Determinazione
19 maggio 2004, n. 9
dellAutorità di vigilanza per i lavori pubblici
Contenzioso
in fase di appalto conseguente ad una o più sospensioni dei lavori,
disposte
- in esito a prescrizioni degli organi preposti alla tutela dei beni culturali
-
per lesecuzione di campagne di indagini archeologiche nel sottosuolo
Valutazione
della possibilità di limitare gli effetti negativi di ordine economico
correlati a tale fattispecie
IL CONSIGLIO
Premesso che:
Nellambito della propria attività, questa Autorità si è trovata con una certa frequenza ad analizzare procedure dappalto il cui espletamento - in termini di rispetto dei tempi e dei costi di esecuzione - è stato condizionato da rinvenimenti archeologici nel sottosuolo e dalle conseguenti attività di scavo e documentazione, oltre che dalle ulteriori fasi di valutazione e di adozione degli opportuni provvedimenti di conservazione; iniziative tutte che sono nella competenza degli organi preposti alla tutela dei beni culturali.
In particolare, nei suddetti casi è risultata ricorrente la sospensione dei lavori di significativa durata, correlata non solo al tempo materialmente necessario per lo svolgimento delle indagini archeologiche, ma anche a quello successivo per la redazione ed approvazione delle varianti in corso dopera che tenessero conto del valore dei ritrovamenti e della loro possibile fruizione o, quanto meno, che ne salvaguardassero lintegrità.
Aldilà dei costi per le maggiori o diverse lavorazioni che a tal fine si rendono necessarie, le procedure dappalto per le quali si concretizza levenienza in questione possono comportare impegni economici imprevisti e ben più significativi, in conseguenza delle richieste delle imprese esecutrici dei lavori, che si estrinsecano principalmente sotto forma di riserve iscritte, nei modi di legge, sugli atti contabili ed incentrate sul calcolo degli oneri derivanti dalla protratta gestione delle attività lavorative di cantiere.
Linsorgenza di un simile contenzioso è sempre e comunque legata ad una circostanza di oggettivo gravame per lappaltatore, cui viene precluso il dispiegamento compiuto di quella capacità organizzativa che deve contraddistinguere ogni realtà imprenditoriale e che si esprime - nellesecuzione delle opere aggiudicate - con unaccurata programmazione temporale delle singole fasi di lavoro e delle relative sovrapposizioni, delle forniture, dei noli e via dicendo, al fine di ottimizzare i risultati economici della gestione dellappalto.
Lelevata probabilità che ad una sospensione dei lavori, disposta a seguito di rinvenimenti archeologici (e protratta per il tempo necessario a compiere le connesse indagini di scavo e documentazione) faccia seguito la rappresentazione formale di una doglianza dellimpresa, induce quindi a rilevare che il verificarsi della fattispecie in questione si accompagna quasi sempre ad un significativo aumento dei costi che la stazione appaltante dovrà sopportare in dipendenza della controversia avviata, con le possibili conseguenze che ciò può comportare in termini di giudizio da parte dellorgano di magistratura contabile.
Ne deriva lutilità di operare alcune riflessioni sul tema in questione, al fine di valutare quali possano essere - nellevenienza di ritrovamenti archeologici a lavori iniziati e cioè "a cantiere aperto" - le possibilità di limitare le ricadute negative di ordine economico che tale occorrenza imprevista può indurre sulla procedura dappalto in corso.
Tanto premesso, ravvisata lesigenza e limportanza di conoscere lavviso del ministero dei Beni e delle Attività culturali in ordine alle possibili iniziative da intraprendere, ne sono stati sentiti i rappresentanti nellaudizione disposta in data 21.4.2004.
In tale sede gli intervenuti hanno dettagliatamente rappresentato che le problematiche evidenziate investono aspetti da tempo allattenzione del ministero, il quale ha ben presente la necessità di mettere a punto regole capaci di consentire con pari efficacia lazione di tutela e la realizzazione degli appalti "con il minor sacrificio degli operatori".
Ritenuto in diritto
Una considerazione preliminare riguarda la natura dellarea sulla quale è prevista la realizzazione dellopera pubblica, intendendo con ciò se la stessa sia sottoposta o meno ad uno specifico vincolo archeologico.
In caso affermativo, la normativa vigente prevede che lorgano preposto alla tutela esprima il proprio parere - di norma in sede di conferenza di servizi - al fine di chiarire alla stazione appaltante se e a quali condizioni lopera a farsi sia compatibile con i principi sui quali si basa la conservazione del patrimonio culturale e, nel contesto particolare, se lesecuzione delle specifiche categorie di lavoro previste dal progetto possa interferire con la salvaguardia dei resti archeologici presumibilmente esistenti nel sottosuolo.
Questa ipotesi, sufficientemente disciplinata nei suoi aspetti procedurali, dovrebbe portare ad una conoscenza preventiva degli elementi ostativi alla proficua esecuzione dei lavori, escludendo perciò (o, quanto meno, riducendo significativamente) la possibilità che in corso dopera si verifichino circostanze impeditive connesse ai ritrovamenti archeologici, con gli effetti negativi indicati in precedenza.
Appare evidente che il passaggio procedurale appena descritto, benché articolato in forma semplice e "lineare", non può garantire alcun effetto realmente positivo se il rapporto fra la stazione appaltante e lorgano preposto alla tutela non risulta improntato alla massima collaborazione, diligenza e chiarezza.
Per fare un esempio concreto, se lamministrazione che ha indetto la conferenza di servizi presenta in quella sede un progetto privo degli opportuni approfondimenti di dettaglio in ordine alla tipologia ed alle caratteristiche geometriche delle strutture di fondazione, non consentirà lespressione di un parere compiuto da parte del rappresentante della competente soprintendenza archeologica, oppure ne potrà ottenere un assenso condizionato alla esecuzione - in corso dopera - dei necessari saggi e della correlata valutazione dei risultati, senza perciò conseguire alcun risultato utile ad evitare interferenze tra svolgimento della fase esecutiva dellappalto ed azione di tutela dei beni archeologici eventualmente presenti.
La soprintendenza archeologica competente per territorio, per contro, non può esimersi dal rappresentare in maniera esaustiva le esigenze derivanti dalle proprie attribuzioni, senza però dimenticare che il proprio parere interviene nellambito di una procedura dappalto, la cui finalità è la costruzione di unopera pubblica da realizzarsi attraverso unattività uniformata ai criteri di cui allart. 1 della legge n. 109/94.
Questo non può - ovviamente - significare che gli organi preposti alla tutela debbano improntare la loro azione riferendosi unicamente al rispetto dei principi di efficienza, efficacia, tempestività ed economicità dellazione amministrativa in materia di appalti.
Difatti, la tutela dei beni archeologici e, più in generale, di quelli culturali, ha il fine di garantire la fruizione, anche per le generazioni future, di un patrimonio universale ed inestimabile, la cui conservazione assume un valore che prescinde da qualsiasi monetizzazione e si pone - oggettivamente - come principio superiore a quelli indicati dallart. 1 della legge n. 109/94 e perciò prevalente su di essi.
Risulta tuttavia più facile il tentativo di coniugare lesercizio di ogni necessaria azione di tutela nelleventualità di ritrovamenti archeologici ed il rispetto di tempestività ed economicità nella procedura dappalto allorquando - in unottica di comprensione dei rispettivi limiti di competenza e margini di operatività, anche finanziaria - viene assicurata la conoscenza reciproca e preventiva di tutti gli elementi utili alla valutazione delle problematiche da affrontare, nonché delle difficoltà connesse.
Ad avviso del competente ministero - che considera parimenti essenziale lazione preventiva - unopzione praticabile potrebbe essere quella di "istituzionalizzare" la presenza dei tecnici della soprintendenza sin dalle prime fasi della progettazione, con il risultato di garantire lapproccio metodologico più idoneo e ladozione delle proprie determinazioni su basi conoscitive certe, evitando di restringere lespressione del parere di competenza allunica sede della conferenza di servizi, in esito alla quale scaturisce - quasi inevitabilmente - unautorizzazione subordinata allesecuzione di successivi accertamenti.
In sostanza, lamministrazione dei BB. e delle AA.CC. delinea ed auspica laffermazione di un ruolo differente per le soprintendenze, superando quello "autorizzatorio" o "censorio", per rivestire quello di piena collaborazione e di corresponsabilità; in tal senso, la recente attuazione di alcune iniziative "pilota" di collaborazione con altri enti avrebbe già consentito di sperimentare una gestione dellappalto più attenta alle reciproche esigenze.
Comunque, pur nellipotesi di una collaborazione anticipata alla fase della progettazione preliminare, non è infrequente che sopravvenga la necessità dellesecuzione di indagini o campagne di scavo preventive, cui consegue lesigenza del reperimento delle risorse economiche per dare seguito alle stesse.
In proposito è noto come le soprintendenze lamentino la persistente insufficienza dei fondi per procedere direttamente ed autonomamente allespletamento di indagini archeologiche: in questottica si inquadra la richiesta che debbano essere le stesse amministrazioni appaltanti a dotarsi dei finanziamenti sufficienti a garantire lesecuzione delle opportune indagini archeologiche, da condurre sotto la direzione tecnico-scientifica della competente soprintendenza archeologica, così da consentire ad essa la completa conoscenza dellarea e quindi lespressione di pareri basati su elementi scientifici concreti.
In sede di audizione il ministero ha tenuto ulteriormente a precisare che tale assunto - già richiamato in alcune disposizioni normative per particolari opere - ha trovato esplicita conferma nel nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lg. 42 del 22.1.04), in vigore dall1.5.2004, costituendo conseguenzialmente un obbligo di legge "generalizzato".
Sullargomento è stato anche aggiunto che le risorse necessarie devono consentire - in prima analisi - la sola esecuzione di saggi preliminari condotti sotto la direzione scientifica della soprintendenza competente, fermo restando che eventuali ritrovamenti di significativa rilevanza comportano - nel naturale ordine delle cose - lobbligatoria richiesta di uno scavo "a tappeto", con le relative conseguenze in termini di disponibilità dei fondi.
Per contenere gli effetti di questa possibile incertezza finanziaria, il ministero ha formulato lipotesi concreta di anticipare le indagini archeologiche già alla fase del progetto preliminare, contenendone lentità economica, con la finalità di valutare lopportunità di proseguire nella progettazione definitiva e, nel caso, con quali vincoli, nonché con lobiettivo di valutare lesigenza di un successivo scavo "integrale".
Ciò anticiperebbe la cognizione di due aspetti fondamentali:
1) verifica della fattibilità dellopera programmata;
2) necessità di reperire ulteriori ed adeguate risorse, anche attingendo a differenti fonti di finanziamento, per assicurare tanto lesecuzione dello scavo "integrale", quanto la conservazione e la fruizione di reperti archeologici di eccezionale importanza.
Risulta infatti evidente come sia difficile che una stazione appaltante possa essere in grado di disporre di risorse economiche tali da indagare completamente ed esaustivamente (nellaccezione intesa dalle soprintendenze archeologiche) le aree interessate dai vari appalti di opere pubbliche contemplati nel programma triennale, tanto più che indagini siffatte finirebbero per costituire dei veri e propri interventi autonomi, il cui svolgimento - in termini di tempi, costi, valutazione degli esiti e finanche di esecuzione dellopera originariamente prevista - sarebbe per di più sottratto alla potestà discrezionale ed alla connessa responsabilità, poste in capo alle singole amministrazioni.
Questultima considerazione, tra laltro, incide anche sul ruolo del responsabile del procedimento, svuotando parzialmente di significato il possibile richiamo alle disposizioni regolamentari (artt. 18, 19 e 36 del d.p.r. n. 554/99), le quali pongono a carico della stazione appaltante tutti quegli adempimenti correlati alla progettazione che possano ridurre gli imprevisti in corso dopera, e che trovano un loro limite proprio nella fattispecie trattata, imperniata sulla tutela dei beni archeologici.
Infatti, lunico organo preposto alla individuazione, con metodo scientifico, dei beni da tutelare nonché alla determinazione delle relative modalità - intese sia con riferimento alle tecniche di rilevamento che a quelle di conservazione - resta, in via esclusiva, la soprintendenza archeologica competente per territorio.
Ciò significa che lesecuzione preventiva di indagini archeologiche, qualora venisse disposta unicamente su iniziativa dal responsabile del procedimento nominato dalla stazione appaltante, risulterebbe condotta da un soggetto privo della necessaria legittimazione in ordine alla conoscenza ed allutilizzo delle corrette metodiche di scavo, rilievo e catalogazione, nonché - soprattutto - in ordine alla valutazione dellimportanza che i ritrovamenti rivestono per la collettività ed alla più opportuna tipologia dintervento per assicurarne la fruizione o, quanto meno, per documentarne lesistenza.
Paradossalmente, unattività siffatta - benché ispirata dalla volontà di ridurre gli imprevisti in corso dopera ed i conseguenti prevedibili oneri - potrebbe configurare essa stessa un maggior costo, concretizzandosi in unattività i cui frutti risultano incerti e quindi privi di una concreta utilità, sia ai fini della tempestiva conduzione dellappalto, sia ai fini della tutela del patrimonio archeologico.
Lanticipazione delle prospezioni archeologiche a cura della competente soprintendenza risulta perciò auspicabile, ma deve altresì sottolinearsi come in molti casi le relative indagini vengano disposte perché non può escludersi - a priori - la presenza di resti antichi nella zona interessata dal nuovo intervento e che spesso le strutture riportate alla luce non rivestono unimportanza tale da imporre un ripensamento dellintero progetto; anzi - una volta eseguiti i rilievi grafici e fotografici, documentando lattività svolta ed i risultati conseguiti - liter può anche concludersi disponendo la ricopertura di quanto scavato (in particolare quando la conservazione risulti problematica), al fine di evitarne il degrado.
Se quindi continua ad avere un valore laffermazione secondo cui "il miglior museo è la terra", come può desumersi dalle Carte del restauro e dalle Convenzioni internazionali (quali la Carta di Atene, che sintetizza lesito dei lavori della Conferenza internazionale del 1931), nulla vieta che lorgano preposto alla tutela - preso atto della onerosità (e quindi dellestrema difficoltà di realizzazione, se non addirittura dellimpossibilità economica) di compiere unindagine archeologica "a tappeto" estesa allintera area di sedime della nuova costruzione e delle sue pertinenze - esprima un parere favorevole, per quanto di competenza, subordinando lesecuzione dei lavori alla previsione di soluzioni tecniche progettuali non interferenti con il sottosuolo archeologico (intendendo con tale termine lo strato di terreno, situato ad una determinata profondità, che può racchiudere in sé i segni dellattività umana antica), così da non precludere future eventuali azioni di scavo e documentazione.
Volendo trarre delle prime conclusioni da quanto sin qui riportato, deve perciò evidenziarsi che quando lappalto a farsi insiste su di unarea sottoposta a vincolo archeologico, la successiva sospensione dei lavori - disposta in esito a rinvenimenti di significativo interesse - si ricollega ad una circostanza indubbiamente imprevista, ma che non può definirsi - con altrettanta certezza - imprevedibile.
Se quindi la stazione appaltante e lorgano di tutela non hanno improntato la loro azione, ognuno per quanto di rispettiva competenza, a rendere esaurientemente chiare e precise le condizioni di fattibilità dellintervento da realizzare, gli eventuali maggiori oneri connessi alle interruzioni nella fase esecutiva dei lavori potranno dar luogo a contestazioni di addebito da parte della Corte dei conti, rivolte ai soggetti che ne sono stati responsabili.
Fin qui si è trattato della fattispecie in cui la presenza di un vincolo archeologico impone un vaglio progettuale - ad opera della competente soprintendenza - che interviene prima dellaggiudicazione dellappalto e, spesso, prima della redazione del progetto esecutivo, per cui è possibile operare tutte le valutazioni del caso al fine di evitare che le problematiche irrisolte si possano tradurre in impedimenti allatto dellesecuzione dei lavori, con le conseguenze economiche e temporali che sono state indicate.
Vi sono però anche i casi in cui sullarea di sedime dellopera a farsi non grava uno specifico vincolo archeologico, oppure casi in cui, pur in presenza dellanzidetto vincolo, non è possibile eseguire preventivamente tutti i saggi necessari, per la presenza di corpi di fabbrica da demolire nellambito dellappalto da affidare.
Sono queste le fattispecie nelle quali il problema dei rinvenimenti archeologici si manifesta pienamente solo in corso dopera ed in quella sede deve essere affrontato, imponendo quindi linterruzione delle attività di cantiere per consentire lespletamento delle opportune indagini sotto la direzione scientifica della soprintendenza archeologica.
Se al verificarsi di tale ipotesi risulta ovviamente tramontata ogni possibilità di azione in termini di prevenzione, la consapevolezza del concreto rischio di una configurazione di maggiori oneri - che ogni protrazione temporale dellappalto reca in sé - rende ancora più necessario che la stazione appaltante e lorgano di tutela adottino comportamenti e provvedimenti idonei a limitare lentità degli eventuali danni.
Per quanto concerne lamministrazione appaltante, non può nemmeno escludersi - in casi particolari - il recesso dal contratto, ai sensi dellart. 122 del d.p.r. n. 554/99, qualora ciò risulti opportuno in esito ad una valutazione ponderata delle circostanze di fatto.
Nella generalità dei casi, invece, qualora venga disposta la sospensione dei lavori, deve innanzitutto ricordarsi limportanza delle disposizioni contenute nellart. 133, commi 4 e 5, del d.p.r. n. 554/99, il cui rigoroso rispetto da parte del direttore dei lavori è sicuramente utile ad evitare contrastanti descrizioni in ordine alla consistenza della forza lavoro e dei mezzi dopera esistenti in cantiere al momento della sospensione e durante lintera protrazione della stessa, ferma restando la necessità che vengano impartite le necessarie disposizioni al fine di contenere macchinari e mano dopera allo stretto indispensabile.
Inoltre, sarà opportuno che in corso di esecuzione delle indagini archeologiche, svolte sotto la direzione scientifica della competente soprintendenza, il direttore dei lavori si mantenga in stretto contatto con i rappresentanti dellorgano di tutela, per conoscere in tempo reale le valutazioni sullimportanza dei reperti messi in luce e sulle modalità per assicurarne leventuale conservazione in situ, al fine di prefigurare le possibili ripercussioni sui lavori appaltati ed anticipare - per quanto possibile - lo studio delle modifiche che si dovessero rendere necessarie, riducendo i tempi di redazione di uneventuale variante in corso dopera.
Per quanto riguarda le possibili iniziative poste in essere da parte dellorgano preposto alla tutela dei beni culturali, è fuor di dubbio che il peculiare ambito di competenza porta a focalizzare lattenzione soprattutto sui possibili ritrovamenti, con levidente finalità di assicurarne la conoscenza e - se possibile - la fruizione. Ciò tuttavia non esclude che debbano essere ben presenti anche le funzioni attribuite allente appaltante, tenuto a garantire la tempestività ed economicità di ogni procedura di esecuzione di lavori pubblici.
In concreto, la consapevolezza delle altrui responsabilità non può che tradursi in tempi di espletamento delle attività di competenza che siano sempre contenuti nella misura strettamente necessaria allespressione delle proprie valutazioni, dovendo altresì ribadire che eventuali comportamenti caratterizzati da lungaggini o inerzie, potendo dar luogo a maggiori oneri, implicano limputabilità del danno erariale, ad opera della magistratura contabile, nei confronti di tutti i soggetti che - a qualsiasi titolo - ne siano ritenuti artefici.
Anche sotto questo aspetto il ministero dei BB. e delle AA.CC. ha inteso sottolineare la propria costante attenzione, dando conoscenza della recente emanazione di un provvedimento interno (Circolare Dgba n. 9786 del 10.6.03), finalizzato proprio allo snellimento delle procedure amministrative ed inteso ad incrementare lautonomia decisionale degli uffici periferici, con lobiettivo di ridurre quei tempi decisionali che possono comportare le note conseguenze in termini di maggiori oneri.
Infine, restano da svolgere alcune ulteriori riflessioni sulle attività che, di norma, fanno seguito allinterruzione dei lavori connessa al ritrovamento di reperti archeologici.
In primo luogo, deve rilevarsi che le campagne di scavo archeologico disposte in regime di sospensione risultano frequentemente attuate con il sistema delle liste in economia ed il ricorso alla mano dopera della stessa impresa aggiudicataria, previa verifica della disponibilità allaffidamento diretto dei relativi lavori. Il ricorso a tale modalità di effettuazione viene giustificato con lurgenza e lopportunità di avvalersi di una forza lavoro già presente in cantiere, da porre agli ordini della direzione scientifica della soprintendenza.
Benché limporto complessivo di tali lavori in economia possa risultare scarsamente significativo se paragonato a quello contrattuale, è indubbio che al ricorrere di tale circostanza lappaltatore ottenga un affidamento aggiuntivo - sottraendosi, per le suddette ragioni di correttezza, a qualsivoglia procedura concorsuale - e ne tragga un utile.
In secondo luogo, può verificarsi con analoga ricorrenza che per effetto delle risultanze dello scavo archeologico sia necessario apportare variazioni al progetto approvato, prevedendo un incremento delle lavorazioni a farsi, concordando gli eventuali nuovi prezzi con laggiudicatario e perfezionando il rapporto contrattuale in essere tramite la sottoscrizione di un apposito atto di sottomissione o di un atto aggiuntivo al contratto stesso.
Anche in questo caso lappaltatore trae un utile dai maggiori lavori affidati, per lassunzione dei quali sostiene indubbiamente oneri in misura ridotta, in considerazione del fatto che - oltre a non sobbarcarsi le spese di una nuova gara - ottiene certamente il risparmio connesso allutilizzo dellimpianto di cantiere già esistente.
È altrettanto frequente che limpresa iscriva riserve in conseguenza della sospensione dei lavori, lamentando il danno subito in termini di protrazione gestionale ed elencando gli oneri aggiuntivi sostenuti per spese generali, macchinari e mano dopera, mancato utile, ecc., determinandoli - in ossequio ad una prassi invalsa - mediante calcoli aritmetici deduttivi.
Ad esempio, per la stima delle spese generali infruttifere sostenute e delle quali si chiede il ristoro, viene spesso operato il confronto tra la produzione giornaliera effettiva e quella che viene definita produzione giornaliera teorica, assumendo come unico riferimento per questultima le originarie condizioni contrattuali ed il relativo cronoprogramma, senza considerare le eventuali modifiche economiche o temporali che reggono lappalto, intervenute su richiesta dellimpresa o che si rivelano comunque migliorative per essa.
Sulla base delle considerazioni che precedono, non sembra privo di utilità il richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 24 e 25 del d.m. LL.PP. n. 145/2000 (Regolamento recante il capitolato generale dappalto dei lavori pubblici), in materia di ammissibilità delle sospensioni e di modalità di calcolo del danno eventualmente derivante, cosicché, allatto della valutazione di ammissibilità e fondatezza delle riserve iscritte dallimpresa sui registri contabili, risulti ben chiara e presente lesigenza di svolgere le seguenti verifiche:
1) sussistenza dei presupposti per ottenere il riconoscimento dei danni prodotti dalla sospensione dei lavori, ai sensi dellart. 24 del d.m. LL.PP. n. 145/2000;
2) conformità della quantificazione del danno operata dallappaltatore, accertata con riferimento ai criteri indicati nel successivo art. 25, comma 2-lettere a), b), c), d), e comma 3;
3) riconsiderazione degli importi calcolati a titolo di spese generali infruttifere, lesione dellutile, ammortamenti e retribuzioni inutilmente corrisposte, qualora nel medesimo periodo di sospensione limpresa abbia ottenuto affidamenti aggiuntivi, traendone profitto.
In estrema sintesi, nellargomentare le controdeduzioni in merito alle doglianze dellimpresa, non ci si può limitare allanalisi dei soli elementi riportati nelle iscrizioni sugli atti contabili, dovendosi invece apprezzare nella giusta misura tutte le circostanze che si sono verificate nel corso della fase di esecuzione dellappalto, al fine di evitare la corresponsione di somme eccedenti leffettivo danno patito dallimpresa affidataria.
Dalle considerazioni svolte segue che,
1. al fine di assicurare sia il rispetto di tempestività ed economicità nella procedura dappalto, sia lesercizio di ogni necessaria azione di tutela nelleventualità di ritrovamenti archeologici, appare utile che le stazioni appaltanti valutino lopportunità di coinvolgere il competente organo preposto alla tutela sin dalla fase della progettazione preliminare, studiandone - dintesa con esso - le possibili modalità di concreta attuazione.
2. nel caso in cui il progetto di unopera insistente su area soggetta a vincolo archeologico venga sottoposto allesame della competente soprintendenza solo allatto della conferenza di servizi, lamministrazione appaltante ha lobbligo di rendere chiaro in ogni dettaglio il progetto presentato, così da consentire allorgano di tutela lespressione di un parere compiuto, sia esso pienamente favorevole oppure condizionato allo svolgimento di ulteriori indagini preventive. Il medesimo organo di tutela, per suo conto, dovrà in quella sede indicare con altrettanta chiarezza (anche e soprattutto al fine di determinare tempi e costi presuntivi) quali siano le condizioni da rispettare per poter dar corso allopera programmata, tanto nellipotesi in cui vi siano sufficienti risorse per effettuare campagne di scavo sotto la direzione scientifica della medesima soprintendenza, che nellopposta circostanza in cui possa realisticamente ipotizzarsi unicamente ladozione di soluzioni progettuali non interferenti con il sottosuolo archeologico.
3. nel caso di sospensione dei lavori connessa a ritrovamenti archeologici in corso dopera, il concreto rischio di una configurazione di maggiori oneri, conseguente alla protrazione temporale dellappalto, impone la massima sinergia tra la stazione appaltante e lorgano di tutela, al fine di adottare comportamenti e provvedimenti idonei, che tengano in giusto conto tanto la necessità di non arrecare pregiudizio ai reperti presenti nel sottosuolo, quanto lesigenza di limitare lentità degli eventuali danni che laffidatario potrà subire.
4. qualora alla sospensione dei lavori abbia fatto seguito linsorgenza di un contenzioso con limpresa esecutrice, oltre a rimarcare limportanza della corretta applicazione delle disposizioni contenute nellart. 133, commi 4 e 5, del d.p.r. n. 554/99, e negli artt. 24 e 25 del d.m. LL.PP. n. 145/2000, deve precisarsi che la disamina delle doglianze annotate sul registro di contabilità e la conseguente valutazione non potrà prescindere dalla conoscenza di tutte le circostanze di fatto intervenute durante lespletamento dellappalto, comprese quelle - non citate tra le riserve - che sono oggettivamente suscettibili di implicare una riduzione del danno lamentato.