, poiché spesso lo sponsor si presenta e agisce tramite, a monte, intermediazioni di agenti e mandatari, in connessione con lo sfruttamento degli spazi pubblicitari, e, a valle, per mezzo di imprese appaltatrici destinate all'esecuzione dei lavori (nel caso di sponsorizzazioni così dette "tecniche").

In altri casi la sponsorizzazione si inserisce all'interno di più articolati rapporti di lungo termine di collaborazione e di partenariato non istituzionale, ma convenzionale, sia scientifico, di ricerca, di catalogazione e inventariazione, sia di organizzazione e gestione di istituti e luoghi della cultura. La sponsorizzazione diviene, dunque, spesso, parte di una più complessa operazione economico-giuridica, che non sempre si lascia inquadrare compiutamente in schemi generali definibili a priori. Occorrerà, conseguentemente, che gli uffici prestino, in sede applicativa, la massima attenzione nella corretta e compiuta ricognizione, analisi e configurazione delle vicende e dei rapporti giuridici che si presentano nella concreta realtà gestionale, potendo rinvenire nel presente Documento i criteri generali di qualificazione giuridica e amministrativa degli atti, ma dovendo pur sempre e necessariamente completare e adattare in sede applicativa le indicazioni offerte alla particolarità delle singole fattispecie concrete esaminate.

I.1.1 Sponsorizzazione tecnica, pura, mista e relativa disciplina

L'amministrazione può stipulare tre diversi tipi di contratti di sponsorizzazione di interventi su beni culturali:

- la sponsorizzazione "tecnica", consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor delle prestazioni richieste (oltre a lavori, le prestazioni rese dallo sponsor potranno consistere, come si vedrà, anche in servizi e forniture strumentali ai primi - ad es., servizi di installazione e montaggio di attrezzature e impianti, forniture degli arredi da collocare nei locali - o in servizi e forniture autonomi, ad esempio servizi necessari all'organizzazione di mostre all'interno di istituti della cultura pubblici);

- la sponsorizzazione "pura", in cui lo sponsor si impegna unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione;

- la sponsorizzazione "mista" (ossia risultante dalla combinazione delle prime due) in cui lo sponsor può - per esempio - curare direttamente e fornire la sola progettazione, limitandosi ad erogare il finanziamento per le lavorazioni previste.

Le diverse tipologie sono soggette a diversa disciplina.

1) La sponsorizzazione tecnica è soggetta, sul piano dei principi, all'applicazione degli articoli 26 e 27 del Codice c.p. - di portata generale - e, per ciò che concerne le modalità di svolgimento della procedura di scelta dello sponsor, dall'articolo 199-bis del medesimo Codice, relativo in modo specifico agli interventi aventi ad oggetto beni culturali.

L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, già anteriormente all'entrata in vigore del Codice c.p., aveva concluso per la non applicabilità della normativa sugli appalti di lavori pubblici ai contratti di sponsorizzazione tecnica, poiché gli stessi non rientrano nella classificazione giuridica dei contratti passivi, bensì comportano un vantaggio economico e patrimoniale per la pubblica amministrazione consistente in un risparmio di spesa (In questo senso: AVCP, determinazione n. 24 del 5 dicembre 2011).

L'articolo 26 del Codice c.p. conferma quanto già ritenuto dall'Autorità, escludendo l'applicazione delle disposizioni ordinarie dettate dal Codice c.p. ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili, di cui siano parti un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore, e che abbiano ad oggetto una serie di lavori, servizi e forniture indicati dalla norma (tra i quali, per ciò che qui rileva, i lavori di cui all'Allegato I, da intendersi comprensivi degli interventi su immobili culturali, e le attività di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del Codice bb.cc.). La previsione normativa individua l'ambito dell'esclusione dall'applicazione della disciplina codicistica con riferimento alle ipotesi in cui i lavori, servizi, o forniture siano acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor; essa non tratta, pertanto, della sponsorizzazione "pura". La disposizione prevede peraltro che, quando i lavori, servizi e forniture acquisiti o realizzati a cura e spese dello sponsor siano di importo superiore a 40.000 euro, trovino applicazione i principi del Trattato per la scelta dello sponsor (oltre, ovviamente, alle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto).

Va al riguardo ricordato che, ai sensi del successivo articolo 27, "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto".

In conclusione, ai sensi degli articoli 26 e 27, tali contratti di sponsorizzazione sono soggetti:

- alle norme che fissano i requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, ovvero i requisiti di capacità tecnica e professionale per i primi, e di possesso dell'attestazione SOA per i secondi;

- al controllo e alle prescrizioni impartite dall'amministrazione aggiudicatrice o da altro ente aggiudicatore, beneficiari delle opere, dei lavori, dei servizi, delle forniture, per tutto quanto attiene alla progettazione, alla direzione e all'esecuzione del contratto;

- e inoltre, al di sopra della soglia di 40.000 euro, ad apposita disciplina per quanto attiene alla scelta dello sponsor, nel senso che questa deve sempre avvenire a conclusione di una procedura concorsuale, anche se semplificata, e comunque nel rispetto dei principi di economicità, efficienza, efficacia, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità. In applicazione di tali principi, l'articolo 199-bis del Codice c.p. detta le modalità procedurali per la selezione dello sponsor per gli interventi relativi ai beni culturali.

Ne discende che, al di sotto della soglia di 40.000 euro - ferma restando, come si dirà meglio più oltre, la necessità dei requisiti di qualificazione e della vigilanza dell'amministrazione preposta alla tutela - il contratto di sponsorizzazione può essere stipulato mediante procedura negoziata, senza la necessità di nessuna formalità amministrativa (diversa dalla normale delibera a contrattare e dagli altri adempimenti contabili del caso).

Va, inoltre, richiamata l'attenzione sulla circostanza, sopra riferita, che la disposizione dell'articolo 26 del Codice c.p. si riferisce esclusivamente ai contratti di sponsorizzazione "di cui siano parte un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore". Conseguentemente, è da ritenere che nell'ipotesi - non inverosimile - in cui lo sponsor sia, invece, un soggetto rientrante tra quelli sottoposti all'ambito di applicabilità del Codice c.p. (ossia un'altra amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore, come definiti nell'articolo 3, commi 25 e 29, del Codice c.p.) la sponsorizzazione possa essere affidata mediante trattativa privata, senza alcuna formalità.

In considerazione della possibilità che, in caso di sponsorizzazione tecnica, lo sponsor sia esecutore dei lavori, ovvero si avvalga di imprese terze per tale esecuzione, occorre chiarire che, in riferimento alla seconda di queste eventualità, il bando deve imporre la scelta di imprese che siano in possesso degli stessi requisiti che sarebbero richiesti se i lavori fossero affidati direttamente dall'amministrazione.

In altre parole, le imprese partecipanti alla procedura di affidamento del contratto di sponsorizzazione comprensivo dell'effettuazione dei lavori possono:

- da sé sole integrare i requisiti di capacità tecnica e professionale e di possesso dell'attestazione SOA;

- non possedere tali requisiti, dichiarando, sin dalla presentazione della loro candidature alla sponsorizzazione, di avvalersi di altre imprese (con le quali abbiano contratto impegni in tal senso) che posseggano l'esperienza ed i requisiti previsti per l'esecuzione delle lavorazioni che si intendono realizzare mediante la sponsorizzazione;

- non possedere i requisiti, ma obbligarsi alla stipulazione, all'esito della procedura di affidamento, di contratti di appalto con imprese esecutrici dei lavori che ne siano necessariamente munite.

In quest'ultimo caso, giova far rilevare che non è possibile rinvenire nell'ordinamento alcuna norma specifica che prescriva un obbligo da parte dello sponsor di selezionare mediante procedura ad evidenza pubblica le imprese che eseguiranno le lavorazioni, posto che ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lett. d), del Codice c.p. l'obbligo di rispettare le norme codicistiche sussiste solo nelle ipotesi in cui l'amministrazione finanzi per più del 50 per cento la realizzazione delle opere. E', pertanto, da ritenere che l'individuazione dell'impresa esecutrice sia rimessa all'autonoma scelta dello sponsor, salvo il necessario controllo da parte dell'amministrazione in merito alla sussistenza dei necessari requisiti di qualificazione.

2) La sponsorizzazione pura, dato il suo carattere di contratto attivo, era in principio sottratta all'applicazione delle norme del Codice c.p. e, nello specifico, non poteva ritenersi disciplinata neppure dagli articoli 26 e 27 dello stesso, che fanno espresso riferimento ai contratti aventi ad oggetto l'acquisizione o la realizzazione di lavori, servizi e forniture, a cura e spese dello sponsor.

In proposito, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la deliberazione n. 9 dell'8 febbraio 2012, ha ritenuto che la sponsorizzazione pura, come tutti i contratti che comportano un'entrata per l'amministrazione, sia sottoposta alle norme di contabilità di Stato, le quali richiedono comunque l'esperimento di procedure trasparenti e, quindi, il rispetto dei principi di legalità, buon andamento, trasparenza dell'azione amministrativa, ma non per questo debbono trovare applicazione le norme dettate dal d.lvo n. 163 del 2006 per i contratti pubblici. Tuttavia, come già chiarito sopra, per maggiore garanzia di pubblicità, trasparenza e concorrenzialità delle procedure, il legislatore del 2012 ha scelto di estendere anche alla sponsorizzazione pura avente ad oggetto beni culturali la nuova disciplina dettata dall'articolo 199-bis del Codice c.p. Ne consegue che anche per i contratti di questo tipo inerenti ad interventi conservativi su beni culturali l'amministrazione deve seguire la procedura in esso indicata, sempreché - come meglio si dirà più avanti - si tratti di contratti di valore superiore a 40.000 euro e aventi ad oggetto lavori, nonché - eventualmente - servizi e/o forniture accessori ai lavori (v. paragrafo I.2).

3) In caso di sponsorizzazione mista dovrà applicarsi, per ciascuna parte, il regime proprio della sponsorizzazione tecnica e di quella pura (ad esempio, in caso di sponsorizzazione tecnica di progettazione e di sponsorizzazione pura della realizzazione dei lavori, sarà necessario regolare e svolgere la procedura, in parte nel primo modo e in parte in linea con la seconda modalità).

La maggiore complessità della sponsorizzazione tecnica, rispetto a quella di solo danaro, comporta un conseguente aggravamento della procedura, chiaramente specificata nell'articolo 199-bis del Codice c.p.

In particolare, in caso di sponsorizzazione tecnica: il bando indica gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte; l'aggiudicazione avviene in favore di chi abbia proposto l'offerta realizzativa giudicata migliore, previa eventuale nomina, a tal fine, di una commissione giudicatrice nei casi di maggiore complessità.

Il medesimo articolo 199-bis chiarisce che, invece, in caso di sponsorizzazione pura, è sufficiente la richiesta di offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione, e che l'aggiudicazione avviene in favore del soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore.

La maggiore complessità della procedura in caso di sponsorizzazione tecnica si giustifica per il fatto che, in tale ipotesi, sia pur indirettamente, l'amministrazione, nell'individuare lo sponsor, non sceglie solo il soggetto finanziatore, ma anche il soggetto che si assume la responsabilità dell'esecuzione (ancorché eventualmente realizzata anche tramite terze imprese appaltatrici indicate dallo sponsor medesimo).

In ordine all'ambito oggettivo di applicazione delle disposizioni sulla selezione dello sponsor, deve aggiungersi, a migliore illustrazione di quanto anticipato, che il decreto legge n. 5 del 2012 ha introdotto una importante modifica nell'articolo 26 del Codice c.p., aggiungendo dopo le parole "spese delle sponsor" le parole "per importi superiori a quarantamila euro". Ne consegue che la regola generale minima dell'applicazione dei principi del Trattato per la scelta dello sponsor non si applica quando le spese dello sponsor siano inferiori o pari a 40.000 euro. Ora, per un evidente principio di logica, come il più contiene il meno, se la novella del 2012 ha inteso escludere, per queste ipotesi minimali, addirittura il rispetto dei soli principi del Trattato per la scelta dello sponsor, a fortiori dovrà ritenersi che in questi casi minimali non trovi applicazione neppure il nuovo articolo 199-bis in esame, e ciò indipendentemente dalla circostanza che si tratti di sponsorizzazione pura, tecnica o mista.

Ne discende che in tutte le ipotesi di sponsorizzazioni, di qualunque tipologia, di importo fino a 40.000 euro (nonché, come si dirà al successivo paragrafo I.2, per le sponsorizzazioni pure di servizi e/o forniture non accessori a lavori di qualunque importo) opereranno unicamente i principi di legalità, buon andamento e trasparenza dell'azione amministrativa imposti dalle norme di contabilità, secondo quanto chiarito dalle già richiamate determinazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. Ciò implica la non operatività dell'obbligo (stabilito dall'articolo 27 del Codice c.p.) di invitare almeno cinque concorrenti e la possibilità dell'amministrazione di individuare il contraente senza particolari formalità, purché in modo trasparente, imparziale e non discriminatorio. Si reputa, in particolare, che tali obblighi possano ritenersi adeguatamente assolti ove venga pubblicata sul sito web dell'amministrazione una scheda dell'intervento da finanziare e l'amministrazione stessa si determini a negoziare direttamente con il primo operatore che manifesti interesse al riguardo.

Come già chiarito sopra, peraltro, anche nel caso delle sponsorizzazioni tecniche al di sotto della soglia di 40.000 euro devono sempre trovare necessaria applicazione le disposizioni in materia di qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori (v. paragrafo II.7).

Sul piano sistematico può porsi la questione se, dopo l'introduzione del nuovo articolo 199-bis, la sponsorizzazione di lavori relativi ai beni culturali possa ancora considerarsi un contratto escluso dal Codice c.p., come pure formalmente continua a prevedere l'articolo 26 del medesimo Codice. La risposta resta affermativa. Come bene chiarito dal raccordo sistematico operato dall'innesto nell'articolo 26 del relativo rinvio all'articolo 199-bis, inserito dalla stessa fonte normativa del 2012, i contratti di sponsorizzazione restano parzialmente esclusi dal Codice c.p., salvi i principi richiamati dall'articolo 27, ma con la particolarità per cui ai contratti relativi ai beni culturali, oltre ai principi del Trattato per la scelta dello sponsor e alle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, si applica la speciale disciplina - che in realtà assorbe e specifica quella generalmente indicata nello stesso articolo 26 - ora contenuta nel nuovo articolo 199-bis. Questo implica sul piano applicativo che di tali, nuove norme procedurali deve operarsi in linea generale un'interpretazione e un'applicazione restrittiva ai contratti da essi riguardati, con esclusione di estensioni analogiche ad altre tipologie di contratti o finalizzate all'applicazione ai contratti relativi ai beni culturali di ulteriori disposizioni del Codice c.p. non espressamente richiamate.

Deve, infine, segnalarsi come la necessaria applicazione delle procedure previste dall'articolo 199-bis debba essere senz'altro esclusa ove ricorrano particolari ragioni di urgenza, tali da non consentire lo svolgimento di alcun tipo di procedura selettiva. In tali ipotesi l'amministrazione potrà pertanto individuare lo sponsor mediante negoziazione diretta, senza alcuna formalità.

Tale conclusione discende pianamente dai principi che regolano la materia dei contratti pubblici. L'articolo 57, comma 2, lett. c), del Codice c.p. prevede infatti la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara "nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti.". Se, pertanto, al ricorrere di tali situazioni è consentito fare ricorso alla negoziazione diretta con riferimento ai contratti rientranti nell'ambito applicativo del Codice c.p., a uguali conclusioni dovrà pervenirsi, a fortiori, con riferimento ai contratti di sponsorizzazione, i quali, come detto, sono tuttora da considerare come contratti esclusi. D'altra parte, sarebbe incongruo ritenere che ove vi siano ragioni che richiedono di provvedere con urgenza, ad esempio, all'effettuazione di interventi di consolidamento statico di un immobile d'interesse culturale, l'amministrazione possa senz'altro individuare senza formalità l'impresa con la quale stipulare un contratto di appalto di lavori e non possa, invece, derogare alle procedure di cui all'articolo 199-bis del Codice c.p. per l'individuazione dello sponsor che realizzi a propria cura l'intervento o ne assuma l'onere economico, anche mediante accettazione di offerte spontanee provenienti da imprese che intendano sponsorizzare l'intervento d'urgenza.

I.2 L'applicazione dell'articolo 199-bis alle sponsorizzazioni di servizi o forniture

Circa l'ambito oggettivo di operatività del nuovo articolo 199-bis, può discutersi se la procedura in esso prevista sia applicabile ai soli lavori relativi ai beni culturali e ai servizi e alle procedure strumentali, secondo la logica dell'articolo 199, comma 2, recante la disciplina degli appalti misti per alcune tipologie di interventi, quali gli allestimenti dei musei, degli archivi e delle biblioteche, la manutenzione e il restauro dei giardini storici, i servizi di installazione e montaggio di attrezzature e impianti, le forniture degli arredi da collocare nei locali e nelle aree, o possa applicarsi anche ai contratti di servizi e di forniture in sé, non strumentali alla realizzazione di lavori (si pensi, ad esempio, ai servizi di organizzazione di mostre ed eventi culturali all'interno di istituti della cultura pubblici). Il testo del nuovo articolo di legge è da questo punto di vista ambiguo (sia nel suo riferimento agli interventi relativi ai beni culturali, sia nella parte in cui parla di lavori, servizi e forniture da indicare nell'apposito elenco allegato al programma triennale dei lavori). L'ambiguità è rafforzata dalla rubrica del capo in cui il nuovo articolo è inserito, che è intitolato ai contratti relativi ai beni culturali (anche se, poi, la quasi totalità delle norme in esso contenute sono relative ai soli lavori sui beni culturali o, al massimo, a quelli misti, mentre il richiamo ai servizi di gestione museale è solo accennato nel riferimento, contenuto nel comma 3 dell'articolo 197, all'applicabilità della disciplina del promotore finanziario e della società di progetto all'affidamento di lavori e servizi relativi ai beni culturali, nonché alle concessioni di cui agli articoli 115 e 117 del Codice bb.cc., secondo le modalità stabilite dal regolamento, che però nulla ha innovato sul punto).

Tra le due tesi pare più logica e coerente la prima, quella restrittiva, che limita l'ambito oggettivo di applicazione delle nuove disposizioni ai soli contratti relativi ai lavori sui beni culturali, oltre che, naturalmente, alle prestazioni di servizi e di forniture in essi inglobati e ad essi strumentali. Tale tesi è coerente altresì con i contenuti propri del programma triennale dei lavori, di cui all'articolo 128 del Codice c.p., nel cui ambito si inquadra, sia pur con tutte le sue peculiarità, questo nuovo allegato previsto dalla norma.

Ne consegue che la sponsorizzazione tecnica di beni e/o servizi, non strumentali alla realizzazione di lavori (come potrebbe avvenire, per l'appunto, per il mero allestimento di mostre ed eventi), sarà soggetta - al di sopra, benvero, della soglia di rilevanza minima di 40.000 euro - unicamente alle disposizioni dell'articolo 26 del Codice c.p., e non anche a quelle dell'articolo 199-bis. Conseguentemente, l'osservanza dei principi del Trattato potrà essere assicurata mediante la mera pubblicazione sul sito dell'amministrazione dell'interesse a sollecitare sponsorship, con assegnazione di un termine minimo ragionevole di risposta e di candidatura (trenta giorni, salvi i casi di urgenza) e la successiva acquisizione di un numero ragionevole di preventivi (o di offerte) presso imprese potenzialmente interessate, senza la necessità di fare applicazione dell'articolo 199-bis Codice c.p.

Quanto, invece, alla sponsorizzazione pura di beni e/o servizi non accessori a lavori, di qualunque importo, è da ritenere che, come già anticipato, la stessa non ricada né nell'ambito applicativo dell'articolo 26 del Codice c.p., né in quello dell'articolo 199-bis del medesimo Codice. Per essa, rimane fermo quanto chiarito nella già citata determinazione n. 8 del 2012 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ossia l'inapplicabilità in toto del Codice c.p. e la mera soggezione ai principi di legalità, buon andamento e trasparenza imposti in via generale dai principi e dalle norme in materia di contabilità pubblica. Tali obblighi potranno ritenersi assolti, come già indicato al precedente paragrafo I.1.1, anche mediante la pubblicazione di una scheda dell'intervento sul sito dell'amministrazione e la successiva negoziazione diretta con il primo operatore economico interessato.

I.3 Ipotesi applicative particolari della sponsorizzazione di beni culturali e distinzione rispetto a figure affini

I.3.1 Distinzione rispetto alle erogazioni liberali

Come descritto, gli elementi caratterizzanti il contratto di sponsorizzazione sono l'onerosità e la corrispettività delle prestazioni, caratteri che valgono a differenziare il negozio in esame dalle ipotesi di cd. erogazioni o elargizioni liberali (o mecenatismo o patrocinio o patronage).

Rispetto alla sponsorizzazione, tali fattispecie si distinguono per il fatto che il soggetto, pubblico o privato, il quale consente che l'attività di altri si svolga sotto il suo patrocinio, non trova corrispettivo nel vantaggio atteso dalla pubblicizzazione della sua figura di patrocinatore (Cass. Civ. 21 maggio 1998, n. 5086). Il contratto, dunque, non rientra nella categoria dei negozi a prestazioni corrispettive, ma, a seconda del concreto atteggiarsi della fattispecie, può risultare riconducibile nello schema della donazione modale, ovvero in quello della c.d. "sponsorizzazione interna", intendendosi per tale - secondo quanto chiarito dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con la già citata determinazione n. 24 del 2001 - un negozio gratuito modale che, "a differenza del contratto di donazione, è sempre caratterizzato, e quindi giustificato causalmente, da un interesse patrimoniale anche mediato, purché giuridicamente rilevante, di chi si obbliga o trasferisce". In tal caso, quindi, il ritorno pubblicitario ha carattere del tutto indiretto e non dipende da una controprestazione posta a carico del soggetto beneficiato; conseguentemente il contratto, pur non essendo oneroso, non presenta tuttavia carattere di liberalità.

Nella prassi, una vera e propria donazione modale potrà essere perlopiù riscontrata nel caso in cui il soggetto erogante sia una persona fisica, che presumibilmente trarrà dalla prestazione un vantaggio meramente morale, mentre ove l'erogante sia un'impresa, è più frequente il ricorrere della già vista figura del negozio gratuito modale.

Va, tuttavia, segnalato sin da subito come l'anzidetta distinzione, pur rilevante dal punto di vista civilistico, non comporta alcuna differenza di trattamento ai fini del regime amministrativo e fiscale delle due fattispecie. In entrambi i casi, infatti, è esclusa in radice la qualificabilità del rapporto come sponsorizzazione e, quindi - come subito si dirà - l'applicabilità delle disposizioni del Codice c.p., mentre è pacifica la possibilità di beneficiare delle previste agevolazioni fiscali (v. paragrafo V.2). Conseguentemente, nel presente Documento le espressioni "erogazione liberale", "elargizione liberale", "mecenatismo", "patrocino" o "patronage" saranno impiegate per riferirsi indifferentemente a entrambe le ipotesi, che sono del tutto assimilabili per quanto in questa sede interessa.

Premesso quanto sopra, occorre precisare che, ai fini della qualificazione giuridica del rapporto come sponsorizzazione piuttosto che come erogazione liberale, nel senso anzidetto, assume rilevanza la presenza (sponsorizzazione) o l'assenza (erogazione liberale o gratuita) di un "corrispettivo". Quest'ultimo va correttamente inteso nel senso giuridico di causa tipica ed essenziale dell'operazione economico-giuridica, non già nel senso di motivo personale e soggettivo che spinge all'elargizione, il quale non rileva, come tale, ai fini della predetta qualificazione. Precisazione, questa, che conduce a chiarire - ciò che si preciserà meglio più innanzi - che deve considerarsi errata ogni automatica esclusione della possibilità di ricondurre un conferimento in danaro o opere entro lo schema dell'elargizione liberale o patrocinio, per una sua qualificazione in termini di sponsorizzazione, sol perché il benefattore accetti o chieda una qualche forma di riconoscimento, soprattutto morale e ideale (o comunque inerente a un interesse patrimoniale che non trova diretta corrispettività in un obbligo posto a carico dell'amministrazione), dell'elargizione accordata.

Questa distinzione è particolarmente importante. I rapporti di mecenatismo ben possono trovare attuazione e svolgimento in appositi accordi accessori - riversati in atti convenzionali - aventi ad oggetto la disciplina della partnership che, comunque, si va ad instaurare, in un rapporto di durata tra mecenate e amministrazione competente all'intervento di restauro (o altro). Tale rapporto è generato dall'atto di disposizione del mecenate e riguarda, oltre che le modalità esecutive, le forme, i modi e i tempi di realizzazione degli interventi, il controllo e monitoraggio del rispetto delle condizioni e del modus apposto all'atto negoziale liberale o gratuito, nonché le possibili forme di riconoscimento non economico ed essenzialmente morale richiesto dal mecenate.

Questi accordi e atti convenzionali devono però essere tenuti ben distinti dai contratti di sponsorizzazione, poiché essi costituiscono tuttora un'area interamente libera da condizioni e procedure di tipo concorrenziale.

Se la novella del 2012 ha inteso rafforzare le formalità procedurali proprie delle sponsorizzazioni, estendendole anche alla sponsorizzazione pura - che, come già chiarito, avrebbe potuto in linea teorica restare fuori da siffatta procedimentalizzazione selettiva - deve a fortiori ritenersi che il medesimo legislatore abbia tacitamente confermato la legittimità della stipula di accordi di mecenatismo al di fuori di qualsivoglia forma di evidenza pubblica, trattandosi, per l'appunto, di atti di liberalità o comunque di negozi gratuiti, e non invece di contratti a titolo oneroso con prestazioni corrispettive. Poiché l'amministrazione, in sostanza, non dà nulla in cambio, non vi è alcun dovere di concorrenzialità da osservare nella scelta del benefattore. Le amministrazioni, dunque, potranno e dovranno senz'altro continuare ad avvalersi dei contributi derivanti dalle elargizioni liberali, senza particolari formalità procedurali, con una trattativa diretta e libera con il mecenate, senza bisogno di fare in alcun modo applicazione dell'articolo 199-bis del Codice c.p., né delle ulteriori indicazioni procedurali contenute nel presente Documento. Neppure può costituire motivo ostativo all'accettazione di atti di liberalità il fatto che l'attività cui si riferisce l'elargizione sia già stata incluso nell'apposito elenco degli interventi per i quali sollecitare offerte di sponsorizzazione; l'unico impedimento può in realtà essere costituito dalla circostanza che siano in corso i termini della sollecitazione (ovvero sia ancora aperto il termine dato nell'avviso pubblico per la presentazione di offerte), oppure sia in atto una procedura concorrenziale per la selezione dello sponsor (siano, dunque, state presentate offerte per quel medesimo intervento e sia pertanto possibile pervenire a una sponsorizzazione ad esso riferita). In tutti i casi, invece, di inutile decorso del termine senza che siano state presentate offerte valide, oppure di mancata selezione (per qualsiasi motivo) di uno sponsor, l'intervento potrà senz'altro essere considerato immediatamente disponibile per qualsiasi proposta di liberalità e di mecenatismo.

Nel rinviare all'apposito paragrafo V la trattazione del diverso regime fiscale delle erogazioni liberali e delle sponsorizzazioni, occorre in questa sede evidenziare che uno spunto utile al fine di distinguere le due fattispecie è fornito dal d.m. 3 ottobre 2002, attuativo dell'articolo 38 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante la prima disciplina delle agevolazioni fiscali in favore delle erogazioni liberali, il quale ha precisato, all'articolo 5, comma 3, che possono considerarsi erogazioni liberali anche le elargizioni che diano luogo ad un "pubblico ringraziamento" del beneficiario al mecenate. La disposizione richiamata stabilisce, infatti, che: "Ai fini del presente decreto, sono considerate erogazioni liberali anche le elargizioni di denaro per le quali il beneficiario formula pubblico ringraziamento al soggetto erogante." La previsione normativa risolve, sia pur implicitamente, il problema della distinzione tra mecenatismo e sponsorizzazioni, lasciando intendere che quest'ultima figura può dirsi ricorrente solo qualora la promozione del nome, dell'immagine, del marchio, dell'attività, dei prodotti dello sponsor sia oggetto di un preciso obbligo giuridico gravante in capo al soggetto sponsorizzato, obbligo che costituisce la controprestazione del finanziamento erogato dallo sponsor. Qualora, invece, l'erogazione dello sponsor sia sorretta da spirito di liberalità o abbia comunque carattere di gratuità (ancorché eventualmente corrisponda a un interesse di rilevanza patrimoniale dell'erogante), e non sia accompagnata da alcun obbligo posto a carico dello sponsee, si è al di fuori dello schema della sponsorizzazione, rientrandosi, invece, in quello del mecenatismo, e ciò anche qualora il soggetto finanziatore benefici comunque di un ritorno di immagine per effetto del comportamento spontaneo, di pubblico ringraziamento, posto in essere dallo sponsorizzato.

La stessa disciplina fiscale non esclude, pertanto, la natura di erogazione liberale dell'atto allorquando lo stesso sia accompagnato da forme di riconoscimento essenzialmente morale, non trasmodante in una forma di promozione dell'azienda o dei suoi prodotti. D'altra parte, se è vero che, di regola, l'elargizione liberale è lo strumento adoperato dalle persone fisiche e dalle persone giuridiche non perseguenti fini di lucro, esso non è perciò precluso alle persone giuridiche lucrative e alle imprese commerciali in generale. In tali casi l'amministrazione procedente dovrà prestare un'attenzione particolare a che il riconoscimento morale attribuito al donatore impresa commerciale non travalichi i limiti suoi propri per assumere la consistenza di una vera e propria sponsorizzazione (con i connessi regimi di selezione concorrenziale e tributario suoi propri).

I.3.2 Distinzione rispetto ai rapporti di partenariato con i soggetti del terzo settore

Analoga alla figura del mecenatismo è quella dell'accordo culturale di valorizzazione tra un privato finanziatore e l'amministrazione, avente ad oggetto un più ampio programma o progetto di partnership pubblico-privato (di tipo contrattuale e non istituzionale), riferito al restauro di un bene o di un complesso di beni e articolato anche in attività culturali di vario genere (inerenti direttamente o non alla tutela: dalla documentazione e riproduzione dei lavori e degli interventi di conservazione, alla catalogazione, alla pubblicazione dei risultati delle indagini, e via dicendo).

Si tratta di figure complesse, riconducibili anche agli accordi culturali di cui all'articolo 112 del Codice bb.cc. (dove la valorizzazione deve intendersi soprattutto come miglioramento della tutela, ma anche, in prospettiva, come miglioramento delle condizioni di pubblica fruizione del bene). Anche questi accordi, che pure possono assumere una notevole complessità e possono contenere la previsione di specifici obblighi di facere dell'amministrazione, se stipulati con istituzioni scientifiche e culturali, anche di diritto privato, italiane o straniere, quali fondazioni culturali o associazioni e altri enti privi di fini di lucro, sono e restano riferibili al mecenatismo e sono e restano, pertanto, liberi da intralci burocratici; ad essi non è applicabile l'articolo 199-bis del Codice c.p. ed è e rimane possibile e legittima la negoziazione diretta e la trattativa privata, anche su specifica proposta e iniziativa del mecenate privato.

Nel caso in cui un siffatto accordo di collaborazione di lungo termine, di partenariato pubblico-privato preordinato alla gestione comune e alla collaborazione nella gestione di progetti e iniziative di tutela e valorizzazione di beni culturali, ancorché con connotazione scientifica e di ricerca, siano invece proposti da imprese (società commerciali ed enti perseguenti scopi di lucro), allora gli uffici dovranno prestare la massima attenzione nella disamina e trattazione di tali rapporti, al fine di pervenire ad una corretta e legittima qualificazione giuridica della vicenda, sì da poter conseguentemente fare applicazione della disciplina appropriata e pertinente.

In coerenza con quanto sopra detto, sono del tutto esclusi dall'ambito applicativo delle disposizioni di cui agli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p. e del presente Documento e non sottoposti ad alcuna restrizione anche i rapporti di partenariato con soggetti non lucrativi finalizzati allo svolgimento di attività di fund raising, nelle più varie e diverse forme, in favore della realizzazione di interventi conservativi o di valorizzazione di beni culturali.

Tali iniziative possono svolgersi secondo modalità tra loro assai diverse e, ovviamente, non tipizzabili a priori. Può trattarsi, invero, sia di semplici raccolte di sottoscrizioni presso il pubblico promosse da soggetti del c.d. "terzo settore" attraverso i media (mediante "maratone per l'arte" e simili), sia dell'organizzazione di eventi benefici presso istituti e luoghi della cultura con le medesime finalità (come nei casi, ad esempio, di cene o serate di beneficenza presso un museo, allo scopo di destinare il ricavato al restauro di un'opera facente parte della relativa raccolta).

In tali ipotesi - giova ribadirlo - la semplice circostanza che, eventualmente, l'amministrazione consenta al partner privato l'utilizzazione di spazi presso istituti o luoghi della cultura o la riproduzione dell'immagine dei beni culturali al cui restauro è l'iniziativa è diretta non comportano - con tutta evidenza - né l'applicazione delle norme relative alle procedure di evidenza pubblica, né - tantomeno - la necessità di richiedere il versamento di un canone, ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 106 ss. del Codice bb.cc. relative alla concessione di uso individuale dei beni culturali.

Pur nella grande variabilità dei contenuti e del concreto atteggiarsi di tali rapporti, essi si caratterizzano infatti perché sono volti unicamente al reperimento di finanziamenti da destinare alla conservazione e/o alla valorizzazione di uno o più beni culturali, senza che ricorra alcuna finalità lucrativa e senza che il partner privato possa trarre dall'iniziativa alcun vantaggio, al di là del mero riconoscimento morale dell'opera svolta.

I.3.3 L'adozione di un monumento

Una volta chiarita la distinzione tra i rapporti di sponsorship e le erogazioni liberali, occorre inquadrare correttamente la figura, spesso invocata nella prassi, che si suole denominare "adozione di un monumento". In proposito, mette conto anzitutto di evidenziare come la suddetta espressione non corrisponda sul piano giuridico a un autonomo istituto, ma abbia una valenza puramente descrittiva di un fenomeno fattuale, di cui occorre esattamente chiarire la sussumibilità nelle fattispecie normativamente tipizzate.

Invero, il tratto caratterizzante delle variegate situazioni che sogliono essere ricondotte nell'eterogenea tipologia dell'adozione di un monumento è costituito dalla circostanza che, in tali ipotesi, l'apporto del soggetto privato (in denaro, lavori, servizi o forniture) è finalizzato a sopperire integralmente a una o più specifiche necessità di tutela e/o di valorizzazione di un bene culturale, spesso per un determinato e più o meno lungo periodo di tempo, in maniera tale da comportare sostanzialmente l'assunzione della cura del monumento, o di alcune esigenze inerenti allo stesso. Vi rientra, ad esempio, il caso di assunzione dell'obbligo di provvedere (direttamente o mediante erogazioni in denaro) alla manutenzione ordinaria e/o straordinaria del bene per un certo periodo, oppure l'ipotesi in cui il privato si faccia carico dell'onere di un intervento conservativo importante e destinato a protrarsi nel tempo che muti in maniera significativa la situazione del bene (ad esempio, un restauro di rilevante impegno economico posto integralmente a carico del privato, ovvero un intervento finalizzato a rendere fruibile un bene che prima non lo era, e via dicendo).

Nei casi anzidetti, emerge quindi un legame del tutto peculiare - di cui di seguito si approfondirà la valenza - non semplicemente tra il privato erogatore e un puntuale intervento di tutela o valorizzazione, bensì direttamente tra il medesimo soggetto e il bene culturale "adottato".

Deve, peraltro, immediatamente soggiungersi come l'espressione "adozione di un monumento" - di cui si è già rimarcato il carattere neutro ai fini della qualificazione giuridica della fattispecie concreta - venga indifferentemente utilizzata nella prassi tanto con riferimento a ipotesi caratterizzate dall'assenza di qualsivoglia prestazione a carico dell'amministrazione, quanto in casi in cui, all'opposto, la c.d. "adozione" trovi la propria contropartita in un ritorno d'immagine particolarmente intenso in favore del privato, in quanto - come detto - realizzato mediante l'associazione del nome dell'erogante non già a un determinato intervento di tutela o valorizzazione, bensì direttamente al bene culturale "preso in cura".

Nel primo caso, stante l'assenza di corrispettivo (e ferma restando l'eventualità del c.d. "pubblico ringraziamento", di cui già si è detto), non vi è dubbio che si ricada nell'ambito della variegata fenomenologia del mecenatismo e delle erogazioni liberali.

Ipotesi diametralmente opposta è quella in cui le attività sopra descritte siano svolte in cambio della pubblicizzazione del ruolo di "adottante" svolto dal privato nei confronti del bene culturale. In tali fattispecie, infatti, non solo si è in presenza di una sponsorizzazione, ma il rapporto di sponsorship assume una valenza "forte", ossia qualificata dalla speciale intensità del rapporto intercorrente con il bene. Mentre, infatti, ordinariamente il rapporto di sponsorizzazione comporta un'associazione tra lo sponsor e uno specifico intervento di tutela o valorizzazione, invece la c.d. "adozione del monumento" consente al privato di legare direttamente il proprio nome al bene culturale, comportando quindi l'attribuzione di utilità economiche di maggiore e più rilevante entità. Di tale circostanza, evidentemente, l'amministrazione dovrà tenere conto, compiendo un'adeguata ponderazione, allo scopo di stabilire se e in che misura non sia sufficiente o appropriata una sponsorizzazione - per così dire - "debole" e si ritenga invece necessario consentire, allo scopo di rendere maggiormente appetibile l'intervento o l'attività necessaria, ricorrere alla formula della c.d. "adozione del monumento". Invero, la semplice sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture è da ritenere ordinariamente preferibile, sia perché di regola consente una più appropriata stima del valore economico della controprestazione offerta dall'amministrazione, sia - soprattutto - perché pone minori problemi di compatibilità rispetto alle esigenze di tutela e valorizzazione del bene culturale interessato, in quanto non realizza un'associazione tra lo sponsor e il bene destinata a protrarsi nel tempo.

Da ciò discende la necessità che l'amministrazione chiarisca sempre puntualmente nei bandi e nei successivi contratti di sponsorizzazione quali siano le controprestazioni offerte allo sponsor, in modo che non sia revocabile in dubbio se l'associazione consentita sia - come d'ordinario - tra lo sponsor e l'intervento o, invece, tra lo sponsor e il bene "adottato". In tale ultima ipotesi, il profilo inerente la compatibilità della suddetta associazione rispetto alle esigenze di tutela e valorizzazione dovrà essere attentamente vagliato e dovrà, altresì, essere precisato secondo quali modalità concrete ed entro quali termini temporali l'associazione stessa possa essere realizzata.

Va, inoltre ricordato fin d'ora che - come meglio si chiarirà in seguito (v. paragrafo III) - la verifica della compatibilità delle sponsorizzazioni, di qualunque natura, rispetto alle esigenze di tutela e di valorizzazione dei beni culturali rientra sempre nella competenza esclusiva del ministero per i Beni e le Attività culturali, ai sensi dell'articolo 120, comma 1, ultimo periodo, del Codice bb.cc., indipendentemente dal soggetto proprietario o consegnatario del bene. Pertanto, i soggetti pubblici e privati proprietari dei beni sono sempre tenuti a richiedere la necessaria autorizzazione in ordine ai rapporti di sponsorizzazioni che intendano instaurare, anche ove l'associazione con il nome dello sponsor non si realizzi nella tipica forma dell'apposizione di cartelloni o altri mezzi di pubblicità, specificamente disciplinata dall'articolo 49 del Codice bb.cc.

I.3.4 Distinzione rispetto al project financing

Al fine di tratteggiare la distinzione tra sponsorizzazione e project financing occorre innanzitutto premettere che, sebbene nella finanza di progetto - come nella sponsorizzazione - le pubbliche amministrazioni si avvantaggiano di fonti di finanziamento delle attività istituzionali, alternative e/o aggiuntive a quelle ottenute mediante i canali tradizionali, i due istituti devono comunque essere ritenuti ontologicamente divergenti.

A differenza che nelle sponsorizzazioni, dove il privato si limita a finanziare o a realizzare a proprie spese l'intervento, ricevendo come controprestazione la promozione pubblicitaria del proprio marchio, attività, o immagine, nel project financing il rapporto economico si presenta più complesso, posto che il soggetto promotore/finanziatore, non solo si occupa della realizzazione, ma anche della gestione dell'opera pubblica e con il flusso di cassa generato ottiene la remunerazione del capitale investito, secondo lo schema tipico della concessione di costruzione (realizzazione dei lavori di restauro) e gestione (del servizio pubblico erogato dal bene; nel caso di beni culturali, del servizio pubblico di apertura alla pubblica fruizione e di valorizzazione del bene restaurato).

Il privato svolge, dunque, un ruolo attivo da cui deriva l'applicabilità di disposizioni del tutto peculiari, anche per ciò che concerne le procedure di affidamento.

L'articolo 153 del Codice c.p. disciplina, infatti, diversi moduli procedimentali attraverso cui realizzare la finanza di progetto, all'interno dei quali differente peso assumono le proposte dei soggetti privati interessati.

Tuttavia, come nella sponsorizzazione di interventi su beni culturali, così anche per il project financing tali proposte spontanee non possono mai condurre alla stipula di contratti per affidamento diretto, essendo previsto al massimo dall'articolo 153 Codice c.p. - nelle ipotesi di aggiudicazione della concessione mediante doppia gara - un diritto di prelazione a favore del promotore scelto all'esito della prima procedura che non risulti aggiudicatario all'esito della seconda.

I.3.5 Contratti di concessione di spazi pubblicitari

E' molto frequente nella prassi l'ipotesi in cui l'amministrazione finanzi gli interventi conservativi su un bene culturale mediante l'apposizione di manifesti o altri mezzi di pubblicità sui ponteggi installati per l'esecuzione dei lavori.

Tali ipotesi pongono una serie di problemi peculiari, poiché si rende necessario stabilire:

- se il rapporto negoziale sia riconducibile nello schema del contratto di sponsorizzazione ovvero se dia luogo a un diverso contratto di vendita di spazi pubblicitari;

- come debba essere ricostruito il rapporto tra l'amministrazione, il soggetto che utilizza gli spazi pubblicitari sui ponteggi e l'impresa di pubblicità, di cui spesso le amministrazioni si avvalgono al fine del reperimento degli inserzionisti;

- con quali modalità procedurali debbano essere individuati i contraenti.

E' noto invero che le amministrazioni possono stipulare contratti di concessione di spazi pubblicitari con imprese operanti nel settore. Secondo consolidata giurisprudenza, "nel caso di affidamento della gestione degli spazi pubblicitari si realizza un rapporto trilaterale tra amministrazione concedente, concessionario ed utenti, nel quale il concessionario agisce in luogo dell'amministrazione cedendo gli spazi a terzi, dietro compenso, e, nei confronti dell'amministrazione, è tenuto al pagamento di un canone, al quale, nella specie, si aggiunge la fornitura ed il servizio di manutenzione suddetti" (Cons. Stato, sez. V, 1 agosto 2007, n. 4270).

Per quanto rileva ai fini del presente Documento, è possibile prospettare diverse modalità in concreto di utilizzazione degli spazi presenti sulle impalcature del cantiere finalizzato all'esecuzione di interventi conservativi su un bene culturale.

Accanto al caso in cui l'amministrazione individui in proprio e direttamente l'operatore o gli operatori che beneficeranno degli spazi stessi, può considerarsi l'ipotesi in cui venga affidato a un'impresa pubblicitaria l'incarico di "cedere" gli spazi pubblicitari a terzi utilizzatori. In tale ultima fattispecie, il rapporto tra l'amministrazione e l'impresa pubblicitaria potrebbe ricostruirsi in termini di mediazione, mandato, o agenzia e potrebbe, inoltre, risultare configurabile un collegamento negoziale rispetto al distinto rapporto intercorrente tra l'amministrazione e l'utilizzatore degli spazi.

Diversa ipotesi è quella in cui l'impresa di pubblicità acquisti essa stessa gli spazi offerti, riservandosi di utilizzarli direttamente ovvero di cederli a terzi, i quali però non entreranno in contatto con l'amministrazione proprietaria del bene, ma stipuleranno appositi contratti di acquisto degli spazi medesimi con la sola agenzia di pubblicità. In tal caso, l'amministrazione dovrà comunque assicurarsi che i successivi acquirenti degli spazi rispettino i criteri di uso compatibile con le esigenze di tutela del bene, prevedendo espressamente nel contratto con l'agenzia di pubblicità l'obbligo di rimettere i bozzetti delle immagini pubblicitarie alla competente soprintendenza, ai fini del rilascio della necessaria autorizzazione, ai sensi dell'articolo 49 del Codice bb.cc. (v. paragrafo IV).

Potrebbe, inoltre, darsi il caso della stipulazione di un contratto atipico con struttura trilaterale, in cui una società di restauro si obbliga a compiere i lavori sul bene culturale in cambio di un corrispettivo direttamente versato dalla società pubblicitaria, che a sua volta consegue, quale contropartita, la disponibilità degli spazi collocati sulle impalcature, da cedere a titolo oneroso a terzi.

Con riferimento alle diverse e talora complesse fattispecie cui si è fatto cenno, è lecito chiedersi quale sia la natura giuridica dei contratti stipulati e, più specificamente, se tali atti negoziali siano qualificabili come sponsorizzazioni.

Al riguardo, occorre rilevare come, pur nella varietà degli schemi contrattuali e nel diverso atteggiarsi delle cause in concreto degli accordi a vario titolo riconducibili nella nozione di sponsorizzazione, un minimo denominatore comune pare rinvenibile nella circostanza che lo sponsor riceve, a fronte della propria prestazione, una utilità consistente in un effetto promozionale di un prodotto o di un marchio o in un ritorno di immagine di un'azienda, per effetto dell'associazione del prodotto, del marchio o della ditta ad un bene, ad un soggetto (es.: sportivo) o ad un evento cui si attribuisce una speciale rilevanza.

Orbene, tale dato spesso non è rinvenibile nelle fattispecie sopra descritte. In particolare, con riferimento ai soggetti acquirenti degli spazi, è da chiedersi, valutando le circostanze del caso concreto, se essi realizzino effettivamente una associazione del proprio nome, marchio o prodotto all'intervento conservativo in atto sul bene ovvero se non sfruttino piuttosto la collocazione del cartello pubblicitario in un determinato e più o meno centrale e frequentato spazio urbano. In tale ultima ipotesi, invero, non sembrerebbe ravvisabile una sostanziale differenza rispetto a una ordinaria concessione di spazi pubblicitari.

Ove pure l'amministrazione, come spesso accade, si avvalga di un'impresa di pubblicità, questa svolge talora un ruolo di intermediazione (lato sensu intesa, ossia qualificabile, come detto, in termini di mediazione, mandato o agenzia) nell'individuazione dell'inserzionista, oppure acquista in proprio il diritto di utilizzare gli spazi pubblicitari, per poi cederli a terzi. Anche in tale ultima ipotesi, peraltro, l'impresa pubblicitaria riceve come contropartita per la propria prestazione non già un ritorno promozionale indiretto, derivante dall'associazione della propria ditta o di un proprio prodotto, servizio o marchio all'attività di conservazione in corso sul bene culturale, bensì la disponibilità di uno spazio pubblicitario, da cui trae un utile economico non indiretto e mediato, ma diretto, attraverso la concessione a terzi a titolo oneroso dell'utilizzazione dello spazio stesso. Anche in questi casi, sembra quindi esulare la finalità di sponsorizzazione.

Deve, pertanto, ritenersi che contratti rispondenti ai diversi schemi sopra indicati, pur presentando alcune affinità rispetto alla sponsorizzazione, non sempre siano riconducibili in senso proprio a tale figura, ma possano dare luogo, a seconda dei casi: a rapporti di mediazione, mandato o agenzia funzionalmente collegati con contratti di vendita di spazi pubblicitari; a rapporti atipici trilaterali del tipo descritto dalla richiamata giurisprudenza in tema di affidamento della gestione di spazi pubblicitari (gestione che spesso include anche l'installazione e la manutenzione dei mezzi di pubblicità); ad altre fattispecie contrattuali atipiche comunque caratterizzate da finalità di mera pubblicità piuttosto che di vera e propria sponsorizzazione.

Occorre a questo punto interrogarsi in merito alla necessità di ricorrere, per l'affidamento dei contratti, ad apposite procedura di evidenza pubblica.

Al quesito non può che darsi risposta affermativa.

Quanto, anzitutto, al caso in cui l'amministrazione si avvalga di un'impresa che svolge attività di mediazione, mandato o agenzia, preordinata alla selezione di operatori economici che stipuleranno a loro volta con la stessa amministrazione distinti contratti di vendita di spazi pubblicitari, si reputa che la fattispecie vada trattata allo stesso modo rispetto all'intermediazione nell'individuazione di sponsor, ipotesi nella quale - come si dirà al successivo paragrafo II.4. - l'impresa lato sensu intermediatrice dovrà essere selezionata mediante una procedura di evidenza pubblica, nella misura in cui sia rinvenibile nella fattispecie un appalto di servizi e, in particolare, di servizi pubblicitari (Allegato IIA, categoria 13, del Codice c.p.).

Nelle diverse ipotesi, invece, di vendita di spazi pubblicitari sui ponteggi di cantiere ovvero di ricorso alle varie tipologie di rapporti atipici sopra indicate, sono ravvisabili contratti attivi dell'amministrazione, come tali in linea di principio soggetti al necessario rispetto dei principi generali di trasparenza, pubblicità, parità di trattamento, e via dicendo, imposti dalle norme di contabilità pubblica. E', peraltro, da ritenere che, nonostante le peculiarità delle fattispecie contrattuali descritte, tali obblighi possano essere assolti mediante l'osservanza delle previsioni degli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p. La predetta conclusione è sorretta sia dalla constatazione della non infrequente difficoltà di appurare, in concreto, il ricorrere di un fine di mera pubblicità o di vera e propria sponsorizzazione dell'intervento in corso nel cantiere su cui sono apposti i cartelloni, sia, in ogni caso, dalla sostanziale assimilabilità dei rapporti di cui qui si tratta rispetto alle ipotesi espressamente menzionate dalle disposizioni richiamate, che ne giustifica l'applicazione in via estensiva o analogica.

Tale ultima considerazione trova, del resto, sostanziale conferma nel dato normativo e, in particolare, nella previsione dell'articolo 61 del decreto legge n. 5 del 2012, ove le ipotesi di "affissione di messaggi promozionali sui ponteggi e sulle altre strutture provvisorie di cantiere e la vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari" sono espressamente qualificate come "fattispecie analoghe o collegate" rispetto alla sponsorizzazione di beni culturali stricto sensu intesa. L'indicazione normativa prende con ciò posizione in favore dell'assimilazione del trattamento di tali fattispecie rispetto a quelle di sponsorizzazione in senso proprio; assimilazione che permette sia di rendere chiaro e univoco il quadro delle regole procedimentali da osservarsi da parte degli uffici, sia di evitare ogni dubbio in ordine all'applicabilità, nelle diverse ipotesi concrete, delle previsioni del nuovo articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici.

Nel rinviare, pertanto, anche con riguardo alle suddette peculiari ipotesi, a quanto si dirà al successivo paragrafo II.4, si richiama sin d'ora l'attenzione sulla necessità di garantire in ogni caso, quale che sia il modello contrattuale prescelto, il rispetto delle previsioni dell'articolo 49 del Codice bb.cc. e del controllo ivi previsto da parte della soprintendenza allo scopo di assicurare che l'utilizzazione a fini pubblicitari del bene avvenga in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro dell'immobile da tutelare o valorizzare. Si rinvia, sul punto, alle considerazioni che saranno svolte al successivo paragrafo IV.

I.3.6 Le modalità di realizzazione di eventi espositivi presso istituti e luoghi della cultura

Occorre a questo punto chiarire in quali ipotesi ed entro quali limiti sia qualificabile in termini di sponsorship il rapporto che si instaura tra l'amministrazione e il soggetto privato che a vario titolo contribuisce alla realizzazione di un evento espositivo presso un istituto o luogo della cultura. Al riguardo, si rende necessario premettere alcuni cenni che consentano di inquadrare correttamente il tema.

La realizzazione di mostre presso istituti e luoghi della cultura rientra invero nell'ambito delle attività di valorizzazione del patrimonio culturale, come definite dall'articolo 6 del Codice bb.cc. e disciplinate dalle disposizioni del Titolo II ("Fruizione e valorizzazione") della Parte Seconda del medesimo Codice. In particolare, la realizzazione di mostre presso istituti e luoghi della cultura può avvenire secondo tre diverse modalità.

In primo luogo, vi è il caso in cui la suddetta attività di valorizzazione sia gestita in forma diretta dalle stesse strutture organizzative dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 115, commi 1 e 2, del Codice bb.cc. Diversa ipotesi è quella della gestione indiretta, anche questa disciplinata dal richiamato articolo 115 del Codice bb.cc., che prevede la possibilità di affidare le attività di valorizzazione in concessione a terzi, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti (comma 3), prevedendo correlativamente la concessione in uso degli spazi necessari all'esercizio delle attività (comma 8). Vi è, infine, il caso in cui la mostra non rientri nell'ambito delle attività di valorizzazione preordinate dall'amministrazione, e da questa gestite direttamente o indirettamente, ma sia proposta e realizzata a cura di un soggetto terzo, il quale chieda l'utilizzazione di appositi spazi presso un istituto o un luogo della cultura mediante semplice concessione d'uso individuale, ai sensi dell'articolo 106 del Codice bb.cc.

La prima ipotesi non pone particolari problemi, poiché in tal caso l'amministrazione, nell'ambito dell'attività di valorizzazione da essa direttamente gestita, potrà certamente valersi di uno o più sponsor, e saranno applicabili tutte le considerazioni indicate nelle presenti linee guida. Neppure sembra porre particolari difficoltà l'ipotesi di mostra realizzata mediante gestione indiretta. In tal caso, il concessionario potrà valersi di sponsor, nei casi e nel rispetto dei limiti previamente determinati dall'amministrazione.

Problematico è, invece, soprattutto il terzo caso, non tanto e non solo quanto al profilo inerente la possibilità per il concessionario degli spazi di ricorrere a rapporti di sponsorship, quanto, più in generale, in ordine allo stesso inquadramento del rapporto tra tale soggetto e l'amministrazione. Ancorché, infatti, non si tratti - con tutta evidenza - di sponsorizzazione, si è tuttavia in presenza di una fattispecie rilevante ai fini della presente trattazione, sia per l'esigenza di distinguerla dalla sponsorizzazione, sia in quanto comunque inquadrabile tra le figure affini, riconducibili nell'ampio ventaglio delle ipotesi di partnership pubblico-privato, che il presente Documento è chiamato ad analizzare e approfondire, ai sensi dell'articolo 61, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012.

Va, inoltre, considerato che nella prassi si rilevano frequentemente ipotesi atipiche che possono considerarsi in certa misura "ibride" tra le tre diverse opzioni indicate. Ciò costituisce una conseguenza pressoché fisiologica della circostanza che la realizzazione di una mostra presso un istituto o luogo della cultura comporta ex se l'associazione dell'evento al bene culturale che lo ospita e, quindi, in qualche misura, la sua almeno esteriore imputabilità all'amministrazione. Conseguentemente, quest'ultima non potrà limitarsi ad un mero vaglio di compatibilità dell'iniziativa con le esigenze di tutela e di decoro del bene, ma dovrà assicurare la piena rispondenza dell'attività alle esigenze di valorizzazione del bene stesso, anche in linea con il suo profilo di attività e la sua programmazione. In tal senso, appare condivisibile la prassi di un coinvolgimento dell'amministrazione nell'ideazione e nella curatela della mostra, ancorché realizzata da un soggetto terzo proponente a propria cura e spese e dietro pagamento di un canone per l'utilizzo degli spazi espositivi. Ciò potrà anche determinare l'instaurarsi di veri e propri rapporti atipici di partnership pubblico-privato. Nondimeno, rimarrà ferma la riconducibilità in linea di principio dell'attività nel quadro del disposto dell'articolo 106 del Codice.

Da tale inquadramento giuridico discendono alcune importanti conseguenze, attinenti: alla necessità che l'amministrazione ponga a carico del richiedente un canone adeguato; all'esigenza di privilegiare, in base alle circostanze di fatto e allo stato dei luoghi, la possibilità di costruire percorsi di visita separati, tali da consentire al pubblico di scegliere liberamente la visita della mostra realizzata dal concessionario di uso individuale di spazi espositivi; alla ponderazione dei possibili usi alternativi del bene.

Tale ultimo profilo, in particolare, assume rilevanza non solo ove sia ravvisabile una restrizione della libera concorrenza di mercato tra soggetti interessati allo svolgimento della medesima iniziativa economica, ma pure con riferimento ad attività non lucrative, quali in tesi potrebbero ritenersi quelle inerenti l'organizzazione e la gestione di mostre. Anche in questo caso, infatti, l'amministrazione è comunque tenuta, in principio, ad assicurare la parità di condizioni tra tutti i soggetti potenzialmente interessati allo svolgimento dell'attività, in base ai principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento che devono guidare la sua azione in conformità al dettato costituzionale e che l'amministrazione è sempre tenuta, nei rapporti intersoggettivi, a rispettare. E ciò non solo nel caso di stipulazione di contratti, ma anche in ogni altra ipotesi in cui venga in contatto con altri soggetti dell'ordinamento, siano essi pubblici o privati, sulla scorta dei principi di cui agli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione, come declinati e precisati dall'articolo 1 della legge n. 241 del 1990.

Si evidenzia, pertanto, l'opportunità che l'amministrazione programmi e renda nota a priori, per quanto possibile, l'intenzione di concedere spazi per la realizzazione di mostre, precisando tutte le relative condizioni e il canone dovuto, e procedendo successivamente alla valutazione delle proposte pervenute secondo i criteri resi noti preventivamente.

II - La programmazione e le modalità di selezione del contraente

II.1 Il principio della programmazione. - II.2 Lo studio di fattibilità necessario ai fini dell'indizione della procedura. - II.3 La scelta della tipologia di sponsorizzazione e la necessità di definizione preventiva degli elementi essenziali della controprestazione offerta. - II.3.1 Ulteriori forme di pubblicità e di sollecitazione dell'offerta di sponsorizzazioni e mecenatismo. - II.4 L'intermediazione nella ricerca di mecenati o sponsor e nella vendita di spazi pubblicitari. - II.5 La costruzione logica della procedura di gara, in funzione dell'ottimizzazione dei risultati conseguibili. - II.6 Documenti di gara. - II.7 Requisiti dei partecipanti. - II.8 Modalità operazionali della procedura. - II.9 L'ipotesi di esito negativo della procedura selettiva: il ricorso alla negoziazione diretta. - II.10 Il versamento del corrispettivo da parte dello sponsor mediante accollo del debito dell'amministrazione verso l'esecutore dei lavori, servizi o forniture.

II.1 Il principio della programmazione

L'articolo 199-bis del Codice c.p. dispone espressamente che le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione di interventi relativi ai beni culturali debbano integrare il programma triennale dei lavori, di cui all'articolo 128 del Codice c.p., mediante un apposito allegato nel quale siano indicati i lavori, i servizi e le forniture degli interventi in relazione ai quali intendono ricercare sponsor. Tale indicazione, seppur in assenza di una espressa diposizione in proposito, è dovuta sia ove la sponsorizzazione si sostanzi in un finanziamento (sponsorizzazione pura), sia ove consista nella realizzazione di interventi operati da parte dello stesso sponsor (o per suo conto) sui beni culturali (sponsorizzazione tecnica o mista).

Come indicato nel primo capoverso del medesimo articolo 199-bis del Codice c.p., l'anzidetta integrazione del programma assolve la funzione di assicurare il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità. Nei termini descritti dall'articolo 128 del Codice c.p., quindi, il programma triennale conferma l'importanza della pianificazione nel graduare la definizione degli obiettivi e le priorità dell'amministrazione interessata agli interventi sul patrimonio culturale ad essa affidato, in tal modo perseguendo i medesimi intenti di cui all'articolo 29 del Codice bb.cc., che in proposito recita: "La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro". L'attività di programmazione, annuale e pluriennale è dunque lo strumento, sotto il profilo metodologico, capace di conferire organicità ed unitarietà di indirizzi agli interventi ed ha funzione di primaria importanza, per quanto riguarda l'attività di tutela, di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Al contempo, con particolare riferimento alla sponsorizzazione, la programmazione triennale assolve l'ulteriore funzione di rendere l'amministrazione interessata parte attiva della realizzazione di una serie organica di iniziative, per la cui ideazione non deve attendere le proposte spontanee dei privati. Lo scopo è quello di superare l'approccio episodico, consentendo di pianificare il coordinamento tra la disponibilità pubblica e l'apporto privato e di concentrare la prima su quegli interventi più delicati, più urgenti, meno ripetitivi e, meno appetibili, in termini di visibilità per lo sponsor privato.

I programmi relativi ai lavori ed alle opere pubbliche, intesi come costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, completamento, implicano, ai sensi dell'articolo 128 del Codice c.p., la previsione e la volontà di realizzare un quadro organico di interventi, definendone le priorità in ragione delle risorse finanziarie. Tuttavia nel caso della sponsorizzazione, vista la natura privata dei finanziamenti, la programmazione assolve tanto la funzione di conferire razionale pianificazione agli interventi, quanto di prestare idonea pubblicità ai progetti per i quali l'amministrazione competente auspica il supporto dello sponsor. A tal fine, come previsto dall'articolo 199-bis, l'amministrazione che indica nell'apposito allegato l'intenzione di volersi avvalere di uno sponsor, deve descrivere in che termini ciò possa avvenire, redigendo uno studio di fattibilità - anche semplificata - o un progetto preliminare.

D'altra parte, ai sensi dell'articolo 128, comma 2, del Codice c.p., "Il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono nell'esercizio delle loro autonome competenze". Sicché anche la sponsorizzazione, in applicazione dei principi di efficienza e buon andamento di cui all'articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata alla ratio del citato articolo 128 che, a tal fine, affida agli studi di fattibilità:

- l'individuazione dei bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica;

- l'indicazione delle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi;

- l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche.

Va, peraltro, subito evidenziato che, ai fini dell'inserimento nell'apposito allegato, non è necessario il rispetto delle rigorose previsioni di cui all'articolo 128, comma 6, del Codice c.p. con riferimento all'inserimento dei lavori nell'elenco annuale dei lavori pubblici. Tale ultima disposizione stabilisce che "L'inclusione di un lavoro nell'elenco annuale è subordinata, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione di uno studio di fattibilità e, per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione della progettazione preliminare, redatta ai sensi dell'articolo 93, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l'indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi". L'inclusione dell'intervento nell'apposito allegato dedicato alle iniziative per le quali si intenda sollecitare l'apporto dei privati mediante sponsorizzazioni è invece subordinata alla redazione, in alternativa rispetto al progetto preliminare, di uno studio di fattibilità "anche semplificato", e ciò senza alcun riferimento al valore stimato del contratto. Quanto ai contenuti del richiamato "studio di fattibilità semplificato" si rinvia, peraltro, a quanto si dirà al successivo paragrafo II.2.

L'articolo 199-bis del Codice c.p. ammette che nell'allegato alla programmazione triennale possano essere altresì inseriti gli interventi per i quali siano pervenute dichiarazioni spontanee di interesse alla sponsorizzazione. Tali dichiarazioni, vagliate dall'amministrazione sul piano oggettivo della possibilità e dell'interesse alla realizzazione dell'intervento proposto, dovranno essere raccolte e inserite nel primo aggiornamento, per essere fatte a loro volta oggetto della procedura ordinaria. Le proposte spontanee di privati non possono, infatti, condurre alla stipula di contratti di sponsorizzazione per affidamento diretto, pena la violazione dei principi comunitari di imparzialità, pari trattamento, e trasparenza di cui agli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p.

In ogni caso, non è necessario che le dichiarazioni di interesse siano corredate da studi di fattibilità, o progetti preliminari redatti dal privato. Ferma restando la possibilità che il candidato sponsor presenti comunque studi o progetti, l'amministrazione può inserire nell'elenco allegato al primo aggiornamento del programma annuale dei lavori gli interventi indicati dal privato, ancorché da questi proposti solo negli estremi identificativi essenziali, facendosi carico la stessa amministrazione di elaborare uno studio minimo di fattibilità propedeutico all'inserimento nella programmazione e alla successiva messa a concorso delle proposte.

Si reputa peraltro utile fornire alcune indicazioni in merito alle modalità di inserimento delle sponsorizzazioni nel quadro della programmazione di cui all'articolo 128 del Codice c.p. e all'articolo 271 del relativo Regolamento di esecuzione e di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modificazioni (di seguito: Regolamento c.p.).

Va, anzitutto, premesso che tutti gli atti programmatori - e, quindi, anche quello specificamente richiesto, con riferimento agli interventi oggetto di sponsorizzazione, dall'articolo 199-bis del Codice c.p. - devono essere preceduti da un'adeguata istruttoria e che la ponderazione delle scelte operata dall'amministrazione deve essere adeguatamente illustrata nelle premesse dell'atto. Tale parte motiva, dovendo fare riferimento alle norme applicabili alle diverse amministrazioni e alle diverse situazioni che possono occorrere in concreto, non può essere schematizzata in questa sede.

Quanto, invece, alle modalità tecniche di integrazione della programmazione mediante la puntuale indicazione degli interventi per i quali si intende sollecitare la sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice, si forniscono le seguenti indicazioni.

In attuazione del disposto dell'articolo 128, comma 11, del Codice c.p. e dell'articolo 271 del Regolamento c.p. è stato da ultimo emanato il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 6 marzo 2012, recante la definizione degli schemi-tipo sulla base dei quali le amministrazioni aggiudicatrici predispongono e adottano il programma triennale, i suoi aggiornamenti annuali e l'elenco annuale dei lavori pubblici, nonché il programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi.

Ciò posto, alla luce delle previsioni del nuovo articolo 199-bis del Codice c.p. si reputa che l'integrazione ivi prevista della programmazione sia assolta secondo le modalità di seguito specificate.

Anzitutto, con riferimento ai lavori pubblici, si ricorda che, in relazione alle disponibilità finanziarie previste nei documenti di programmazione, il quadro delle disponibilità finanziarie è riportato secondo lo schema della Scheda 1, allegata al citato decreto ministeriale, nella quale sono indicati, secondo le diverse provenienze, le somme complessivamente destinate all'attuazione del programma.

La Scheda 2 riporta l'articolazione della copertura finanziaria relativa ai lavori pubblici; in tale scheda è previsto un apposito campo dedicato all'indicazione, per ciascun intervento, dell'eventuale apporto di capitale privato. Ove, in particolare, tale apporto derivi dal ricorso alla sponsorizzazione, dovrà essere indicato - nell'ultima colonna della scheda in parola - il codice "03" (sponsorizzazione) di cui alla Tabella 3 allegata al decreto ministeriale.

Allo stesso modo, con riferimento alla programmazione annuale per l'acquisizione di beni e servizi, la relativa Scheda 4 allegata al medesimo decreto ministeriale prevede un apposito campo per l'indicazione della fonte delle risorse finanziarie. Anche in questo caso, occorrerà, pertanto, indicare - nell'ultima colonna della Scheda - il codice "03" (che si riferisce, in base alla determinazione dei codici risultante dalla Tabella 6, alle "Risorse acquisite mediante apporti di capitali privati"). Sarà, inoltre, necessario specificare, nell'apposito campo note della scheda, la provenienza di tali risorse da "sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice".

Più schematicamente, nel rispetto dei principi di economicità, semplificazione e buon andamento dell'azione amministrativa, l'obbligo di integrazione della programmazione di cui all'articolo 199-bis del Codice c.p. mediante l'allegato concernente gli interventi per i quali si intende sollecitare la sponsorizzazione è da ritenere assolto:

a) quanto ai lavori, mediante l'indicazione nel programma triennale redatto in conformità alla Scheda 2 allegata al d.m. 11 novembre 2011, del codice "03" nell'apposito campo dedicato alla tipologia dell'apporto di capitale privato;  

b) quanto ai servizi e alle forniture, riportando nell'ultima colonna della Scheda 4 ("Fonte risorse finanziarie") il codice "03", con la specifica indicazione, nel campo note della richiamata scheda, della dicitura "sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice".  

Una volta compilati nel modo illustrato i predetti documenti programmatori, l'allegato relativo agli interventi per i quali si intende sollecitare la sponsorizzazione da parte dei privati potrà essere prodotto sulla base di una semplice operazione di estrapolazione dei dati relativi ai soli interventi per i quali sia stato indicato il citato codice "03" nei pertinenti campi, come sopra esposto.

Con riferimento ai servizi e alle forniture, occorre tuttavia rendere una importante precisazione. E' noto, infatti, che l'elaborazione del programma annuale dei servizi e delle forniture di cui all'articolo 271 del Regolamento c.p. non è obbligatoria, ma costituisce una mera facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici. E', pertanto, del tutto evidente che tale atto programmatorio non diviene obbligatorio per tutti i servizi e le forniture in virtù della sola circostanza che si intenda sollecitare il finanziamento mediante sponsorizzazione di uno o più interventi.

Conseguentemente, l'amministrazione potrà scegliere se procedere, mediante la compilazione della predetta Scheda 4, alla redazione di un programma annuale relativo a tutti i servizi e le forniture (anche quelli per i quali non si ipotizza il ricorso alla sponsorizzazione e quelli, pur eventualmente oggetto di sponsorizzazione, che, comunque, non ricadono nell'ambito applicativo dell'articolo 199-bis del Codice c.p., secondo quanto illustrato al paragrafo I.2), ovvero se avvalersi dello schema di cui alla medesima Scheda 4 allegata al d.m. 11 novembre 2011 al fine di programmare i soli servizi e le sole forniture per i quali si intende sollecitare il ricorso alla sponsorizzazione sensi dell'articolo 199-bis del Codice c.p.

Al riguardo si precisa che nel caso in cui l'amministrazione decida di procedere mediante la compilazione della predetta Scheda 4 alla redazione di un programma annuale relativo a tutti i servizi e le forniture, compresi quelli per i quali non sussiste l'obbligo di programmazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice, l'allegato relativo agli interventi per i quali si intende sollecitare la sponsorizzazione da parte dei privati potrà essere prodotto, come sopra detto, sulla base di una semplice operazione di estrapolazione dei dati relativi ai soli interventi per i quali sia stato indicato il codice "03" e specificata nel campo note la provenienza delle risorse da sponsorizzazione.

Viceversa, nel caso in cui l'amministrazione proceda, ai sensi di legge, a programmare i soli servizi e forniture per i quali si intende sollecitare il ricorso alla sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice c.p., l'allegato di cui al citato articolo 199-bis di fatto coinciderà con la Scheda 4.

Rimane fermo, in ogni caso, che tutti gli interventi per i quali l'amministrazione ipotizza il ricorso alla sponsorizzazione - indipendentemente dalla circostanza che abbiano ad oggetto lavori, servizi o forniture - possono essere inseriti nell'apposito allegato alla programmazione dei lavori pubblici sulla base di un mero studio di fattibilità, anche redatto in forma semplificata.

Occorre, altresì, ritenere che l'amministrazione possa, in ogni momento e anche in corso d'anno, redigere e/o aggiornare il suddetto allegato relativo alla programmazione degli interventi oggetto di sponsorizzazione, ove emergano specifiche esigenze o sopravvenienze (ad esempio, il taglio dei finanziamenti e la conseguente ritenuta necessità di tentare il reperimento di sponsor privati; la necessità di completare un intervento rimasto incompiuto a causa della risoluzione del contratto con l'appaltatore, e via dicendo).

II.2 Lo studio di fattibilità necessario ai fini dell'indizione della procedura

Come si è detto, l'onere minimo al fine dell'inserimento di un intervento nell'apposito allegato al programma triennale dei lavori pubblici consiste nella redazione di uno studio di fattibilità, anche semplificato. Si rende, pertanto, necessario fornire alcune indicazioni in merito alle modalità di redazione del suddetto documento.

In proposito, occorre anzitutto richiamare le previsioni dell'articolo 14 del Regolamento c.p., ove sono contenute disposizioni concernenti la redazione dello studio di fattibilità. La disposizione normativa citata prevede, al comma 1, che questo si componga "di una relazione illustrativa contenente:

a) le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico-finanziarie dei lavori da realizzare;

b) l'analisi delle possibili alternative rispetto alla soluzione realizzativa individuata;

c) la verifica della possibilità di realizzazione mediante i contratti di partenariato pubblico privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del codice;

d) l'analisi dello stato di fatto, nelle sue eventuali componenti architettoniche, geologiche, socio-economiche, amministrative;

e) la descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della compatibilità paesaggistica dell'intervento, dei requisiti dell'opera da progettare, delle caratteristiche e dei collegamenti con il contesto nel quale l'intervento si inserisce, con particolare riferimento alla verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o sugli immobili interessati dall'intervento, nonché l'individuazione delle misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici."

Con specifico riferimento alla sollecitazione delle sponsorizzazioni, l'espressa previsione normativa relativa alla possibilità di procedere alla redazione di uno studio di fattibilità in forma semplificata induce a ritenere che i contenuti stabiliti nella sopra riportata previsione regolamentare possano essere significativamente alleggeriti. A tal fine, occorrerà evidentemente tenere presente l'esigenza che siano identificati comunque gli elementi essenziali dell'intervento, mentre gli altri profili potranno essere omessi o trattati succintamente.

In tale prospettiva, ove l'intervento da sponsorizzare abbia ad oggetto lavori, si ritiene che l'amministrazione possa limitarsi a una sintetica relazione in ordine ai profili di cui alle lettere a) (caratteristiche dell'intervento), d) (analisi dello stato di fatto) e - limitatamente ad alcuni aspetti - anche e) (descrizione dei requisiti dell'opera).

Per ciò che attiene, in particolare, alle indicazioni di cui alla lettera e), è evidente che la tipologia di interventi oggetto della presente disamina rende necessaria, di regola, unicamente l'indicazione dei vincoli esistenti sul bene oggetto dell'intervento. Si tratta, peraltro, di dato che può essere fornito in modo estremamente sintetico e anche mediante riferimento ad eventuali atti in possesso dell'amministrazione nei quali i profili di pregio del bene siano stati espressamente enunciati (ad esempio, provvedimenti emessi in esito alla verifica dell'interesse culturale svolta ai sensi dell'articolo 12 del Codice bb.cc.).

Non sembra, viceversa, necessaria l'indicazione analitica delle alternative realizzative (lettera b) e la verifica della possibilità di realizzazione mediante contratti ai sensi dell'articolo 3, comma 15-ter, del Codice c.p. Quest'ultima disposizione si riferisce, invero, ai "contratti di partenariato pubblico privato", qualificati come "contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti.". La previsione normativa include, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Nel caso della redazione di studi di fattibilità in forma semplificata finalizzati all'inclusione degli interventi nella programmazione preordinata alla stipulazione di contratti di sponsorizzazione, non sembra necessario aver preso specificamente in considerazione l'eventualità di istaurazione dei suddetti rapporti di partnership pubblico privato, proprio perché l'amministrazione ritiene di potersi avvalere della collaborazione dei soggetti privati nella forma della sponsorizzazione.

Con riguardo, invece, alla documentazione necessaria ai fini della programmazione delle sponsorizzazioni di servizi o forniture, è da ritenere sufficiente la redazione di una semplice scheda descrittiva dell'intervento, in cui siano indicate, senza particolari formalità, le esigenze da soddisfare mediante i suddetti contratti e siano inoltre succintamente indicate le caratteristiche tecniche e la quantità dei servizi e delle forniture che l'amministrazione intende reperire sul mercato mediante ricorso alla sponsorizzazione.

II.3 La scelta della tipologia di sponsorizzazione e la necessità di definizione preventiva degli elementi essenziali della controprestazione offerta

L'amministrazione procedente può scegliere se affidare un contratto di sponsorizzazione tecnica, pura o mista.

La scelta dipenderà dalla capacità dell'ente pubblico di gestire la procedura di gara e le successive fasi di esecuzione del contratto, dal livello di definizione degli elaborati progettuali disponibili, nonché dal tipo di intervento da realizzare.

Si propenderà per la sponsorizzazione tecnica nel caso in cui l'amministrazione intenda evitare i gravosi oneri procedurali inerenti alla gestione delle gare e/o le successive fasi contrattuali e di cantiere. Potrà, viceversa, optarsi per la sponsorizzazione pura quando vi sia la disponibilità dei progetti e la possibilità di curare le gare, gli appalti e la gestione dei rapporti. Lo schema procedurale della sponsorizzazione mista potrà, infine, essere reputato preferibile qualora - per esempio - l'amministrazione disponga di un mero studio di fattibilità e voglia ottenere direttamente dallo sponsor i documenti di progetto, per la successiva messa a gara, a cura della stessa amministrazione e con finanziamento a carico dello sponsor, della sola realizzazione dei lavori.

Per ciò che concerne le procedure di affidamento, la sponsorizzazione pura risulta più semplice da attuare per l'ente procedente, costituendo oggetto di gara la sola offerta economica di finanziamento, mentre la sponsorizzazione tecnica e quella mista risultano più complesse, dovendo il bando indicare, tra i criteri di valutazione delle offerte, anche parametri relativi ai contenuti progettuali e/o alle modalità realizzative.

Da ciò consegue che la sponsorizzazione pura è anche più appetibile per le imprese, chiamate unicamente a presentare offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato.

Va, peraltro, segnalato come anche la sponsorizzazione tecnica presenti aspetti vantaggiosi, in quanto, a fronte di un maggior aggravio procedurale nella scelta dello sponsor, l'amministrazione evita un diretto coinvolgimento nella complessa e impegnativa fase realizzativa degli interventi, dovendo essa limitarsi a un mero ruolo di vigilanza.

E' importante aggiungere che l'amministrazione ha sempre l'obbligo di predeterminare il tipo di contratto da affidare, specificandolo nell'avviso pubblico. Sarà, inoltre, sempre necessario stabilire nel bando il tipo di controprestazione offerta allo sponsor.

Al riguardo, occorre tenere presente che l'articolo 120, comma 1, ultimo periodo del Codice bb.cc. riserva ai competenti Organi del ministero per i Beni e le Attività culturali la verifica della compatibilità delle prestazioni offerte allo sponsor rispetto ai profili di pregio del bene culturale tutelato. Inoltre, il medesimo Codice prevede all'articolo 49 il generale potere del soprintendente di valutare tali profili in occasione della collocazione di manifesti e cartelli pubblicitari. Al fine di rendere possibile per i candidati sponsor un apprezzamento informato e ragionato del valore economico della controprestazione, in termine di promozione della loro immagine aziendale, tale da consentire la presentazione di un'offerta congrua, nonché al fine di prevenire contenziosi in sede di esecuzione del contratto, è importante che la stazione appaltante fornisca, sin dall'avviso pubblico (mediante rinvio al documento all'uopo pubblicato sul sito web), una descrizione la più chiara e precisa possibile della controprestazione pubblicitaria consentita e offerta.

L'amministrazione dovrà, inoltre, stabilire in quale fase procedurale debba collocarsi la valutazione definitiva circa la compatibilità delle modalità di uso del bene proposte dai candidati, pur nei limiti della griglia ammessa in sede di avviso pubblico, rispetto ai valori protetti dal citato articolo 120 Codice bb.cc. (v. paragrafi III e IV).

Pur non potendosi offrire, in questa sede, una soluzione univoca al tema, che andrà affrontato secondo le specificità del caso concreto, si reputa comunque utile segnalare che la verifica di compatibilità può astrattamente essere collocata in diversi momenti, a seconda delle circostanze, salva la necessaria specificazione nel bando delle relative modalità.

E', anzitutto, ipotizzabile che la valutazione in questione sia svolta nell'ambito della medesima procedura di selezione dello sponsor. Tale eventualità può ricorrere, ad esempio, ove l'amministrazione aggiudicatrice sia anche competente alla verifica (ossia si tratti di un'articolazione del ministero per i Beni e le Attività culturali) e, inoltre, ai partecipanti sia stato richiesto di redigere una relazione illustrativa delle modalità con le quali intendono promuovere le loro immagine nei limiti indicati nella documentazione disciplinante la selezione.

Altra eventualità è quella del differimento della verifica ad un momento successivo alla redazione della graduatoria delle offerte, ma anteriore all'aggiudicazione.

Vi è poi la possibilità che la verifica sia effettuata dopo l'aggiudicazione. Tale ipotesi ricorre ordinariamente nel caso di contratti di sponsorizzazione o, ancor più frequentemente, di vendita di spazi pubblicitari, in cui l'aggiudicatario consegue il diritto di utilizzare per un certo tempo uno spazio per l'esposizione di cartelli promozionali. In tali eventualità, l'amministrazione aggiudicatrice subordina espressamente la possibilità di effettiva collocazione dei mezzi pubblicitari all'approvazione dei bozzetti da parte della competente soprintendenza.

II.3.1 Ulteriori forme di pubblicità e di sollecitazione dell'offerta di sponsorizzazioni e mecenatismo

E' da segnalare, a integrazione di quanto detto al precedente paragrafo, che l'amministrazione ben potrebbe, al fine di determinarsi correttamente in ordine alla tipologia di contratto (patronato o sponsorizzazione pura, tecnica o mista) e/o alla controprestazione da offrire allo sponsor, pubblicare sul proprio sito, senza particolari formalità, gli interventi che intende realizzare e per i quali è disposta a valutare la possibilità di provvedere mediante rapporti di mecenatismo o di sponsorizzazione. Si tratta di una pubblicazione - di carattere puramente facoltativo - avente, evidentemente, la sola finalità di sollecitare proposte da parte di soggetti privati interessati alla stipulazione dell'una o dell'altra tipologia contrattuale; ben diversa, quindi, dalla necessaria pubblicazione del bando di gara che avviene a seguito dell'assunzione della determinazione di aggiudicare il contratto mediante una determinata modalità di sponsorizzazione (pura, tecnica o mista) e in cambio di una controprestazione determinata.

In particolare, l'amministrazione può inserire in apposita sezione del proprio sito le schede relative agli interventi per i quali si intende ricorrere al finanziamento privato, anche senza precisarne le modalità, in modo da consentire ai privati di manifestare il proprio interesse. Ciò può avvenire sia prima che dopo l'inserimento degli interventi stessi nella programmazione finalizzata al reperimento di sponsor, perché - come già si è detto - l'amministrazione è comunque libera di stipulare per tali interventi contratti di mecenatismo, a meno che non sia pendente un bando finalizzato all'aggiudicazione di un contratto di sponsorizzazione.

A seguito di tale pubblicità, potrà accadere che pervengano proposte di stipulazione di contratti di "erogazione liberale" (patronato o mecenatismo) oppure proposte di sponsorizzazione pura, tecnica o mista. Nel primo caso, l'amministrazione potrà - una volta verificata l'onorabilità del mecenate, nelle forme e modalità ritenute opportune e, in caso di offerta di prestazioni, il rispetto dei requisiti idoneativi tecnico-professionali (v. paragrafo II.7) - determinarsi senz'altro alla stipulazione del contratto e ciò, si ripete, anche se l'intervento era stato inserito nella programmazione finalizzata al reperimento di sponsor.

Ove, invece, pervengano proposte di sponsorizzazione, l'amministrazione potrà negoziare direttamente con l'offerente soltanto nel caso di contratti sottratti in toto all'obbligo di previe procedure selettive, ossia di valore inferiore o pari a 40.000 euro oppure aventi a oggetto sponsorizzazioni pure di servizi o forniture non accessori a lavori di qualunque importo. Al di fuori di tali ipotesi, sarà invece necessario procedere alla eventuale integrazione dell'elenco degli interventi per i quali sollecitare la sponsorizzazione (ove l'iniziativa non fosse inclusa nell'elenco già approvato) e alla pubblicazione di un bando, secondo le modalità prescritte dall'articolo 199-bis, meglio illustrate al successivo paragrafo II.8. Anche in tal caso, peraltro, la previa pubblicità sul sito svolgerà un ruolo di particolare rilevanza, perché si rivelerà particolarmente utile per l'amministrazione al fine di orientarsi nella determinazione del valore di mercato delle prestazioni offerte e nella scelta della tipologia di sponsorizzazione.

II.4. L'intermediazione nella ricerca di mecenati o sponsor e nella vendita di spazi pubblicitari

Nella prassi è piuttosto frequente il ricorso da parte dell'amministrazione all'opera di intermediari o di agenti al fine di venire in contatto con soggetti interessati a sponsorizzare interventi conservativi su beni culturali o ad acquistare spazi pubblicitari sui ponteggi di cantiere per la realizzazione dei medesimi interventi conservativi.

Le considerazioni già esposte al precedente paragrafo I.3.5 in merito alle diverse possibilità di ricostruzione dei rapporti contrattuali tra amministrazione, impresa di pubblicità e soggetto terzo acquirente di spazi pubblicitari possono ritenersi predicabili allo stesso modo anche nell'ipotesi in cui l'attività del soggetto "intermediatore" sia finalizzata (non già al reperimento di uno o più inserzionisti pubblicitari, ma) alla ricerca di uno o più sponsor.

E' possibile, pertanto, ipotizzare:

a) che l'amministrazione si limiti a stipulare un contratto con un mediatore, mandatario o agente, intrattenendo un distinto rapporto con lo sponsor o inserzionista pubblicitario individuato grazie all'opera di questi (potendosi in tal caso configurare un collegamento negoziale tra il rapporto di mediazione, mandato o agenzia e quello di sponsorizzazione o vendita di spazi pubblicitari);

b) che l'impresa di pubblicità acquisti in proprio gli spazi pubblicitari o il "pacchetto" di prestazioni offerte in favore dello sponsor (esempio: pubblicità sui biglietti di ingresso al museo sponsorizzato, organizzazione di eventi presso un istituto o luogo della cultura, e via dicendo), riservandosi di cederli a terzi, salva la valutazione - rimessa in via esclusiva al soprintendente - in ordine alla compatibilità dei messaggi pubblicitari e delle prestazioni offerte con le esigenze di tutela del bene;

c) che si instauri un rapporto trilaterale tra l'amministrazione, un'impresa operante nel campo della pubblicità e un'impresa di restauro, con la previsione dell'assunzione, da parte della società di restauro, dell'obbligazione di compiere determinati lavori su immobili di interesse culturale, in cambio di un corrispettivo direttamente versato dalla società pubblicitaria, la quale consegue, a sua volta, come contropartita la disponibilità di appositi spazi pubblicitari collocati sulle impalcature poste sugli immobili da restaurare, ovvero specifiche prestazioni di sponsorizzazione, da cedere a terzi utilizzatori.

Con riferimento all'ipotesi sub a), l'impresa lato sensu intermediatrice dovrà essere selezionata mediante una procedura di evidenza pubblica, nella misura in cui sia rinvenibile nella fattispecie un appalto di servizi e, in particolare, di servizi pubblicitari (Allegato IIA, categoria 13, del Codice c.p.).

In tale ipotesi, peraltro, si reputa che la selezione mediante gara del mediatore, mandatario o agente escluda la necessità di procedere a ulteriori procedure selettive al fine dell'individuazione dei contraenti dallo stesso procacciati.

Al riguardo, occorre inoltre porre in evidenza come - pur nella libertà per le amministrazioni di affidare a terzi, nell'ambito che qui interessa, specifiche attività (quali, appunto, quelle inerenti l'individuazione dell'inserzionista o sponsor) - alcuni compiti si configurino ontologicamente come non delegabili, pena l'inammissibile "privatizzazione" della funzione pubblica. Tali sono, in particolare, quelli inerenti la programmazione (v. paragrafo II.1), nonché la necessaria valutazione, da parte dei competenti uffici del ministero per i Beni e le Attività culturali, della compatibilità delle pubblicità o delle prestazioni ipotizzate in favore dello sponsor con le esigenze di tutela del patrimonio culturale (v. paragrafi III e IV).

E', inoltre, da ritenere che il conferimento all'impresa mandataria, mediatrice o agente del compito di reperire sponsor o inserzionisti pubblicitari, sulla base delle condizioni stabilite nel relativo contratto, debba avvenire con riferimento a uno specifico intervento o, in alternativa, per un lasso di tempo ragionevolmente limitato (ad esempio, per i soli interventi oggetto di sponsorizzazione indicati in relazione a una data annualità nell'apposito allegato al programma triennale dei lavori). Invero, ove l'amministrazione selezionasse un mandatario, mediatore o agente e conferisse allo stesso l'incarico di individuare inserzionisti o sponsor per un periodo eccessivamente lungo o a tempo indeterminato, si determinerebbe, ancora una volta, una sostanziale - e inammissibile - privatizzazione della funzione pubblica di individuazione del contraente spettante alla medesima amministrazione.

Il suddetto ruolo di mediazione nella ricerca di rapporti di sponsorizzazione o pubblicità può essere svolto in favore dell'amministrazione anche da parte società in house, le quali - in base ai principi - possono essere affidatarie di appalti di servizi senza necessità di selezione mediante procedure di evidenza pubblica. In tali ipotesi è, tuttavia, da ritenere che lo svolgimento di procedure concorsuali sia indefettibile - per così dire - "a valle", ossia ai fini dell'individuazione degli inserzionisti o degli sponsor da parte della società diretta affidataria del ruolo di "intermediazione". E' noto, infatti, che le società pubbliche in house agiscono come vere e proprie amministrazioni aggiudicatici e soggiacciono, per questo, alle norme del Codice c.p.

Quanto all'ipotesi sub b), va ribadito che, come già affermato al paragrafo I.3.5, l'impresa acquirente in proprio (salvo trasferimento a terzi) degli spazi pubblicitari o del "pacchetto" di prestazioni di sponsorship va selezionata ai sensi degli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p.

Con riferimento al caso sub c), il necessario ricorso ad apposite procedure concorsuali, ai sensi degli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p., consente di evitare il duplice rischio - da un lato - di non stimare adeguatamente il valore economico dell'utilità messa a disposizione della società pubblicitaria e - dall'altro - di parametrare la durata di collocazione dei ponteggi recanti i cartelli pubblicitari non già ponendo come termine ultimo quello di fisiologica durata dei lavori (come prescritto dall'articolo 49, comma 3, del Codice bb.cc.), ma sul tempo necessario alla società pubblicitaria per avere un ritorno sufficiente a coprire l'importo degli interventi da eseguire.

Rimane, peraltro, rimesso alle valutazioni dell'ufficio stabilire se ricorrere a distinte procedure di gara, con aggiudicazione di separati contratti di concessione di spazi pubblicitari (o di "pacchetti" di prestazioni di sponsorizzazione) e di affidamento di lavori di restauro, ovvero a un'unica procedura per l'aggiudicazione di un contratto atipico trilaterale, con la partecipazione associata alla gara di società pubblicitarie unitamente a società di restauro. In tale ultimo caso, giova sottolineare e ribadire l'indefettibile necessità di procedere comunque a una preventiva, formale, puntuale e documentata verifica del possesso dei requisiti idoneativi prescritti dal Codice c.p., sia di quelli generali (soggettivi e morali), sia di quelli speciali (oggettivi, economico-finanziari e, soprattutto, di idoneità tecnica, adeguatamente comprovata da certificazione SOA, e via dicendo).

II.5 La costruzione logica della procedura di gara, in funzione dell'ottimizzazione dei risultati conseguibili

Altro profilo, strettamente inerente a quelli fin qui esaminati, attiene alla determinazione, per così dire, della "base d'asta", ossia alla valutazione economica della controprestazione offerta allo sponsor, che deve orientare la stazione appaltante nello stabilire quale sia la soglia minima da indicare nell'avviso pubblico, sulla quale sollecitare le offerte in rialzo dei candidati sponsor. Come si chiarirà meglio qui di seguito, infatti, tale importo di base della procedura selettiva non può e non deve essere automaticamente identificato nel valore dei lavori, dei servizi e delle forniture richiesti e da eseguire o acquistare, ma deve tenere conto soprattutto del valore del ritorno pubblicitario e di immagine (in senso lato) ritraibile dall'abbinamento del nome o del marchio d'impresa agli interventi da realizzare, che è, in sintesi, il valore che l'impresa candidata intende acquistare con la sua offerta. L'amministrazione deve, infatti, tendere a massimizzare il profitto conseguibile mediante il ricorso alla sponsorizzazione, e tale imprescindibile necessità richiede che il controvalore offerto sia adeguatamente stimato, sulla base della sua ritenuta appetibilità sul mercato. Ciò consente di evitare sia - in caso di sopravvalutazione - il rischio che le procedure selettive vadano deserte, sia - nell'ipotesi opposta di sottostima - l'attribuzione al contraente privato di prestazioni di valore superiore rispetto al corrispettivo ottenuto dall'amministrazione.

Il tema è, benvero, assai complesso e non è possibile fornire criteri univoci e applicabili per tutti gli interventi su qualsivoglia tipologia di beni culturali e su tutto il territorio nazionale, poiché è evidente che il valore delle prestazioni dello sponsee presenta una variabilità assai elevata e dipende, sostanzialmente, dalle diverse condizioni di mercato. Pare necessario, tuttavia, sottolineare come, in linea di principio, non possa ritenersi congruo fare riferimento, ai fini della determinazione dell'importo della sponsorizzazione, al valore dell'intervento da realizzare, senza che sia dato rilievo alla diversa appetibilità economica dei beni o delle iniziative cui lo sponsor potrà legare il proprio nome.

Atteso, peraltro, che potrebbe risultare eccessivamente complesso e oneroso ricorrere a società terze per l'effettuazione di una stima attendibile del valore delle prestazioni offerte, le amministrazioni possono valersi di alcuni accorgimenti.

Sotto un primo profilo, la valutazione della prestazione dello sponsee può essere parametrata in considerazione dell'esperienza tratta dalle procedure selettive analoghe già svolte, ove possibile anche da parte di altri uffici o amministrazioni, in modo da addivenire ad una stima il più possibile attendibile del valore delle prestazioni offerte.

In secondo luogo, sarà possibile avvalersi del particolare schema procedurale prefigurato dal comma 1, penultimo periodo, dell'articolo 199-bis, già richiamato, ove è prevista la possibilità che l'amministrazione, dopo aver stilato la graduatoria delle offerte, indìca una successiva fase finalizzata all'acquisizione di ulteriori offerte migliorative, stabilendo il termine ultimo per i rilanci. In tal modo l'amministrazione potrà porre rimedio in itinere, ossia nel corso dello svolgimento della procedura, a una eventuale sottostima iniziale del valore della controprestazione offerta. L'amministrazione potrebbe, in particolare, fare riferimento ai criteri e ai principi desumibili dalle disposizioni dell'articolo 58 del Codice c.p. in materia di dialogo competitivo. Ciò, peraltro, tenendo ben presente che quest'ultimo istituto presenta un ambito applicativo diverso, poiché è finalizzato a consentire all'amministrazione di individuare la propria controparte contrattuale nel caso in cui la stessa non sia oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi ovvero non sia oggettivamente in grado di specificare l'impostazione giuridica o finanziaria di un progetto, con conseguentemente aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso che qui interessa, invece, la fase dei successivi rilanci delle offerte è ipotizzabile anche rispetto alle procedure di selezione del contraente nell'ambito di una sponsorizzazione pura, ove l'aggiudicazione avvenga semplicemente in favore del soggetto che offra l'importo più elevato in cambio della prestazione o del pacchetto di prestazioni indicato nel bando.

In tal modo, l'amministrazione potrà effettivamente avere la ragionevole certezza di addivenire all'aggiudicazione in cambio di un corrispettivo corrispondente all'effettivo valore di mercato delle prestazioni offerte, spesso - come detto - di stima non agevole.

E', quindi, affidata alla scelta tecnico-discrezionale di ciascuna amministrazione la elaborazione di metodi, anche di dialogo competitivo e di altri negoziati più semplici ed efficaci.

Quanto sin qui detto impone di richiamare l'attenzione sulla necessità che l'amministrazione prenda in considerazione l'eventualità di ottenere dallo sponsor selezionato una controprestazione maggiore rispetto a quanto occorrente per l'effettuazione degli interventi di tutela o di valorizzazione necessari.

Tale evenienza, benvero, non comporta nessun particolare problema nel caso di sponsorizzazioni pure non realizzate mediante il meccanismo dell'accollo del debito di cui al successivo paragrafo II.10, poiché l'amministrazione potrà limitarsi a incamerare l'eccedenza, destinandola ad altre finalità (in primis, di conservazione programmata, ai sensi dell'articolo 29 Codice b.c., del medesimo bene cui erano riferiti gli interventi oggetto di sponsorizzazione).

Parimenti, non appare particolarmente problematico il caso della sponsorizzazione tecnica, ove la particolare appetibilità delle prestazioni offerte allo sponsor si tradurrà nella proposizione, da parte dei concorrenti alla procedura selettiva, di modalità realizzative migliori.

Quanto ai casi di sponsorizzazione pura in cui è previsto che lo sponsor si accolli il debito dell'amministrazione verso l'appaltatore, emerge invece una effettiva difficoltà, in ragione dell'impossibilità, per gli uffici non dotati di speciale autonomia contabile, di introitare direttamente l'eventuale ulteriore importo offerto dal concorrente in eccesso rispetto al valore dei lavori. In tali ipotesi, potrà essere tenuta presente la possibilità di operare anche l'aggiudicazione della sponsorizzazione pura con il meccanismo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, come più diffusamente si dirà al successivo paragrafo II.8, al quale si rinvia.

II.6 Documenti di gara

Lo svolgimento delle procedure di individuazione dello sponsor richiede la predisposizione, a cura dell'amministrazione, di alcuni documenti. Oltre all'integrazione della programmazione, secondo le modalità illustrate al precedente paragrafo II.1, occorre infatti predisporre: il bando di gara, l'avviso pubblico di pubblicazione del bando, il contratto di sponsorizzazione e l'eventuale capitolato d'oneri.

Al riguardo, nonostante, come già detto, i contratti di sponsorizzazione debbano continuare a considerarsi sostanzialmente esclusi dall'ambito di operatività del Codice c.p., si reputa tuttavia necessario applicare agli stessi, in tutti i casi in cui sia doverosa la predisposizione di un bando di selezione - ossia nelle ipotesi soggette alle previsioni dell'articolo 199-bis - la disciplina, avente portata generale, di cui agli articoli 46, comma 1-bis, e 64, comma 4-bis, del Codice c.p. Tali disposizioni recano, rispettivamente, la tipizzazione delle cause di esclusione dei concorrenti (articolo 46, comma 1-bis) e la previsione della necessità per le stazioni appaltanti di predisporre i bandi di gara attenendosi agli appositi bandi-tipo approvati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (articolo 64, comma 4-bis). Quest'ultima prescrizione normativa ha trovato attuazione mediante la Determinazione dell'Autorità in data 10 ottobre 2012, n. 4, recante "BANDO-TIPO. Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici", che sarà seguita, secondo quanto indicato dalla stessa Autorità, dall'elaborazione di specifici bandi-tipo distinti in base all'oggetto del contratto (lavori, servizi o forniture). Le amministrazioni dovranno pertanto, per le sponsorizzazioni ricadenti nell'ambito applicativo dell'articolo 199-bis del Codice c.p., attenersi alle suddette prescrizioni impartite dall'Autorità.

Quanto, invece, all'avviso pubblico - che, ai sensi dell'articolo 199-bis, comma 1, del Codice c.p., dovrà essere a sua volta pubblicato su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché per contratti di importo superiore alle soglie di cui all'articolo 28 del Codice c.p., nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea - questo dovrà essere elaborato dall'amministrazione sulla base delle informazioni essenziali contenute nel bando.

In particolare, in base al medesimo comma 1 dell'articolo 199-bis, l'avviso dovrà contenere:

- la comunicazione di avvenuta pubblicazione del bando sul sito dell'amministrazione;

- la sommaria descrizione dell'intervento, con l'indicazione del valore di massima e dei tempi di realizzazione;

- la tipologia di sponsorizzazione richiesta: pura, tecnica o mista, con la richiesta di offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato (in caso di sponsorizzazione pura) ovvero degli elementi e dei criteri di valutazione delle offerte (in caso di sponsorizzazione tecnica);

- il termine (non inferiore a sessanta giorni) per la presentazione delle offerte.

II.7 Requisiti dei partecipanti

La partecipazione alle procedure di evidenza pubblica finalizzate all'aggiudicazione dei contratti pubblici richiede in via generale il possesso di una pluralità di requisiti, rispondenti a diverse finalità. Vi sono, anzitutto, i requisiti di ordine generale, di cui all'articolo 38 del Codice c.p., che attengono alla idoneità sul piano soggettivo-morale; i requisiti attinenti all'idoneità professionale (articolo 39 del Codice c.p.) e alla qualificazione per eseguire i lavori pubblici (articolo 40 del Codice c.p.). Apposite disposizioni sono inoltre riferite alla capacità economica e finanziaria dei fornitori e prestatori di servizi (articolo 41 del Codice c.p.) e alla capacità tecnica e professionale dei medesimi soggetti (articolo 42 del Codice c.p.).

Il Codice c.p. reca poi, al Capo II del Titolo IV della Parte II, specifiche disposizioni in tema di "Contratti relativi ai beni culturali". In particolare, l'articolo 201 ha ad oggetto la qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di cui all'articolo 198, ossia quelli "concernenti beni mobili e immobili e interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, al fine di assicurare l'interesse pubblico alla conservazione e protezione di detti beni e in considerazione delle loro caratteristiche oggettive".

L'articolo 198 sopra citato rinvia, per la puntuale definizione degli specifici requisiti di qualificazione in argomento alle previsioni del Regolamento c.p., il quale reca apposite disposizioni all'articolo 248. Inoltre, in base alla previsioni dell'allegato A al Regolamento, relativo alle "Categorie di opere generali e specializzate", le categorie di qualificazione rilevanti ai fini che qui interessano sono la categoria generale OG2 ("Restauro e manutenzione di beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali") e le categorie di opere specializzate OS2-A ("Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico") e OS2-B ("Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario").

Occorre, pertanto, chiarire, alla luce di quanto fin qui esposto, quali dei suddetti requisiti di qualificazione debbano considerarsi necessari ai fini della stipulazione di contratti di sponsorizzazione.

Al riguardo, occorre ricordare che l'articolo 199-bis del Codice c.p., dopo aver dettato le disposizioni procedimentali che saranno meglio illustrate al successivo paragrafo II.8, stabilisce espressamente, al comma 3, che "restano fermi i presupposti e i requisiti di compatibilità stabiliti dall'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché (...) i requisiti di partecipazione di ordine generale dei partecipanti stabiliti nell'articolo 38 del presente codice, nonché per i soggetti incaricati di tutta o di parte della realizzazione degli interventi, i requisiti di idoneità professionale, di qualificazione per eseguire lavori pubblici, di capacità economica e finanziaria, tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi, di cui agli articoli 39, 40, 41 e 42, oltre ai requisiti speciali e ulteriori di cui all'articolo 201 del presente codice".

Come anticipato al paragrafo I.1.1, è da ritenere che la suddetta disposizione trovi applicazione con riferimento a tutte le sponsorizzazioni di beni culturali, e non solo con riferimento a quelle di lavori, servizi o forniture di importo superiore a 40.000 euro, alle quali soltanto sono riferibili, come già si è detto, le previsioni di cui ai precedenti commi 1 e 2. In tal senso depone anzitutto l'associazione delle disposizioni in materia di requisiti generali e di qualificazione con quelle relative ai "requisiti di compatibilità" di cui all'articolo 120 del Codice bb.cc., queste ultime aventi certamente ad oggetto qualsivoglia contratto di sponsorizzazione, a prescindere dal relativo valore economico. D'altra parte, nello stesso senso milita l'espressione "restano fermi", che ben si spiega ove intenda riferirsi alla necessaria salvaguardia dell'applicabilità di disposizioni aventi un ambito oggettivo di riferimento più ampio rispetto a quelle di cui ai precedenti commi 1 e 2. Per altro verso, la ricostruzione che qui si propone appare del tutto coerente con il sistema e con i principi, poiché la verifica del possesso dei suddetti requisiti appare non solo ragionevole, ma anche necessaria, atteso che la presenza dei requisiti minimi di qualificazione attiene al rispetto degli articoli 9 Cost. e 29 Codice bb.cc. (non a caso, del resto, l'imprescindibile necessità di assicurare questa minima garanzia di tutela era già espressamente stabilita dalla norma introduttiva della sponsorizzazione di lavori su beni culturali, l'articolo 2, comma 1, del già richiamato decreto legislativo n. 30 del 2004).

Più in dettaglio, occorre precisare che i requisiti di carattere soggettivo-morale (in particolare, quelli di cui all'articolo 38 del Codice c.p.) sono sempre necessari, qualunque sia la tipologia di sponsorizzazione (pura, tecnica o mista) e a prescindere dal valore economico del contratto, poiché è sempre necessario che l'amministrazione verifichi l'idoneità del contraente con riguardo ai suddetti profili.

Quanto, invece, ai requisiti di idoneità professionale, di qualificazione per eseguire lavori, di capacità economica e finanziaria, tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi, la disposizione sopra citata va logicamente intesa nel senso che tali requisiti devono essere necessariamente posseduti solo ed esclusivamente dal soggetto che effettivamente procede all'esecuzione delle suddette prestazioni.

E' evidente, invero, che nel caso di sponsorizzazione pura, in cui è l'amministrazione a dover successivamente aggiudicare l'esecuzione dei lavori, dei servizi e delle forniture, il possesso dei pertinenti requisiti di professionalità, capacità e qualificazione dovrà essere previsto nel relativo bando, successivo alla stipulazione del contratto di sponsorizzazione.

Quanto alle sponsorizzazioni tecniche, occorrerà invece prevedere nel bando e verificare il possesso dei requisiti in argomento solo in capo all'esecutore dei lavori, dei servizi o delle forniture. Tali requisiti, quindi, dovranno necessariamente sussistere in capo allo sponsor solo nel caso in cui questi si offra di eseguire direttamente la prestazione stabilita. Ove, invece, lo sponsor si impegni di procurare a sua cura e spese l'esecuzione dei lavori o la prestazione dei servizi o delle forniture, sarà unicamente il soggetto incaricato della prestazione dal medesimo sponsor a dover risultare tecnicamente idoneo secondo le modalità previste, apparendo illogica e arbitraria una diversa soluzione.

Si ribadisce, inoltre, che, come sopra detto, in caso di sponsorizzazione tecnica, l'esecutore qualificato non dovrà necessariamente essere selezionato mediante procedura di evidenza pubblica.

Occorre infine fare cenno, per completezza, alla fattispecie del tutto diversa dei contratti di mecenatismo, aventi ad oggetto erogazioni liberali in denaro ovvero prestazioni di lavori, servizi o forniture non assistite da una specifica controprestazione a carico dell'amministrazione. In tali casi, invero, come si è più volte ripetuto, si esula completamente dall'ambito applicativo del Codice c.p. E', tuttavia, da ritenere che nel caso in cui il mecenate offra di provvedere direttamente o mediante impresa reperita e remunerata a sua cura e spese l'esecuzione di prestazioni di lavori, servizi o forniture l'amministrazione non possa comunque esimersi dal riscontrare il possesso dei requisiti idoneativi tecnici in capo all'esecutore.

E', infatti, da ritenere che, con riferimento ai lavori, servizi e forniture relativi ai beni culturali le stesse esigenze di tutela impongano all'amministrazione di rivolgersi sempre ed esclusivamente a soggetti qualificati, anche al di fuori dell'ambito di applicazione del Codice c.p.

Invero, dall'articolo 29 del Codice bb.cc. discende la regola generale della necessità che i lavori aventi ad oggetto beni culturali siano eseguiti solo da soggetti riconosciuti in possesso di specifica professionalità. Ma anche al di là del suddetto principio, che trova applicazione sempre, anche con riferimento agli interventi eseguiti su beni appartenenti a soggetti privati, è da ritenere che, con riferimento ai contratti aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori servizi o forniture inerenti a beni culturali appartenenti a soggetti pubblici debba richiedersi il possesso degli specifici requisiti idoneativi previsti dal Codice c.p., indipendentemente dalla forma contrattuale adottata e dall'importo dei lavori. Poiché, infatti, il possesso dei requisiti in argomento si pone in diretta correlazione con le esigenze di tutela del patrimonio culturale di cui all'articolo 9 della Costituzione, risulterebbe arbitrario e irragionevole far dipendere la soglia della tutela assicurata nei confronti dei medesimi beni da circostanze occasionali e accidentali, quali l'importo complessivo dei lavori o la scelta di ricorrere a una data tipologia contrattuale.

E', in altri termini, da ritenere che un'interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni di cui all'articolo 199-bis, comma 3, e 201 del Codice c.p., nonché 29 e 120 del Codice bb.cc. conduca necessariamente a ritenere che i requisiti di idoneità tecnico-professionale debbano trovare necessaria applicazione in occasione dell'esecuzione di prestazioni aventi a oggetto beni culturali, a prescindere dalla tipologia contrattuale e dal valore del contratto.

E', invece, da escludere che la stipulazione di contratti di patrocinio sia di per sé soggetta all'applicazione delle disposizioni dell'articolo 38 del Codice c.p. in tema di requisiti di idoneità generali. Ciò, ovviamente, non toglie che l'amministrazione sia pur sempre tenuta, secondo i principi e nell'osservanza delle norme di contabilità, ad accertare l'onorabilità delle proprie controparti contrattuali, ancorché senza l'obbligo di attenersi rigidamente alle prescrizioni del citato articolo 38 del Codice c.p.

II.8 Modalità operazionali della procedura

Il meccanismo procedurale predisposto dalla nuova disciplina ricalca la migliore prassi e recepisce le indicazioni ricavabili dalle diverse pronunce intervenute in merito (v. in proposito, per i profili inerenti il necessario rispetto delle regole concorrenziali e di pubblicità-trasparenza, Corte cost. n. 45 del 2010).

Il testo del nuovo articolo 199-bis è costruito in forma paratattica, con una sequenza di periodi brevi, per scandire in modo chiaro la successione dei diversi passi procedurali da compiere.

Come detto, la disciplina della sponsorizzazione nell'ambito del Codice c.p. è ampiamente derogatoria rispetto a quella degli appalti con riguardo alle modalità di aggiudicazione del contratto. Nulla vieta, peraltro, all'amministrazione di richiamare nel bando le disposizioni del Codice c.p. che regolamentano la fase di selezione del contraente. In tal caso, essa si vincolerà al rispetto di tali disposizioni, ove impongano oneri procedurali più gravosi rispetto a quelli stabiliti dal citato articolo 199-bis.

L'articolo 199-bis prevede che alla programmazione segua la pubblicazione di appositi bandi, dai contenuti molto semplificati (con una variante di maggiore dettaglio e specificazione per il caso di sponsorizzazione tecnica), per accelerare e semplificare i compiti della stazioni appaltanti.

L'amministrazione procedente deve decidere e scegliere, come già detto, se vuole una sponsorizzazione tecnica, pura o mista. Questa scelta di base è fondamentale per la chiarezza della procedura da seguire. Nel caso di sponsorizzazione tecnica, infatti, il bando sarà più complesso, perché dovrà indicare anche i parametri e i criteri di valutazione delle offerte (in particolare, in ordine ai contenuti progettuali e alle modalità di selezione dell'appaltatore).

E' da ritenere che la procedura selettiva finalizzata alla stipulazione di una sponsorizzazione pura possa essere avviata già sulla base del documento inserito nell'apposito allegato alla programmazione dei lavori pubblici, che - come già detto - può consistere anche in un mero studio di fattibilità in forma semplificata. Nel caso della sponsorizzazione tecnica o mista, l'amministrazione porrà alla base della procedura l'elaborato appropriato in relazione all'oggetto del bando, il quale, come pure si è detto, può mirare all'affidamento allo sponsor anche di uno o più livelli di progettazione dell'intervento.

La pubblicazione deve avvenire secondo le modalità ordinarie, sul sito istituzionale dell'amministrazione procedente per almeno trenta giorni, con avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché, per i contratti di importo superiore alle soglie di cui all'articolo 28 del Codice c.p., nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea.

Il meccanismo di selezione di base è improntato a criteri di semplicità e di chiarezza.

Nel caso di sponsorizzazione pura, si avrà - in genere, e salvo quanto subito di seguito si dirà - una richiesta di offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato. Nel caso di sponsorizzazione tecnica (o mista, per la parte "tecnica"), si avrà (non solo una richiesta di offerte in aumento sull'entità del finanziamento minimo, ma anche) una richiesta del progetto o di un'offerta complessiva di realizzazione dell'intervento a cura dello sponsor.

Il criterio di aggiudicazione della sponsorizzazione pura è dunque generalmente quello del maggior rialzo sull'importo posto a base di gara.

Il criterio di aggiudicazione della sponsorizzazione tecnica è, invece, quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Peraltro, anche in caso di sponsorizzazione pura, è da ritenere non esclusa la possibilità per l'amministrazione di valutare, oltre all'offerta economica, anche la strategia promozionale dello sponsor, mediante l'attribuzione di un punteggio per il piano di comunicazione elaborato dal concorrente, nel rispetto delle possibilità e dei limiti stabiliti dal bando. Tale punteggio potrebbe tenere conto, ad esempio: delle potenzialità del piano di comunicazione presentato in termini di promozione della conoscenza o, comunque, di valorizzazione del bene culturale; dell'entità e tipologia di controprestazioni ipotizzate a favore dello sponsor; di eventuali ulteriori vantaggi offerti, con le modalità predeterminate dal bando, in favore dell'amministrazione (e che potranno anche consistere nell'offerta di provvedere a ulteriori interventi conservativi, anche relativi ad altri beni).

Va, peraltro, segnalato che l'amministrazione, in tali ipotesi, potrà regolare il meccanismo di aggiudicazione secondo due diverse modalità. E', infatti, ipotizzabile sia la previsione nel bando di un criterio di ponderazione dell'offerta economica rispetto a quella tecnica, sia anche la fissazione di un tetto massimo di offerta economica, raggiunto il quale verrà valutata la strategia di comunicazione del singolo concorrente, con attribuzione di uno specifico punteggio.

Le suddette soluzioni presentano indubbi pregi, specie nelle operazioni di più elevato valore economico, poiché consentono all'amministrazione di risolvere sostanzialmente il problema dell'adeguata stima della controprestazione offerta allo sponsor e sollevano, inoltre, la stazione appaltante dall'onere di provvedere alla puntuale predeterminazione delle controprestazioni offerte. Dal punto di vista delle imprese, d'altra parte, è in genere preferibile non doversi attenere alle modalità di promozione della propria immagine rigidamente predeterminate dal bando, bensì avere la possibilità di elaborare una propria strategia di comunicazione fondata sulle specifiche esigenze aziendali. Pertanto, tale modalità potrebbe astrattamente consentire anche di aumentare il numero dei concorrenti.

Inoltre, come si è anticipato al paragrafo II.5, l'aggiudicazione della sponsorizzazione pura con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - e, in particolare, con la fissazione di un tetto massimo di offerta economica corrispondente, nella specie, all'importo dei lavori - consente di superare i particolari problemi contabili degli uffici non dotati di speciale autonomia del ministero. Questi, infatti, sono obbligati, nelle sponsorizzazioni pure, a prevedere l'accollo da parte dello sponsor del debito dell'amministrazione verso l'appaltatore (per le ragioni di cui si tratterà al paragrafo II.10) e non potrebbero introitare direttamente l'eventuale eccedenza di offerta dello sponsor rispetto all'importo dei lavori. Il problema è, invero, risolto in radice ove sia previsto che lo sponsor, oltre ad accollarsi l'intero corrispettivo degli interventi previsti, possa essere valutato in base alla sua strategia di comunicazione e/o rispetto alle eventuali ulteriori utilità offerte, diverse dal denaro.

In caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, troveranno ovviamente applicazione le pertinenti disposizioni del Codice c.p. e del Regolamento c.p.

L'amministrazione procedente, ricevute le offerte, provvede a stilare una graduatoria in ordine decrescente degli importi complessivi offerti. E' previsto, come si è detto, il potere discrezionale dell'autorità procedente di sollecitare un rilancio sulle offerte in aumento.

In ogni caso, resta affidata anche alla scelta tecnico-discrezionale di ciascuna amministrazione la elaborazione di metodi, anche di dialogo competitivo e di altri negoziati più semplici ed efficaci.

Nel caso di sponsorizzazione tecnica, occorrerà ricorrere alla nomina di un'apposita commissione giudicatrice (secondo le regole generali dettate dal Codice c.p.), sempre che si tratti di interventi di valore superiore a un milione di euro e nei casi di particolare complessità. Il nono periodo del comma 1 del nuovo articolo 199-bis, infatti, lì dove dispone che "le offerte pervenute sono esaminate (...), in caso di interventi il cui valore stimato al netto dell'imposta sul valore aggiunto sia superiore a un milione di euro e nei casi di particolare complessità, mediante una commissione giudicatrice", si riferisce esclusivamente al caso della sponsorizzazione tecnica o mista. Ciò in quanto un tale appesantimento procedurale non si giustificherebbe per il caso di sponsorizzazione pura.

E' evidente che, allorché si nomini una commissione di gara, dovranno trovare applicazione i corrispondenti principi e norme del Codice c.p. (v. in particolare, l'articolo 84). Anche le modalità di funzionamento della commissione giudicatrice, non diverse nel caso di ricerca di sponsor rispetto alla generalità dei casi di selezione del privato contraente, sono quelle previste dal Codice c.p. ed elaborate dalla giurisprudenza amministrativa di settore.

L'amministrazione procede alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l'offerta realizzativa giudicata migliore, secondo i parametri di valutazione e i criteri di giudizio enunciati nel bando, in caso di sponsorizzazione tecnica.

Nel caso di sponsorizzazioni miste, naturalmente, si avrà una corrispondente combinazione procedurale, per cui l'offerta economica sarà collocata in graduatoria in ragione del maggior aumento offerto sull'importo minimo del finanziamento stabilito nel bando, mentre la parte tecnica dell'offerta sarà valutata alla stregua dei parametri e dei criteri di giudizio appositamente stabiliti, per tale parte, nel bando. L'aggiudicazione conseguirà alla sommatoria dei risultati dei due distinti segmenti procedurali ora descritti.

Prima della stipula del contratto, l'amministrazione deve provvedere a svolgere una serie di controlli.

Innanzitutto, richiede all'aggiudicatario nonché al concorrente che segue in graduatoria di provare il possesso dei requisiti. L'aggiudicazione definitiva diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti.

In disparte la questione dell'applicabilità ai contratti di sponsorizzazione, esclusi dalla integrale applicazione delle norme codicistiche, delle disposizioni di carattere generale di cui all'articolo 11 del Codice c.p., si raccomanda comunque, per fini di cautela in vista di eventuali contenziosi, l'osservanza delle norme che prescrivono uno standstill period tra l'aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto. In particolare, in base al comma 10 del richiamato articolo 11 del Codice c.p., il contratto non deve essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima comunicazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva. Inoltre, ai sensi del successivo comma 10-ter, in caso di proposizione di ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, è preclusa la stipulazione del contratto dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva.

Occorre inoltre ricordare, per completezza della presente disamina, che le procedure di selezione degli sponsor sono soggette alle prescrizioni in materia di pubblicità recentemente introdotte dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione". In particolare, dalle previsioni di cui all'articolo 1, comma 15 e comma 16, lettera b), della legge in argomento discende l'obbligo per le amministrazioni di pubblicare sui propri siti istituzionali le informazioni relative alle procedure di "scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture o servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta (...)". In base al successivo comma 27, le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 15 e 16 sono trasmesse in via telematica alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni.

Il comma 31 del medesimo articolo 1 della legge n. 190 del 2012 stabilisce, inoltre, che le informazioni rilevanti e le modalità della pubblicazione delle informazioni in argomento saranno individuate mediante apposito decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza Unificata. Con specifico riferimento ai procedimenti di scelta del contraente, le stazioni appaltanti sono tenute in ogni caso, ai sensi del comma 32, a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. E', inoltre, previsto che entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, siano pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni sono tenute a trasmettere in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione.

II.9 L'ipotesi di esito negativo della procedura selettiva: il ricorso alla negoziazione diretta

In caso di esito negativo della gara, troverà applicazione il comma 2 dell'articolo 199-bis, il quale consente, in tale ipotesi, alla stazione appaltante di ricercare di propria iniziativa, nei successivi sei mesi, lo sponsor con cui negoziare il contratto.

La disposizione in esame disciplina espressamente un passaggio procedurale che ha evidenziato particolari criticità. La possibilità per l'amministrazione procedente, entro un lasso di tempo successivo ragionevole (sei mesi), di individuare senza formalità il contraente con cui negoziare a trattativa privata il contratto di sponsorizzazione è invero subordinata alla condizione che rimangano ferme "la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica".

Conseguentemente, è da ritenere vietata la stipula di una sponsorizzazione pura dopo la richiesta, nella fase di sollecitazione pubblica, di una sponsorizzazione tecnica. E', invece, consentito che sia stipulata una sponsorizzazione mista dopo una gara di sponsorizzazione pura rimasta deserta. La norma, infatti, lascia spazi di elasticità per una sua applicazione ragionevole: il principio dell'identità della prestazione e del tipo di contratto (tra gara e fase successiva di negoziazione diretta) non può essere interpretato in termini così rigidi da precludere (contraddittoriamente) ogni spazio agli esiti fisiologici della negoziazione, che deve e può condurre a quegli aggiustamenti ragionevoli che possano rendere l'operazione fattibile, eliminando per l'appunto quelle previsioni di bando irrealistiche, eccessivamente onerose o complesse, di difficile attuazione, che avevano contribuito a causare l'esito negativo della gara.

Entro questi limiti e secondo principi di proporzionalità e di ragionevolezza, dunque, deve ritenersi permessa, a termini di questa nuova disposizione, la conclusione di un contratto analogo a quello prefigurato nell'avviso pubblico, purché rispettoso della natura e delle condizioni essenziali di quello ipotizzato nel bando.

La disposizione conclude, infine, prevedendo che, atteso eventualmente, ove ritenuto opportuno, il termine di sei mesi aperto alla ricerca negoziata dello sponsor, il medesimo progetto possa, a discrezione dell'amministrazione, o essere accantonato (o realizzato con fondi pubblici, se disponibili), o essere nuovamente pubblicato nell'allegato del programma triennale dei lavori dell'anno successivo.

II.10 Il versamento del corrispettivo da parte dello sponsor mediante accollo del debito dell'amministrazione verso l'esecutore dei lavori, servizi o forniture

La nuova disposizione, recependo e disciplinando una prassi già diffusa, ha previsto la possibilità che il pagamento della contribuzione economica dello sponsor possa avvenire anche mediante accollo delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione. In tale evenienza il contratto di appalto, a valle della sponsorizzazione, assumerà una configurazione trilaterale, con compartecipazione dello sponsor, che si assumerà anche nei confronti dell'appaltatore l'obbligazione di pagamento del corrispettivo dell'appalto, con contestuale accettazione, da parte dell'impresa, di tale modalità di pagamento, che dovrà essere espressamente indicata nel bando per l'appalto dei lavori.

La previsione in esame è palesemente originata dall'esigenza di sopperire alle peculiari rigidità giuscontabili imposte dalla legge alla gestione della maggior parte degli uffici periferici del ministero per i Beni e le Attività culturali. Ci si riferisce, in particolare, alle Direzioni regionali, competenti in linea di massima all'appalto degli interventi conservativi, nonché alle soprintendenze "ordinarie", ossia di quelle che non godono della speciale autonomia contabile e finanziaria riconosciuta agli Istituti centrali e a quelli dotati di autonomia speciale ai sensi dell'articolo 15, commi 1 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233 e successive modificazioni, recante il Regolamento di riorganizzazione del ministero.

Occorre infatti considerare che gli uffici periferici del ministero diversi dagli Istituti centrali e da quelli dotati di autonomia speciale si avvalgono esclusivamente delle dotazioni finanziarie disponibili nelle relative contabilità speciali. Tali contabilità, però, possono essere alimentate esclusivamente mediante trasferimenti pubblici. Ne deriva che ove l'ufficio (si ribadisce: non dotato dell'anzidetta speciale autonomia contabile) stipuli un contratto di sponsorizzazione pura, lo sponsor dovrà versare l'importo pattuito nell'apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del ministero dell'Economia e delle Finanze ai fini della successiva riassegnazione allo stato di previsione della spesa del ministero per i Beni e le Attività culturali e del conseguentemente accredito nella contabilità speciale dell'ufficio interessato. Meccanismo, questo, di rilevante complessità, e destinato di per sé a complicare e rallentare la procedura e lo svolgimento dei lavori. Proprio per tale ragione, la disposizione normativa fa espresso riferimento alla possibilità che nelle sponsorizzazioni pure il corrispettivo a carico dello sponsor non debba essere direttamente versato all'amministrazione, bensì direttamente all'impresa aggiudicataria dei lavori, dei servizi o delle forniture, attraverso l'accollo del relativo debito dell'amministrazione. Ovviamente, in tale ipotesi la modalità di pagamento in argomento dovrà essere indicata nel bando di selezione dell'impresa aggiudicataria dei lavori, servizi o forniture e, inoltre, l'amministrazione dovrà prevedere, nel contratto stipulato con lo sponsor, idonee cautele al fine di assicurare l'effettivo adempimento delle obbligazioni assunte.

Occorre, comunque, segnalare per completezza che né gli importi derivanti da sponsorizzazione né - a seguito di recenti modifiche normative - quelli originanti da erogazioni liberali sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 615 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e nel paragrafo 14 dell'elenco 1 allegato alla medesima legge.

Invero la suddetta disposizione ha stabilito il divieto di riassegnazione diretta ai capitoli di bilancio del ministero dei proventi derivanti da una pluralità di disposizioni incluse nel richiamato elenco. In forza di questo divieto, le relative somme sono riversate in conto entrate del tesoro per essere eventualmente riassegnate, fino a un importo massimo del 50%, nel successivo anno finanziario. Tuttavia, tra le norme indicate nell'elenco in argomento non figura l'articolo 120 del Codice bb.cc. e, quindi, non sono da ritenersi inclusi i proventi derivanti dalla sponsorizzazione di beni culturali. Per altro verso, l'iniziale indicazione nell'elenco citato delle disposizioni in materia di erogazioni liberali (legge 30 marzo 1965, n. 340, nonché legge 8 ottobre 1997, n. 352, articolo 2, comma 8) è stata espunta dall'articolo 42, comma 9, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici"), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Pertanto, come già si è detto, i proventi derivanti da sponsorizzazioni e da erogazioni liberali devono sempre essere integralmente riassegnati allo stato di previsione della spesa del ministero per i Beni e le Attività culturali, senza alcuna decurtazione. Ciò, peraltro, non pregiudica quanto sopra detto in merito all'opportunità, per gli uffici non dotati dell'anzidetta speciale autonomia contabile, di ricorrere preferibilmente alle sponsorizzazioni tecniche ovvero alle sponsorizzazioni pure con il già detto meccanismo dell'accollo del debito, allo scopo di evitare il notevole dispendio di attività amministrativa e, soprattutto, di tempo legato alle procedure di riassegnazione delle risorse.

III - Linee guida attuative dell'articolo 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio

L'articolo 120 del Codice bb.cc. è essenzialmente rivolto ad assicurare la compatibilità dei rapporti di sponsorizzazione con le esigenze di tutela dei beni culturali.

Ciò spiega perché la disposizione - nella formulazione oggi vigente, introdotta dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 62 - risulti applicabile in ogni ipotesi di sponsorizzazione di beni culturali.

La disposizione contiene :

- un'ampia definizione dell'oggetto della sponsorizzazione, che è prevista " per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale", vale a dire, in pratica, per ogni tipo di intervento che, nel rispetto delle disposizioni del Codice bb.cc., può essere realizzato nei confronti dei beni tutelati;

- la precisazione dell'indifferenza, dal punto di vista della possibilità di realizzare una sponsorizzazione, della natura, pubblica, privata non lucrativa o commerciale, del soggetto titolare dell'attività oggetto di sponsorizzazione, posto che le predette " iniziative" possono essere "del ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro" ma anche "di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà";

- un'ampia definizione del contenuto della prestazione dello sponsor, che, coerentemente con la definizione data dal Codice c.p., rilevante ai distinti fini pro-concorrenziali, comprende "ogni contributo, anche in beni o servizi"; nonché, in accordo con detta definizione e con la configurazione che, in generale, la sponsorizzazione ha assunto, secondo la giurisprudenza e nella prassi, la definizione della prestazione dello sponsee, che consiste nel consentire e favorire "l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto (dello sponsor) all'iniziativa oggetto del contributo" e delle finalità oggettive della prestazione dello sponsor, che si concretizzano nello "scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante".

Dalla predetta definizione discende anche la necessaria destinazione all'iniziativa sponsorizzata della prestazione (sia essa di contenuto finanziario, tecnico o misto) resa dallo sponsor.

In altri termini, appare estranea alla logica della disposizione in esame, la possibilità che si sponsorizzi un intervento su di un bene culturale, per trarne vantaggi economici da utilizzare esclusivamente a beneficio di un bene culturale tutt'affatto diverso e che, secondo i programmi di tutela o le strategie dell'offerta di valorizzazione, non sia collegato al primo. Va al riguardo rimarcato che la sponsorizzazione comporta pur sempre l'impegno di beni culturali per una finalità commerciale; come tale, non compresa nella destinazione precipua del patrimonio culturale (alla "pubblica fruizione" - secondo i principi sanciti dagli articoli 1-3 del Codice bb.cc. - per quanto tecnicamente e giuridicamente consentito dalle caratteristiche dei singoli beni e dalla natura dei soggetti proprietari) ed anzi suscettibile di intaccare il valore identitario del bene, in quanto potenzialmente idonea a suggerire all'utente una sorta di appropriazione del bene da parte dello sponsor. Per ovviare a ciò, nell'intenzione della norma, occorre che l'intervento dello sponsor possa evidenziare una diretta ricaduta positiva sulla conservazione e valorizzazione del bene la cui immagine, seppur temporaneamente e parzialmente ed in modo controllato, lo sponsor utilizza. Ovviamente ciò non contraddice quanto sopra detto in ordine alla possibilità (su cui v. il paragrafo II.5) che le prestazioni rese dallo sponsor abbiano un valore superiore rispetto a quello degli interventi necessari al bene oggetto delle controprestazioni offerte al privato.

Il comma 1 dell'articolo 120 del Codice bb.cc., oltre a puntualizzare i caratteri dell'istituto, a sgombrare i dubbi sulla generale possibilità di ricorrere alla sponsorizzazione e a collegare la prestazione dello sponsor alla realizzazione dell'iniziativa di tutela o valorizzazione sponsorizzata, precisa, nell'ultimo periodo, che, in ogni ipotesi e sulla base delle caratteristiche concrete del caso, è necessario che l'amministrazione competente effettui una previa "verifica della compatibilità ... con le esigenze della tutela" del bene (verifica che riguarda sia l'iniziativa in sé, sia la sponsorizzazione della medesima).

Si tratta di un'applicazione, all'ipotesi della sponsorizzazione, del principio della necessaria previa autorizzazione di ogni intervento che incida (non soltanto materialmente, ma anche soltanto) idealmente, sull'immagine e sul valore culturale del bene.

Il principio i parola è, in particolare, desumibile dagli articoli 20, comma 1 (secondo il quale "I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione"), 21, comma 4 (che richiede la comunicazione del "mutamento di destinazione d'uso", al fine di consentire di verificare il rispetto del predetto divieto) del Codice, e che discende da quello generale, sancito dall'articolo 6, comma 2, del Codice, secondo cui "La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze" (e la sponsorizzazione, anche quale forma di promozione e sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, rientra a pieno titolo nell'ambito della valorizzazione, come definito dall'articolo 6, comma 1, del Codice).

L'esigenza della previa valutazione di compatibilità risulta ulteriormente evidenziata nel comma 2 dell'articolo 120, dove, nel definire il contenuto della prestazione dello sponsee, si ribadisce che la promozione dello sponsor deve avvenire "in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare" e che la individuazione di dette forme e modalità deve "stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione".

Il parametro della valutazione di compatibilità è costituito anzitutto dal provvedimento costitutivo del vincolo o da quello con cui è stato positivamente verificato l'interesse culturale del bene.

Il contratto, nella parte in cui individua i contenuti, le finalità ed i limiti dell'utilizzazione del bene culturale (o meglio, nella gran parte dei casi, della sua immagine) consentita allo sponsor, viene così ad assumere rilevanza sotto il profilo della tutela, rendendo necessaria la previa verifica della competente soprintendenza, al pari di quanto richiesto dall'articolo 21 del Codice bb.cc., per ogni modificazione materiale del bene culturale o della sua collocazione.

In ogni caso, è necessario che la soprintendenza consideri il valore culturale del bene ed il suo significato identitario, per stabilire se le relative iniziative siano concretamente sponsorizzabili e quali limiti debbano essere eventualmente apposti alla sponsorizzazione. Va da sé che, a seconda dei casi in cui avviene la scelta dello sponsor e la definizione dei contenuti del contratto, la valutazione di compatibilità potrà comportare una modifica della proposta pervenuta da parte dell'aspirante sponsor, una rimodulazione del bando di selezione delle proposte, ovvero l'inserimento di prescrizioni nell'autorizzazione rilasciata al privato per la sponsorizzazione dei beni di sua proprietà.

Da ciò deriva che, come è espressamente previsto che nel contratto di sponsorizzazione siano riportate con precisione "le modalità di erogazione del contributo, nonché le forme di controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell'iniziativa cui il contributo si riferisce" (articolo 120, comma 3), analogamente debbano essere riportati con chiarezza (privilegiando un metodo di elencazione casistica tassativa) i contenuti della prestazione dello sponsee, vale a dire le modalità, conseguenti alla predetta valutazione di compatibilità, con le quali lo sponsor potrà collegare la propria attività o la propria immagine all'iniziativa sponsorizzata.

Così, ad esempio, in occasione dell'esecuzione di un intervento di restauro, potranno essere valutate (oltre, naturalmente, alla presentazione ufficiale attraverso i media dell'iniziativa e dello sponsor) prestazioni quali: la presenza del logo dello sponsor sui biglietti, sulle pubblicazioni e/o sul sito web dell'amministrazione; la distribuzione presso le casse dei musei di dépliant e materiale pubblicitario dello sponsor; il rilascio di un certo numero di biglietti gratuiti per l'accesso al museo oggetto della sponsorizzazione o ad altri siti espositivi dell'amministrazione; la concessione a titolo gratuito, fatto salvo il rimborso delle spese eventualmente sostenute dall'amministrazione, di spazi per eventi, definendone la durata; la pubblicazione dei lavori realizzati con relativa presentazione alla stampa.

In linea di massima, non sembra opportuno che l'amministrazione predisponga un "pacchetto" di offerte promozionali e proponga (o imponga) agli interessati sempre le stesse, in quanto ogni sponsorizzazione ha caratteristiche proprie, e la sua buona riuscita è affidata alla capacità di personalizzare l'offerta di comunicazione creando un proficuo collegamento tra l'immagine aziendale e l'evento. Al contrario, nella previa definizione delle modalità della sponsorizzazione, l'amministrazione dovrà considerare lo stretto legame che collega la sponsorizzazione alla comunicazione e molte volte alla c.d. comunicazione integrata dell'evento. Infatti per l'impresa l'obiettivo di fondo delle sponsorizzazioni è quello di aumentare il prestigio dell'azienda nella comunità in cui opera e di ottenere notorietà presso un particolare tipo di pubblico; a differenza degli altri strumenti pubblicitari e promozionali, che sono diretti ad esaltare il prodotto e finiscono però per esaurire la loro efficacia nel breve periodo, la sponsorizzazione permette di qualificare l'azienda e la sua produzione promuovendo l'immagine aziendale nella sua interezza e nel tempo. Quindi nel programma complessivo relativo alle modalità di collegamento dell'immagine aziendale all'iniziativa sponsorizzata sarà opportuno non trascurare le iniziative più dirette ed incisive di comunicazione (come associare lo sponsor alla comunicazione istituzionale dell'iniziativa, consentire allo sponsor di attuare forme di comunicazione distintiva, di incontrare direttamente il proprio pubblico, di accedere ai media, e via dicendo).

L'amministrazione dovrà, inoltre, avere sempre presente, nell'impostazione del rapporto, le esigenze da soddisfare mediante la sponsorizzazione, il valore del contributo e il valore della promozione del nome, del marchio o dell'immagine dello sponsor (per quanto sia possibile desumere attraverso una considerazione di fattori eterogenei, ma tutti indici presuntivi dell'importanza della prestazione, quali: la rilevanza intrinseca dell'iniziativa, l'impegno dell'amministrazione nella sua realizzazione, analoghe esperienze di sponsorizzazione in ambito pubblico o privato, il budget pubblicitario degli operatori potenzialmente interessati, e via dicendo), in modo da rispettare il fondamentale canone della proporzionalità e dell'economicità dell'attività amministrativa. Fermo restando che (come meglio specificato ai paragrafi II.3.1 e II.5) l'indice più significativo è costituito dalla concreta risposta data dagli operatori, a seguito di un sondaggio o un interpello del mercato.

Una riflessione specifica è necessaria in ordine alla possibilità che lo sponsor effettui pubblicità sui ponteggi dei cantieri di restauro, per la quale si rinvia al successivo paragrafo IV.

IV - Manifesti e cartelli pubblicitari

Alcune considerazioni particolari devono svolgersi con riguardo alle diverse ipotesi in cui il rapporto di sponsorizzazione o di vendita di spazi pubblicitari preveda l'apposizione di cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici o nelle aree tutelati come beni culturali. In tali casi, troverà applicazione la disciplina generale di cui all'articolo 49 del Codice bb.cc.

Va fin d'ora rimarcato che l'articolo 49 demanda alla soprintendenza una valutazione di compatibilità (dei cartelloni ed altri mezzi pubblicitari) del tutto analoga a quella prevista dall'articolo 120 per le sponsorizzazioni (e riguardante ogni possibile contenuto della prestazione a favore dello sponsor, compresa, appunto, l'installazione di mezzi pubblicitari).

La mancanza di un espresso coordinamento tra le previsioni (parzialmente sovrapponibili) si spiega col fatto che l'articolo 49 vigente costituisce una maggiore articolazione dell'articolo 50 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (che a sua volta traeva origine dall'articolo 22 della legge 1° giugno 1939, n. 1089), mentre la disciplina delle sponsorizzazioni contenuta nell'articolo 120 costituisce una novità del Codice bb.cc.

In ogni caso, non sussiste il problema di stabilire un rapporto di specialità o prevalenza tra le disposizioni, trattandosi di norme in parte coincidenti e per il resto suscettibili di applicazione congiunta.

L'articolo 49, infatti, prevede (al comma 1) un generale divieto di "collocare o affiggere cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali", salvo che siano autorizzati dal soprintendente, e sempre che "non danneggino l'aspetto, il decoro o la pubblica fruizione" degli immobili interessati. Analoga disposizione è dettata (al comma 2) in ordine alla collocazione di mezzi pubblicitari lungo le strade nell'ambito o in prossimità dei beni culturali; collocazione che è sottoposta alle autorizzazioni (di competenza degli enti gestori delle strade) previste dal Codice della strada, le quali possono essere rilasciate solo previo parere favorevole espresso dalla soprintendenza con riferimento al medesimo parametro ("compatibilità ... con l'aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati") individuato al comma 1.

In ogni caso (comma 3), "il nulla osta o l'assenso per l'utilizzazione a fini pubblicitari delle coperture dei ponteggi predisposti per l'esecuzione degli interventi di conservazione" può essere rilasciato "per un periodo non superiore alla durata dei lavori". Ciò all'evidente fine di coniugare la necessità di reperire, mediante la concessione degli spazi pubblicitari, i mezzi finanziari o le prestazioni di lavori necessarie all'intervento conservativo con quella di non mantenere oltre il necessario installazioni che comunque incidono, limitandola, sulla pubblica fruizione del bene.

L'esigenza di dettare apposite linee guida agli uffici per l'applicazione dell'articolo 49, da tempo avvertita, ha già condotto all'adozione di apposite indicazioni, fornite con la nota dell'Ufficio di Gabinetto prot. n. 15550 del 13 luglio 2007. Con detta nota, a fronte della richiesta di definire indirizzi e criteri generali per l'esercizio da parte dei soprintendenti della facoltà di autorizzare la collocazione o l'affissione di cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelate come beni culturali, incluse le coperture dei ponteggi, si è opportunamente evidenziato che ogni provvedimento di autorizzazione emanato al riguardo, "si configura come atto assunto in deroga al vigente divieto e pertanto in base ad una valutazione di natura tecnico-discrezionale effettuata in stretta aderenza alle specifiche circostanze di fatto, dalla quale non appare perciò possibile estrapolare regole generali alla cui stregua adottare provvedimenti autorizzativi con riferimento ad altre situazioni e località. Gli unici parametri comuni che in proposito è possibile stabilire sono quelli già fissati per legge e possono così sintetizzarsi: gli strumenti pubblicitari ed i messaggi in essi contenuti, per poter essere assentiti, devono avere caratteristiche tali, quanto a forme, dimensioni, materiali e contenuti, da non risultare lesivi per la dignità storico-artistica degli immobili tutelati, considerata non solo in sé, ma anche per come essa è percepita dall'esterno, e da non risultare ostativi alla pubblica fruizione.".

Nella stessa nota, auspicando che, in considerazione della durata degli interventi di restauro, i teli protettivi dei ponteggi fossero realizzati in modo da raffigurare sempre la facciata dell'edificio coperto dalle impalcature, per alterare il meno possibile i rapporti prospettici e le visuali delle quinte architettoniche così come consolidatesi nel tempo (vale a dire, da non risultare ostativi alla pubblica fruizione), si segnalava anche la necessità di tenere in debito conto la normativa concorrente in materia dettata dagli enti locali (ciò in quanto la prescrizione di una tale soluzione per i cantieri edilizi, attenendo alle misure di ornato pubblico, rientra nelle competenze dei Comuni ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del Testo Unico di cui al d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni).

Le soluzioni ivi indicate appaiono meritevoli senz'altro di conferma nella presente sede, costituendo un buon punto di equilibrio tra esigenze della tutela e necessità di favorire (o non impedire) il reperimento di risorse preordinate alla conservazione e al restauro dei monumenti.

Può aggiungersi che la valutazione in ordine alla limitazione al minimo possibile delle alterazioni dei rapporti prospettici e delle visuali delle quinte architettoniche, nonché ai rapporti tra la superficie coperta dai ponteggi e riproducente la facciata dell'edificio e quella destinata a essere occupata da messaggi e immagini pubblicitarie deve essere condotta tenendo nella debita considerazione le specifiche esigenze e peculiari necessità di tutela e di pubblica fruizione del singolo caso concreto. In particolare, tale valutazione dovrà tenere conto della durata dell'esposizione del messaggio pubblicitario, alle particolari esigenze conservative del singolo bene (quanto a urgenza e a rilevanza economica), dalla collocazione spaziale del bene, dalle relative esigenze di pubblica fruizione, e via dicendo. In tale prospettiva, è da ritenere che, in linea di massima, sussista un rapporto di proporzionalità inversa tra le dimensioni del messaggio pubblicitario - da un lato - e - dall'altro - la durata di esposizione del medesimo messaggio, le esigenze di pubblica fruizione del bene, la "appetibilità" di mercato dello spazio pubblicitario offerto. Ciò comporta che, ad esempio, ove un dato bene richieda interventi conservativi urgenti e onerosi, ma presenti una modesta "appetibilità" di mercato e non sia attualmente oggetto di una fruizione pubblica particolarmente intensa e qualificata, possa ritenersi consentita anche l'autorizzazione di una copertura pubblicitaria di notevoli dimensioni, ove - beninteso - ritenuta necessaria per il perseguimento delle esigenze di tutela e di valorizzazione dello stesso bene.

Deve, inoltre, precisarsi che le valutazioni effettuate dalla soprintendenza sulle caratteristiche di compatibilità con il bene culturale dei mezzi di pubblicità e dei teli protettivi dei ponteggi prevalgono sulle disposizioni urbanistico-edilizie, salvo il necessario rispetto di quelle prescrizioni che manifestino una finalità di sicurezza e prevenzione antinfortunistica dei lavoratori e del pubblico.

Tuttavia, è opportuno che l'amministrazione, ove intenda concedere spazi quale contropartita di un rapporto di sponsorizzazione o di altro genere, o comunque in sede di rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 49 del Codice bb.cc., verifichi preventivamente la compatibilità dell'affissione con le disposizioni urbanistiche e con i regolamenti comunali vigenti. Al fine di individuare soluzioni in grado di coordinare l'esercizio delle distinte competenze e di contemperare le concorrenti esigenze, si reputa opportuno che, nello spirito di collaborazione tra le Istituzioni, siano attivati contatti e collaborazioni per la definizione di accordi che semplifichino la gestione dei procedimenti e consentano di individuare soluzioni tipo, beninteso da adattare ai singoli casi.

Ciò posto, si ritiene, senza nessuna pretesa di esaustività, che (in ragione di principi costituzionali o di norme imperative estrinseche rispetto all'ordinamento di settore) possano comunque essere esclusi utilizzi degli spazi su ponteggi che implichino propaganda di natura politica, sindacale, religiosa, pubblicità diretta alla produzione e/o distribuzione del tabacco (stante anche il divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da fumo, di cui all'articolo unico della legge 10 aprile 1962, n. 165, come sostituito dall'articolo 8 del decreto legge 10 gennaio 1983, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 1983 n. 52), di bevande alcooliche, materiali di dubbia moralità, messaggi offensivi, incluse espressioni di fanatismo, razzismo, odio o minaccia, o comunque lesive della dignità umana, in contrasto con prescrizioni di leggi o regolamenti, oltre che (in questo caso per le esigenze di tutela intrinseca dei beni) messaggi pubblicitari che creino pregiudizio o danno all'aspetto e al decoro del patrimonio artistico e culturale.

Occorre, inoltre, richiamare l'attenzione sulla circostanza, già evidenziata al precedente paragrafo II.5, che, ove l'amministrazione consenta l'apposizione di cartelli o altri mezzi di pubblicità nell'ambito di un rapporto sinallagmatico finalizzato al reperimento di mezzi finanziari o di prestazioni necessarie all'esecuzione di interventi finalizzati alla conservazione o alla valorizzazione del bene (sia mediante sponsorizzazione, sia mediante concessione di spazi pubblicitari) si rende necessaria una attenta stima del valore di mercato della prestazione offerta. Tale dato dipenderà evidentemente dall'estensione della superficie offerta, dalla localizzazione del cantiere in area urbana, dalla concreta capacità del cartellone di collegarsi con l'iniziativa di conservazione o di valorizzazione in corso di realizzazione e di promuovere in tal modo l'immagine, il marchio, il prodotto pubblicizzati.

V - Profili fiscali

V.1 Premessa - V.2 Il regime fiscale delle erogazioni liberali. - V.3 Il regime fiscale delle sponsorizzazioni - V.3.1 La qualificazione delle sponsorizzazioni come spese di pubblicità ovvero di rappresentanza. - V.3.2 Il regime IVA delle sponsorizzazioni.

V.1 Premessa

Ancorché le determinazioni in materia di regime fiscale delle sponsorizzazioni siano istituzionalmente riservate ai competenti uffici del ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia delle entrate, ed esclusa, dunque, in questa sede, ogni statuizione giuridicamente vincolante su tale tema, si reputa tuttavia utile fornire comunque agli uffici un'informativa di carattere generale e alcune indicazioni di massima, basate su orientamenti sostanzialmente consolidati, al mero scopo di orientarne l'azione e senza alcuna pretesa di esaustività.

In tale prospettiva, occorre anzitutto dare conto sinteticamente di tre diversi profili problematici, ossia: la distinzione del regime fiscale delle sponsorizzazioni da quello delle erogazioni liberali; la qualificabilità delle spese sostenute dall'impresa per sponsorizzazioni come "spese di pubblicità e di propaganda" ovvero come "spese di rappresentanza"; l'assoggettabilità ad IVA delle prestazioni ricevute dall'amministrazione nell'ambito di un rapporto di sponsorizzazione.

V.2 Il regime fiscale delle erogazioni liberali

Si è diffusamente illustrata, nel corso delle presenti linee guida, la differenza esistente tra i rapporti di sponsorizzazione (originanti da contratti a prestazioni corrispettive) e le erogazioni liberali (riconducibili allo schema tipico del contratto di donazione o costituenti un negozio atipico gratuito modale). Come pure si è detto, la distinzione è rilevante ai fini fiscali.

Invero, la previsione di apposite disposizioni di agevolazione delle erogazioni liberali in denaro a favore di soggetti pubblici o persone giuridiche private non lucrative per lo svolgimento di attività inerenti ai settori dei beni culturali e dello spettacolo si deve all'articolo 38 della legge 21 novembre 2000, n. 342. Tale disposizione - introducendo la lettera c-novies) all'articolo 65 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito: TUIR) - aveva stabilito la deducibilità dai redditi d'impresa dell'importo delle suddette erogazioni.

Il comma 3 del citato articolo 38 impone, peraltro, un tetto massimo di stanziamento per la copertura delle suddette agevolazioni. Va inoltre ricordato che (come detto al paragrafo I.3.1), le disposizioni in argomento hanno trovato attuazione con il decreto ministeriale 3 ottobre 2002.

Nell'attuale TUIR, successivo alla riforma del 2004, le previsioni concernenti le agevolazioni di cui si tratta sono contenute agli articoli 15 e 100.

In particolare, l'articolo 15, comma 1, lettera h), prevede la detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per un importo pari al 19 per cento del loro ammontare, delle "erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali.".

L'articolo 100, comma 2, lettera f), del TUIR consente invece, con riferimento all'imposta sul reddito delle società, la deduzione delle erogazioni liberali dalla base imponibile dell'imposta.

Le agevolazioni in parola - senz'altro applicabili in tutte le ipotesi di mecenatismo, di cui si è trattato al paragrafo I.3.1 - non operano invece allorché l'assunzione di obbligazioni a carico dell'amministrazione comporti la qualificazione del rapporto in termini di sponsorizzazione. Va, peraltro, richiamato quanto sopra detto, al medesimo paragrafo I.3.1, in merito alla circostanza che la mera formulazione di un pubblico ringraziamento in favore del soggetto erogante non è incompatibile con il carattere di gratuità della prestazione del soggetto erogante e, quindi, non comporta di per sé la qualificazione del rapporto come sponsorizzazione (v. articolo 5, comma 3, del d.m. 3 ottobre 2002).

Si fa presente inoltre, al riguardo, che l'articolo 40, comma 9, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici", convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto apposite misure di semplificazione delle procedure in materia di agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali in favore dei beni e delle attività culturali, prevedendo la sostituzione dei relativi adempimenti burocratici con un'autocertificazione, salvi i controlli successivi a campione da parte dell'amministrazione (v., al riguardo, la Circolare n. 222 in data 11 giugno 2012, con la quale la Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale del ministero per i Beni e le Attività culturali ha fornito chiarimenti in ordine alle nuove, semplificate, procedure operanti a seguito dell'entrata in vigore della succitata disposizione).

V.3 Il regime fiscale delle sponsorizzazioni

V.3.1 La qualificazione delle sponsorizzazioni come spese di pubblicità ovvero di rappresentanza

In ordine al regime tributario delle sponsorizzazioni, è necessario dare atto del dibattito inerente la qualificabilità delle relative spese come pubblicitarie ovvero di rappresentanza.

In proposito, occorre richiamare il disposto dell'articolo 108, comma 2, del TUIR, il quale dispone che "Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50.".

In sostanza, mentre le spese di pubblicità e di propaganda sono sempre integralmente deducibili, secondo le modalità normativamente indicate (ossia, a scelta del contribuente, nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi), quelle di rappresentanza sono deducibili solo se e nella misura in cui risultino corrispondenti ad appositi criteri di inerenza e congruità, determinati mediante il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2008.

Le soluzioni prospettate in ordine alla riconducibilità delle sponsorizzazioni all'una o all'altra tipologia di spese non appaiono, peraltro, univoche.

Nella giurisprudenza, anche recente, della Corte di Cassazione (Cass., sez. VI, 5 marzo 2012, n. 3433; Id. 15 aprile 2011, n. 8679, in linea con Cass., sez. V, 28 ottobre 2009, n. 22790; 7 agosto 2008, n. 21270; 27 giugno 2008, n. 17602; 23 aprile 2007, n. 9567) si rinviene, invero, l'affermazione secondo cui le spese sostenute per le sponsorizzazioni sportive, in quanto volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa, sono da qualificare come spese di rappresentanza.

La Cassazione ha affermato il principio per cui costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. In definitiva, seguendo tale linea argomentativa, si ritiene debbano farsi rientrare nelle spese di rappresentanza quelle effettuate senza che vi sia una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e che vadano, invece, considerate spese di pubblicità o propaganda quelle altre sostenute per ottenere un incremento, più o meno immediato, della vendita di quanto realizzato nei vari cicli produttivi ed in certi contesti, anche temporali. Il criterio discretivo va, dunque, individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto.

Tale prospettazione appare, tuttavia, non del tutto congruente con quella che pare doversi desumere dalle soluzioni interpretative offerte dall'Agenzia delle entrate.

In particolare, con la Circolare n. 34/E del 13.7.2009, l'Agenzia ha avuto modo di illustrare diffusamente la disciplina normativa concernente le spese di rappresentanza, ponendo in evidenza, per ciò che qui interessa, come l'articolo 1, comma 1, del citato decreto ministeriale 19 novembre 2008 consenta di individuare il carattere essenziale di tali spese nella gratuità, ossia nella assenza di ogni corrispettivo o controprestazione da parte dei destinatari dei beni o dei servizi erogati. Proprio tale elemento caratterizzante, peraltro, non è ravvisabile nei rapporti di sponsorship, i quali, come già diffusamente illustrato, traggono origine da contratti a prestazioni corrispettive.

Dovrebbe, pertanto, logicamente addivenirsi alla qualificazione delle spese per sponsorizzazione come spese di pubblicità o di propaganda, deducibili integralmente e non entro i limiti di inerenza e congruità stabiliti dal più volte citato decreto ministeriale 19 novembre 2008.

Tuttavia, nel solco dell'orientamento di segno contrario espresso dalla Corte di Cassazione, occorre dare conto di quanto recentemente chiarito dal Supremo Consesso giurisdizionale in tema di inerenza delle spese di sponsorizzazione all'attività di impresa. La Corte, infatti, dopo aver illustrato la nozione di inerenza della spesa e ritenuto che, da un punto di vista economico, "(...) inerente è tutto ciò che - sul piano dei costi e delle spese - appartiene alla sfera dell'impresa, in quanto sostenuto nell'intento di fornire a quest'ultima un'utilità, anche in modo indiretto", ha tratto da tale affermazione due importanti corollari. Non solo, infatti, l'inerenza, ai fini fiscali, delle spese per sponsorizzazioni all'attività di impresa non è ritenuta seriamente dubitabile nel caso in cui lo sponsor sia lo stesso titolare del marchio o produttore del bene sponsorizzato, ma tale inerenza può ravvisarsi pure ove lo sponsor sia il mero distributore esclusivo per l'Italia del prodotto sponsorizzato. Anche in tal caso, invero, spetteranno i benefici fiscali previsti per le spese di rappresentanza, poiché lo sponsor trae comunque una utilità dalla sponsorizzazione, ancorché si tratti di soggetto diverso rispetto al titolare del marchio e all'organizzatore della produzione del bene (Cass. civ., sez. V, 27 aprile 2012, n. 6548).

V.3.2 Il regime IVA delle sponsorizzazioni

Quanto al regime IVA, la questione è stata espressamente affrontata dall'Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 88/E dell'11 luglio 2005), in esito ad apposita istanza di interpello proposta da una pubblica amministrazione che aveva stipulato contratti di sponsorizzazione finalizzati alla realizzazione di una mostra. L'Agenzia ha ritenuto che l'operazione sia soggetta ad IVA, in misura pari all'aliquota ordinaria (attualmente, ventuno per cento), da applicarsi sulle somme versate dallo sponsor a fronte della "prestazione di servizi" dello sponsee.

A tale conclusione l'Agenzia è pervenuta sulla base della qualificazione della sponsorizzazione come una "forma atipica di pubblicità commerciale", cui deve conseguentemente riconoscersi, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, lett. i), del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, carattere "in ogni caso commerciale". Da ciò l'ulteriore corollario dell'assoggettabilità ad IVA dell'operazione anche nell'ipotesi di prestazione resa da un ente pubblico o privato non avente per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, poiché - ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del medesimo d.p.r. n. 633 del 1972 - l'ente non lucrativo diviene comunque soggetto passivo dell'imposta sul valore aggiunto limitatamente alle operazioni compiute "nell'esercizio di attività commerciali o agricole".

E' da ritenere coerentemente che analoghe considerazioni debbano valere anche con riferimento alle sponsorizzazioni tecniche e miste. Ove, infatti, la prestazione dello sponsor sia in tutto o in parte costituita da una prestazione di lavori, servizi o forniture, e non invece da una somma di denaro, si realizza un'operazione permutativa rispetto alla controprestazione offerta dall'amministrazione. Troverà, pertanto, applicazione l'articolo 11 del citato d.p.r. n. 633 del 1972, il quale stabilisce che "Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all'imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate.". In tal caso, pertanto, sia lo sponsor che lo sponsee sono tenuti alla fatturazione, sulla base del valore della prestazione, e ai successivi adempimenti previsti dalla legge.

 

 



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