Sommario: 1. Premessa: l'affermarsi di una nozione condivisa di paesaggio a livello europeo. - 2. Le prospettive di tutela a livello nazionale. - 2.1. Incentivi all'architettura rurale. - 2.2. La proposta di legge di Italia Nostra. - 3. Gli strumenti operativi a livello regionale e locale. - 3.1. Il ruolo della politica agricola comunitaria. - 4. Osservazioni conclusive. - Allegati: alcuni esempi emblematici di programmi regionali a sostegno dello sviluppo rurale cofinanziati a livello comunitario.
1. Premessa: l'affermarsi di una nozione condivisa di paesaggio a livello europeo
Nell'era della globalizzazione le problematiche relative alla salvaguardia ed allo sviluppo dei territori rurali sono estremamente attuali: tutelare e valorizzare il paesaggio agrario e promuovere un'agricoltura eco-sostenibile, incentivando al contempo prodotti locali tipici, costituiscono necessità non soltanto di tipo economico e sociale ma anche culturale ed ambientale.
Per quanto concerne, in particolare, il riconoscimento a livello giuridico del valore paesaggistico del territorio rurale si può svolgere una duplice considerazione [1]. Da un lato, si è verificato un cambiamento culturale e di mentalità teso a superare una visione "estetizzante" del paesaggio (o meramente naturalistica in funzione della calamità naturale da scongiurare), in favore di una concezione che estende la valenza paesistica al territorio nella sua totalità. Il paesaggio rurale è un bene culturale [2] anche per i valori di memoria, di identità collettiva e di riconoscibilità che esprime [3], rappresentando quella "forma che l'uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale" [4].
Dall'altro, si è preso atto del degrado in molte aree rurali determinato da numerosi fattori quali, fra gli altri: abbandono di colture tradizionali, eccessiva intensificazione colturale, espansione urbana e crollo dell'azienda tradizionale, che hanno determinato la necessità di ripensare l'agricoltura tradizionale valorizzandone il ruolo ecologico ed ambientale [5].
Attraverso fattori quali l'interpretazione evolutiva dell'art. 9 della Costituzione e l'influenza degli orientamenti comunitari, si accoglie oggi, anche a livello europeo, una nozione ampia e complessa di paesaggio, di cui la Convenzione europea del paesaggio ed il nuovo Codice dei beni culturali approvato con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 costituiscono esempi molto significativi.
Non si può non ricordare, infatti, come, in base ad un indirizzo risalente, l'art. 9 della Cost. (tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della nazione) ha sancito la "sublimazione" [6] della precedente normativa in materia (legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali) che ha introdotto una tutela di tipo vincolistico per singole categorie di beni suddivisi in due elenchi - singoli ed unità - in cui risulta predominante il valore estetico - percettivo delle aree da salvaguardare (ad. es. ville, giardini, parchi, bellezze panoramiche, cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza o di singolarità geologica) [7]. Ne deriva dunque una concezione statica (imposizione dei vincoli) e conservativa, ispirata ad una logica di separatezza (sistema della catalogazione).
Nonostante l'intervento nei decenni successivi alla Costituzione di altre importanti normative [8], è con la legge 8 agosto 1985, n. 431 - meglio nota come legge Galasso - (poi assunta all'interno del T.u. decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) che avviene il superamento di una visione estetico-paesaggistica, poiché le categorie di beni sottoposti a vincolo vengono tutelate in quanto parti omogenee che caratterizzano un dato territorio, dotate di intrinseco valore naturalistico e potenzialmente esposte a pericolo di alterazione. Il paesaggio, dunque, è meritevole di tutela in quanto tale, indipendentemente dalla percezione o meno della sua "eccezionalità" in termini visualistici [9]. Tale legge, pur ampliando le categorie di beni sottoposti a tutela e presentando contenuti innovativi, conserva tuttavia un'impostazione tradizionale.
La giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale nell'interpretare l'art. 9 della Cost. in chiave dinamica del paesaggio che si configura quale "forma del territorio" bisognosa di protezione integrata e complessiva anche in considerazione dei valori naturali che esprime "insieme con quelli consolidati delle testimonianze di civiltà" [10]; con tale ultima espressione, che ricalca la definizione della Commissione Franceschini del 1967 di patrimonio culturale quale appunto "testimonianza materiale avente valore di civiltà" si può constatare, inoltre, la piena assimilazione della nozione di bene paesaggistico quale bene culturale [11].
Per quanto concerne le politiche comunitarie, il riferimento va ai recenti orientamenti espressi in materia di tutela del paesaggio attraverso la Convenzione europea del 2000 ed il successivo accordo Stato regioni del 2001. La Convenzione europea siglata a Firenze il 20 ottobre 2000 nasce come documento che unifica le politiche in tema di paesaggio per tutti gli Stati membri della Ue fornendo i capisaldi orientativi per le finalità di promozione, salvaguardia, gestione e pianificazione dei paesaggi europei (Cap. I " Disposizioni generali", art. 3) [12].
Un concetto fondamentale da sottolineare è la nozione lata di paesaggio accolta dalla Convenzione (Cap. I, art. 2): tutto il territorio è paesaggio e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani (comprese le acque); non soltanto, precisa il documento, i paesaggi "eccezionali" ma anche quelli della vita quotidiana e persino quelli degradati. Da tale impostazione derivano almeno due considerazioni:
- da un lato, si supera una nozione di tutela del paesaggio in termini di mera visualità (ovvero proporzionale e limitata al suo valore estetico percettivo) ;
- dall'altro, si considera il paesaggio come un sistema interconnesso ed inscindibile di fattori naturali ed umani, pertanto, non è possibile tutelare gli uni in una logica di separatezza dagli altri; in tale prospettiva, tutela e valorizzazione costituiscono un unicum inscindibile [13].
E' interessante notare come, a distanza di pochi anni, le norme più significative della Convenzione siano state riprese dal Codice. Si consideri, ad esempio, l'art. 131 che accoglie una nozione di paesaggio antropizzato, ossia caratterizzato dalle reciproche interrelazioni fra caratteri naturali e azioni prodotte dall'uomo, tutelato in quanto espressione di valori intesi come "manifestazioni identitarie percepibili".
Inoltre, il Codice presenta evidenti analogie con l'accordo siglato il 19 aprile 2001 nell'ambito della Conferenza permanente stato - regioni e province autonome [14] che tende a disciplinare gli orientamenti in materia paesistica della Convenzione europea del paesaggio citata, allo scopo di coordinare l'esercizio delle funzioni amministrative in materia paesaggistica [15]; ne sono derivati, in alcuni casi, appositi accordi a livello regionale [16].
2. Le prospettive di tutela a livello nazionale
Come accennato, dunque, il Codice, in base al combinato disposto degli artt. 2, 131 e 134, offre una copertura generale al paesaggio tutelando i beni paesaggistici in quanto riconducibili, insieme a quelli culturali, al patrimonio culturale, in coerenza con l'art. 9 della Cost. [17]. Viene indicato il piano paesaggistico quale strumento principale nella gestione e conservazione del territorio, tanto da poter individuare ulteriori beni paesaggistici rispetto a quanto previsto nel T.u. del 1999 in cui erano confluite le indicazione sia della l. 1497/1939 sulla protezione delle bellezze naturali che della legge Galasso 431/1985 (si veda l'art. 134, unico comma, lett. c) [18].
Peraltro, ciò pone qualche problema di compatibilità fra il tradizionale sistema dei vincoli precedenti al Codice e le procedure previste dal piano paesaggistico [19], poiché, da un lato, nulla si dice circa la sopravvivenza dei vincoli ex legge Galasso successivamente all'approvazione del piano paesaggistico; dall'altro, vengono previste due nuove ipotesi in cui il piano può escludere l'autorizzazione (art. 143, comma 5, lett. b e c).
Per quanto concerne, in modo più specifico, l'attenzione al paesaggio rurale, possono essere citate alcune normative che introducono un regime di tutela per determinate porzioni di territorio o prevedono vantaggi per certe categorie di soggetti. Si pensi alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 istitutiva delle aree protette la quale prevede specifiche misure di incentivazione per comuni e province [20] aventi ad oggetto, fra l'altro, opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali. Fra le iniziative per la promozione economica e sociale delle aree interessate di cui all'art. 14, comma 3, si prevede, in particolare, la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali per la promozione e l'agevolazione di attività agro-silvo pastorali [21].
Di particolare interesse, inoltre, sono le norme contenute nel decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 [22], art. 14 e 15. In base all'art. 14, le Pa possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli per la promozione delle vocazioni produttive del territorio, la tutela di produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. In particolare, la norma prevede che possano essere stipulati appositi "contratti di promozione" fra Pa ed imprenditori agricoli "che si impegnino nell'esercizio dell'attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale". Analogamente, le Pa possono stipulare convenzione ai sensi dell'art. 15 con gli imprenditori che si impegnino a "favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio" [23].
In generale, si può osservare che gli interventi in materia, peraltro piuttosto scarsi, sono finalizzati prevalentemente all'edilizia rurale, attraverso incentivi diretti o sgravi fiscali per la ristrutturazione di fabbricati rustici tradizionali ed il mantenimento (o riconversione) dell'originaria funzione abitativa degli stessi. Nel paragrafo successivo si analizzeranno brevemente due fra le disposizioni più significative in merito.
2.1. Incentivi all'architettura rurale
Si consideri la legge 24 dicembre 2003, n. 378 [24] finalizzata a salvaguardare e valorizzare le tipologie di architettura rurale risalenti al XIII e XIV secolo quale testimonianza dell'economia rurale tradizionale.
La norma prevede che sia tradizionalmente il governo ad indicare le diverse tipologie architettoniche [25] interessate, mentre spetta alle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano, le quali dispongono anche delle risorse del Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale istituito ad hoc dalla legge [26] (art. 3), individuare esattamente gli insediamenti di architettura rurale ai quali rivolgere le azioni di recupero e di riqualificazione, d'intesa con la competente Soprintendenza.
In ogni caso, per poter accedere alla ripartizione dei fondi le regioni devono approvare programmi, di norma triennali, per la definizione degli specifici interventi e dei relativi piani finanziari, compresa la verifica sull'attuazione degli stessi. Gli interventi di valorizzazione e recupero si muovono sostanzialmente in due direzioni:
a) definizione degli interventi di conservazione degli elementi tradizionali e delle caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali degli insediamenti agricoli, degli edifici o dei fabbricati rurali tradizionali, al fine di assicurarne il risanamento conservativo ed il recupero funzionale, compatibilmente con le esigenze di ristrutturazione tecnologica delle aziende agricole;
b) previsione di incentivi volti alla conservazione dell'originaria destinazione d'uso degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e metodi di coltivazione tradizionali, e all'insediamento di attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche.
I contributi - non cumulabili con altri contributi pubblici - vengono assegnati ai soggetti proprietari o titolari di fabbricati rurali fino all'importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario, sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. Inoltre, l'assegnazione individuale avviene previa stipula di apposita convenzione con i soggetti interessati [27] ed è comunque subordinata all'avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere.
La legge contempla la possibilità di avvalersi dei proventi delle sponsorizzazioni ad integrazione delle risorse previste, disposizione significativa anche se pleonastica considerato che tale facoltà è già prevista dalla legge sia come strumento generale utilizzabile dalle Pa per lo svolgimento di iniziative pubbliche sia con specifico riferimento al settore dei beni culturali [28].
Tale normativa, seppure incentivante il recupero e la valorizzazione di edifici rurali nonché delle aree circostanti, comprese le colture tradizionalmente praticate, riguarda immobili dotati intrinsecamente di un valore storico ed artistico. Più recentemente, il legislatore è intervenuto sulla valorizzazione del patrimonio abitativo rurale con il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 [29], disponendo agevolazioni fiscali per i redditi derivanti dalla locazione di fabbricati rurali che acquisiscano i requisiti di abitabilità a seguito di lavori di ristrutturazione. In particolare, l'art. 12 prevede che i redditi derivanti dalla concessione in locazione dei fabbricati rurali, per almeno cinque anni e per non più di nove, sono considerati compresi nel reddito dominicale ed agrario dei terreni su cui insistono, ai fini delle imposte sui redditi.
Presupposti dell'applicazione del beneficio fiscale sono dunque:
- la qualità di imprenditore agricolo nonché proprietario dell'immobile da ristrutturare;
- l'acquisizione della abitabilità dell'edificio rurale a seguito di regolare ristrutturazione, sempreché l'immobile non fosse già adibito ad abitazione al momento di entrata in vigore del decreto.
2.2. La proposta di legge di Italia Nostra
Fra le prospettive di tutela a livello nazionale merita di essere segnalata la proposta di legge di Italia Nostra [30]. La proposta è suddivisa in due articoli di cui il primo riguarda modifiche da apportare al Codice nella parte terza (dedicata alla tutela ed alla valorizzazione dei beni paesaggistici) agli artt. 142 (inserimento della lettera n al comma 1, introduzione dei commi 5,6,7) e 143 (inserimento lettera d al comma 2) mentre il secondo si intitola "Principi fondamentali in materia di governo del territorio con riferimento al territorio non urbanizzato".
L'art. 1 intende inserire dunque il paesaggio non urbanizzato fra le aree tutelate per legge, al pari dei parchi e delle riserve nazionali o delle aree di interesse archeologico, per fare degli esempi, facendolo coincidere con la porzione di territorio individuata dai comuni d'intesa con la competente soprintendenza [31]. Da tale impostazione deriva la necessità di garantire strumenti di pianificazione coerenti a partire dal piano paesaggistico di cui all'art. 143 del Codice, che deve prevedere obiettivi e strumenti per la conservazione ed il restauro del paesaggio agrario e non urbanizzato.
All'interno della stessa proposta sembrano, peraltro, registrarsi due tendenze diverse in merito alla realizzazione di nuovi insediamenti di tipo urbano o di ampliamenti di quelli già esistenti e di nuove infrastrutture: l'una più restrittiva (totale vincolo di inedificabilità) ed un'altra più permissiva (nonché più realistica ed interessante) che ammette tale possibilità, d'intesa con la competente soprintendenza ed in accordo agli strumenti pianificatori, solo qualora "non sussistano alternative di riuso e di riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture o attrezzature esistenti". Tale proposta è interessante perché introduce il concetto del "limite come risorsa" riferito al mantenimento (laddove possibile) dell'esistente ma opportunamente rifunzionalizzato per le esigenze del caso concreto: ciò consentirebbe di riorganizzare la città e di salvaguardare il paesaggio [32].
Altro concetto che la proposta suggerisce è quello della "funzionalizzazione" dell'attività edificatoria in senso lato all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, nel rispetto "di precisi parametri rapportati alla qualità e all'estensione delle colture praticate e alla capacità produttiva prevista, come comprovate da piani di sviluppo aziendali o interaziendali". Ciò può comportare, appunto, "la totale intrasformabilità, relativamente al territorio non urbanizzato, o a sue definite articolazioni, per ragioni di fragilità del territorio, ovvero per finalità di tutela del paesaggio, dell'ambiente, dell'ecosistema, dei beni culturali e dell'interesse storico-artistico, storico-architettonico, storico-testimoniale, del patrimonio edilizio esistente" [33].
Se tale funzionalizzazione estesa all'intero territorio non urbanizzato sembra piuttosto irrealistica, (quantomeno in alcune realtà territoriali), è apprezzabile lo sforzo dell'articolato di insistere sul valore del paesaggio rurale in sé (quale specie in via di estinzione viene definito nella relazione cit. che accompagna la proposta), che va tutelato per i valori ambientali, di qualità della vita e di identità collettiva che esprime, indipendentemente dal ritorno immediato in termini di sfruttamento economico.
3. Gli strumenti operativi a livello regionale e locale
Come accennato, dunque, le regioni hanno una tradizione di piani urbanistici estesi a tutto il territorio ed hanno per prime recepito le esigenze di presidio e di sviluppo delle aree rurali del territorio di competenza, inserendo disposizioni ad hoc nelle rispettive normative regionali sul governo del territorio.
Si consideri la regione Emilia Romagna che ha avuto un ruolo "pioniere" nell'adottare strumenti (sia attraverso la pianificazione che l'attività normativa) che hanno contribuito a realizzare un sistema di tutela e di valorizzazione differenziata in relazione alle specificità territoriali. Si prenda la legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47 "tutela ed uso del territorio" [34] - che anticipa alcune previsioni della legge Galasso 431/1985 (ispirandone anche l'art. 1-bis noto come "emendamento Bassanini" [35]) - e fissa il principio fondamentale per cui la tutela del paesaggio va esercitata attraverso la pianificazione ed estesa a tutto il territorio, in un unicum inscindibile di tutela e di valorizzazione [36].
Tali posizioni sono ribadite nella legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 che dedica l'intero capo IV al territorio rurale ed, in particolare, nell'art. A-18 (allegato) sono menzionati "gli ambiti agricoli di interesse paesaggistico" caratterizzati "dall'integrazione del sistema ambientale e del relativo patrimonio naturale con l'azione dell'uomo volta alla coltivazione e trasformazione del suolo".
Altri esempi significativi più recenti sono rappresentati dalla legge regionale Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 che indica quale finalità da perseguire attraverso gli strumenti della pianificazione territoriale e gli altri atti di governo del territorio (art. 39 ss del capo III) la tutela e la valorizzazione del territorio rurale ed, in particolare, del paesaggio rurale.
Ancora, nella legge regionale umbra 22 febbraio 2005, n. 11 (capo II "Norme per il territorio agricolo", art. 32) si riconosce la funzione che i terreni agricoli svolgono per il sistema socio - economico, per la difesa dell'ambiente, per l'"integrità del paesaggio e per la conservazione degli aspetti storici e culturali".
L'assessorato ai Beni ambientali della regione Piemonte ha introdotto dal 2003 l'Osservatorio sul paesaggio [37] e predisposto un manuale [38] sui "Criteri ed indirizzi per la tutela del paesaggio" dove specifica attenzione è riservata al paesaggio agrario (sezione 5.2.5) con l'indicazione sia degli indirizzi progettuali e delle azioni di mitigazione che delle tipologie e delle caratteristiche degli interventi con riferimento a tre aspetti: la componente percettiva del paesaggio, quella antropico-culturale e quella naturale.
Al di là delle singole tutele previste nell'ambito di ciascuna autonomia regionale, occorre tenere distinti gli strumenti operativi in due canali fondamentali: da un alto vi sono i piani a valenza paesistica variamente denominati (ad es. il Piano territoriale Paesistico regionale Ptpr o il Ptcp Piano territoriale di coordinamento provinciale) i quali costituiscono appunto strumenti di pianificazione e di indirizzo nella conformazione del territorio ma non prevedono fondi; le eccezioni riguardano determinate zone connotate da emergenze paesaggistiche (ad esempio i parchi e le arre protette individuate da specifiche disposizioni a cui si accennava) oppure l'individuazione di particolari aree in cui sperimentare azioni di valorizzazione del paesaggio.
L'altro canale è rappresentato dal complesso degli strumenti cofinanziati dalla Ue quali azioni a sostegno dello sviluppo rurale sulla base di tre obiettivi fondamentali:
- modernizzare l'azienda agricola per renderla competitiva ed assicurare un tenore di vita adeguato nei territori rurali;
- incentivare il ruolo multifunzionale dell'azienda agricola attraverso, in particolare, lo sviluppo di attività turistico/ ricettive del territorio (es. agriturismi, produzione e distribuzione di prodotti locali tipici, musei della civiltà contadina, parchi attrezzati, etc.);
- coniugare lo sviluppo rurale con una forte politica ambientale in cui l'agricoltore assume il ruolo fondamentale di conservare l'integrità e la salubrità degli spazi naturali contribuendo alla qualità della vita delle popolazioni che ne fruiscono.
Come si può osservare, la valorizzazione del paesaggio rurale non costituisce un obiettivo primario e diretto della Pac; tuttavia, il sistema degli incentivi agisce indirettamente a tutela del paesaggio agrario in modo piuttosto rilevante. Si può dunque parlare di "tutela riflessa" del paesaggio rurale nelle politiche agricole comunitarie attraverso gli incentivi all'agricoltura che hanno come obiettivo primario quello di rendere competitivo il settore agricolo da un punto di vista economico; da quando i fattori di sviluppo economico si associano ad una forte politica ambientale in cui l'agricoltore assume un ruolo fondamentale nella gestione del territorio, ciò ha un evidente riflesso positivo anche nella salvaguardia e nella valorizzazione degli spazi rurali [39].
Si sottolinea che, in alcuni casi particolari, gli incentivi sono stati previsti già da qualche decennio da specifiche normative a livello locale: è il caso della legge della provincia autonoma di Bolzano 25 luglio 1970, n. 16. Fin dal 1970, infatti, l'assessorato provinciale di Bolzano concede contributi (fino all'80% in alcuni casi) per il mantenimento e la valorizzazione del quadro paesaggistico tradizionale con particolare riferimento a: esempi dell'architettura contadina (mantenimento dei tetti in scandole o ricoperti con paglia, steccati tradizionali, muri a secco...), sistemi di coltivazione tradizionale (conservazione di castagneti, sistemi per l'essiccazione del fieno etc.) o altri interventi (rimozione di recinzione in fil di ferro, interramento di linee aeree...) [40].
Infine, è doveroso evidenziare l'importanza delle iniziative "dal basso", promosse dagli operatori del settore riuniti in associazioni, cooperative e consorzi con l'aiuto di consulenti specializzati. Merita di essere segnalato in tal senso il progetto dei "Presídi Slow food", sviluppatisi a partire dal 1998 con lo scopo di aiutare la sopravvivenza delle piccole produzioni agricole ed artigianali di qualità messe in crisi dalla grande distribuzione industriale standardizzata. Il diffondersi sul territorio nazionale dei progetti ha rafforzato la consapevolezza dell'importanza di incoraggiare produzioni locali per preservare l'integrità culturale ed ambientale dei territori d'origine ed invertire i processi di degrado [41].
3.1. Il ruolo della politica agricola comunitaria
La politica agricola comune (Pac), come è noto, ha un ruolo determinante nel sistema degli incentivi all'agricoltura nazionale anche se gli interventi di sviluppo rurale così come noi oggi li conosciamo si affermano soltanto dal 1988 con la riforma dei Fondi Strutturali che viene lentamente attuata anche in Italia [42]. La Pac fin dai primi anni sessanta, infatti, si è caratterizzata quasi esclusivamente per il sostegno dei prezzi agricoli (soprattutto dei prodotti dell'agricoltura continentale quali cereali, latte e derivati), politica che ha prodotto il noto fenomeno delle "eccedenze produttive" senza peraltro risolvere i problemi dei redditi degli agricoltori [43].
Soltanto dalla metà degli anni ottanta vengono avviate nuove politiche strutturali [44] (Piani di miglioramento aziendale, Piani integrati mediterranei) dove, per la prima volta:
- emerge la necessità di interventi complessivi ed integrati di sviluppo economico nelle aree rurali (superamento della logica degli interventi settoriali);
- si prevede il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali sia nella programmazione che nella gestione dei fondi;
- vengono introdotte misure a favore di interventi ambientali per lo sviluppo di pratiche colturali compatibili.
Nel 1988 con la riforma dei fondi strutturali vengono raddoppiati i finanziamenti destinati alla politica strutturale della Ue (anche attraverso il coordinamento e l'utilizzazione congiunta dei fondi a finalità strutturale) e si avvia la concertazione o partenariato fra Ue, Stati nazionali e regioni, con un ruolo di coordinamento da parte dell'Amministrazione centrale ma di gestione finanziaria degli interventi interamente di competenza delle regioni (a partire dal 2000). La politica di sviluppo rurale viene strutturata in programmi pluriennali articolati in Obiettivi [45], a cui corrispondono zone geografiche con caratteristiche comuni.
Con il regolamento relativo alle "Misure di sviluppo rurale" (reg. 1257/1999) ed il relativo regolamento di attuazione (reg. 1750/1999) la programmazione viene estesa a tutto il territorio della Ue e vengono messi a punto piani d'intervento e programmi specifici di sviluppo. In particolare, le iniziative Leader [46] che riguardano livelli territoriali limitati o sub regionali hanno ad oggetto piani di azione tematici (valorizzazione delle produzioni locali e del paesaggio, salvaguardia dell'ambiente) e prevedono un finanziamento pubblico pari a quasi il 70% del costo totale (ripartito equamente tra Ue e risorse nazionali) [47].
A livello regionale, i documenti programmatori più importanti sono i Programmi operativi regionali (Por), i Documenti unici di programmazione (Docup) con finalità principalmente strutturali, ed i Piani di sviluppo regionale (Psr) che contengono tutti gli interventi nel settore agricolo e le misure a tutela delle aree rurali per l'intero territorio regionale, con l'unico vincolo per le regioni di riservare il 35% delle risorse per misure agroambientali (fra cui appunto misure di salvaguardia del suolo e di tutela del paesaggio che qui interessano).
Il documento fondamentale di sintesi delle nuove politiche strutturali della Ue è Agenda 2000 [48], nel quale sono evidenziati alcuni temi cardine per la tutela e la valorizzazione sviluppo del paesaggio rurale:
- una rinnovata attenzione al ruolo ecologico ed ambientale dell'agricoltura;
- la necessità di adottare una politica agraria "multifunzionale" nella quale gli aspetti economici si integrano con quelli sociali, ambientali e culturali per uno sviluppo complessivo del territorio.
L'evoluzione culturale e normativa degli ultimi anni ha reso evidente la necessità di adottare nei confronti del paesaggio un approccio di tipo "integrato", attraverso la collaborazione e la concertazione fra le sedi istituzionali competenti (nonché con la massima partecipazione dei cittadini) al fine di elaborare una strategia condivisa di sviluppo complessivo del territorio rurale. Appare necessario cioè abbandonare una logica "puntiforme" di tutela episodica, limitata al singolo intervento di trasformazione del territorio preferendo l'"integrazione sistematica del paesaggio nelle politiche di pianificazione territoriale e urbanistiche e di tutte le altre politiche comunque capaci di incidere positivamente o negativamente, sulle condizioni paesaggistiche ambientali o sulla fruibilità del territorio" [49].
Sembra significativo che anche nel Codice si affermi la necessità di una tutela differenziata attraverso l'appropriata valorizzazione delle risorse fisiche, storiche culturali ed umane delle varie realtà locali; al tempo stesso, c'è necessità appunto di un quadro condiviso tra centro e periferia (ruoli, interventi e strumenti) altrimenti vi è il rischio di bloccare lo sviluppo delle aree rurali, soprattutto nelle zone geografiche che più ne avrebbero bisogno [50].
Si consideri quale esempio emblematico la circostanza per cui il paesaggio non è stato espressamente menzionato nella riforma del Titolo V, parte II della Costituzione: ciò ha indotto ad interrogarsi su quale potestà legislativa afferisca alla sua tutela [51].
Ulteriori elementi di problematicità sono stati evidenziati con riferimento al Codice: in particolare, la nuova disciplina prevede la competenza propria e non delegata delle regioni al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (che possono delegarle agli enti locali) in base ai criteri di conformità alle prescrizioni contenute nel piano paesaggistico, di cui all'art. 146, comma 5; contestualmente è stato eliminato l'annullamento ministeriale sulle autorizzazioni [52] (ora impugnabili con ricorso al Tar o tramite ricorso straordinario al Capo dello Stato da parte dei soggetti di cui all'art. 146, comma 11). Si pone dunque la necessità di adeguamento delle nuove procedure nonché una generale verifica di compatibilità fra il tradizionale sistema dei vincoli ed il piano paesaggistico ex art. 143 del Codice.
A livello operativo si rende opportuno un coordinamento fra i diversi strumenti regionali e locali sia di derivazione comunitaria (ad es. Prsr) che quelli costituenti espressione diretta dell'autonomia locale (ad es. i citati Ptpr e Ptcp). Laddove si rendesse possibile un utilizzo flessibile - ma sottoposto a rigorosi piani d'attuazione - di parte dei fondi comunitari, si attiverebbe una sinergia fra i diversi piani programmatici, così da evitare il sovrapporsi di normative che dettano differenziate misure di tutela (con relativa confusione circa gli enti competenti a sovrintendere all'attuazione) per medesime aree ma in assenza dei fondi necessari per realizzare concreti progetti di recupero e valorizzazione del territorio [53].
Un'altra fondamentale questione che è doveroso porre all'attenzione riguarda la sostenibilità economica e le forme di manutenzione delle aree rurali. Se infatti si assume come essenziale il ruolo dell'agricoltore nella gestione del territorio, attraverso un'agricoltura che non sia semplicemente di mantenimento dei "segni del passato" ma di promozione della qualità ambientale e paesaggistica, occorre anche considerare come redistribuire i costi a carico della collettività (sistema pubblico e privato) che fruisce di tali spazi di "benessere" nelle sue molteplici forme di utilizzo [54].
Al tempo stesso, l'agricoltore deve essere invogliato a diversificare l'attività della propria azienda (creazione di servizi per il tempo libero, produzioni locali tipiche, ad esempio) ed a conservare le risorse naturali salvaguardando il paesaggio poiché ciò contribuisce a creare fonti di reddito complementari ed integrative per l'azienda agricola e costituisce un'occasione di sviluppo dell'area rurale nel suo complesso. Tali problematiche sono tanto più urgenti se si considera che l'attuazione della riforma della Pac prevede a beneficio delle aziende non più aiuti diretti nei vari settori in modo proporzionato alle produzioni aziendali, ma un sistema di pagamento unico, collegato soprattutto alla vocazione territoriale ed all'efficienza economica, nel rispetto di determinati fattori di sostenibilità ambientale [55].
Oltre a ciò, non si può non ricordare come non sia la produzione tipica, locale o di qualità in sé a determinare un effetto positivo sul territorio poiché, anzi, in alcuni casi, l'affermarsi di una coltivazione caratteristica particolarmente richiesta dal mercato può determinare più di un "passo indietro" nelle politiche di sviluppo rurale, rischiando di compromettere un intero territorio [56].
Dalle brevi osservazioni svolte emerge in senso positivo un'attenzione rinnovata e crescente per i temi della salvaguardia e della promozione del territorio rurale nel suo complesso: l'affermarsi di una visione ampia e trasversale di paesaggio a livello comunitario; l'attuazione di accordi e forme di cooperazione tra centro e periferia ispirati al principio di sussidiarietà e di leale collaborazione; l'importanza crescente del partenariato pubblico-privato nella gestione degli interventi sul territorio rurale; il coordinamento fra diversi livelli di programmazione in conformità al piano paesaggistico regionale; l'orientamento dell'Ue verso obiettivi di sostenibilità ambientale.
Si tratta di fattori importanti per l'affermarsi di politiche integrate e coerenti per lo sviluppo del territorio rurale purché l'approccio verso le complesse problematiche in materia sia quello di considerare il "limite come risorsa", ovvero la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio rurale un'opportunità da cogliere per il miglioramento non soltanto economico ma anche sociale e culturale della collettività.
Allegati - Alcuni esempi emblematici di programmi regionali a sostegno dello sviluppo rurale cofinanziati a livello comunitario
Piano Leader regionale (Plr) della Liguria periodo 2000-2006 [57]
Si tratta di un documento complesso in cui sono indicate le tipologie di finanziamenti comunitari utilizzabili in modo sinergico per raggiungere obiettivi di sviluppo complessivo del territorio, sulla base di una dettagliata analisi delle caratteristiche delle varie parti del territorio sia dal punto di vista morfo-geologico che socio economico, nonché una sintesi delle misure adottate e dei risultati conseguiti nella programmazione del periodo precedente (1994-1999).
Fra questo è significativo menzionare il piano regionale di sviluppo rurale che si pone tre obiettivi principali, sintetizzati in tre assi:
- sostegno della competitività delle imprese del settore agricolo e agro-industriale [58];
- sostegno delle attività agricole o connesse all'agricoltura, finalizzate al presidio territoriale e alla tutela dell'ambiente [59];
- miglioramento dei servizi e delle infrastrutture a favore degli operatori e dei territori rurali [60].
Il Programma Leader + (con il finanziamento più consistente) è un tipico esempio di come la valorizzazione delle aree rurali sia concepita come uno dei risultati conseguibili attraverso il potenziamento del settore turistico in senso lato [61] (sostegno alla competitività dei prodotti e servizi nelle aree rurali, azioni di marketing territoriale etc.). Gli obiettivi fondamentali del programma sono:
- utilizzazione delle nuove tecnologie per l'aumento della competitività dei servizi e dei prodotti nelle aree rurali
- miglioramento della qualità della vita nella aree rurali
- valorizzazione dei prodotti locali
- valorizzazione delle risorse naturali e culturali
- creazione di reti fra tutti i territori rurali
Il documento comprende, fra l'altro, il piano finanziario del progetto, le analisi di compatibilità sugli interventi ed i criteri di valutazione sugli stessi.
DOCUP Umbria - Progetti Tematici [62]
Si tratta di un bando europeo [63] (scaduto nel febbraio 2005) per l'assegnazione di finanziamenti Fesr per complessivi venti milioni di euro [64] per la valorizzazione delle risorse naturali e culturali. I fondi sono destinati a comuni, province, soggetti gestori dei parchi, enti pubblici e loro forme associate (sono compresi anche interventi di valorizzazione di beni privati dati in concessione ai soggetti menzionati) per la definizione di piani attuativi volti a valorizzare le differenti risorse e le specificità territoriali.
Fra le attività finanziate: recupero, restauro e riqualificazione di beni nelle aree di pregio ambientale, realizzazione di interventi di valorizzazione delle emergenze naturalistiche, interventi sperimentali di valorizzazione di borghi e complessi edificati anche all'interno di aree protette; valorizzazione del turismo ambientale e culturale anche attraverso il completamento della rete di "laboratori ecologici"
Il Piano di sviluppo rurale pluriennale in Emilia Romagna
Il Piano di sviluppo rurale 2000-2006 (Psr), redatto in attuazione dei citati regolamenti n. 1257/1999 (del Consiglio) e n. 1750/1999 (della Commissione) [65] è strutturato in tre Assi di intervento: 1 Sostegno alla competitività delle imprese; 2 Ambiente, 3 Sviluppo locale integrato, a loro volta articolati in sotto - assi, misure ed azioni, ulteriormente differenziati sulla base delle "Unità di paesaggio" pianura, collina e montagna.
Fra le misure agroambientali previste nel nell'asse 2 viene indicata quale specifica azione il ripristino e/o conservazione di spazi naturali e del paesaggio agrario assieme alla tutela della biodiversità e all'indicazione di "buone pratiche agricole usuali" (compreso l'imboschimento dei terreni agricoli), nonché alle indennità compensative per le aree sottoposte a svantaggi naturali.
Il terzo asse si pone quale obiettivo generale il riconoscimento del ruolo polifunzionale dell'agricoltura ed una strategia integrata per le zone rurali [66]. Obiettivi specifici dell'asse sono invece : salvaguardare il paesaggio rurale; ridurre l'impatto ambientale dell'attività agricola; migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni rurali ed incrementare il valore aggiunto dei prodotti e quindi il reddito agricolo.
Il Psr si articola in specifici progetti locali di sviluppo rurale attribuendo agli enti locali funzioni di programmazione e di gestione: la provincia, in particolare, assume il ruolo di referente dell'amministrazione regionale.
Alcune specifiche misure prevedono anche: commercializzazione di prodotti agricoli di qualità (allestimento di spazi di vendita diretta e creazione di nuovi canali di commercializzazione); rinnovamento e miglioramento dei villaggi - protezione del patrimonio rurale (recupero di edifici rurali tipici da adibirsi ad attività collettive, compreso il recupero di strutture quali forni, lavatoii, corti comuni...); gestione delle risorse idriche in agricoltura; miglioramento delle infrastrutture rurali , compresa la promozione del ricorso a fonti energetiche rinnovabili a fini agricoli o di salvaguardia dell'ambiente naturale.
Per ogni misura il piano (Psr) prevede una scheda sintetica nella quale vengono indicati: la localizzazione, i beneficiari, le condizioni di ammissibilità, tipologia ed intensità del contributo, compresa la quota parte comunitaria; interessanti sono gli specifici indicatori sia di realizzazione che di risultato.
Si sottolinea come sia in preparazione il Prsr per il periodo 2007-2013 [67], sulla base del nuovo regolamento [68] che sostituirà il precedente regime di sostegno previsto con il citato reg. 1257/1999. La nuova programmazione Leader sarà finanziata con le risorse del Fears (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) e sarà caratterizzato principalmente:
a) dalla concentrazione delle iniziative in territori rurali subregionali ben definiti;
b) da un partenariato pubblico-privato locale (i Gal citati) dotato di potere decisionale e non soltanto gestionale nell'ambito delle strategie di sviluppo multisettoriali ed innovative da adottare;
c) la possibilità di realizzare progetti di cooperazione.
L'importanza crescente del ruolo dei Gal, in particolare, ha lo scopo di concorrere all'adozione di progetti di sviluppo locale coerenti con la programmazione di area vasta e con l'attività di valorizzazione territoriale espressa dai comuni e dalle comunità montane.
[1] E' significativo riportare un passo di L. Gambi, Insediamenti ed infrastrutture rurali in Emilia Romagna, in Insediamenti rurali in Emilia Romagna e Marche, pubblicazione a cura del Consorzio fra le banche popolari Emilia Romagna e Marche, A. Pizzi ed., 1989, 244 dove afferma che "deve risultare chiaro che il quadro degli insediamenti rurali non è generato ed espresso solo dai luoghi ove la gente abita, cioè le dimore isolate o ammassate in centri più o meno corposi, ma anche dalla ragnatela - ora però in alto grado gerarchizzata - delle strade e dei filamenti dei canali così come dalle configurazioni , dalle dimensioni, dai contenuti dei campi: e soprattutto dai rapporti fra dimore, campi, strade e vie d'acqua. Mediante questi rapporti, l'insediamento rurale diventa uno strumento chiave dell'organizzazione territoriale".
[2] Si veda anche A. Emiliani, L'immagine del lavoro, in L'innovazione conservativa, Cento, 1990, fra le personalità che ha maggiormente contribuito ad estendere la definizione di beni culturali anche al patrimonio esistente nei territori rurali.
[3] V. G. De Marchi, in AA.VV., Laboratorio di urbanistica - Studi per la legge regionale, a cura dell'Assessorato al Territorio Programmazione e Ambiente della regione Emilia Romagna, Bologna, 2000, p. 285, in cui si sottolinea anche che la considerazione del territorio rurale quale risorsa finita da tutelare e da sottoporre a disciplina ed a pianificazione è un fatto di recente acquisizione. Nell'Emilia Romagna, ad esempio, è soltanto con la legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47 che le aree rurali non sono più considerate "zone bianche disponibili" ma vengono sottoposte a pianificazione (attraverso lo strumento del Comprensorio) e classificate in base alle caratteristiche morfologiche del territorio.
[4] Sono parole di E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza, 1982, 29, in cui si evidenzia il nesso inscindibile tra forme colturali e rapporti di produzione nella realtà economica e sociale delle campagne italiane (ad es.: la riduzione del sistema agrario tradizionale a campi ed erba e di quello del "maggese nudo" è il risultato dei movimenti di messa a coltura delle terre incolte da parte delle masse contadine nelle lotte contro la proprietà latifondista; la crisi della tipica "piantata" padana si accompagna alla modernizzazione delle aziende agrarie, etc..).
[5] U. Bagnaresi, in AA.VV., Laboratorio di urbanistica - Studi per la legge regionale, cit., 287.
[6] Per un interessante ricostruzione alla luce del nuovo quadro normativo si veda il contributo di S. Antoniazzi, Paesaggio e pianificazione paesaggistica nella disciplina del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: profili di dibattito", in Riv. giur. urb., n. 1-2/2005, 184 ss.
[7] Tale norma in realtà, era piuttosto innovativa per l'epoca poiché ha introdotto il piano territoriale paesistico. Analogamente alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose di interesse storico ed artistico) inoltre, la legge imponeva per i beni vincolati il nulla osta da parte delle Soprintendenze per eventuali trasformazioni.
[8] In particolare la legge 29 gennaio 1975, n. 5 istitutiva del ministero per i Beni Culturali ed Ambientali in cui si prevede, all'art. 2 che il ministero, d'intesa con le regioni, promuova le iniziative necessarie per la protezione del patrimonio storico ed artistico ed ambientale ed il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre1977, n. 616 che, all'art. 82, delega alle regioni le funzioni che le citate leggi 1089/1939 e 1497/1939 avevano attribuito agli organi centrali e periferici in materia di protezione delle bellezze naturali.
[9] Si prevede inoltre l'efficacia immediata del vincolo paesaggistico ed ambientale; il potere delegato delle regioni in merito all'autorizzazione per qualsiasi modifica da apportare ad un'area soggetta a vincolo ed un potere di annullamento del ministero per i Beni Culturali ed Ambientali su tali autorizzazioni.
[10] In particolare della Corte costituzionale; ex multis: sent. 1 aprile 1985, n. 94 in cui si afferma il valore paesaggistico quale valore primario dell'ordinamento, in suscettibile di essere subordinato a qualsiasi altro ed, in particolare, agli interessi economico individuale ex art. 41 e 42 della Cost.; sent. 3 marzo 1986, n. 39 nella quale la Corte prospetta una nozione lata di paesaggio consistente in "ogni elemento naturale ed umano attinente alla forma esteriore del territorio"; sent. 28 maggio 1987, n. 210 dove la Corte afferma che la tutela del paesaggio e la tutela della salute sono valori primari, in relazione alla salvaguardia dell'ambiente quale diritto fondamentale della persona, reperibili nel sito www.cortecostituzionale.it.
[11] Per una ampia rassegna giurisprudenziale sulla tutela del paesaggio con particolare riferimento alla ripartizione delle competenze fra stato e regioni si v. G. Ciaglia, Prudenza e giurisprudenza nella tutela del paesaggio, in Giorn. dir. amm., n. 2/2003, 151 ss.
[12] La Convenzione, composta di quattro capitoli, non incide sulla ripartizione delle competenze di ciascun ordinamento, poiché viene applicata da ogni Stato membro in conformità ai propri principi costituzionali - in primis quello di sussidiarietà - ed all'organizzazione amministrativa interna.
[13] Tale concezione, peraltro, non costituisce una novità in termini assoluti poiché, anzi, le regioni hanno una tradizione urbanistica estesa a tutto il territorio attraverso strumenti di pianificazione che meglio si adattano al carattere dinamico per eccellenza del paesaggio (rurale, in particolare). Si vedano sul punto le interessanti riflessioni di J. L. Bermejo Latre, La pianificazione del paesaggio, in Quaderni della Spisa, Maggioli, 2002, 156 ss.
[14] Accordo tra il ministro per i Beni e le Attività culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio. Pertanto, le Pa che hanno competenza in materia di paesaggio provvedono, sino alla legge di ratifica della Convenzione europea, all'esercizio delle rispettive attribuzioni attenendosi ai principi della Convenzione stessa (art. 1, comma 1). Le premesse generali dell'accordo sono costituite: da un lato, dalla riconosciuta necessità di attivare processi di collaborazione costruttiva fra le Pa di ogni livello aventi competenza istituzionale in materia paesistica, dall'altro, dal considerare la riqualificazione e la valorizzazione del paesaggio un obiettivo prioritario di interesse nazionale.
[15] Si consideri, ad esempio, l'art. 3 dell'accordo (ambiti di tutela e valorizzazione) dove si prevede che la pianificazione si svolga in funzione del livello di integrità e di rilevanza dei valori paesistici, attraverso l'individuazione dei differenti ambiti territoriali, da quelli di elevato pregio paesistico fino a quelli compromessi o degradati: norma quasi identica è contenuta nell'art. 143, comma 1 del Codice. L'art. 4 individua obiettivi di qualità paesistica con particolare attenzione, fra l'altro, alla salvaguardia delle aree agricole; analogamente, un elenco di obiettivi di qualità paesaggistica è contenuto nel comma 2 dell'art. 143 del Codice. Inoltre, un aspetto innovativo dell'accordo riguarda l'esplicitazione dei criteri di compatibilità per il rilascio delle autorizzazioni paesistiche, in gran parte ripresi nell'art. 146, comma 5 del Codice.
[16] Ad esempio, l'Emilia Romagna, anche in relazione alle modifiche del Titolo V della Costituzione ed in attuazione dell'art. 46 della legge regionale 25 novembre 2002, n. 31 ha sottoscritto apposita convenzione con il ministero dei Beni culturali e le Associazioni delle autonomie locali per fissare le forme di collaborazione istituzionale in materia di paesaggio (Accordo di Roma 9 ottobre 2003).
[17] Si v. G. Sciullo, Il Codice dei beni culturali e del paesaggio: principi dispositivi ed elementi di novità, in Urb. App., 2004, 765. L'Autore ricorda come la dizione "beni paesaggistici" contenuta nel Codice sia stata preferita a quella di "beni paesaggistici ed ambientali" e "beni ambientali" presenti nell'art. 117, c. 3 della Cost. e nel T.u. 490/1999 (art. 138), ponendo peraltro qualche perplessità sulla coincidenza o meno della nozione di beni paesaggistici con quella di "paesaggio" di cui all'art. 131 del Codice.
[18] S. Antoniazzi, Paesaggio e pianificazione paesaggistica nella disciplina del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42: profili di dibattito, cit., p. 197, che osserva come il piano paesaggistico, in quanto strumento flessibile di indirizzo che ingloba la pianificazione, consente di adeguare le prescrizioni di piano alle trasformazioni del territorio, fatto salvo il necessario coordinamento fra i vincoli secondo la disciplina tradizionale e la successiva pianificazione secondo una revisione ed un adeguamento dei piani esistenti al momento di entrata in vigore del Codice.
[19] Si segue ancora la ricostruzione di G. Sciullo, Il Codice dei beni culturali e del paesaggio: principi dispositivi ed elementi di novità, cit., 766.
[20] Nonché per i "privati, singoli o associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco nazionale o naturale regionale".
[21] L'art. 37 prevede inoltre detrazioni fiscali per le erogazioni liberali a favore degli enti istituzionali che svolgono o promuovono attività dirette alla tutela del patrimonio ambientale nei limiti precisati dalla norma.
[22] Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57. Si possono inoltre ricordare la legge sull'agriturismo 5 dicembre 1985, n. 730 (in G.U., 16 dicembre, n. 295) e la più recente legge 27 luglio 1999, n. 268, che istituisce le "Strade del vino", ossia percorsi di conoscenza del territorio attraverso la valorizzazione delle risorse enogastronomiche ma anche paesaggistiche e storico - culturali.
[23] Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50 milioni di lire nel caso di imprenditori singoli, e 300 milioni di lire nel caso di imprenditori in forma associata (art. 14, comma 2).
[24] "Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale", in G.U. 17 gennaio 2004, n. 16.
[25] Con decreto avente natura non regolamentare del ministro per i Beni e le Attività Culturali, di concerto con i ministri delle politiche Agricole e Forestali e dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, su proposta delle regioni interessate, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
[26] Fondo istituito presso il ministero dell'Economia e delle Finanze la cui dotazione viene prevista pari a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, l'accantonamento relativo al ministero delle Politiche Agricole e Forestali, e quanto a 6.500.000 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, l'accantonamento relativo al ministero per i Beni e le Attività culturali (art. 6).
[27] In cui si prevede, tra l'altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti in difformità rispetto ai progetti approvati.
[28] Si veda G. Piperata, Sponsorizzazione ed interventi di restauro sui beni culturali, in Aedon, n. 1/2005.
[29] "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38", in G.U. 22 aprile 2004, n. 94.
[30] Proposta di legge sulla tutela del territorio non urbanizzato, elaborata nell'ambito del Progetto Paesaggio Agrario dall'Associazione Italia Nostra e presentata al convegno internazionale "Italia da salvare", Roma, 27 e 28 gennaio 2005, assieme alla relazione illustrativa di E. Salzano.
[31] Fino al momento dell'individuazione il comma precisa che il paesaggio non urbanizzato debba coincidere con il territorio di cui alla lettera E) dell'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 ovvero con delle omologhe zone comunque denominate nelle leggi regionali, individuate e perimetrale, negli strumenti di pianificazione vigenti.
[32] A. Cervellati, L'arte di curare la città, Il Mulino, Bologna, 2000, in cui si fa l'esempio della riconversione in Germania della zona industriale e carbonifera della Ruhr in area fruibile in modo differenziato (spazi per il tempo libero con musei industriali, parchi tematici, rinaturalizzazione, collocazione di attività a minore impatto inquinante, etc..).
[33] La proposta prevede anche "la demolizione dei manufatti edilizi già utilizzati come annessi rustici, qualora perdano la destinazione originaria".
[34] Tale legge sviluppa una generazione di piani regolatori con forti connotazioni di tutela ambientale e con rilevanti indicazioni in materia di disciplina dei centri storici, delle zone agricole e di tutela, v. G. De Marchi, AA.VV., Paesaggi senza confini, in Atti del convegno nazionale sul paesaggio, Bologna, 7 maggio 2001.
[35] Si tratta della disposizione in forza della quale le regioni possono decidere di formare piani paesistici o piani urbanistico - territoriali con specifica valenza paesistica.
[36] La stessa Corte costituzionale (con sentenza n. 327 del 26 giugno 1990) ha affermato che il Piano territoriale paesistico regionale (Ptpr) esteso a tutto il territorio è pienamente coerente con la l. 431/1985.
[37] Al sito www.regione.piemonte.it/montagna/osservatorio/index.htm.
[38] Al sito www.regione.piemonte.it/montagna/osservatorio/manuale.pdf.
[39] Ex multis può ricordarsi il caso della conversione dei vecchi vigneti in Sicilia, (soprattutto nella zona del marsalese/alcamese), utilizzando moderne tecniche colturali e di vinificazione anche grazie ai finanziamenti comunitari; ciò ha prodotto una modificazione del paesaggio agrario ma ha anche innescato un circolo virtuoso per valorizzare le economie legate al territorio, alle tradizioni ed al paesaggio agrario, riportato da L. Colonna Romano, Le trasformazioni del paesaggio della viticoltura in Sicilia tra innovazione e valorizzazione, in Qualità dell'agricoltura e del paesaggio, Riv. Urbanistica Informazioni, n. 2/2005, 32.
[40] La concessione dei contributi prevede il coinvolgimento dei Comitati di gestione degli Ente Parco e della Sovrintendenza provinciale per la tutela dei monumenti. I contributi vengono concessi prevalentemente per la manutenzione ed il restauro di oggetti esistenti e solo eccezionalmente per nuove costruzioni al fine di garantire "un'armonica unitarietà con le costruzioni esistenti". Il contributo copre esclusivamente la differenza dei costi sostenuti per l'impiego dei materiali tradizionali in sostituzione di quelli oggi normalmente utilizzati; il concessionario si obbliga a ristrutturare con il mantenimento delle proporzioni architettoniche caratteristiche, garantendo per dieci anni l'opera finanziata in buono stato e senza modifiche successiva, pena la revoca del finanziamento o l'obbligo di restituzione dello stesso con interessi.
[41] Si v. P. Sardo, Dalla tavola al territorio, in Qualità dell'agricoltura e del paesaggio, cit., 26 ss. L'Autore cita l'esempio dei formaggi da alpeggio: il ruolo del pastore casaro è fondamentale per preservare il paesaggio montano poiché l'uomo, oltre a svolgere la "monticazione" delle mandrie, mantiene i sentieri, controlla il flusso delle sorgenti, impedisce l'esproprio di intere aree di montagna a favore di impianti sportivi e di edificazioni civili; tutto ciò contribuisce a preservare le malghe dall'abbandono al bosco ed alle sterpaglie. Naturalmente sarebbe più semplice ed anche più redditizio, nell'immediato, aprire un bel caseificio collettivo in valle, osserva l'Autore, ma nel giro di pochi anni i processi di inselvatichimento e di corrosione del territorio abbandonato comprometterebbero definitivamente forme colturali e prodotti alimentari tipici del luogo.
[42] V. R. Fanfani, C. Brasili, La politica di sviluppo rurale e la sua applicazione in Italia, in Le Istituzioni del federalismo, 2/2001, 508 ss.; per una trattazione completa v. anche R. Fanfani, L'agricoltura in Italia, dalla collana Farsi un'idea, Il Mulino, 2004. Gli autori evidenziano non solo un ritardo nelle capacità progettuali, ma una difficoltà strutturale nell'utilizzazione di questi finanziamenti da parte delle regioni italiane.
[43] Verificato l'esito fallimentare della politica di sostegno ai prezzi agricoli, la Comunità prende coscienza della necessità di riformare profondamente la Pac; a tal fine viene elaborato il noto Piano Mansholt in cui si giunge alla conclusione che, per aumentare i redditi agricoli rendendoli competitivi è necessario modernizzare le aziende ampliandone le dimensioni e riducendo il numero degli occupati (ma creando nuovi posti di lavoro nelle attività extra agricole delle zone rurali). L'applicazione del Piano M. è stata in realtà assai limitata ma ha contribuito ad avviare la discussione sulle politiche strutturali con l'emanazione di alcune prime importanti direttive: n. 159/1972 (ammodernamento delle aziende agricole); n. 160/1972 (incentivazione all'abbandono dell'attività agricola); n. 161/1972 (informazione socio - economica e qualificazione professionale); assai importante è stata poi l'applicazione della direttiva n. 268/1975: (agricoltura di montagna e zone svantaggiate) che rappresenta il primo riconoscimento delle differenze territoriali esistenti in Europa.
[44] Si v. anche il Libro Verde sulle Prospettive della Pac del 1985 ed il conseguente documento Un futuro per l'agricoltura europea, 1985.
[45] In particolare, l'Obiettivo 1, rivolto al miglioramento ed adeguamento strutturale delle Regioni in ritardo di sviluppo e l'Obiettivo 5, dedicato alla promozione dello sviluppo rurale attraverso: a) l'ammodernamento e la ristrutturazione delle aziende agricole; b) sviluppo ed adeguamento delle zone rurali.
[46] Il programma Leader (progressivamente implementato con Leader I, Leader II e Leader +) è strutturato in piani di azione locali (Pal); l'originalità consiste anche nei soggetti beneficiari dei fondi strutturali, ossia i Gruppi di azione locali (Gal), raggruppamenti di partner che rappresentano sia le popolazioni rurali - attraverso la presenza degli Enti pubblici territoriali, quali comuni, comunità montane e province - sia gli interessi economici locali - attraverso la presenza delle organizzazioni degli operatori economici. I Gal devono avere forma societaria e possedere determinati requisiti fissati dai regolamenti comunitari.
[47] Quale esempio concreto si può citare l'esperienza piemontese del programma "Leader II Asti - Le Colline della Qualità": la porzione del territorio interessato ha una vocazione produttiva alla viticoltura ma priva di un'immagine forte come quella delle vicine Langhe; attraverso gli incentivi del Programma sono state messe in campo azioni di valorizzazione dei prodotti locali sia attraverso una produzione vinicola pregiata, sia con l'allestimento di un Museo diffuso di civiltà rurale, strutture ricettive e punti vendita. Il caso è tratto da F. Corrado, Tipicità e territorio: un binomio su cui riflettere, in Qualità dell'agricoltura e del paesaggio, cit., 21.
[48] Il 26 giugno 2003, infine, i ministri europei dell'agricoltura hanno approvato un'ultima radicale riforma della politica agricola comune (Pac), (Regolamento CE n. 1782/2003 del 29/09/2003).
[49] Premesse contenute nell'Accordo citato tra il ministro per i Beni e le Attività culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio.
[50] Le cosiddette "grandi cerniere del sistema", soprattutto se si opta per un modello negoziale e decentrato, come afferma M. Cammelli sulla semplificazione amministrativa in materia urbanistica in AA.VV., Laboratorio di urbanistica - Studi per la legge regionale, cit., 287.
[51] Si veda la ricostruzione operata da S. Antoniazzi, Paesaggio e pianificazione paesaggistica nella disciplina del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: profili di dibattito", cit., p. 181, in cui si evidenziano le varie ipotesi: si potrebbe considerare la tutela del paesaggio materia di potestà legislativa esclusiva nazionale, poiché rientrerebbe nel nuovo art. 117, comma 2, lett. F. (tutela dell'ambiente e dei beni culturali); oppure, all'opposto, quale potestà esclusiva regionale, proprio perché non espressamente contemplata in nessuna norma; infine, si può ricondurre la tutela del paesaggio nel "governo del territorio" , fatta salva in ogni caso la competenza legislativa concorrente delle regioni ai sensi dell'art. 117, III comma (valorizzazione dei beni culturali).
[52] Si prevede il parere della Commissione per il paesaggio a cui può partecipare il ministero sulla base di specifici accordi da definire con le regioni (art. 148); è previsto inoltre il parere obbligatorio della competente Soprintendenza (ma non vincolante, poiché decorso inutilmente il termine per l'acquisizione del parere l'amministrazione assume comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione). Un potere sostitutivo del ministero (su facoltà del direttore regionale) è previsto dall'art. 141, comma 1, in relazione all'eventuale inerzia delle competenti commissioni provinciali in merito al parere sul rilascio della dichiarazione di notevole interesse pubblico di competenza regionale.
[53] Si consideri, quale mero esempio, l'articolato progetto di "reti ecologiche" realizzato nell'ambito dei Ptcp della provincia di Bologna, Tit. 3, individuate quali aree protette "per sperimentare l'integrazione tra politiche di conservazione del patrimonio naturale, storico-culturale e paesaggistico e politiche di promozione socio-economica del territorio e delle comunità che vi risiedono".
[54] Si veda in proposito l'intervento di D. Cavazza, in AA.VV., Laboratorio di urbanistica - Studi per la legge regionale, cit., 310 ss., che parla di "contratto locale di sviluppo rurale" fra i comuni, le associazioni e gli operatori locali aventi come oggetto la determinazione dei settori di interesse prioritario e reciproco per lo sviluppo dell'area interessata, un vero e proprio "patto sociale" fra gli agricoltori e la società civile.
[55] In attuazione del citato regolamento (Ce) 1782/2003 è stato emanato il decreto 5 agosto 2004 (Disposizioni per l'attuazione della riforma della politica agricola comune). I principi cardine della riforma che riguarda il periodo 2005-2012 possono essere così sintetizzati:
a) Principio del disaccoppiamento degli aiuti rispetto alla produzione: gli aiuti differenziati vengono sostituiti da un unico meccanismo di pagamento basato sui "titoli individuali" in base ad un calcolo è piuttosto complesso (inizialmente, parametrato sugli aiuti comunitari percepiti nel triennio preso a riferimento (2000-2002);
b) Principio della condizionalità: fra le condizioni poste per beneficiare dei contributi vi è l'impegno per l'agricoltore a mantenere il terreno in buone condizioni agronomiche e ambientali ed a rispettare le norme in materia di ambiente, sicurezza degli alimenti e benessere degli animali;
c) Principio di modulazione: i premi teoricamente spettanti alle aziende verranno ridotti di una percentuale prestabilita che sarà destinata al finanziamento dei piani di sviluppo rurale.
[56] E' il caso, ad esempio del rinomato vino "Brunello di Montalcino": dal 1966 (anno di nascita del Consorzio) ad oggi la coltivazione della vite si è più che triplicata e la produzione si è progressivamente industrializzata. Colture economicamente complementari quale l'olivo ed i seminativi sono state marginalizzate, favorendo una eccessiva intensificazione produttiva potenzialmente dannosa per l'ambiente e che porta alla cancellazione della trama agraria storica, si veda più diffusamente G. Terrazza, T. Giannelli, Il paesaggio collinare di Montalcino, in Qualità dell'agricoltura e del paesaggio, cit., 37; analoghe considerazioni possono essere svolte per la zona del Chianti che un'accattivante quanto aggressiva politica di marketing ha reso celebre nel mondo (creando anche l'improbabile neologismo esterofilo Chiantishire) ma determinando fenomeni quali: abbandono di pratiche agricole tradizionali; svalutazione di fondi acquistati a basso prezzo da persone estranee al chiantigiano; commercializzazione di vini troppo omogenei; scomparsa della manodopera locale rimpiazzata per la maggioranza da lavoratori extracomunitari. Il caso è riportato da F. Marchese e S. Marchese, Valorizzazione del patrimonio agricolo e trasformazione degli agroecosistemi, in Qualità dell'agricoltura e del paesaggio, cit., 29. Pertanto, osservano gli autori, al benessere ed al recupero di vaste aree vitate ha fatto riscontro un impoverimento della cultura locale nei suoi vari aspetti.
[57] Nell'ambito dell'iniziativa comunitaria di sviluppo rurale Leader + (Regolamento Ce 1260/1999, art. 20-21)..
[58] Il primo asse consente di finanziare investimenti nelle aziende agricole e agro-industriali, l'insediamento dei giovani nelle aziende agricole, progetti di ricomposizione fondiaria, interventi di ingegneria finanziaria e la prevenzione dei danni alle strutture agricole derivanti da calamità naturali.
[59] Il secondo asse prevede il sostegno a misure di integrazione dei redditi per gli agricoltori che operano in zone svantaggiate, che adottano pratiche agricole rispettose dell'ambiente o che diversificano l'attività agricola o che realizzano opere di tutela dell'ambiente. Sono inoltre previste misure per la difesa, lo sviluppo e il miglioramento delle foreste, il rinnovamento e lo sviluppo dei villaggi rurali, il miglioramento degli alpeggi e dei pascoli collettivi. Si fa riferimento, in particolare, a forme colturali tipiche e rinomate in tutto il mondo: floro-vivaistiche; olio e vino attraverso il metodo tradizionale dei terrazzamenti.
[60] Il terzo asse prevede il sostegno a misure di integrazione dei redditi per gli agricoltori che operano in zone svantaggiate, che adottano pratiche agricole rispettose dell'ambiente o che diversificano l'attività agricola o che realizzano opere di tutela dell'ambiente. Sono inoltre previste misure per la difesa, lo sviluppo e il miglioramento delle foreste, il rinnovamento e lo sviluppo dei villaggi rurali, il miglioramento degli alpeggi e dei pascoli collettivi.
[61] Il piano si articola in 3 assi : Asse 1 (Azioni di sviluppo rurale integrato); Asse 2 (Cooperazione infraterritoriale e transnazionale); asse 3 (Creazione di reti fra i territori rurali); a loro volta articolati in obiettivi e misure.
[62] Tratto da Il Sole 24 Ore-guida agli enti locali, n. 5/2005, con nota di G. Terenzi.
[63] Bando europeo per l'attuazione della componente "Progetti tematici", compresa nella misura 3.2 "Valorizzazione delle risorse naturali e culturali", asse 3, del Complemento di programmazione del Docup 2000-2006, pubblicato nel Bur 4 novembre, 2004, n. 26, Supplemento ordinario n. 3, regione Umbria.
[64] Di cui euro 9.509.611,00 per il settore dei beni culturali ed euro 10.546.231,00 per il settore dei beni ambientali.
[65] Approvato inizialmente dalla Commissione europea con decisione n. 2153 del 20 luglio 2000. Il Piano, preceduto dalla valutazione ex-ante, si compone di 9 capitoli e di un allegato a sua volta composto di alcuni documenti. Si sottolinea come sia in preparazione il Prsr per il periodo 2007-2013.
[66] Il documento recita "Il patrimonio rurale regionale in tutte le sue componenti naturali e antropiche è costituito da una pluralità di elementi ambientali e di tradizioni, attività ed esperienze locali, che ne rappresentano elementi insostituibili di grande valore. (...). Il ruolo dell'agricoltore nella gestione del paesaggio, nel mantenimento della biodiversità e nella tutela dell'ambiente è perciò fondamentale".
[67] I cui caratteri fondamentali sono stati presentati al convegno P.R.S.R. 2007-2013 Asse Leader: Pubblico e Privato insieme per lo sviluppo rurale, promosso dalla regione Emilia Romagna, Bologna, 10 giugno 2005.
[68] Proposta di regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), Sec (2004) 931, testo compromissorio approvato dalla Presidenza il 27/04/2005.