1. Le disposizioni di questo articolo sono mutuate dall'art.
1, commi 2 e 4, della legge
25 marzo 1997, n. 78 sulla soppressione della tassa d'ingresso nei musei
statali (tassa che era prevista nientemeno che da una legge del 1885).
La soppressione della tassa non implica la gratuità dell'ingresso nei musei e negli altri luoghi previsti dall'art. 99 del presente T.u. La "regola" è quella del pagamento di un biglietto. Il biglietto non è, come insegnava la meno recente dottrina, una condizione per l'ammissione all'uso del bene pubblico: è il corrispettivo di un servizio a domanda individuale del quale il bene è solo l'infrastruttura (il bene aziendale) attorno alla quale viene organizzata una complessa attività di gestione, manutenzione, acquisizione. Se non si vuol parlare di corrispettivo di un servizio (criterio che in qualche caso potrebbe giustificare per il biglietto un prezzo altissimo), occorre pur sempre che l'utente concorra ai costi di organizzazione e gestione del servizio. In questa prospettiva il biglietto non è un prezzo, ma un contributo del privato utente alla copertura dei costi di una prestazione pubblica.
La materia è ripartita (come nella legge 78) fra legge e regolamento (il regolamento di cui all'art. 12 del presente t.u.). Spetta al regolamento stabilire i casi di libero accesso e di accesso gratuito. Poiché "di regola" è prescritto il pagamento di un biglietto, i casi di accesso libero o gratuito devono costituire l'eccezione. Compete sempre al regolamento stabilire le categorie di biglietti e i criteri per la determinazione del relativo prezzo, le modalità di emissione, distribuzione, vendita e riscossione del corrispettivo: con l'impiego ove possibile di nuove tecnologie informatiche, con ricorso alla prevendita e vendita presso terzi.
La gestione
della biglietteria può essere affidata a terzi mediante
convenzione. A differenza del successivo art. 113 sulla concessione
di servizi accessori non vengono qui richiamate le "vigenti
disposizioni in materia di appalti di servizi". Ma anche
nel nostro caso di un appalto di servizi si tratta: di conseguenza
trova applicazione ai fini della scelta del contraente il
d.lg. 157/1995 (attuazione della direttiva 92/50/Cee in materia
di appalti pubblici di servizi) se l'importo dell'appalto
supera i 200.000 Ecu (art. 1 d.lg. cit.). I servizi culturali
sono infatti inclusi nell'elenco (all. B) annesso al decreto
legislativo 157. Se invece l'importo dell'appalto è
inferiore alla soglia comunitaria, trova applicazione la normativa
generale di contabilità (artt. 36 ss. r.d. 827/1924).
Si rinvia sul punto al commento all'art. 113 par. 3.
2. I proventi della biglietteria
sono destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali (tale
è "l'adeguamento strutturale e funzionale" dei locali richiamato
nel terzo comma), alla predisposizione di misure di sicurezza nonché
all'espropriazione e all'acquisto di beni di interesse storico e artistico.
Le somme introitate, detratti gli oneri derivanti dalle convenzioni, vengono
riassegnate dal ministro del tesoro alle competenti unità previsionali
di base dello stato di previsione del ministero dei beni e delle attività
culturali. In altre parole, i proventi della biglietteria vengono a confluire
in un calderone comune al quale si attinge per la copertura di spese che potranno
riguardare altri musei o gallerie o beni culturali: sicché non saranno
più identificabili, una volta confluite in quel calderone, le risorse
necessarie a coprirle né potrà essere individuata la loro provenienza.
Un tale criterio, mutuato dall'art. 3 della l. 332/1985 come sostituito dall'art.
5 della l. 431/1990, è diverso da quello previsto per i canoni e i
corrispettivi dei servizi aggiuntivi (artt. 112 e 113): l'importo di questi
ultimi, in misura non inferiore al 50%, viene infatti assegnato all'istituto
di provenienza (art. 117 comma 2). Un incentivo del genere manca, invece,
nella norma in commento, per quanto riguarda la biglietteria. Per la singola
struttura è indifferente che si vendano in un anno 1000 biglietti o
un milione di biglietti: perché i proventi non andranno comunque alla
struttura (se non nella forma della compartecipazione alla divisione dei proventi
della biglietteria nazionale) [1].
3. In attuazione dell'art. 1 comma 2 della l. 78/1997 è stato emanato il d.m. 11 dicembre 1997, n. 507 (regolamento recente norme per l'istituzione del biglietto d'ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali dello Stato). È da ritenere che, nelle more dell'emanazione del regolamento previsto dall'art. 12, il regolamento attuale rimanga in vigore. Del regolamento attuale appare accettabile l'indicazione della tipologia dei biglietti (biglietto unico, biglietto cumulativo, biglietto integrato, art. 1). Più discutibile è la determinazione di un tetto a favore del concessionario del servizio di biglietteria (15%: così l'art. 2 comma 4). Il tetto potrebbe in qualche caso scoraggiare i privati contraenti a stipulare convenzioni del genere (quando le prospettive di introito non sono esaltanti); col risultato di mantenere in vita gestioni pubblicistiche fallimentari fondate sull'incuria. Del tutto criticabile è poi il criterio prescelto per stabilire il libero ingresso. L'art. 4 del regolamento autorizza l'ingresso libero nei luoghi i cui introiti siano inferiori alle spese di riscossione, calcolate sulla base dei costi diretti ed indiretti sostenuti dall'amministrazione nell'anno precedente. Il riferimento ai costi storici (anziché a costi standard) rischia di estendere la libertà di ingresso a casi in cui le spese di gestione sono abnormi per un eccesso di personale: e quindi di aggravare le conseguenze di una cattiva amministrazione, facendo venir meno anche i magri proventi della biglietteria. Una gestione malaccorta delle risorse umane può produrre, a cascata, l'effetto di troncare anche il flusso degli introiti dei biglietti di ingresso.
[1] Sul problema della autosufficienza dei musei cfr. M. Ainis, Lo statuto giuridico dei musei, in Riv. Trim. Dir. Pub., 1998, 7.