Nel maggio scorso, si è tenuto a Modena un convegno, nato dalla collaborazione tra l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l'Emilia Romagna Teatro - Fondazione, di cui il presente numero di Aedon raccoglie gli atti. Il titolo di questo convegno "Il diritto delle attività teatrali: profili civilistici e fiscali" non riflette una realtà ma indica una speranza: non esiste, infatti, a tutt'oggi un diritto delle attività teatrali.
I tempi sono però maturi per la creazione di un corpo organico di norme sullo spettacolo dal vivo in generale e per il teatro in specie. Sembra facile profezia affermare che negli anni venturi gli studi sul tema troveranno nuova linfa, e potranno assurgere a disciplina specifica ed a sé stante.
Attualmente, in cantiere vi è una delega molto ampia, praticamente una delega "in bianco", disposta dalla legge 6 luglio 2002, n. 137; all'art. 10 il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni legislative (anche) in materia di teatro, musica, danza e altre forme di spettacolo dal vivo.
Prima di questa legge delega, erano arrivate all'esame del Parlamento due proposte di legge, una della maggioranza e una dell'opposizione, che davano un nuovo assetto a tutto il settore non solo del teatro, ma dello spettacolo dal vivo. Secondo queste proposte, si doveva arrivare in tempi non lontani all'approvazione di una legge-quadro, che proprio per la sua fisionomia avrebbe lasciato (o avrebbe dovuto lasciare) ampi spazi alla normazione secondaria (di rango regolamentare), o alla legislazione delegata (gli sgravi fiscali previsti dalle proposte di legge avrebbero dovuto essere disciplinati da un decreto legislativo ad hoc). La delega era un po' generica in molti punti ed io non so se le sovvenzioni che i privati danno agli enti teatrali sarebbero state ulteriormente incentivate da questa riforma. Certo è che queste proposte di legge sul teatro, che avevano anche norme fiscali, avrebbero dovuto necessariamente collegarsi alla riforma fiscale generale.
Ora è arrivata la legge delega n. 137, e sembra che si debba ripartire da altre basi, anche se credo che molti spunti contenuti nelle proposte di legge confluiranno nella nuova disciplina.
Prima di questa annunciata riforma, che ci costringerà a ripensare la materia alla luce della nuova disciplina, è sembrato giusto fare il punto sul tema, per mettere in luce i molti problemi aperti. Lo status quo vale come premessa e spunto di riflessione per il "futuribile".
Si tratta di problemi quanto mai attuali. Penso, per esempio, ai riflessi sul teatro delle norme modificate del titolo V della Costituzione. L'art. 117 della Costituzione stabilisce la legislazione esclusiva dello Stato per la tutela dei beni culturali (comma 2, lett. s), ed una legislazione concorrente per la valorizzazione dei beni culturali e la promozione e l'organizzazione delle attività culturali (comma 3): al riguardo, si fronteggiano due diverse interpretazioni, che sono espressione di due diverse filosofie. Da una parte, c'è chi dice che la competenza legislativa in materia di beni culturali e, quindi, di spettacolo dal vivo, è tutta regionale; dall'altra, che è materia di competenza concorrente. Non è ancora del tutto chiara la strada che verrà effettivamente intrapresa, e si respira un'aria di attesa: fino a che punto le competenze dello Stato verranno effettivamente consegnate alle regioni? E quali conseguenze avranno le scelte compiute sullo spettacolo dal vivo? Non si capisce ancora, ad esempio, quale sia il ruolo che lo Stato voglia ancora avere nel settore; al momento, pare di cogliere qualche contraddizione, perché da un lato si proclama il federalismo, dall'altro si compiono però atti molto centralistici, anche al livello regolamentare.
Il convegno, e gli atti che ne sono espressione, si caratterizzano per la eterogeneità e la qualità dei contributi, anche critici, sempre stimolanti, che hanno toccato una molteplicità di argomenti. I lavori sono entrati nel vivo dei tanti problemi che il teatro sovvenzionato pone, mettendo a confronto esperienze diverse. Delle attività teatrali sono stati trattati infatti l'aspetto economico, l'aspetto giuridico civilistico e quello giuridico fiscale. Tutti e tre sono profili che in questo momento non sono in situazione di calma, di stasi. C'è un dinamismo in tutti i settori, una trasformazione anche radicale nei modelli organizzativi e nella concezione del fare, come è stato detto.
Gli spunti problematici sono vari; per esempio, nel settore economico, si è parlato di risorse pubbliche per lo spettacolo, e ci si è interrogati se esse siano veramente poche, e se non servano anche a fomentare una qualche forma di assistenzialismo che provoca una lievitazione irresponsabile delle spese; ci si è chiesti quale sia il valore, anche simbolico, dei finanziamenti e della certificazione, e quale posto occupi nella scala di valori la qualità dell'offerta.
Nel settore civilistico, è emerso che il modello "fondazione" è quello attualmente più utilizzato dagli enti teatrali; ma allo studio ci sono anche figure giuridiche nuove; si parla di società senza impresa e di fondazioni che hanno un profilo associativo, qualcosa a metà fra fondazione e associazione.
Sul piano fiscale, l'approccio alla materia è duplice: ci sono i teatri come soggetti passivi di imposta ed i teatri come beneficiari di sovvenzioni e contributi. E qui i profili sono tanti. E' chiaro che il teatro di per sé, l'attività teatrale di per sé non richiama direttamente e necessariamente un certo tipo di forma giuridica. Si può fare teatro per motivi di lucro, si può fare teatro senza motivi di lucro, con le forme giuridiche più diverse e, quindi, di riflesso, il trattamento ai fini reddituali ed impositivi in genere può essere diverso. Sono enti commerciali o enti non commerciali ai fini Irpeg? E il regime fiscale attuale è un regime di vero favor verso il teatro, o si può fare di più?
Di questo si è trattato nel corso di questo Convegno, così come dei problemi di tassazione indiretta e quindi di Iva, ma anche di Irap, e dei problemi collegati al "mecenatismo" (ed alle agevolazioni riconosciute ai privati che effettuano donazioni in denaro o in natura agli enti teatrali).
Il teatro esercita un fascino costante in chi lo vive da spettatore e suscita passioni forti e contrastanti in chi lo vive da addetto ai lavori. Gli aspetti giuridici che lo riguardano rimangono sovente in ombra. E' naturale che sia così. Perché al centro dell'attività del teatro vi è la passione degli attori, vi è il gusto dello spettacolo, la creazione e diffusione di arte e cultura. Ma un teatro ben gestito, ed una riflessione consapevole anche sui problemi che la legge (civilistica, fiscale, amministrativa) pone, è essenziale alla operatività della struttura, ne costituisce l'ossatura ineludibile.
Credo che un'iniziativa come questa, e gli atti che la rivista Aedon ospita, siano una base importante per riflessioni ulteriori, approfondimenti più maturi, iniziative future.