L'art. 20 conclude la Sezione III del Capo I, dedicata alle "disposizioni generali e transitorie". Si tratta della disposizione "internazionale" del Testo Unico, mirata ad assicurare il raccordo della normativa nazionale con le convenzioni internazionali sulla materia.
È una delle poche disposizioni originali del Testo Unico, che in effetti ha rispettato il criterio della legge delega di prevedere innovazioni o modificazioni solo per quanto strettamente necessario per il coordinamento formale e sostanziale della varia normativa.
Nel caso degli atti internazionali in tema di beni culturali, il governo ha dato un'interpretazione restrittiva della delega, preferendo non sistemare nel Testo Unico le convenzioni internazionali in quanto considerate non strettamente correlate al corpo base della normativa che si è voluto consolidare. Da qui l'esigenza di assicurare almeno un criterio generale di coordinamento con i principi ivi contenuti, affidato alla norma in commento.
La scelta del legislatore delegato è assai controvertibile, unendo aspetti di indubbio interesse con altri che mostrano i limiti e le ambiguità del nuovo testo unico e, più in generale, della nostra normativa sui beni culturali.
È certamente importante il rilievo dato ai principi del diritto internazionale dei beni culturali, la cui importanza è contenutamente crescente. L'Italia, che è allo stesso tempo uno dei più importanti "paesi fonte" e "paesi mercato" - nella accezione di J. Merryman [1] - è ovviamente interessata in modo diretto alla piena operatività delle norme internazionali tanto per l'attività di tutela che per quella di valorizzazione.
La nostra partecipazione alle organizzazioni internazionali più direttamente interessate alla tematica dei beni culturali (come l'Unesco e il Consiglio d'Europa) è particolarmente attiva, ed importante anche l'appoggio dato ad associazioni operanti per la stessa materia come Unidroit. Appare dunque coerente che nel Testo Unico una delle poche disposizioni originali previste sia finalizzata a coordinare la nostra disciplina con le convenzioni internazionali della materia.
Altro aspetto positivo è la chiara distinzione tra le convenzioni internazionali - cui si riferisce appunto l'art. 20 in commento - e gli atti della Comunità europea, direttamente applicabili come i regolamenti o trasposti in legge nazionale, come le direttive - oggetto invece di altre parti del Testo Unico, come gli artt. 72 e seguenti.
La distinzione è ovviamente ben nota agli specialisti, ma non ancora del tutto avvertita dagli operatori e dalle stesse burocrazie interessate; da qui l'opportunità, ai fini della certezza del diritto e della garanzia di altri principi (come il legittimo affidamento e la proporzionalità), di distinguere tra disciplina "internazionale" e disciplina "comunitaria", tanto primaria quanto derivata.
Accanto a questi aspetti positivi della norma in commento, occorre tuttavia aver ben presenti anche i suoi limiti. Anzitutto, appare dubbia in via generale la scelta del legislatore delegato di escludere dalla sistemazione nel testo unico tutte le, o parte delle, convenzioni internazionali della materia.
Sappiamo dalla relazione allo schema di decreto legislativo che il governo ha preferito consolidare le principali leggi sui beni culturali, ma ha poi individuato come tali solo atti normativi nazionali (per una parte, di trasposizione di direttive comunitarie, come negli artt. 71 e seguenti).
Tale scelta non soltanto non era ineluttabile - dato il criterio di delega molto ampio, che si riferiva a "tutte le disposizioni legislative in materia" - ma esprime una gerarchizzazione della normativa ove quella prettamente nazionale mantiene un ruolo primario. In effetti, aver considerato meritevoli di sistemazione in testo unico solo leggi nazionali e comunque diverse da quelle di ratifica di convenzioni internazionali, evidenzia nitidamente che queste ultime sono considerate eccentriche rispetto al "cuore" nazionale della normativa sui beni culturali.
In secondo luogo, la portata della disposizione in esame appare ridotta rispetto alle effettive potenzialità. La formulazione dell'art. 20 - rimasta immutata sin dall'iniziale schema di decreto legislativo - si riferisce infatti "ai principi di cooperazione tra Stati, anche nell'ambito di organizzazioni internazionali, stabiliti dalle convenzioni...". Non si tratta dunque di conformare l'attività di tutela e valorizzazione a tutti i principi stabiliti dalle convenzioni internazionali, ma solo ai "principi di collaborazione tra Stati", che, rispetto ai primi, sono intuitivamente di diversa e minore portata. Nello stesso senso, occorre tener conto che nell'ambito dell'Unione europea un impegno analogo è già sancito - con l'autonoma e più forte garanzia propria del diritto comunitario - all'art. 10 (ex art. 5) del Trattato CE.
La norma in commento non appare, dunque, particolarmente significativa del "principio internazionalista" in tema di beni culturali, ma, al contrario, esprime il perdurante approccio nazionale delle istituzioni italiane che, da un lato, subiscono le iniziative comunitarie; dall'altro, tendono ad emarginare la rilevanza delle convenzioni internazionali anche quando, paradossalmente, il nostro Paese ne è stato uno dei promotori [2].
I limiti ora rilevati non devono però essere enfatizzati. Il consolidamento di parte della legislazione in materia non determina formalmente un "disvalore" della restante normativa, che mantiene inalterata la sua forza giuridica attiva e passiva. Ove dunque si ponessero particolari problemi di compatibilità con la disciplina risultante dalle convenzioni internazionali, al di là dei principi sulla cooperazione tra Stati, andrebbero risolti secondo le regole usuali non avendo il testo unico alcuna forza superiore.
Merita
infine rilevare che la mancata sistemazione in testo unico
delle molte convenzioni sulla materia lascia aperto il problema
del completamento del testo unico nel prossimo futuro, con
una nuova delega ad hoc. In effetti, sono ormai numerosissime
le convezioni internazionali rese esecutive in Italia, per
la cui conoscenza e piena operatività risulterebbe
assai efficace un coordinamento normativo.