Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di
Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici
a cura di Roberto Chieppa
Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.
Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2008, n. 713, Pres. Trotta, Est. De Michele. Sull'esercizio del diritto di prelazione su immobili vincolati.
Ai fini di un giudizio di legittimità sull'atto con cui l'amministrazione esercita un diritto di prelazione su bene culturale vincolato, l'accertamento in via incidentale del giudice amministrativo non può che fermarsi alla oggettiva sussistenza di un atto traslativo di diritti fra soggetti giuridicamente distinti (atto in presenza del quale lo stesso organo rogante ha ravvisato l'esigenza di procedere a denuncia di trasferimento, ai sensi e per gli effetti dell'art. 59 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).
Il diritto di prelazione dell'amministrazione su beni di rilievo storico o artistico opera in una dimensione prettamente pubblicistica - in quanto tale soggetta alla giurisdizione del giudice amministrativo - poiché l'acquisizione dei beni in questione non avviene attraverso un mero rapporto negoziale, ma in forma procedimentalizzata: non, quindi, in via di esercizio di un diritto soggettivo entro termini decadenziali, ma come espressione di potestà amministrativa, che si può definire di natura ablatoria e che viene meno solo in caso di omessa notificazione, sia all'alienante che all'acquirente, della determinazione di acquisto, non anche quando tale determinazione sia comunicata dopo la scadenza dei termini perentori previsti (trattandosi sempre, in quest'ultimo caso, di controversia che investe le modalità di esercizio, e non l'esistenza del potere).
Le denuncia del trasferimento dell'immobile vincolato può avvenire anche mediante la trasmissione integrale dell'atto di trasferimento posto in essere, non risultando specificate a livello normativo primario le modalità formali, con cui la denuncia stessa deve essere redatta ed essendo, in linea di principio, dette modalità libere, ove non diversamente prescritto. Nell'atto di trasferimento certamente sono contenute tutte le indicazioni prescritte dall'art. 59, comma 4 d.lg. 42/2004, che consentono di valutare l'opportunità di acquisire al patrimonio pubblico determinati beni: a) dati identificativi delle parti e sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali; b) dati identificativi dei beni; c) indicazione del luogo ove si trovano i beni; d) indicazione della natura e delle condizioni dell'atto di trasferimento; e) indicazione del domicilio in Italia delle parti, ai fini di eventuali comunicazioni.
Ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione su un bene vincolato, l'amministrazione può chiedere dati integrativi o anche una nuova denuncia effettuata con diverse modalità formali; in tal caso opera una mera sospensione del decorso del termine perentorio, di cui all'art 61, comma 1, del d.lg. 42/2004; in presenza di termini perentori per l'esercizio di potestà pubblicistiche, infatti, è ammessa la possibilità di sospensione dei termini stessi per esigenze istruttorie, a differenza di quanto previsto dall'art. 2964 cod. civ., per l'esercizio a pena di decadenza di un diritto soggettivo.
Cons. Stato, VI, 13 marzo 2008, n. 1087, Pres. Ruoppolo, Est. Buonvino. Sull'inapplicabilità dell'istituto della prelazione in caso di assegnazione in sede di liquidazione di società dell'unico immobile (vincolato) della società stessa.
Dalla lettura sistematica degli art. 31 e 33 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, risulta evidente che la possibilità dell'esercizio della prelazione da parte dello Stato o delle regioni a statuto speciale o province autonome, sui beni di interesse storico e artistico non è collegata all'esistenza di un contratto tipico o ad una specifica causa negoziale, ma alla presenza di una regolamentazione negoziale che comporti, comunque, un effetto traslativo della cosa soggetta al vincolo e che sia caratterizzata dall'esistenza di un reciproco sacrificio patrimoniale delle parti allo scopo di conseguire un'attribuzione patrimoniale.
L'atto di assegnazione in sede di liquidazione ai due soci dell'unico bene della società (l'immobile vincolato) non può essere considerato "atto a titolo oneroso" ed è pertanto sottratto alla disciplina del diritto di prelazione di cui al citato art. 59. In casi siffatti, il titolo di acquisto del singolo condividente deve farsi risalire non all'atto di divisione o di liquidazione della società, bensì all'originario titolo che ha costituito la situazione originaria.
Cons. Stato, VI, 19 marzo 2008, n. 1205, Pres. Ruoppolo, Est. Volpe. Sull'esercizio del diritto di prelazione in caso di alienazione del pacchetto azionario della società proprietaria del bene culturale.
Oggetto del diritto di prelazione è il trasferimento della proprietà o della detenzione del bene culturale, ossia l'alienazione del bene stesso. Siffatta situazione non si verifica laddove non vi è stato il trasferimento del bene ma l'alienazione dell'intero pacchetto azionario della società proprietaria del bene culturale; società che, come prima così dopo l'alienazione delle azioni, continua a essere la proprietaria del bene culturale, con l'unica differenza che l'intero suo pacchetto azionario non è più di un soggetto ma di un altro.
A diverse conclusioni non può pervenirsi in considerazione degli interessi pubblici sottostanti l'esercizio del diritto di prelazione di un bene culturale, mancando pur sempre il presupposto richiesto dagli artt. 58, comma 1, e 59, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; costituito dal trasferimento della proprietà o della detenzione del bene culturale (fattispecie in cui non era temporalmente applicabile l'art. 60, comma 1, del d.lg. 42/2004 - come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. aa), del d.lg. 24 marzo 2006, n. 156 - il quale riferisce il diritto di prelazione non solo ai beni culturali "alienati a titolo oneroso" ma anche a quelli "conferiti in società").
Cons. Stato, VI, 4 aprile 2008, n. 1419, Pres. Barbagallo, Est. Chieppa. Sulla giurisdizione del g.a. sull'esercizio del diritto di prelazione e sulle modalità di esercizio della prelazione da parte di regioni ed enti locali.
Ai fini della sussistenza del presupposto legittimante l'esercizio del potere ablatorio, consistente nella prelazione su cose di interesse storico, artistico ed archeologico di proprietà privata, ove si lamenti la tardività dell'esercizio della prelazione (sul presupposto del carattere recettizio del provvedimento ablatorio e della notificazione dello stesso a taluna delle parti oltre lo spirare del termine previsto dalla legge), si contesta non già la carenza di potere in capo all'amministrazione, bensì l'illegittimità sotto il profilo temporale dell'esercizio del potere medesimo, con conseguente devoluzione alla giurisdizione amministrativa della relativa controversia.
Gli artt. 59 e ss. del d.lg. 490/1999 disciplinano in modo unitario l'esercizio del diritto di prelazione sui beni culturali oggetto di trasferimento, prevedendo un termine perentorio per l'esercizio del diritto; tale termine è fissato in due mesi dalla data di ricezione della denuncia prevista dall'articolo 58 (art. 60, comma 1) e, trattandosi di atto recettizio, il termine è riferito non alla mera adozione dell'atto, ma alla sua notificazione all'alienante ed all'acquirente (art. 60, comma 2).
Tale disciplina unitaria non è derogata, con riferimento ai termini, in ipotesi di rinuncia all'acquisto da parte del ministero e di esercizio del diritto in favore di regioni, province o comuni (art. 61); anche in questo caso l'esercizio del diritto deve avvenire nel termine di 60 giorni previsto dall'art. 60, comma 1 (art. 61, comma 3) e, pur essendo richiamato il solo comma 1 del citato art. 60, entro il suddetto termine è necessario che l'atto sia non solo emanato ma anche notificato, in quanto il comma 2 dell'art. 60 non introduce un diverso termine per la notificazione dell'atto, ma si limita a specificare che il termine del comma precedente è riferito alla notificazione dell'atto, nel presupposto della natura recettizia dello stesso. Pertanto, il rinvio al termine dell'art. 60, comma 1, operato dal successivo art. 61, deve intendersi riferito al termine per l'esercizio dell'atto recettizio di prelazione, riferito alla notificazione dello stesso.
Cons. Stato, II, 25 settembre 2007, n. 1557, Pres. Elefante, Est. Pozzi. Sulla autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
L'art. 146, comma 12, del d.lg. 42/2004, che vieta l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, costituisce norma di immediata applicazione, tenuto anche conto che con le successive modifiche apportate da d.lg. 157/2006 è stato disposto, con valenza d'interpretazione autentica e non innovativa, che anche nel periodo transitorio si applica l'art. 146 comma 12.
Ai sensi dell'art. 167 del d.lg. 42/2004, prima della modifica introdotta dall'art. 27 del d.lg. 157/2006, l'inammissibilità di autorizzazioni in sanatoria non comporta(va) necessariamente ed esclusivamente la demolizione delle opere abusive, ben potendo concepirsi che, fermo restando l'illecito ambientale costituito dalla mera violazione dell'obbligo di richiesta di autorizzazione preventiva, il minor danno ambientale, come valutato motivatamente dall'amministrazione, o anche la sua inesistenza, diano luogo alla sola sanzione pecuniaria.
Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 21 novembre 2007, n. 1057, Pres. Virgilio, Est. De Francisco.
Sulle valutazioni paesaggistiche in relazione agli impianti eolici.
La Soprintendenza ai beni culturali, nell'esprimere il parere su un impianto eolico ai sensi dell'art. 146 d.lg. 42/2004, deve limitarsi a valutare l'interesse paesaggistico, con esclusione di altri interessi, quali lo sviluppo di fonti energetiche alternative e, più in generale, lo sviluppo economico della zona.
Il provvedimento col quale la soprintendenza ai beni culturale nega il parere favorevole alla costruzione di un impianto eolico può legittimamente fondarsi su una sufficiente ricostruzione e valutazione degli elementi di fatto rilevanti, con specificazione, oltre che delle caratteristiche dell'impianto e dell'area interessata, delle ragioni ostative al rilascio del nulla-osta paesaggistico, alla stregua di ampie considerazioni sul pregio non solo paesaggistico ma anche ambientale, storico e artistico della zona.
Cons. Stato, VI, 26 novembre 2007, n. 6028, Pres. Ruoppolo, Est. Cafini. Sulla istituzione di parchi nazionali e sulla perimetrazione dei parchi.
L'istituzione di parchi nazionali è un provvedimento finalizzato alla tutela di un interesse pubblico non frazionabile regione per regione e protetto dall'art. 9 Cost., che rientra quindi nella competenza dello Stato, pur dovendo essere organizzato in modo che in esso trovino espressione anche i punti di vista regionali e locali in attuazione del principio di leale collaborazione.
Escludere in assoluto l'inserimento nel perimetro di un Parco di zone antropizzate comporterebbe la pratica impossibilità nel territorio italiano di costituire parchi nazionali, non essendo in esso rinvenibili contesti esenti da un rapporto più o meno ampio con gli insediamenti abitativi umani; né il predetto inserimento appare in contrasto con la legge 6 dicembre 1991, n. 394, perché se è vero che l'art. 32 prevede la possibilità di istituire aree contigue alle aree protette, è anche vero che tale scelta rientra nel potere discrezionale dell'amministrazione e non esclude che dette aree possano invece essere incluse direttamente nel perimetro del parco, allorché, sulla base di una motivata e non illogica scelta dell'amministrazione medesima, risulti meglio rispondente alla tutela delle aree protette.
La funzione relativa alla perimetrazione del territorio dei parchi non soggiace ai limiti ed alle prescrizioni in materia di caccia, derivanti dalle disposizioni di cui alla legge 157/1992, che non pongono di certo un limite massimo al territorio suscettibile di protezione, bensì impongono di destinare in ogni caso, anche in assenza di aree di particolare valore naturalistico, una determinata superficie di territorio a protezione della fauna.
Cons. Stato, VI, 26 novembre 2007, n. 6032, Pres. Trotta, Est. Chieppa. Sul potere delle Soprintendenze di formulare richieste istruttorie ai fini dell'annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche.
Data ormai per pacifica la perentorietà del termine di 60 giorni, previsto per l'esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, va ritenuto che tale termine decorre dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell'autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico - amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti.
L'art. 6, comma 6-bis, del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495 e l'art. 159, comma 2, del d.lg. 42/2004 costituiscono disposizioni ricognitive della possibilità da parte della Soprintendenza di effettuare richieste istruttorie, idonee ad incidere sul termine perentorio di 60 giorni: oltre all'ipotesi di documentazione non trasmessa ed utilizzata in sede di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, tali richieste possono riguardare anche accertamenti, chiarimenti ed elementi integrativi di giudizio. In tal caso, i rischi di elusione del termine perentorio e di attribuzione alle Soprintendenza di un potere di annullamento esercitabile senza termine certo vengono evitati attraverso il contenimento temporale, risultante dalla lettura combinata delle due disposizioni; ciò non significa che ogni richiesta istruttoria è idonea ad interrompere il termine perentorio, in quanto resta anche ferma la possibilità di dedurre in giudizio la insussistenza dei descritti presupposti, in base ai quali la richiesta può essere ritenuta legittima.
Cons. Stato, VI, 27 dicembre 2007, n. 6662, Pres. Varrone, Est. Bellomo. Sull'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.
Sussiste l'obbligo dell'autorità statale di dare comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento preordinato all'annullamento del nulla-osta paesaggistico, in quanto non vi è ragione per derogare al generale principio di cui all'art. 7 legge 7 agosto 1990, n. 241, posto che il potere di annullamento integra una funzione di 2° grado, di natura discrezionale, caratterizzata da autonomia oggettiva e soggettiva rispetto al procedimento autorizzatorio su cui incide (nel caso di specie, è stato rilevato che il fatto che il procedimento in esame si era svolto prima della modifica regolamentare introdotta con il decreto ministeriale 19 giugno 2002, n. 165, che ha modificato la previsione contenuta nell'art. 4 del decreto ministeriale 13 giugno 1994 - la quale richiedeva espressamente l'inizio dell'avviso del procedimento da parte dell'autorità statale - irrobustisce l'intensità dell'onere all'art. 7, comma 1 legge 241/1990, che viene soddisfatto soltanto dalla formale comunicazione ad opera dell'autorità statale competente a pronunciare l'eventuale annullamento dell'autorizzazione paesaggistica).
Cons. Stato, VI, 7 gennaio 2008, n. 30, Pres. Ruoppolo, Est. Cafini. Sull'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.
L'art. 159 del d.lg. 42/2004, nel disporre che la comunicazione, da parte dell'ente sub-delegato competente, delle autorizzazioni rilasciate, debba essere inviata "contestualmente... agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 241/1990, denota una scelta operata in sede legislativa nel senso di una sorta di "dualità" del procedimento riguardante l'esame complessivo della conformità paesaggistica dell'iniziativa edilizia del richiedente il provvedimento comunale in sanatoria. Alla stregua di siffatta scelta legislativa deve considerarsi quindi abrogato, per incompatibilità con una norma sopravvenuta di rango superiore, l'art. 4, comma 1 bis del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495, come modificato dal decreto ministeriale 19 giugno 2002, n. 165, secondo cui la comunicazione ex art. 7 legge 241/1990 non è dovuta per i procedimenti disciplinati dall'art. 151 del T.U. 490/1999.
Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2008, n. 408, Pres. Ruoppolo, Est. Cafini. Sui vincoli di inedificabilità assoluta.
Ai sensi dell'art. 1-quinquies del decreto legge convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, le aree e i beni individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; detta norma ha efficacia retroattiva, volta a dare stabile assetto agli effetti già prodotti dagli atti amministrativi emanati in attuazione dell'art. 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984 (decreto c.d. "Galasso") e gli effetti di tali disposizioni operano solo nei confronti dei decreti di vincolo pubblicati sulla G.U. prima dell'entrata in vigore della legge 431/1985, che ha sottratto al ministero dei Beni culturali e ambientali il potere di imporre vincoli di immodificabilità su aree assistite da tutela paesistica, devolvendo la relativa competenza alle regioni.
Il vincolo di inedificabilità assoluta, imposto con il d.m. 21/9/1984 sino al 31 dicembre 1985, perde efficacia a causa della mancata pubblicazione del decreto di imposizione del vincolo prima dell'entrata in vigore della legge 431/1985 e quindi la dichiarazione delle aree di interesse paesaggistico individuate dallo stesso decreto, emanato dal ministero in virtù di un concorrente potere statale di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali meritevoli di tutela, mantiene la sua piena efficacia, con ogni conseguenza in ordine al regime di inedificabilità relativa dell'area in questione, la cui attività di trasformazione dovrà essere autorizzata necessariamente ai sensi dell'art. 7 della legge 1497/1939.
La suddetta interpretazione risulta confermata dalla successiva disposizione transitoria di cui all'articolo 162 del d.lg. 490/1999, poiché tale disposizione precisa la permanenza del vincolo di inedificabilità assoluta, fino all'approvazione dei piani previsti dall'articolo 149 della stessa legge, soltanto per i decreti pubblicati in data anteriore al 6 settembre 1985.
Cons. Stato, IV, 5 marzo 2008, n. 925, Pres. Trotta, Est. Lodi. Sulle deroghe ai vincoli paesaggistici e sulle modifiche agli strumenti urbanistici al fine della tutela del paesaggio.
La deroga al vincolo paesaggistico, prevista dall'art. 1, comma 2, della legge 431/1985, poi recepito dall'art. 146 del d.lg. 490/1999, prevista per le aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate come zona "B" e ricomprese nel piano pluriennale di attuazione vigente a tale data, non si applica nel caso di aree che non rientranti nella definizione di "territorio costruito"; il legislatore, nella prospettiva di non vanificare una più penetrante tutela paesaggistica ed ambientale, ha in effetti tenuto conto della determinante rilevanza di una simile situazione, intervenendo sulla norma derogatoria sopra ricordata con l'art. 142 del d.lg. 42/2004, nel senso di chiarire che per la sua applicabilità si pone la condizione che nel singolo caso le previsioni dei P.P.A. "siano state concretamente realizzate".
Le modifiche allo strumento urbanistico introdotte d'ufficio dall'amministrazione regionale, ai fini specifici della tutela del paesaggio e dell'ambiente in coerenza con il P.U.T.T. adottato, non comportano la necessità per il comune interessato di riavviare il procedimento di approvazione dello strumento, con conseguente ripubblicazione dello stesso, inserendosi tali modifiche - in conformità a quanto stabilito dall'art. 10, secondo comma, lettera c) della legge 1150/1942 e dell'art. 16, decimo comma, della legge regionale n. 56/1980 - nell'ambito di un unico procedimento di formazione progressiva del disegno relativo alla programmazione generale del territorio.