Consiglio
di Stato, Sez. cons. atti normativi
Parere 20 dicembre 2002, n. 3608
Oggetto: Ministero per i beni e le attività culturali. Schema di decreto ministeriale avente ad oggetto "Regolamento recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore di attività teatrali, in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163".
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota n. 3101, in data 7 ottobre 2002, con la quale il Ministero per i beni e le attività culturali ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema in oggetto;
Viste la pronuncia interlocutoria resa dalla Sezione nella Adunanza del 28 ottobre 2002 e la relazione integrativa, con allegati, trasmessa dal Ministero, in ottemperanza alla stessa pronuncia interlocutoria, con nota n. 3239 in data 4 dicembre 2002;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore consigliere Giuseppe Barbagallo;
PREMESSO
Con la relazione trasmessa il 7 ottobre 2002, il Ministero per i beni e le attività culturali premetteva che la legge 30 aprile 1985, n. 163 ha istituito il Fondo unico per lo spettacolo, finalizzato al "sostegno finanziario a enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante...", prevedendo che il Fondo sia annualmente ripartito tra i diversi settori e che alle attività teatrali siano destinate quote " non inferiori al 15% "(artt. 1 e 2).
A disciplinare l'ausilio finanziario dello Stato ai soggetti operanti nel settore del teatro si era provveduto con la circolare ministeriale n. 25 del 9 maggio 1998, recante il titolo "Interventi a favore delle attività teatrali di prosa per la stagione 1998 /1999".
Successivamente era intervenuto il decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 492, il quale, all'articolo 8, aveva modificato la denominazione della Commissione consultiva per la prosa di cui all'articolo 1, comma 19, decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 545, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650, in Commissione consultiva per il teatro ed aveva disciplinato le funzioni di tale commissione.
Ai fini dell'attuazione delle norme primarie citate, in base all'articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 492 e nel rispetto del principio fissato dall'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, era stato adottato il regolamento di cui al decreto ministeriale 4 novembre 1999, n. 470, recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività teatrali, in corrispondenza degli stanziamenti del fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163.
La Amministrazione, con la prima delle due relazioni, rilevava che la disciplina contenuta in tale vigente regolamento era stata criticata da parte degli organismi operanti nel settore per la rigidità dei criteri, per l'eccessivo rilievo accordato alla valutazione quantitativa nella determinazione del contributo, per la gravosità dei presupposti e dei requisiti di ammissibilità.
Esponeva perciò il Ministero che, per tali considerazioni critiche, tenuto anche conto delle novità introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 di modifica del titolo V della Costituzione, esso aveva predisposto il nuovo schema di regolamento, limitandone l'efficacia sino al momento dell'entrata in vigore della legge "cornice" da approvarsi in conseguenza del nuovo riparto di attribuzioni legislative fra Stato e Regioni, stabilito dall'articolo 117 della Costituzione, come modificato dalla richiamata legge costituzionale. Gli elementi principali di novità del nuovo schema, che è suddiviso in cinque capi e 22 articoli, erano indicati nei seguenti:
- annualità del contributo;
- introduzione di una maggiore elasticità nei criteri di giudizio;
- maggior rilievo dato alle attività di formazione e di promozione e minor rilievo attribuito ai costi per compensi artistici, al fine di favorire una politica di contenimento del prezzo del biglietto;
- semplificazione e razionalizzazione delle procedure e revisione dei requisiti delle condizioni di ammissibilità.
Con la pronuncia interlocutoria del 28 ottobre 2002 la Sezione, rilevato che il preambolo dello schema faceva riferimento al parere della Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 ottobre 1997, n. 281, chiedeva che copia del documento contenente tale parere venisse prodotta dalla Amministrazione e che alla Conferenza venisse richiesto l'avviso sulle questioni concernenti la titolarità del potere regolamentare nella materia oggetto dello schema.
Si richiedeva quindi all'Amministrazione che, nell'ambito dell'approfondimento, volesse indicare il fondamento del potere regolamentare che intendeva esercitare con l'adozione dello schema in oggetto, considerando in proposito che la materia è disciplinata dal regolamento di cui al decreto ministeriale 4 novembre 1999, n. 470, legittimamente emanato prima della riforma costituzionale e attualmente in vigore per il principio di continuità e che quindi non appariva sussistere alcun vuoto legislativo da colmare.
La Sezione chiedeva di considerare specificamente che la clausola di cui all'articolo 22, comma 1, dello schema proposto, statuendo che il regolamento avrebbe avuto validità fino all'entrata in vigore della legge in materia di riparto di competenze tra lo Stato le Regioni e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, prevedeva una cedevolezza delle norme regolamentari rispetto ad una legge dello Stato; in proposito si rilevava che la futura legge dello Stato recante la disciplina della materia avrebbe travolto, per ciò stesso, sia le norme di principio che quelle di dettaglio e che, inoltre, l'adempimento dell'obbligo costituzionale per lo Stato di porre una disciplina, la quale consentisse alle Regioni di esercitare l'autonomia normativa loro riconosciuta dalla Costituzione, non poteva essere differito da una norma secondaria statale.
Con la relazione integrativa la Amministrazione fa presente che:
1) il testo dello schema normativo proposto è stato sostanzialmente concordato con le Regioni;
2) è urgente l'introduzione di una nuova disciplina sulle modalità di contribuzione;
3) la normativa proposta con lo schema in oggetto ha dichiaratamente carattere transitorio;
4) sullo schema in oggetto la Conferenza Stato- Regioni ha dato il proprio avviso favorevole nella seduta del 22 novembre 2002;
5) La Regione Toscana, in relazione all'intervenuto parere positivo della Conferenza Stato-Regioni sugli schemi di regolamento sui contributi alla danza e alla prosa, ha dichiarato che riteneva superati i motivi che l'avevano indotta a proporre ricorso per conflitto di attribuzioni alla Corte costituzionale per l'annullamento dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali n. 47 del 8 febbraio 2002 ("Regolamento recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività musicali, in corrispondenza degli stanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163") e n. 188 del 21 maggio 2002 ("Regolamento recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività di danza, in corrispondenza degli stanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163");
6) la stessa Adunanza generale, nel parere n. 5 del 2002, non ha completamente precluso l'esercizio della potestà normativa dello Stato in talune, limitatissime circostanze, quando ciò fosse indispensabile per assicurare che la disciplina di delicati settori non debba soffrire di pregiudizievoli soluzioni di continuità o vuoti normativi.
CONSIDERATO
Lo schema in oggetto concerne l'ipotesi di attribuzione di potere regolamentare al Governo, nella specie al Ministro per i beni e le attività culturali, da parte della norma primaria di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 492, anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, la quale ha attribuito la materia oggetto del potere regolamentare in questione alla legislazione concorrente (la circostanza che la disposizione costituzionale di cui all'articolo 117 non abbia autonomamente considerato lo spettacolo, che invece il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 faceva oggetto di apposita disciplina [capo VI del titolo quarto], distinta da quella relativa ai beni e attività culturali [capo V del titolo quarto], comporta che il nuovo articolo 117 della Costituzione abbia riportato la materia dello spettacolo a quella delle attività culturali; in tal senso è infatti la lettera della disposizione costituzionale secondo il sentire comune, che colloca lo spettacolo nell'ambito delle attività culturali. Comunque, la diversa opinione, secondo la quale la materia non rientrerebbe in quella delle attività culturali, con la conseguente attribuzione di tale materia alla legislazione esclusiva delle Regioni, non ha influenza sulla titolarità dell'esercizio del potere regolamentare di cui allo schema in oggetto).
La questione connessa a tale ipotesi è stata espressamente considerata e risolta con il parere n. 5 del 2002 della Adunanza generale del Consiglio di Stato, in base al sesto comma del nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione, introdotto dall'articolo 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ("La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione dello svolgimento delle funzioni loro attribuite"). Con tale parere il Consiglio di Stato ha così statuito: "La revisione costituzionale modifica dunque profondamente il sistema delle potestà normative e provvede, in questo quadro, all'attribuzione della potestà regolamentare allo Stato, secondo un criterio di stretta corrispondenza con la sua competenza legislativa esclusiva. Da ciò non può che discendere l'estinzione del potere regolamentare attribuito allo Stato su materie che non sono più di sua spettanza. Tale potere non permane infatti allo Stato, pur con limitazioni, adattamenti o perfino trasformazioni (ad esempio, riconoscendosi cedevolezza delle disposizioni secondarie emanate utilizzando la precedente fonte), poiché con l'entrata in vigore della nuova normativa costituzionale è stata trasferita la titolarità stessa del potere, e il suo eventuale esercizio da parte dello Stato implicherebbe la invasione di un campo ormai riservato alla competenza regionale... L'Adunanza generale ritiene che non sia esercitabile da parte dello Stato la potestà regolamentare su materie non riservate alla sua competenza legislativa esclusiva basata su una normativa primaria anteriore alla nuova Costituzione. Così come è precluso al legislatore statale, dopo la modifica del Titolo V, dare vita a nuove competenze regolamentari statali al di là delle aree attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello Stato".
La Sezione ritiene di dover seguire l'esposto orientamento anche nel caso in esame.
I dati e le argomentazioni offerti dalla Amministrazione con la relazione integrativa non apportano, infatti, elementi nuovi idonei a superare la perentorietà della tesi, secondo la quale, ad eccezione dell'ambito dell'attuazione dell'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti della Unione Europea, nessun potere regolamentare residua allo Stato nelle materie attribuite alla legislazione regionale concorrente o esclusiva.
Non può rilevare, infatti, la circostanza che sullo schema siano intervenuti il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni e il sostanziale assenso delle Regioni. Le attribuzioni costituzionali di competenza sono poste dalla Costituzione nell'interesse dell'ordinamento generale e di tutti i soggetti dell'ordinamento e non sono nella disponibilità dei soggetti ai quali la competenza è attribuita; in relazione alle norme attributive di competenza tali soggetti si trovano in una situazione di potere-dovere.
Neppure la circostanza che le disposizioni oggetto dello schema abbiano carattere di transitorietà può far venir meno l'illegittimità dell'esercizio del potere. Anzi, la stessa particolare struttura della transitorietà, come delineata nello schema proposto, porta ulteriori elementi alla tesi della mancanza di potere regolamentare in capo al Governo. La transitorietà, infatti, secondo l'articolo 1 dello schema, è destinata a cessare con l'entrata in vigore della " legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'articolo 117 della Costituzione " che " fissi criteri e gli ambiti di competenza dello Stato, delle Regioni e delle autonomie locali in materia di spettacolo ed il conseguente trasferimento della quota del Fondo unico per lo spettacolo riservata alle attività di prosa". Si avrebbe, secondo tale previsione, un esercizio di potere regolamentare da parte dello Stato volto a porre, in sostituzione delle Regioni, norme destinate a durare fino all'entrata in vigore della legge dello Stato. Dipenderebbe in definitiva dallo stesso Stato la durata della vigenza di norme da esso poste in ambiti di competenza regionale e ciò violerebbe la norma costituzionale sull'attribuzione delle competenze.
Va poi rilevato che nel parere n. 5 del 2002 è chiarito che il testo del nuovo titolo V della Costituzione ha lasciato uno spazio all'intervento della normativa statale relativamente al potere sostitutivo per l'attuazione e l'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione Europea e l'ultima parte del parere, alla quale si richiama l'Amministrazione, si riferisce all'ipotesi di attuazione in via regolamentare da parte dello Stato di norme comunitarie anche in materie di competenza regionale, con norme cedevoli all'esercizio del potere normativo regionale. Del resto, nel caso in esame, non si è neppure di fronte a quelle ipotesi di vuoto normativo incolmabile, che, nell'ordinamento costituzionale precedente la modifica del 2001, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 214 del 1985, consentivano l'intervento sostitutivo dello Stato con norme cedevoli. Nel caso in esame, infatti, la materia è completamente disciplinata dal regolamento di cui al decreto ministeriale 4 novembre 1999, n. 470, legittimamente emanato prima della riforma costituzionale e attualmente in vigore per il principio di continuità.
E' vero che attualmente l'esercizio del potere normativo regionale nella materia del finanziamento delle attività teatrali non può essere esercitato se non in base ad una legge statale di attuazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, per quanto riguarda le attività teatrali; ma ciò, come rilevato nel parere interlocutorio del 28 ottobre 2002, non implica il protrarsi della sussistenza di un potere regolamentare in capo allo Stato, ma determina l'urgenza dell'adempimento dell'obbligo costituzionale per lo Stato di porre una disciplina che consenta alle Regioni di esercitare il potere normativo loro attribuito dalla Costituzione.
Del resto, la stessa Amministrazione concorda sulla indispensabilità di un intervento normativo primario e riferisce che il Ministero, d'intesa con le Regioni, sta provvedendo a " tale importante iniziativa legislativa ".
P. Q. M.
Nei sensi esposti è da parere del Consiglio di Stato.
Per estratto dal verbale
Il Segretario della Sezione (Licia Grassucci)
Visto
Il Presidente della Sezione (Pasquale de Lise)