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Il percorso delle riforme

 

Il restauro e la manutenzione di beni culturali mobili
nel d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554

di Giacomo Santi



1. La ricomprensione dell'attività di restauro e manutenzione di beni culturali mobili e di superfici architettoniche decorate nell'ambito applicativo della Legge quadro in materia di lavori pubblici (legge 11 febbraio 1994, n. 109) come a più riprese modificata ed integrata [1], definito, sotto il profilo oggettivo, dall'art. 2, comma 1, dello stesso testo normativo [2], è stata salutata da più parti con notevole entusiasmo, quale espressione del passaggio da forme di affidamento assolutamente discrezionali (se non addirittura arbitrarie) fondate sul ricorso, generalizzato e non regolamentato, al cottimo fiduciario, ad un sistema caratterizzato da "regole certe, oggettive ed univoche" [3].

Non può comunque sottacersi come, sotto un profilo più strettamente sistematico e ricostruttivo, l'attrazione della tipologia prestazionale oggetto di analisi nell'ambito di un corpus normativo non solo tradizionalmente estraneo, ma altresì caratterizzato - a seguito della riforma Merloni - da scelte maturate con riferimento a settori merceologici non sempre assimilabili non può che destare qualche perplessità.

La decisione - fortemente auspicata da più parti - di optare per una disciplina "a duplice anima", caratterizzata, da un lato, dalla implicita qualificazione delle attività di restauro e manutenzione di beni culturali mobili e di superfici architettoniche decorate quale "lavoro pubblico", con conseguente sottoposizione alle norme della legge quadro, dall'altra dal tentativo di caratterizzare in senso peculiare la disciplina attuativa contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 [4] (in forza della previsione di cui all'art. 3, comma 6, lett. l), della l. 109/1994) di istituire specifici meccanismi di qualificazione degli operatori sul sistema generale disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34 [5] (manifestantesi nella istituzione della Categoria Speciale OS2) e di prevedere un'autonoma disciplina contrattuale di carattere generale [6], non risulta esente da qualche ambiguità.

Sotto un primo profilo, appare significativa della tendenza, riscontrata in molteplici ipotesi a livello sia normativo che interpretativo, di risolvere il problema dell'attuazione ai principi dell'art. 97 della Costituzione nel settore contrattuale, attraverso la sottoposizione (a volte anche forzata) alla disciplina dei lavori pubblici, nell'implicito presupposto del maggior grado di perfezione (e di rigore) della richiamata disciplina (sia procedimentale che sostanziale) rispetto alle ulteriori normative che disciplinano i procedimenti ad evidenza pubblica riferiti al settore merceologico del "servizi" [7].

Sotto altro profilo, il rigore che dovrebbe trasparire dalla scelta operata, come espressiva di una nuova attenzione al principio di concorrenzialità nel settore, risente di una quanto mai evidente "caduta di tono" in quanto previsto dall'art. 24, comma 1, lett. c) della l. 109/1994 che ammette l'affidamento a trattativa privata di commesse aventi ad oggetto il restauro e la manutenzione di beni culturali mobili e di superfici decorate fino ad un importo di 300.000 Euro; valore questo che, già a prima vista, appare di tutto rilievo (superiore addirittura alla c.d. "soglia comunitaria", 200.000 Diritti Speciali di Prelievo, relativa alla disciplina in materia di appalti pubblici di servizi). Né detta previsione appare temperata da un obbligo - imposto per ulteriori ipotesi di avvalimento della "trattativa privata" (art. 24, comma 1, lett. b), l. 109/1994) - di qualificare in senso maggiormente concorsuale detto meccanismo di affidamento tramite procedure di "gara informale" (o informale) fra un numero più o meno ampio di possibili esecutori; obbligo che sarebbe stato opportuno quanto meno per gli affidamenti di importo particolarmente significativo [8].

 

2. L'entrata in vigore del regolamento d.p.r. 554/1999 - luglio 2000 - ha comportato il superamento del regime normativo transitorio delineato dall'art. 38 della l. 109/1994, segnando il passaggio dal passaggio da un regime derogatorio in senso stretto ad un regime di natura speciale per il settore considerato. Con riferimento a detto testo normativo, dalle intenzioni del legislatore, la "specialità" doveva appalesarsi con riferimento alle "modalità di progettazione e di affidamento dei lavori" (art. 3, comma 6, lett. l) da disciplinare anche in senso difforme rispetto alla disciplina dell'art. 16 (attività di progettazione), 19 (sistemi di realizzazione), 20 (procedure di scelta del contraente) e 23 (licitazione privata e licitazione privata semplificata) della legge.

A detto regime speciale è dedicato il Titolo XIII del regolamento 554/1999 - Dei lavori riguardanti i beni culturali - suddiviso nel Capo I, recante la delimitazione dell'ambito applicativo della disciplina positiva e la precisazione dei concetti di "restauro" e di "manutenzione", ovvero delle categorie prestazionali oggetto di interventi qualificati come "lavori" con riferimento alle superfici architettoniche decorate ed ai beni mobili di interesse storico, artistico ed archeologico [9].

Del "restauro", l'art. 212, comma 3, da una definizione piuttosto ampia: esso viene definito come "una serie organica di operazioni tecniche specifiche indirizzate alla tutela e valorizzazione dei caratteri storico-artistici dei beni culturali e alla conservazione della loro consistenza materiale", ponendosi in linea, con qualche differenziazione, con la definizione generale di "restauro" contenuta all'art. 2, comma 1, lett. m) del regolamento [10]. Per contro, l'attività di "manutenzione" si distingue dal "restauro" per la tendenziale periodicità di esecuzione e la funzione preventiva rispetto ad inteventi meno superficiali che la contraddistinguono [11].

Anche con riferimento all'attività di restauro e manutenzione di beni mobili, il legislatore ha voluto enfatizzare il profilo progettuale (chiave di volta di tutto il sistema Merloni) quale profilo centrale nel ciclo di realizzazione dei lavori disciplinati al Titolo XIII. Ma si tratta di profilo che perde in parte i caratteri di rigidezza e tassatività propri della disciplina generale, caratterizzandosi, per contro, per un notevole tasso di flessibilità.

Detta flessibilità - che si configura talvolta come un vero e proprio "svuotamento" del principio posto dall'art. 16 della l. 109/1994, tanto che si potrebbe addirittura dubitare dell'effettività dello stesso nel settore dei beni culturali mobili - afferisce peraltro alla sola disciplina "sostanziale" in materia di progettazioni, mentre quella "procedimentale" (per scelta specifica del legislatore) resta soggetta a quanto disposto dall'art. 17, della l. 109/1994 e della relative norme attuative [12]. Si ricordi peraltro come il settore considerato dovrebbe essere uno di quelli in cui le amministrazioni appaltanti, prima di procedere al conferimento di un "incarico di progettazione" (inteso come appalto di servizi tecnici avente ad oggetto l'affidamento ad un professionista prescelto della redazione degli elaborati grafici e descrittivi relativi ad una dato lavoro) dovrebbero, preventivamente valutare l'opportunità di bandire "concorsi di progettazione" (aventi ad oggetto la redazione di un livello progettuale).

Il sistema fortemente derogatorio in punto di definizione progettuale trova primaria espressione nella "clausola di compatibilità" introdotta dall'art. 213, comma 4, del regolamento: al di là delle descrizioni contenute agli articoli 214, 215 e 216, l'esatta individuazione degli elaborati grafici e descrittivi costituenti il progetto è riservata al prudente apprezzamento del "responsabile unico del procedimento" [13] che, partendo dal c.d. "documento preliminare alla progettazione" dallo stesso redatto (documento che descrive la situazione tecnico-economico-giuridica al tempo dell'avvio della progettazione), dovrà definire quali degli elaborati indicati al Capo II del Titolo III del regolamento siano compatibili con riferimento al lavoro da eseguire ed "alla specificità dei beni su cui si interviene". Detta attività trova peraltro riscontro nello stesso art. 16, comma 2, della l. 109/1994, che ammette integrazioni o modificazioni rispetto alle prescrizioni normative da rispettare nella stesura della progettazione in ragione della tipologia e dimensione dei lavori.

I livelli in cui si articola l'attività di progettazione sono i tradizionali tre: preliminare, definitivo ed esecutivo, caratterizzati dalla progressiva specificità, al fine di predeterminare nel modo più compiuto attività e costi dell'intervento. Senonché, alla regola si giustappongono due rilevanti eccezioni: per l'attività di manutenzione, i livelli previsti sono i soli preliminare e definitivo, mentre, nell'ipotesi di restauro di beni mobili, è il "progetto definitivo" a non essere previsto.

Dalla tripartizione dei livelli progettuali (regola generale) alla bipartizione degli stessi, quindi, nell'ipotesi di attività di restauro e manutenzione di beni culturali mobili.

L'unico momento progettuale essenziale a tutte le attività, salvo quanto disposto nel successivo articolo 220, si sostanzia nella "progettazione preliminare" [14], la cui definizione nell'ambito di interesse si differenzia rispetto alla disciplina generale sui lavori pubblici. Essa consiste in una relazione illustrativa del quadro delle conoscenze e dei metodi di intervento: il progetto preliminare fotografa quindi lo stato esistente, la tipologia degli interventi, la stima dei costi e la copertura finanziaria, al fine dell'inserimento dell'intervento nell'elenco annuale di cui all'art. 14, della l. 109/1994. Peraltro, l'indicazione delle indagini reputate necessarie per la "conoscenza del manufatto e del suo contesto storico ed ambientale", indicate al comma 4 dell'art. 214, deve ritenersi meramente esemplificativa: è lo stesso successivo comma 5 che, disponendo che in relazione alle peculiarità del manufatto "il progetto preliminare può limitarsi a comprendere ... quelle indagini ... strettamente necessarie per una prima individuazione delle scelte di restauro e dei relativi costi di intervento", ammette la restrizione del livello preliminare ad apprezzamenti di natura non esaustiva al fine di evitare sovrapposizioni con il livello successivo di progettazione.

Il rilevante margine di apprezzamento in ordine ai contenuti della progettazione riservato al "responsabile unico" nel settore dei beni mobili di interesse storico-artistico trova significativa espressione anche nella disciplina relativa al livello definitivo [15], nell'ambito della quale il redattore si è limitato all'indicazione degli obiettivi da perseguire senza soffermarsi sulle analitiche elencazioni documentali che caratterizzano l'impostazione propria della riforma Merloni. Peraltro deve essere rilevato che, al pari delle elencazioni documentali, anche la generica individuazione di obiettivi non è tale da sfuggire alla critiche mosse dal Consiglio di Stato sull'intero impianto dello schema di regolamento, caratterizzato da una impostazione poco normativa e molto didattica, foriera di innumerevoli dubbi interpretativi in fase applicativa.

La definizione dettagliata dei tipi e delle modalità di intervento, dei costi e delle tecniche è infine oggetto della progettazione esecutiva, suscettibile di una redazione "per stralci successivi" [16].

Allo stesso modo, la progettazione esecutiva, redatta quale presupposto alla esecuzione dei lavori, può essere oggetto di successivi adeguamenti in corso di esecuzione "sulla base dei risultati delle operazioni compiute o dei rinvenimenti effettuati o dei sondaggi eseguiti" (art. 219). Problematico è peraltro il raccordo fra quanto previsto in detto articolo e la disciplina generale in materia di "varianti in corso d'opera" (art. 25, l. 109/1994), che, al di là del parziale parallelismo rinvenibile al comma 1, lett. b-bis) [17], si caratterizza in senso sicuramente più restrittivo rispetto alla "generica" previsione dell'art. 219.

Singolare è altresì quanto disposto dal comma 2 del medesimo articolo 219, laddove viene individuato in capo al progettista il potere di proporre gli "adeguamenti progettuali" necessari al fine della loro approvazione da parte degli organi competenti: di qui il rilievo che, in questo settore, il progettista mantiene una propria funzione attiva anche dopo l'inizio lavori, quale figura distinta rispetto al direttore dei lavori (salva, sotto il profilo sostanziale, l'identificazione delle due professionalità) [18].

Per quanto poi attiene alla progettazione dell'attività di manutenzione di beni culturali, oltre a quanto previsto dall'art. 213, comma 2, è ammessa, nella consueta ottica di flessibilità, la possibilità di procedere all'affidamento dei lavori prescindendo dalla redazione di un vero e proprio progetto, ma sulla base di una semplice "perizia di spesa", comprensiva di documenti ed elaborati tecnici essenziali [19].

 

3. Se, per quanto attiene la progettazione, è da riscontrare il tentativo - pur se talora aleatorio - di caratterizzare detta fase in termini parzialmente difformi rispetto alla disciplina generale, scelta opposta è stata operata con riferimento alle modalità di scelta degli appaltatori e di affidamento dei lavori per le quali non vi è stato l'avvalimento di quella facoltà di deroga discendente dall'art. 3 della l. 109/1994.

Emblematica, a tale riguardo, è la "didascalica" elencazione recata dall'art. 222 che non fa altro che "rammentare" sia i modelli di realizzazione (appalto, concessione di lavori pubblici e realizzazione in economia) sia i sistemi di affidamento disciplinati dalla legge Merloni (pubblico incanto, licitazione privata, anche semplificata, appalto concorso, trattativa privata).

Alcun riferimento, all'interno del regolamento, è riservato al c.d. "appalto integrato" (avente ad oggetto la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori pubblici), modello di esecuzione ammesso per lavori di "manutenzione" e "restauro" [20] che trova la propria disciplina attuativa (di carattere generale) all'art. 140 del regolamento. E' evidente peraltro che, data la non necessità di elaborare la progettazione esecutiva per le manutenzioni di beni culturali, in questa ipotesi si potrà fare ricorso all'"appalto integrato" unicamente nel caso in cui la stazione appaltante ravvisi comunque la necessità di una specificazione del progetto definitivo, da porre quale prestazione contrattuale a carico dell'appaltatore.

Le uniche due precisazioni rispetto al regime ordinario sono poste per l'appalto-concorso e l'esecuzione in economia.

Con riferimento al primo istituto, il rigoroso limite posto dall'art. 20, comma 4 della l. 109/1994 - che ammette l'appalto concorso unicamente "per speciali lavori o per la realizzazione di opere complesse ... la cui progettazione richieda il possesso di competenze particolari o la scelta tra soluzioni tecniche differenziate" viene riparametrato al settore dei beni culturali, prevedendone l'ammissibilità "solo per lavori di particolare entità e complessità di conservazione, di restauro, di adeguamento funzionale e strutturale e di valorizzazione" previa assunzione del parere (non vincolante) del Comitato tecnico-scientifico per i beni culturali ed ambientali.

Per quanto invece attiene al sistema delle "economia" [21] che, come già rilevato in precedenza, è stato, fino all'entrata in vigore del regolamento 554/1999, il meccanismo ordinario di esternalizzazione delle attività di restauro e manutenzione di beni mobili di valore storico-artistico, se ne registra il definitivo arretramento.

Il ricorso all'esecuzione in economia tramite il sistema del "cottimo fiduciario" - esprimentesi attraverso la stipulazione da parte del funzionario competente (e sotto la propria responsabilità) di una convenzione con un'impresa (di fiducia ovvero, come avviene attualmente, scelta sulla base di una gara ufficiosa) che assume il lavoro o la fornitura con l'obbligo di provvedere all'esecuzione, dietro un corrispettivo stabilito - è stato decisamente ridimensionato.

La limitata elencazione recata all'art. 88 del regolamento è stata - per quanto attiene al settore dei beni culturali - implementata dall'ulteriore ipotesi che legittima il ricorso al cottimo fiduciario alla sussistenza di un'"effettiva urgenza a provvedere, non dipendente da fatto della stazione appaltante". Ma, a ben vedere, il ricorso al sistema delle economie dovrebbe perdere intrinsecamente rilievo anche in relazione alla già accennata ampiezza del ricorso alla "trattativa privata diretta" nel settore del restauro e manutenzione dei beni culturali mobili.

La fase di esecuzione dei lavori di restauro/manutenzione non ha trovato, nel d.p.r. 554/1999, alcuna particolare disciplina specificativa di dettaglio. Le tradizionali figure presenti nel ciclo di realizzazione delle opere pubbliche (Direzione lavori e Collaudatore), già compiutamente disciplinate dal regolamento, vengono confermate (ove ce ne fosse bisogno) anche per gli appalti nel settore dei beni culturali, con le sola precisazione della necessità di una specifica qualificazione per il settore specifico del restauro di beni culturali [22].

Di rilievo particolare è infine il c.d. "consuntivo scientifico", intendendo con detto termine una relazione che deve essere obbligatoriamente redatta dalla Direzione dei lavori ad avvenuta realizzazione dell'intervento, finalizzata a riassumere i risultati culturali e scientifici raggiunti, con comparazione dello stato del manufatto "prima, durante e dopo l'intervento". Detta relazione, che deve essere conservata dalla committente e trasmessa in copia alla soprintendenza, costituisce il documento-base per qualsiasi intervento futuro sul manufatto.

 



Note

[1] In G.U.R.I, 19 febbraio 1994, n. 41, Suppl. Ord.; nonché, nel testo come modificato dal decreto legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 2 giugno 1995, n. 216 (in G.U.R.I., 2 giugno 1995, n. 302) e dalla legge 18 novembre 1998, n. 415, c.d. legge "Merloni-ter" (in G.U.R.I. 4 dicembre 1998, n. 284, Suppl. Ord. n. 199/L) in G.U.R.I. 5 ottobre 1999, n. 234, Suppl. Ord. n. 180/L.. In dottrina, fra gli altri e da ultimo, si v. AA.VV, La legge quadro in materia di lavori pubblici, a cura di A. Carullo e A. Clarizia, Padova, 2000; AA.VV., La riforma dei lavori pubblici, a cura di A. Angeletti, Torino, 2000; AA.VV., Commento alla legge quadro sui lavori pubblici sino alla "Merloni-ter", a cura di L. Giampaolino, M.A. Sandulli, A. Stancanelli, Milano, 1999; AA.VV., La nuova legge quadro sui lavori pubblici - Commentario, a cura di F. Caringella, Milano, 1999; AA.VV., Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni-ter), a cura di D. Tassan Mazzocco, C. Angeletti, M. Zoppolato, Milano, 1999.

[2] Cfr. art. 2, comma 1, l. 109/1994 secondo cui "ai sensi e per gli effetti della presente legge e del regolamento di cui all'art. 3, comma 2, si intendono per lavori pubblici ... le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti ... Nei contratti misti di lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50%"si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50 per cento".

[3] In tal senso M. Giacobbe Borelli, in Presentazione del Convegno Beni Culturali mobili e superfici architettoniche decorate: gestione di appalti e qualificazione di imprese, promosso dall'Associazione Restauratori d'Italia (Ari), dall'Associazione Conservatori Restauratori (Acr), dall'Associazione restauro Archivi e Biblioteche (Arab) e tenutosi a Roma, il 20 settembre 2000, presso la sala dello Stendardo del Complesso del di San Michele a Ripa, con il patrocinio del ministero per i Beni e le Attività culturali.

[4] In G.U.R.I., 28 aprile 2000, n. 98 Suppl. Ord., n. 66/L. Per i primi commenti, si v. AA.VV., L'attuazione della legge quadro sui lavori pubblici (a cura di L. Carbone, F. Caringella, G. De Marzo), Milano, 2000; ss.; AA.VV., Il regolamento della legge sui lavori pubblici, a cura di D. Tassan Mazzocco, C. Angeletti, A. Costantini, D. Galli, C. Guccione, F. Leggiadro, M. Zoppolato, Milano, 2000.

[5] In G.U.R.I., 29 febbraio 2000, n. 49, Suppl. Ord.

[6] Cfr. art. 3, comma 5, l. 109/1994, secondo cui "con decreto del ministero dei Lavori pubblici, emanato di concerto con il ministro per i Beni culturali ed ambientali, sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali, sono adottati uno o più capitolati speciali per i lavori aventi ad oggetto beni sottoposti alle disposizioni della legge 1 giugno 1939, n. 1089".

[7] Il principale riferimento è, chiaramente, al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (in G.U.R.I. 6 maggio 1995, Suppl. Ord.), come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 65 (in G.U.R.I 24 marzo 2000, n. 70) di attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi.

[8] La previsione di una mera facoltà di adottare il sistema della gara informale fra almeno 5 operatori anche nel caso in cui non sia imposta dalla legge (art. 78, comma 4, d.p.r. 554/1999), sebbene indicativa della volontà del governo, di fornire un indirizzo chiaro in ordine a future possibili prassi amministrative, appare comunque insufficiente a garantire il rispetto di quei principi che stanno alla base della ricomprensione degli appalti nei beni culturali all'interno del sistema Merloni.

[9] Per un primo commento al Titolo XIII del regolamento 554/1999, cfr. C. Guccione, I beni culturali, in AA.VV., Il regolamento della legge sui lavori pubblici, a cura di D. Tassan Mazzocco, C. Angeletti, A. Costantini, D. Galli, C. Guccione, F. Leggiadro, M. Zoppolato, cit., 561 ss.; L. Tarantino, Beni culturali e progettazione, in AA.VV., L'attuazione della legge quadro sui lavori pubblici, a cura di L. Carbone, F. Caringella, G. De Marzo, cit., 777 ss.

[10] Cfr. art. 2, comma 1, lett. m), d.p.r. 554/1999: "restauro: l'esecuzione di una serie organica di operazioni tecniche specialistiche ed amministrative indirizzate al recupero delle caratteristiche di funzionalità e di efficienza di un'opera o di un manufatto".

[11] Cfr. art. 212, comma 4, d.p.r. 554/1999.

[12] A tal proposito cfr. il Titolo IV del d.p.r. 554/1999, Affidamento dei servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria.

[13] Cfr. art. 7, l. 109/1994, succ. mod. integr.

[14] Cfr. art. 214, d.p.r. 554/1999.

[15] Cfr. art. 215, d.p.r. 554/1999: "il progetto definitivo studia il bene con riferimento all'intero complesso ed al contesto ambientale in cui è inserito; approfondisce gli apporti disciplinari necessari e definisce i collegamenti interdisciplinari; definisce gli indirizzi culturali e le compatibilità fra progetto e funzione attribuita al bene attraverso una conoscenza compiuta dello stato di fatto; configura nel complesso un giudizio generale volto ad individuare le priorità, i tipi e i metodi di intervento con particolare riguardo ai possibili conflitti fra l'esigenza di tutela e i fattori di degrado".

[16] Cfr. art. 216, d.p.r. 554/1999.

[17] Quale ipotesi generale di ammissione a variante in corso d'opera è difatti prevista la "presenza di eventi inerenti la natura e specificità dei beni sui quali si interviene verificatasi in corso d'opera, o di rinvenimenti imprevisti o non prevedibili nella fase progettuale".

[18] Cfr. art. 27, l. 109/1994.

[19] Cfr. art. 220, d.p.r. 554/1999.

[20] Cfr. art. 19, l. 109/1994.

[21] Si tratta di sistema di esecuzione di lavori pubblici (esteso altresì all'acquisizione di forniture e di servizi) alternativo e distinto rispetto all'appalto ed alla concessione di lavori pubblici (dottrina consolidata, cfr. A. Cianflone, G. Giovannini, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1998, 103 ss.), idoneo per lavori di piccola mole che non richiedono notevoli mezzi d'opera né speciali attrezzature tecniche ovvero per lavori, comunque di importo limitato, che presentino una certa continuità di esecuzione, quali quelli di manutenzione (A. Cianflone, G. Giovannini, op. cit., 104).

[22] L'art. 224 del d.p.r. 554/1999 dispone che sia l'ufficio di direzione dei lavori sia l'organo di collaudo devono comprendere "un restauratore con esperienza almeno quinquennale in possesso dei requisiti di cui all'art. 8, comma 11, sexies, della legge".



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