I musei: servizi e risorse / Esperienze
La Triennale di Milano [*]
Ho ascoltato con grande interesse gli interventi precedenti e vorrei sottoporre alla vostra attenzione alcune considerazioni.
Penso innanzitutto che non esistano metodi in assoluto validi per gestire un museo, ma che ogni realtà suggerisca un modello, una propria soluzione specifica. Inoltre, mi trovo totalmente d'accordo sul fatto che sia compito del museo o dell'istituzione culturale, garantire l'eccellenza della visita.
La Triennale, come sapete, era un Ente ed è diventata una Fondazione; non è un museo ma è anche un museo. E' un'istituzione che si occupa di design e architettura, ma anche di arti applicate, arti visive e delle loro molteplici declinazioni. Il design, ad esempio, sta sempre più diventando una modalità di intervento sulla realtà. Non è più esclusivamente legato al mondo dell'arredo, della moda o del cibo, ma si coniuga sempre più frequentemente con i servizi e più in generale con l'immaterialità; sempre più si afferma come "cultura del progetto". Oltre alla funzionalità e all'estetica del prodotto, occorre oggi considerare anche una componente immateriale legata agli oggetti e ai sistemi di cui fanno parte; una componente che definisco etica.
Partendo da queste prime considerazioni, ritengo opportuno sottolineare quanto ampia possa essere la nostra area di intervento. Infatti, così come realizziamo una mostra dedicata a Renzo Piano, ugualmente ne mettiamo in produzione una su Andy Warhol; fra pochi giorni apriremo in Bovisa una rassegna dedicata a Kiefer, mentre un anno e mezzo fa abbiamo realizzato una mostra sul problema del carcere.
Dicevo questo per sottolineare la natura complessa della Triennale e giungere al tema della "valorizzazione"; un aspetto fondamentale che non deve limitarsi alla sola linea editoriale, ma deve riguardare tutta la visita, dall'inizio alla fine.
Per quanto riguarda la Triennale, il primo passo che abbiamo deciso di compiere, ormai cinque anni fa, è stato quello di recuperare nella sua interezza il palazzo, riportandolo al suo antico splendore. Il palazzo era fatiscente e presentava un inutile affastellamento di allestimenti interni permanenti. Abbiamo affidato la ristrutturazione a Michele De Lucchi e devo dire che ha svolto un eccellente lavoro, perché ha restituito energia e luminosità all'edificio di Muzio. Con i fondi che ci sono stati destinati dal Ministero per la realizzazione del Museo del Design, siamo riusciti a restaurare e climatizzare tutta la Triennale. Abbiamo aperto le finestre del piano superiore e anche i lucernari che erano stati tamponati negli anni Sessanta e Settanta perché allora si pensava che le mostre dovessero essere illuminate esclusivamente con luce artificiale. Per fortuna, la mostra di Renzo Piano è stata inondata di luce naturale che pioveva da ogni parte. Renzo Piano si è talmente innamorato dello spazio che ha subito pensato a un allestimento leggero e fluttuante, capace di armonizzarsi con la variabilità impalpabile e meravigliosa della luce naturale.
Il luogo, tuttavia, non si crea solo con un restauro impeccabile come quello che ha fatto e sta facendo Michele De Lucchi, ma anche offrendo una proposta editoriale innovativa e distintiva. E anche questo non basta; non bisogna infatti dimenticare la caffetteria e il book shop, che in Triennale non chiamiamo servizi, perché per noi sono delle vere e proprie eccellenze. La libreria è infatti diventata un punto di assoluto riferimento, non solo nell'ambito milanese, per quanto riguarda l'architettura e il design. Quella libreria fatturava già in passato, quando era affidata alla cura di un solo libraio, ben 1.300.000 euro. Oggi, scaduto il contratto, abbiamo emesso un bando di gara che ha visto la partecipazione di diversi soggetti, compreso il vecchio gestore. Pur di vincere la gara e ottenere la libreria, una nota Casa Editrice ha avanzato un'offerta di 450.000 euro l'anno per tre anni. Un'opzione molto vantaggiosa per noi, eppure abbiamo subito chiarito che la nostra libreria non sarebbe mai dovuta diventare la libreria della Casa Editrice e neanche del suo Gruppo Editoriale di riferimento, ma uno spazio indipendente, con un'offerta libraria vastissima e un formidabile catalogo di editori.
Questo principio è stato ben compreso dalla Casa Editrice e dall'imprenditore, anche perché, per recuperare l'investimento, l'unica strada da percorre sarà quella di realizzare un'ottima libreria, in termini di immagine e capacità di generare profitti.
Ugualmente, per quanto riguarda il Coffee Design, che è il nostro ristorante, e il Fiat Caffé, un piccolo caffé-ristorante all'aperto che apriamo durante la stagione estiva, la gestione è stata affidata, sempre tramite bando di gara, non ad una società di catering come avveniva in precedenza (per altro con risultati qualitativi più che soddisfacenti), ma ad un abbinamento d'eccezione: Autogrill e Carlo Cracco.
Autogrill ha immediatamente colto l'opportunità di associarsi a Carlo Cracco per creare un eccellente luogo di ristorazione; dal canto suo, Cracco si è impegnato a elaborare piatti di altissima qualità, in linea però con gli standard di prezzi del Coffee Design.
Con un professionista come Carlo Cracco, questa sfida apparentemente impossibile è diventata realtà, perché più alto è il riferimento più la visione si allarga e l'offerta migliora. Adesso, grazie alle risorse di Autogrill, cambieremo completamente anche il lay out del Coffee Design, realizzando una serie di importanti interventi di ristrutturazione. Prima le vivande arrivavano molto buone, ma già confezionate. Adesso, invece, riusciremo a realizzare una vera cucina e addirittura, mangiando, sarà possibile vedere i cuochi che lavorano dietro un vetro di cristallo.
Questo punto è molto importante, perché il Bookshop e il Coffee Design sono offerte che equivalgono a una buona mostra. Mangiare al Coffee Design sarà "un'esperienza", una sorta di immersione complessiva nel "food design".
E' del tutto evidente che iniziative come queste, portano a un'identificazione del marchio Triennale e ad una sempre maggiore valorizzazione del luogo. Ecco, proprio questo è il punto che ci sta veramente a cuore: creare un luogo.
Il nostro principale motivo di soddisfazione, a parte quello di essere passati da 42.000 visitatori l'anno a circa 600.000 presenze, consiste soprattutto nella complessità e differenziazione del nostro pubblico, composto da un 73% di giovani dai 18 ai 40 anni. Inoltre, e questo è un dato molto importante, al sabato e alla domenica la Triennale è piena di famiglie, con bimbi e genitori che non vengono solo per visitare una mostra, ma per trascorrere ore nei nostri spazi. Soprattutto in primavera e in estate, quando il parco garantisce la massima sicurezza, vediamo i bimbi giocare, i genitori bere il caffé, comprare un libro, andare a turno a visitare le esposizioni.
Il Museo del Design che abbiamo recentemente inaugurato, costituisce un ulteriore elemento di identificazione e caratterizzazione del "luogo" Triennale. Anche in questo caso, ciò che ha caratterizzato la realizzazione del museo è un concetto fluido, la visione di un museo mutevole, contrapposta a quella classica del museo statico.
In questo processo di valorizzazione della Triennale, non possono essere dimenticate anche le azioni volte a mantenere alto il livello di motivazione del personale. Convochiamo i dipendenti della Fondazione all'incirca una volta al mese, per comunicare loro i progetti e coinvolgerli pienamente nelle iniziative che intendiamo svolgere. In Triennale siamo talmente sottodimensionati che la motivazione reale (cioé la partecipazione attiva al progetto dei singoli membri della Fondazione) costituisce un fattore determinante per il successo delle iniziative.
Un altro aspetto fondamentale è il coinvolgimento dei privati, necessario per reperire una parte delle risorse necessarie alla realizzazione dei nostri progetti. Abbiamo eliminato totalmente il concetto di sponsor, perché siamo convinti che nessuno debba mettere i propri denari nella Triennale solo per il gusto di metterceli oppure sperando di trarne qualche piccolo beneficio d'immagine.
Il concetto vero è che ci siamo imposti di proporre progetti che possano essere condivisi da soggetti terzi. Una logica che trasforma gli sponsor in partner.
Quando abbiamo pensato di realizzare il Museo del Design, ad esempio, ci siamo scontrati con la necessità di individuare uno spazio espositivo di 2.000 metri quadrati, in cui allestire le mostre che non sarebbe stato più possibile realizzare in Triennale. Ci siamo chiesti dove poter insediare questa nuova Triennale. Chiaramente, guardandoci intorno, abbiamo scelto il quartiere più affine a noi: la Bovisa, un luogo psicologicamente lontano ma in realtà molto vicino al cuore della città. Perché questo? Per molti motivi. Intanto perché esiste un legame solido con il Politecnico, la cui vicinanza poteva giovare a entrambi. Inoltre sapevamo di avere le caratteristiche giuste per favorire e accelerare il processo di valorizzazione della zona.
Siamo partiti da zero, senza fondi, e siamo riusciti a dare alla città, alla regione e all'Italia una struttura che oggi vale circa 5 milioni di euro.
Tornando al tema del partner, eravamo ben consapevoli del fatto che portare la Triennale in Bovisa avrebbe voluto dire attuare una piccola rivoluzione, soprattutto negli orari. In altre parole, questa iniziativa avrebbe avuto senso solo con una programmazione di grande richiamo, comprensiva di Bistrot e Bookshop eccellenti, ma soprattutto riuscendo a mantenere aperta la struttura il più a lungo possibile. La Bovisa è infatti un quartiere che alle 19.30 si spopola, pur essendo pieno di giovani che gravitano nell'area durante il giorno. Grazie alla sensibilità di un privato e di un amministratore delegato, siamo riusciti a reperire i denari necessari per pagare gli straordinari ai nostri dipendenti e tenere aperta Triennale Bovisa tutti i giorni fino alla mezzanotte, e il Bistrot fino alle 2.00. Questa scelta si è rivelata subito vincente, considerato che il 30% dei nostri visitatori viene dalle 8.00 in poi, cioé dopo il lavoro, alla ricerca di un luogo in cui trascorrere una serata piacevole e interessante.
Mi auguro che questa abitudine diventi un costume sempre più consolidato e diffuso. In ogni caso, a noi sembra già molto importante essere riusciti a offrire al pubblico un luogo un po' speciale, dove trascorrere il tempo in modo gradevole e intelligente.
Certo, tutto questo implica uno sforzo non indifferente e l'attenzione costante a ogni dettaglio. Un sforzo però ampiamente ripagato, perché la Triennale, con i soci istituzionali ministero dei Beni culturali, regione, provincia, comune e Camera di Commercio, riesce ad autofinanziarsi per il 63% e presenta un bilancio in pareggio. Quest'ultimo aspetto è , tra l'altro, fondamentale, perché ci permette di essere liberi da condizionamenti e tiene lontane polemiche inutili e critiche futili.
Vorrei concludere dicendo che il modello Triennale è nato dall'anima stessa della Triennale, interpretata in maniera nuova, adeguata alla società e alla città, rafforzato inoltre da una decisa politica di relazioni con tutti i più importanti musei internazionali. In questo momento abbiamo sei mostre in giro per il mondo: una a Seul, una a Mosca, un'altra a Buenos Aires, un'altra a Hong Kong e infine una a Tokyo, dove Triennale ha una propria sede di 1.000 metri quadrati, in cui, da un anno a questa parte, abbiamo già realizzato ben sette mostre. E' evidente che una cosa del genere sia nata e stia crescendo proprio perché è stata l'identità stessa della Triennale a suggerirci la strada da percorrere.
Adesso, per concludere, stiamo lavorando alla progettazione del Museo d'Arte Contemporanea e a quella di un centro internazionale che si occuperà di fotografia, web e televisione e che si chiamerà Triennale Image.
Note
[*] Testo della relazione discussa al convegno La creazione del valore nei processi di gestione dei musei, tenutosi a Milano il 7 febbraio 2008.