1. L'art. 10, come suggerito nel parere del Consiglio
di Stato sul progetto di Testo Unico, è stato posto all'inizio della
Sezione III del Capo I del Titolo I dedicata alle disposizioni generali in
quanto "norma cardine" che definisce l'ambito di applicazione dei
successivi capi del Titolo I concernenti la disciplina dell'uso e del godimento
dei beni culturali.
Come norma generale sull'ambito di applicazione della disciplina dell'uso e godimento dei beni culturali l'art. 10 può considerarsi norma nuova rispetto alle disposizioni specifiche già contenute a fini analoghi, ma più limitati, nella l. 1 giugno 1939, n. 1089 (si vedano in particolare gli artt. 12, comma 1, e 15).
Peraltro, come le precedenti disposizioni specifiche, l'art. 10 si deve considerare principalmente come una norma di raccordo fra le norme concernenti la tipologia e l'individuazione dei beni culturali e quelle relative alla disciplina dei beni stessi: nel caso oggi l'art. 10 rappresenta la norma generale di raccordo fra le prime due Sezioni del Capo I dedicate alla tipologia e all'individuazione dei beni culturali ovvero all'oggetto della tutela prevista e i restanti Capi del Titolo che regolano forme e limiti della tutela stessa.
Come norma di raccordo l'art. 10 va quindi letto e interpretato alla luce delle disposizioni precedenti sulla tipologia e sull'individuazione dei beni, a cui esso fa d'altronde specifico e diretto rinvio con formule tuttavia giustamente definite "criptiche" dallo stesso Consiglio di Stato nel ricordato parere.
2. Ora, cercando di leggere in modo coordinato l'art. 10 con le norme precedenti (in particolare con gli artt. 2, 5 e 6) del Testo Unico sembra di poterne desumere i seguenti criteri generali in ordine all'applicazione delle norme sull'uso e godimento dei beni contenute nei restanti Capi del Titolo I.
In primo luogo, quanto ai beni mobili e immobili di interesse artistico, storico, archeologico o demo-etno-antropologico (contemplati dall'art. 2, comma 1, lett. a), si può osservare come l'art. 10, commi 1 e 2, distingua di per sé sul piano letterale fra beni di proprietà pubblica e beni di proprietà privata, stabilendo poi che le norme dei successivi Capi si applichino nel loro insieme ai beni di proprietà pubblica (e ciò quindi indipendentemente anche dal fatto che essi siano o meno inclusi negli elenchi e denunce previste, come sancito già dal comma 5 dell'art. 5). Mentre per i beni di proprietà privata l'art. 10 stabilisce che gli stessi beni sono sottratti all'applicazione delle norme del Capo II, Sezioni I e II, e del Capo III, Sezioni I e II, rispettivamente dedicate ai controlli sulla conservazione e al restauro dei beni e alla circolazione in ambito nazionale, fin a quando non sia intervenuto e (come il testo precisa) notificato il provvedimento di dichiarazione di cui all'art. 6.
Se tuttavia si legge quanto previsto dall'art. 10 alla luce delle norme con cui esso si raccorda, la netta distinzione fra beni di proprietà pubblica e beni di proprietà privata che l'articolo enuncia, per quanto incontestabile sul piano letterale, difficilmente sembra reggersi su di un piano di coordinamento sistematico.
Quasi sicuramente nei "beni di proprietà pubblica" per i fini di cui all'art. 10 (come per il passato) devono ricomprendersi anche i beni di proprietà "delle persone giuridiche private senza fine di lucro " per i quali l'art. 5 detta modalità di individuazione uguali a quelle dei beni degli enti pubblici (trasmissione di elenchi o denunce integrative), senza che sia contemplata l'apposita dichiarazione di cui all'art. 6. Inoltre, i medesimi beni, per espressa disposizione del cit. comma 5 del medesimo art. 5, sono anch'essi "comunque sottoposti alle disposizioni" del Titolo I "anche se non risultano compresi negli elenchi e nelle denunce previste".
Per contro, nei "beni di proprietà privata", ai fini di cui all'art. 10, si deve quasi sicuramente ritenere che vadano più precisamente ricompresi solo i beni dei soggetti privati (persone fisiche, enti con fini di lucro) diversi dai soggetti contemplati nell'art. 5 comma 1 e per i quali soli è previsto il provvedimento di dichiarazione di "interesse particolarmente importante" ai fini della successiva applicazione delle ricordate norme sull'uso e il godimento dei beni. D'altronde, l'art. 6 significativamente aggiunge al comma 3 che "gli effetti della dichiarazione sono stabiliti dall'articolo 10".
Tutto ciò rilevato, è difficile peraltro non constatare l'evidente scoordinamento sul punto fra l'art. 10 e le altre norme con esso correlate per la medesima categoria di beni. Il che dovrebbe consigliare, nella prevista revisione del testo unico di identificare, in modo univoco, i soggetti di appartenenza di tali beni in ordine sia alle modalità di individuazione dei beni stessi, sia all'applicabilità delle relative norme di tutela.
3. Minori difficoltà di coordinamento presentano invece le altre previsioni dell'art. 10. Secondo il medesimo articolo gli immobili aventi interesse particolarmente importante per il loro riferimento alla storia (art. 2, comma 1, lett. b) e le collezioni che rivestono "come complesso un eccezionale interesse artistico o storico" (art. 2, comma 1, lett. c) sono sottoposte come tali, quale che ne sia il proprietario, alla disciplina dei Capi seguenti del Titolo I solo sia intervenuto e sia stato notificato il provvedimento di dichiarazione. Il che collima con quanto previsto dai predetti commi dell'art. 2 circa tali beni.
Quanto ai beni archivistici, l'art. 10 distingue di nuovo i beni a seconda della proprietà, stabilendo che la normativa dei restanti Capi del Titolo I si applica nel suo insieme ai beni archivistici in quanto di proprietà dello Stato o di enti pubblici (art. 2, comma 4, lett. a e b), mentre i beni archivistici di proprietà privata (art. 2, comma 4, lett. c) sono sottratti alla disciplina sulla conservazione, il restauro e la circolazione in ambito nazionale fin a quando non sia intervenuta la notifica della dichiarazione " di notevole interesse storico" dei beni stessi a norma del cit. art. 6, comma 2.
Peraltro nel caso dei beni archivistici le norme citate sulla tipologia e l'individuazione dei beni stessi distinguono in maniera perfettamente collimante fra beni di proprietà pubblica e beni di proprietà privata senza distinguere fra categorie diverse di soggetti privati, come invece gli artt. 5 e 6 fanno per i beni storico-artistici e assimilati.
Infine, per i beni librari, nel silenzio dell'art. 10, trattandosi di categoria composita secondo la tipologia dei beni di cui all'art. 2, si deve ritenere che l'applicazione dei restanti capi del Titolo I segua le regole proprie di ciascuna sottocategoria di beni previsti dal comma 5 dell'art. 2.
Le raccolte librarie della biblioteche dello Stato e degli enti pubblici saranno sottoposte ad applicazione immediata dell'intera disciplina, mentre per le raccolte librarie appartenenti a privati, rientrando queste tra le collezioni (combinato disposto art. 2, comma 3, e art. 2, comma 1, lett. e), varrà la regola dell'avvenuta notifica della dichiarazione del loro "eccezionale interesse culturale" al pari di quanto previsto per le collezioni stesse.
A loro volta i manoscritti, autografi, carteggi, documenti notevoli, incunaboli, stampe, incisioni aventi carattere di rarità e pregio (art. 2, comma 2, lett. c) e le carte geografiche e gli spartiti musicali (art. 2, comma 2, lett. d) rientrando fra i beni di interesse storico-artistico ed assimilati si deve ritenere che siano sottoposti all'applicazione differenziata della disciplina dei Capi seguenti a seconda dei soggetti di appartenenza (pubblici e privati senza fine di lucro da un lato, altri soggetti privati dall'altro).
Anche al riguardo dei beni librari tuttavia un migliore coordinamento fra la definizione dei beni stessi contenuta nell'art. 2, comma 5, e quanto disposto (o non disposto) nell'art. 10 in ordine all'applicabilità delle norme sull'uso e il godimento dei beni sarebbe stata auspicabile.
Va da ultimo tenuto presente che i disposti dell'art. 10 sull'applicazione della disciplina di tutela vanno in generale integrati con quanto stabilisce il comma 4 dell'art. 7, secondo cui la comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione comporta già di per sé in via cautelare l'applicazione delle disposizioni della Sezione I del Capo II (controlli sulla conservazione) e della Sezione I del Capo III (alienazione in ambito nazionale).
4. L'art. 10 come norma di raccordo e di rinvio di portata generale ai restanti Capi del Titolo I pone poi (a differenza delle disposizioni specifiche della l. 1089/1939 che esso sostituisce) un altro ordine di problemi: se tutte le norme cui l'articolo fa rinvio siano egualmente applicabili alle diverse categorie di beni cui l'articolo stesso fa riferimento.
Si tratta peraltro di un ordine di problemi che in questa sede non è possibile affrontare in maniera analitica. Si deve ritenere tuttavia, a titolo di criterio interpretativo di massima, che deve essere sempre verificata preliminarmente la compatibilità della norma, dichiarata in generale applicabile dall'art. 10, con la categoria e le modalità di individuazione dei beni stessi.
Va d'altronde notato che non poche delle norme, a cui l'art. 10 fa generale rinvio, contengono già in sé l'indicazione dello specifico ed esclusivo ambito di applicazione, benché talora sia difficile accertarne la coerenza con le norme generali degli artt. 2, 5, 6 e 10 considerate. Si veda ad es. l'art. 55, comma 3, che sottopone ad autorizzazione l'alienazione non solo dei beni storico-artistici ed assimilati appartenenti a persone giuridiche private senza fine di lucro, ma anche quelli di interesse storico indiretto e gli archivi appartenenti agli stessi soggetti senza alcun apparente riferimento all'avvenuta notifica della relativa dichiarazione.