Sommario: 1. Introduzione. - 2. Le prestazione dal lato della domanda: aspetti sostantivi. - 3. Il monitoraggio delle performances di domanda: aspetti metodologici. - 4. Innovazioni amministrative, processo di budgeting e rappresentazione contabile del Museo: problemi procedurali. - 5. Una ricostruzione delle performances economico-finanziarie. 6. Conclusioni.
L'estensione del discorso economico alle organizzazioni museali è fenomeno ormai acquisito nei suoi tratti essenziali, per quanto motivo di incomprensioni e conflitti tra esperti di diversa matrice culturale [1].
Tuttavia, affinché l'allargamento di logiche economiche e manageriali non si riduca a sterile esercizio ideologico, è bene rendere esplicite le difficoltà di un tale processo. Senza rifugiarsi nella facile accusa delle altrui colpe e carenze - pur esistenti: la tendenziale chiusura di non pochi museologi, specie italiani, su questi aspetti; l'incapacità a ragionare in termini organizzativi; il totale orientamento a valori professionali sostantivi piuttosto che a quelli procedurali e gestionali, e così via - è forse opportuno analizzare le difficoltà che una applicazione della logica "del management" incontra per sua stessa natura.
Esempio cruciale di questa difficoltà è l'intero dibattito sull'autonomia dei musei nel nostro paese, che si dimostra assai più complesso e controverso di quanto non possa sembrare. Infatti il termine stesso autonomia può evocare differenti ragionamenti e schemi mentali in relazione alle caratteristiche di fondo della matrice culturale di chi ne parla. È troppo facile cadere in caricaturizzazioni parlando in astratto, ma con riferimento alla soprintendenza (cosiddetta) autonoma di Pompei il ragionamento dovrebbe diventare più chiaro: per il giurista il fatto in sé di aver definito la norma risolve il problema (quante volte parlando di Pompei sembra che tutto sia ormai risolto perché ormai "c'è l'autonomia"!); per l'economista una nuova struttura di incentivi a cui si affianca l'intervento regolatore e di valorizzazione della programmazione ministeriale esaurisce buona parte dell'argomento.
L'aspetto più interessante e che forse può apportare più contributo al dibattito dell'impostazione aziendale/manageriale - prospettiva seguita da chi scrive - è invece analizzare in via contestuale gli impatti, le implicazioni, le condizioni all'azione che la nuova norma (la legge sull'autonomia) può effettivamente porre in essere. E da questo punto di vista si può dimostrare quanto "l'autonomia" di Pompei sia parziale, contraddittoria, una riforma "zoppa" proprio perché non consente nel concreto il rispetto delle condizioni base per quello che un aziendalista intende nel concetto di "autonomia" (con un pizzico di suspense sia concesso di rimandare il lettore a Zan e Paciello [2]; si ricorda solo che nella nuova situazione la soprintendenza dovrebbe gestire al massimo un 20-30% delle risorse spese per Pompei).
Esula dagli obiettivi del presente articolo illustrare i caratteri di fondo degli approcci aziendali/manageriali: ci si limita piuttosto a richiamare alcuni passaggi in cui si articola il discorso sull'autonomia in questa prospettiva, in particolare nell'ottica del controllo di gestione.
Innanzitutto va sgombrato il campo da una possibile confusione: autonomia (gestionale) non significa autosufficienza economica. Piuttosto presuppone la strutturazione delle relazioni tra singoli gestori (ad esempio direttori dei musei) e entità superiori (in via astratta dal Trust, al ministero, al comune). Presuppone cioè l'applicazione di una logica di responsabilizzazione economica di chi dirige il museo di fronte al proprio interlocutore istituzionale; logica cioè della definizione e perseguimento di obiettivi a fronte di assegnazione di risorse di cui si deve rendere conto: che è in sé l'essenza del "discorso del maneggio", del management[3]. In questo senso, alla generica nozione di "autonomia" chi scrive preferisce il termine "managerializzazione".
In realtà, potrebbe anche darsi - e spesso è il caso - che il museo (o un'altra organizzazione nel comparto dei beni culturali) sia strutturalmente in deficit: sarebbe comunque possibile definire la misura e i modi di questa situazione deficitaria e delle connesse scelte gestionali, piuttosto che subire il tutto passivamente e in modo non consapevole.
Ma c'è un elemento centrale che si dimostra necessario in questa prospettiva: una chiara ed esplicita (almeno a grandi linee) definizione dei risultati attesi. Affinché il discorso sia compiuto e il gioco "equo", sia chi gestisce il museo che l'entità a cui il museo fa riferimento (un economista direbbe "l'agente" e il "principale") devono aver esplicitato e negoziato gli obiettivi in relazione alle deleghe in gioco, nonché il modo di misurare tali obiettivi.
E da questo punto di vista il problema della rappresentazione delle prestazioni si dimostra l'anello debole nel processo di managerializzazione dei musei (o in altri termini nel dibattito sull'autonomia dei musei).
In primo luogo, infatti, esistono difficoltà logiche notevoli, posto gli ineliminabili profili di specificità di un museo rispetto alle imprese solitamente studiate dagli esperti di management: comprendere come i concetti tipici della retorica manageriale (prodotto, servizio, mercato, marketing, concorrenza, economicità ecc.) possano declinarsi con riferimento a un museo è opera tutt'altro che banale, non appena si abbandoni la superficie. Del resto, o la rappresentazione delle performances è in grado di cogliere gli elementi qualificanti del tipo di organizzazione cui viene applicata, oppure è meglio lasciar perdere.
In secondo luogo, esistono difficoltà connesse al disegno organizzativo-istituzionale di buona parte dei musei italiani (quelli pubblici), che rendono l'informazione necessaria alla rappresentazione dei risultati in ottica di controllo di gestione semplicemente non disponibile (dallo sbigliettato alle risorse consumate), minando alla base la logica complessiva di responsabilizzazione economica propria dei processi di "managerializzazione". Su questi aspetti chi scrive è coinvolto in un progetto triennale di ricerca, fortemente caratterizzato in senso empirico [4], di cui sta ora uscendo un primo libro [5] .
In questa sede vengono ripresi da quel volume alcuni elementi di analisi di un museo civico, l'Archeologico di Bologna. Nel riferimento al caso concreto emergono in profondità i problemi di applicazione della logica del management, evitando al tempo stesso quella fastidiosa genericità della retorica manageriale cui condannerebbe un approccio astratto e a-contestuale. Del resto, i musei civici rappresentano una componente fondamentale di tutto il comparto museale italiano, a torto trascurata nella letteratura di management dei musei e dai recenti orientamenti del dibattito politico [6] .
Posta la multidimensionalità dell'attività museale [7], il problema della rappresentazione delle performances verterà su due macro aspetti: le prestazioni dal lato della domanda, e le prestazioni economico-finanziarie. In entrambi i casi, all'osservazione sul piano sostantivo, del merito (quale esempio possibile di reporting sull'attività di gestione del museo) si affiancheranno osservazioni sul piano metodologico procedurale, relative ai prerequisiti informativi e organizzativi del controllo. In questo quadro verranno inoltre confrontati i risultati dell'Archeologico con quelli, aggiornati, riportati nella ricerca di Fuortes [8].
2. Le prestazioni dal lato della domanda: aspetti sostantivi
Anche per i musei, così come in generale, la scelta degli interlocutori in realtà altro non è che il risvolto delle strategie "di mercato" di una determinata organizzazione. Nel caso dell'Archeologico sembrano individuabili tre principali categorie di soggetti - il mondo della scuola, il pubblico in generale, la comunità scientifica e professionale - rispetto alle quali si possono esaminare i risultati ottenuti.
2.1. Il pubblico generale
Oltre al valore delle proprie collezioni, mostre e attività offerte, e al non irrilevante aspetto rappresentato dalla collocazione nel cuore di Bologna, a un passo da piazza Maggiore, alcuni elementi del rapporto con il pubblico ordinario meritano attenzione.
L'accoglienza al cliente si gioca innanzitutto in termini di orari del museo, e da questo punto di vista la situazione dell'Archeologico non è certo delle peggiori (tavola 1), con 314 giorni di apertura l'anno, dalle 9 alle 14 dal martedì al venerdì, e con apertura anche pomeridiana il sabato e i festivi (9.30-13: 15.30-19), e in alcuni pomeriggi limitatamente alla sezione egizia per il periodo marzo - maggio per venire incontro alle esigenze delle scuole, e con un monte ore annuo di apertura in crescita (+ 15% da 96 a 97).
Tav. 1. L'accessibilità al museo
1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 | |
n° gg di apertura museo | 311 | 311 | 314 | 313 | 314 |
n° gg apertura mostre | nd | 586 | 351 | 268 | 409 |
n° ore di apertura museo | 1826 | 1834 | 1831 | 1957 | 2246 |
n° ore apertura mostre | nd | 3866 | 2458 | 1988 | 3329 |
visitatori/giorno | 319 | 246 | 251 | 248 | 261 |
Se la segnaletica all'accoglienza sembra sufficientemente ben articolata, con ausilio di guide e piantine (mancano per ora le audioguide), gli altri servizi accessori si può notare quanto segue.
Esiste un bookshop interno, dove si possono acquistare libri sul museo o editi dal museo, oltre che materiali vario (cartoline, diapositive, etc). Dal 1990 si è cominciato ad offrire oggetti di riproduzione di pregio (compreso recentemente un calco della testa della Atena Lemnia - che è anche associata con il logo del museo - eseguito dal laboratorio interno di restauro), e su questa linea ci si intende muovere nel futuro. Esiste in realtà qualche problema logistico, ad esempio con libri sotto vetrina non accessibili al "cliente", per cui il tutto mantiene ancora un innegabile aspetto "serioso", che poco concede alla voglia di spesa del potenziale compratore.
Non esiste invece il bar interno: al di là dell'annosa questione di quale volume di visitatori sia necessario per rendere economica una tale attività, ci viene fatto osservare che nell'isolato in cui è collocato il museo sono presenti ben 11 bar (oltre al fenomeno del "museo diffuso" esiste dunque anche quello del "bar diffuso"), per cui forse sarebbe ridondante un esercizio interno.
Piuttosto esiste una biblioteca a disposizione di insegnanti e studiosi, mentre per l'utente corrente è stata predisposta una saletta attrezzata con alcuni PC, in cui il visitatore può consultare off-line la home page del museo, oltre a un CD-Rom specifico sull'Archeologico in fase di produzione, e al CD-Rom sul sistema museale di Bologna preparato dall'Assessorato alla Cultura.
Con riferimento all'utente "remoto" [9], è da segnalare la predisposizione di una home page del museo di notevole fattura, sia in italiano che in inglese, che fornisce all'utente una esaustiva serie di informazioni e conoscenze sul museo. Oltre a informazioni di carattere generale (ubicazione, orari, prezzi, caratteristiche), si trova una illustrazione delle attività didattiche e delle esposizioni temporanee, con relativo commento, oltre al calendario degli incontri e conferenze e altre iniziative. A questo seguono, riccamente dotate di materiale fotografico, una incisiva illustrazione della collezione egizia, e una ancor più generosa della collezione etrusca, con alcuni itinerari tematici (Il rituale funerario, La produzione ceramica, La produzione metallica, La scultura), e approfondimenti vari. Segue inoltre una lista delle pubblicazioni del museo, ordinabili via Internet, e infine un libro degli ospiti, che consente di costruire un ulteriore elemento di monitoraggio e dialogo con l'utente, italiano o straniero, attuale o potenziale, fortemente stimolato dalla "navigazione" su un sito di notevole e piacevole struttura (e che sarà ancora migliorato quando anche le altre collezioni saranno accessibili, compreso il Medagliere).
Così come per gli altri musei civici, il prezzo è anche in questo caso stabilito dal Consiglio Comunale, e si colloca sulla fascia media (8.000 Lire gli interi, 4.000 i ridotti, gratuito sotto i 14 anni, tariffe aumentate nel novembre 1996). A livello di sistema (Bologna Musei) si sta pensando a forme cumulate di biglietto per i vari musei, in modo da integrare l'offerta, e nella speranza di stimolare la domanda. Questo si spera avrà effetti positivi in termini di ingressi, anche se da un punto di vista gestionale non porterà questa leva sotto il controllo della direzione del museo. Sono allo studio altre forme (tipo abbonamenti) per gli utenti più "fedeli".
Tav. 2. 1991-1997 per esposizioni permanenti e temporanee
|
1991 | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 |
Esposizione
permanente
|
40.334 | 48.168 | 46.446 | 61.050 | 70.527 | 61.501 | 78.329 |
Mostre
temporanee
|
91.337 | 32.431 | 50.371 | 13.235 | 6.558 | 16.118 | 3.579 |
Eventi
speciali (Bologna Sogna)
|
2.377 | 2.262 | 1.776 | ||||
Totale
presenze
|
131.671 | 80.599 | 99.194 | 76.547 | 78.861 | 77.619 | 81.908 |
Alunni
alla capanna villanoviana
|
1.020 | 1.160 | 1.300 | 920 | |||
Alunni
in visita solo aula didattica
|
1.040 | 1.260 | 800 | 560 | |||
totale
|
131.671 | 80.599 | 101.254 | 78.967 | 80.961 | 79.099 | 81.908 |
Da un punto di vista della composizione dei visitatori, alcune valutazioni possono essere espresse sulla base delle tavole 2-6, pur con qualche problema, dovuto ad una certa eterogeneità intrinseca dei dati. Le presenze al 1997 ammontano a 81.908 visitatori, e oscillano attorno ad un ordine di grandezza che colloca l'Archeologico tra i più "grossi" musei archeologici italiani (anche in termini di collezioni).
Più difficile giudicare il trend, posto che l'articolazione di tavola 2 risente della diversa modalità con cui vengono seguiti in modo specifico le diverse mostre, a volte con biglietto ad hoc, a volte senza, talora organizzate dal museo, altre solo ospitate. Ove si volesse "misurare lo sbigliettato" di pertinenza dell'Archeologico bisognerebbe scorporare le mostre ospitate. Se comunque, da un punto di vista metodologico, è interessante rilevare che il dato così come servirebbe non è disponibile, si possono evidenziare alcune particolarità dei dati riportati in tavola 2: se un osservatore distratto potrebbe parlare di calo dal '91 al '97, in realtà è il '91 ad essere anomalo come dato, posto il successo di cui ha risentito con la Mostra del Guercino (qui ospitata), oltre a quella dei tesori del Benin.
Tav. 3. Museo archeologico di Bologna: esposizioni temporanee organizzato o ospitate. 1990-1998
data | titolo mostra | con materiali propri | su oggetti di terzi | ospitate | presenze |
20/9-21/10/1990 | Odissey | 13.454 | 13.454 | ||
24/3-15/7/1990 | Il senso dell'arte nell'antico Egitto | 73.500 | 73.500 | ||
10/12/90-6/1/1991 | VI centenario di fondazione basilica S.Petronio | 9.117 | 9.117 | ||
29/1/-24/2/1991 | Guidone | 678 | 678 | ||
30/11-28/12/91 | Gli animali specchio dell'uomo | 1.957 | 1.957 | ||
8/3/1991-7/7/91 | Dipinti barocchi | 8.224 | 8.224 | ||
25/4/91-30/6/91 | Tesori reali del Benin | 14.658 | 14.658 | ||
7/9/91-10/11/91 | Il Guercino | 68.457 | 68.457 | ||
25/1/92-1/3/92 | Fotografia e Fotografi a Bologna | 5.272 | 5.272 | ||
30/3/92-30/6/92 | Prima dell'America | 20.025 | 20.025 | ||
13/11/92-14/2/93 | Viaggio a Rossini | 20.487 | 20.487 | ||
20/3-15-5-93 | Incisioni tedesche e fiamminghe | 4.851 | 4.851 | ||
20/9-12-12-93 | Ludovico carracci | 37.919 | 37.919 | ||
19-12-93-30-6-94 | Immagini musicali nella ceramica greca | nd | |||
23/12/93-27/2/94 | Cari compagni posteri | 5.698 | 5.698 | ||
12/3-1/5/94 | me stessi noi stesso | 7.296 | 7.296 | ||
13/5-12/6/94 | invitation au voiage | 2.173 | 2.173 | ||
1/10-4/12/94 | lavinia fontana 1552-1614 | 13.235 | 13.235 | ||
16/12/94-19-2-95 | tarocchi arte o magia | 6.558 | 6.558 | ||
27/11/94-10/1/95 | archeologie | 7.749 | 7.749 | ||
12/4-3/12/95 | il dono delle eliadi | 39.733 | 39.733 | ||
23/4-21/5/95 | matrimonio in brigata | 12.256 | 12.256 | ||
3/6-30/7/95 | le stagioni del teatro | 1.140 | 1.140 | ||
19/11-17/12/95 | mostra dell'INU | 445 | 445 | ||
25/2-28/4/96 | gli architetti italiani a san pietroburgo | 7.568 | 7.568 | ||
30/5-28/7/96 | magnum cinema | 2.269 | 2.269 | ||
15/3-4/5/97 | Venturi arte. L'anima e le forme | 3.838 | 3.838 | ||
25/3-9/11/97 | lucerne romane | 41.585 | 41.585 | ||
11/5-22/6 | gli arcangeli | 1.868 | 1.868 | ||
1/7-31/7; 2/9.28/9 | fantasmi erotici della strada | 1.014 | 1.014 | ||
8/11-11/1 | il fanciullo di vetro | 6.861 | 6.861 | ||
19/9/96-2/2/97 | sepolcreto villanoviano benacci | 27.554 | 27.554 | ||
5/10-6/1/97 | pelagio palagi pittore | 8.846 | 8.846 |
Sulla stessa linea, se il successo delle esposizioni temporanee nel 1992 è dovuto ad una mostra qui organizzata (Prima dell'America), quello del '93 deriva soprattutto da mostre ospitate (Viaggio a Rossini e Ludovico Caracci). Si dimostrano allora opportune le seguenti osservazioni, in parte di merito e in parte di metodo:
Interessanti informazioni possono cogliersi anche disaggregando questi dati, da cui si evince come gli ingressi "normali", cioè escluse le scolaresche, rappresentano solo il 35% degli ingressi, e il 38% se invece si considerassero anche tutte le esposizioni. Inoltre, la crescita degli ingressi è dovuta in modo particolare all'incremento di peso degli studenti sul totale degli ingressi.
Se si analizza poi l'andamento stagionale degli ingressi (tavola 5), al di là del prevedibile profilo degli ingressi delle scolaresche si evidenzia un ulteriore elemento, vale a dire come il turismo estivo sia estremamente poco rilevante nella spiegazione degli ingressi, anzi potendosi registrare il minimo proprio nei mesi di giugno e luglio.
Tav. 5. Ingressi 1997 e stagionalità
Quanto alle condizioni di biglietto (tavola 6), si può vedere il peso esiguo dei biglietti interi (20%) sul totale degli ingressi, e soprattutto il loro peso calante, ulteriore conferma del fatto che lo sviluppo degli ingressi è basato soprattutto sulle visite di studenti che usufruiscono di ingresso gratuito o ridotto. Va ribadito, qualunque sia il giudizio che si voglia esprimere circa la "gratuità" o meno dell'ingresso - aspetto che come noto continua a sollevare grosse discussioni nel dibattito, non solo italiano [10] - che tale variabile è fuori dal controllo della direzione del museo: la leva del prezzo non ricade sotto le sue competenze.
Tav. 6. 1993-1997 per tipo di biglietto
1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 | |
interi | 13.200 | 22.356 | 26.795 | 17.213 | 15.719 |
ridotti | 5.295 | 11.954 | 12.708 | 12.238 | 18.879 |
gratuiti | 27.951 | 26.740 | 31.024 | 32.050 | 43.731 |
46.446 | 61.050 | 70.527 | 61.501 | 78.329 |
2.2. La scuola
La scuola rappresenta un segmento cruciale per il Museo Archeologico, anzi il primo per ordine di importanza, posto che le circa 1.800 classi di aula didattica del 1996 hanno coinvolto ben 50.997 studenti, su un totale di 81.908 (incluse le mostre), o di 78.329 (escluse).
Il rapporto col mondo della scuola si dimostra articolato: se gli studenti rappresentano in questo ambito il "cliente finale", gli interlocutori diretti sono gli insegnanti delle scuole di vario grado i quali decidono secondo proprie preferenze e orientamenti se e come inserire alcune visite ai musei nel proprio modulo didattico.
Su questo il museo interviene indirettamente, soprattutto attraverso i rapporti da lungo tempo instaurati con l'assessorato alle Politiche Scolastiche del comune, che promuove questa attività tra gli insegnanti per tutti i musei della città (tra l'altro con la predisposizione di un opuscolo illustrativo ben fatto sulle diverse aule didattiche: "Come dove perché. Una scuola nella città una città nella scuola").
A fronte di questa attività di stimolo da parte del comune la "risposta" tende ad essere abbastanza soggettiva, a quanto pare, con insegnanti molto sensibili e aperti a questo utilizzo dei materiali museali per la didattica, e altri meno. Circa la metà delle scolaresche proviene dalle elementari, ma un quarto a testa interessa anche le medie inferiori e superiori (vedi tavola 7).
Tav. 7. Attività didattica
ANNO SCOLASTICO | 1993/94 | 1994/95 | 1995/96 | 1996/97 | Cumulato |
Totale Visite | 1.413 | 1.778 | 1.846 | 2.004 | 7.041 |
Con servizio museale | 1.115 | 1.333 | 1.384 | 1.544 | 5.376 |
79% | 75% | 75% | 77% | 306% | |
Senza servizio museale | 298 | 445 | 462 | 460 | 1.665 |
21% | 25% | 25% | 23% | 94% | |
Provenienza | |||||
Bologna | 395 | 382 | 793 | 461 | 2.031 |
Provincia Di Bologna | 311 | 373 | 648 | 375 | 1.707 |
Altra Provenienza | 707 | 1.023 | 405 | 1.168 | 3.303 |
Ordine Di Scuola * | |||||
Materne | 1 | 2 | 11 | 3 | 17 |
Elementari | 756 | 870 | 898 | 970 | 3.494 |
Medie | 323 | 486 | 426 | 544 | 1.779 |
Superiori | 333 | 402 | 459 | 445 | 1.639 |
Universita' | 18 | 27 | 16 | 61 | |
Servizio scelto | |||||
Percorsi didattici | 268 | 260 | 237 | 278 | 1.043 |
Visite guidate al museo | 743 | 985 | 1.116 | 1.232 | 4.076 |
Visite guidate a mostre | 95 | 80 | 24 | 19 | 218 |
Visite Lab. di Restauro | 9 | 8 | 7 | 15 | 39 |
Ulteriori 26 gruppi di visitatori adulti hanno usufruito del servizo didattico |
Del resto, il museo non ha svolto di recente attività promozionale in via diretta, su questo segmento di mercato, anche perché ci si trova in situazione di trend di crescita (da 1.413 a 2.004 scolaresche dal 93/94 al 96/97), che si riflette anche su una crescita dei servizi offerti (visite guidate e percorsi didattici). Inoltre, si presentano fenomeni al limite della saturazione nei periodi di marzo-aprile (vedi tavola 5), con punte di 27 scolaresche al giorno, per cui si porrebbe il problema di tentare di "diluire" nei mesi gli afflussi (su 200 giorni di scuola le 2.000 classi rappresenterebbero una media giornaliera di 10). Interessante ancora notare che sul totale, le classi provenienti da fuori regione (circa 9.000, soprattutto da Lombardia, Marche e Trentino) rappresentano un quarto del totale, dando idea di un bacino di utenza ben più vasto di quello meramente cittadino.
Quanto agli aspetti economici, il servizio di assistenza erogato in tale contesto dal museo direttamente attraverso i quattro insegnati dell'aula didattica (sia tutta l'attività dei "percorsi didattici" che quella parte delle visite guidate svolte dagli stessi insegnanti del comune) è ritenuto parte stessa della mission del museo, e non si chiede alcun contributo, potendo comunque sul contributo "in natura" rappresentato dalla disponibilità dei quattro insegnanti distaccati del comune messi a disposizione dall'assessorato alle Politiche scolastiche per supportare questa iniziativa del museo. Devono invece pagare il servizio alle guide esterne - L. 75.000 a scolaresca, direttamente - quelle scolaresche che ne usufruiscono, una volta "saturati" i turni degli insegnanti del comune. Come si è detto, per il resto gli studenti non pagano il biglietto fino ai 14 anni.
In termini sostantivi, ciò che preme piuttosto segnalare è come oltre a essere importante nella funzione didattica propria dei musei - consentendo nelle scuole un approccio assolutamente più fresco, incisivo e efficace allo studio della storia, dell'arte, della scienza etc. - questa attività viene ritenuta cruciale perché instaura un rapporto con i consumatori del domani, in un contesto che vorrebbe superare quel senso di ostilità che spesso i musei incutono soprattutto ai bambini, in una situazione che si avvicina al concetto di edutainment, a metà tra l'education e l'enterteinment.
2.3. La comunità scientifica e professionale
Inserire in modo esplicito la comunità scientifica e professionale come elemento centrale nella gestione della reputazione del museo è importante per una serie variegata di ragioni. Innanzitutto ciò vuol dire riconoscere che l'attività scientifica è parte integrante della gestione museale, almeno in questo tipo di musei e secondo le linee descritte in precedenza: attività di back office, per certi aspetti almeno, ma comunque profondamente connessa all'attività espositiva e didattica. In secondo luogo, tale reputazione è essa stessa "merce di scambio", indispensabile nei processi di collaborazione e prestiti per l'organizzazione di mostre temporanee. Infine, elemento cruciale, la reputazione si basa su elementi di special knowledge, difficilmente strutturabili e verificabili dall'esterno, da non specialisti, come in molti contesti professionali (tipico è il caso dell'Università, in cui le regole e norme di validazione dei comportamenti e della ricerca costituiscono un sistema estremamente complesso, di difficile accesso a "estranei", spesso anche solo di discipline limitrofe).
Per quanto tutto ciò sia di difficile "operazionalizzazione" e traduzione in dati concreti, è certo che un museo (così come un docente) che godesse di non buona reputazione incontrerebbe prima o poi ostacoli non irrilevanti anche nella gestione corrente: non troverebbe collaborazioni significative, non avrebbe accesso ai prestiti, non avrebbe accesso alle ricerche di colleghi durante il loro svolgimento, prima che diventino pubbliche con qualche anno di ritardo, e si condannerebbe sempre più ad un ruolo marginale, assente dai dibattiti e dagli avvenimenti rilevanti (da questo punto di vista la reputazione rappresenta una sorta di investimento di lungo termine su un asset intangibile, richiedendo atteggiamenti accorti e che non ammettono fenomeni short-termism, di eccessivo orientamento al breve, anche in sede di rappresentazione delle performances).
Da questo punto di vista, è difficile (specie, ma non solo, da non museologo) cercare di determinare la reputazione dell'Archeologico rispetto all'audience degli "esperti" in generale (salvo ipotizzare che la dotazione a norma e l'impianto di regolazione termoigrometrica di per sé costituiscono elementi di fiducia, e di non costruzione di reputazione "in negativo" tra addetti al settore). Certo però che su due aspetti in particolare ciò è meno difficile da ricostruire: la didattica, e la relazione con il pubblico via Internet.
Sulla didattica il museo vanta presso gli operatori (insegnanti, addetti alle attività didattiche di altri musei) di una reputazione di lunga data, testimoniata dalla serie innumerevole di relazioni a convegni alle quali vengono invitati esponenti dell'Archeologico, con citazioni diffuse e ricorrenti. Oltre alle pubblicazioni di carattere didattiche del museo, è indicatore significativo anche il coinvolgimento in corsi di aggiornamento per insegnanti (si veda tavola 8, in cui in via assolutamente "sperimentale" abbiamo chiesto alla direzione del museo di predisporre una lista - una sorta di CV del museo - che possa dare rappresentazione di questi aspetti).
Tav. 8. Convegni, attività, progetti
CONGRESSI
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|||
marzo
|
Convegno, "L'archeologia a scuola: strumenti, metodi e percorsi", Lecce | Relazione | Morigi Govi; Tovoli |
giugno
|
Membro della giuria "Rassegna del film archeologico", Nuoro | Morigi Govi | |
settembre
|
Congresso Internazionale di Numismatica, Berlino | Relazione | Giovetti |
ottobre
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Corso di formazione per operatori museali, Belluno | Relazione | Tovoli |
ottobre
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Convegno di didattica, Padova | Relazione | Morigi Govi |
ottobre
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Esperto nella discussione di dottorato di ricerca di Etruscologia, Università di Padova | Morigi Govi | |
ottobre
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Convegno internazionale "La tradizione classica nella medaglia d'arte dal Rinascimento al Neoclassicismo", Udine | Relazione | Giovetti |
dicembre
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Salone dei Beni Culturali, Venezia | Relazione | Giovetti |
1995-1998
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Dal 1995 in poi la dott.ssa Meconcelli ha partecipato a numerosi convegni sul vetro in qualità di Presidente dell'Associazione Internazionale del Vetro | Meconcelli | |
ATTIVITA'
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1995
marzo
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Stand del Museo al Salone del restauro di Ferrara | ||
dal
1995
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Creazione del Coordinamento per i Direttori, curatori e tecnici dei Musei Italiani | ||
1997
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Convenzione tra Museo e Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna per il deposito dei materiali archeologici rinvenuti nel territorio di Bologna | ||
1998
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Realizzazione del corso universitario "Materiali metallici e loro alterazioni" per il Diploma Universitario per operatore di Beni Culturali Università di Bologna, sede di Ravenna | ||
1996-1998
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Attività di ricerca all'interno del progetti finalizzato Beni Culturali del Cnr | ||
1993-1998
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Attività di coordinamento per il settore della conservazione dei metalli all'interno di un'iniziativa della Federazione delle Società Chimiche Europee (Fecs). Pubblicazioni scientifiche relative alla attività di ricerca, promozione e progettazione | ||
PROGETTI
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1997-1998
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Partecipazione al progetto europeo "VRLEARNES"' per la didattica museale | ||
1997-1998
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Progetto su "Il ripostiglio di San Francesco" in collaborazione con il Cnr e Icr di Roma | ||
1997-1998
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Progetto di pubblicazione della necropoli villanoviana Benacci con supporto informatico appositamente elaborato | ||
1997-1998
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Progetto di pubblicazione della necropoli della Certosa con supporto informatico appositamente elaborato | ||
1997-1999
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Progetto di informatizzazione e digitalizzazione del Medagliere, costituito da circa 100.000 monete e medaglie |
Quanto all'approccio con le tecnologie multimediali [11], il museo si è effettivamente mosso presto e bene con la predisposizione della citata home page su Internet, risultando il secondo museo italiano inserito sulla Virtual Library of Museums di cui parla Galluzzi [12], e con un sito che è senza dubbio di notevole fattura, certamente tra le migliori dei musei italiani per livello [13]. Anche in questo caso la continua partecipazione a congressi [14] testimonia di una posizione di considerazione presso gli esperti del settore. Come già ricordato, sono in corso di elaborazioni altri strumenti, sia CD-rom di presentazione, che utilizzo di elementi di mutltimedialità per l'allestimento della sezione preistorica.
Infine, il museo svolge attività di segreteria del "Coordinamento dei direttori, curatori e tecnici dei musei italiani", una iniziativa di auto-organizzazione degli operatori su questioni connesse alla professionalità specifica, che gli conferisce anche sotto questo profilo un ruolo di riferimento nel panorama della comunità professionale italiana.
3. Il monitoraggio delle performances di domanda: aspetti metodologici
L'analisi che precede si è basata in un modo o nell'altro, direttamente o con ulteriori elaborazioni, su una massa significativa di dati esistenti, in parte generati dal Museo, in parte prodotti dal servizio Controllo di Gestione dell'assessorato: ci troviamo cioè di fronte ad una realtà relativamente a altre evoluta, specie nel settore pubblico, con un processo di perfezionamento notevole negli ultimi anni.
Sotto il profilo informativo - in termini di contenuto dell'informazione - il monitoraggio delle performances di domanda in realtà si struttura su tre livelli, coerentemente alla definizione delle attività del museo, con una serie di informazioni e indicatori relativi a attività espositiva, attività didattica, attività scientifica. Soprattutto i primi dimostrano una buona profondità e articolazione (ad esempio, oltre a quanto usato nelle tavole precedenti, esiste l'informazione sullo sbigliettato settimanale, sia per mostre che per esposizioni permanenti; il riepilogo anche per giorni della settimana e ulteriori dettagli su aperture etc.), con un solo punto critico che abbiamo già rilevato e sulla cui valenza organizzativa torneremo più oltre: la rilevazione delle visite all'Archeologico e non dell'Archeologico (cioè si misurano gli ingressi senza tener conto della diversa natura delle mostre, organizzate o semplicemente ospitate, come suggerito in tavola 3, e come da noi elaborate in tavola 4). I dati relativi all'attività didattica riprendono quanto già elaborato a livello di museo con notevoli livelli di articolazione (tipo di servizio utilizzato, tipo di classi, provenienza etc.). Il punto critico riguarda piuttosto gli indicatori dell'attività scientifica, brutalmente quantificati in termini di numero dei restauri, di catalogazioni/inventariazioni, e pubblicazioni.
Il problema è cruciale, qui e in tutto il dibattito sulla managerializzazione dei musei: l'accanimento degli esperti di management sullo "sbigliettato" nasconde in realtà una incapacità a comprendere elementi significativi dell'azione gestionale (manageriale) degli operatori museali, o perlomeno a tradurli in una qualche forma di sistematica rappresentazione, per "renderne conto". Se le attività del museo sono composite (espositiva, scientifica, didattica), le stesse performances non possono che essere multidimensionali, e occorrerebbe trovare indicatori di prestazioni coerenti con le attività svolte. Anche in questo va dato atto all'Ufficio Controllo di Gestione dell'assessorato di non aver appiattito gli indicatori di performances sul solo dato di ingresso e di aver lavorato nella direzione di indicatori compositi, ma la soluzione individuata non è certo in grado di rappresentare la produzione di reputazione presso la comunità scientifica. In questa ricerca abbiamo tentato, in collaborazione con gli attori diretti, di sviluppare una sorta di CV del museo, a livello di provocazione. Certamente quanto contenuto in tavola 8 è più che perfettibile: l'idea è comunque quella di cercare di individuare elementi significativi di reputazione scientifica tra gli addetti, riportando elementi che sono necessari per descrivere e rappresentare il ruolo, la posizione e le prestazioni di questo museo nella comunità di studiosi, ad esempio sul tema della multimedialità o della didattica.
E a questo proposito si individuano alcuni elementi di debolezza nello sviluppo del discorso manageriale (nel museo e nell'assessorato) cui occorre prestare attenzione, specie in termini di processo. Perché se è difficile sul piano logico individuare indicatori di performances in organizzazioni reputazionali (il museo come l'università), ciò è ancora più vero se in questo non si coinvolgono gli stessi attori: ad esempio, nessuno si sognerebbe di definire gli standard di produttività scientifica di un ricercatore dal di fuori della comunità scientifica, e anzi del particolare segmento specialistico cui questi appartiene. E questo non tanto per problemi di motivazione e consenso - pure importanti - ma perché se il sapere è specialistico gli stessi criteri di indirizzo e validazione dell'attività di ricerca ne presuppongono l'appartenenza [15]. Piuttosto che presumere (per ingenuità o arroganza) di poter individuare criteri e indicatori di prestazioni da non esperti, forse soluzione organizzativa più efficace sarebbe quella di sedersi attorno a un tavolo e in via interattiva e partecipativa provare a dialogare tra una astratta idea di performances (che l'esperto di management ben governa, mentre nel suo significato di generalizzazione è più lontana dalla mente degli operatori) e una più concreta idea di azione gestionale (posseduta dai diretti interessati).
D'altra parte una più profonda attenzione agli aspetti di processo rappresenta forse il prossimo passo nell'evoluzione del controllo di gestione nei musei di Bologna, sempre con riferimento al tema degli indicatori di performances di domanda. La situazione attuale infatti è che il centro tende a produrre una mole notevole - e in effetti potenzialmente utile - di dati, che poi non vengono però utilizzati al meglio, anche perché l'utente probabilmente non è stato oggetto di attenzione formativa e di acculturamento alle tecniche di analisi manageriali in alcuna misura. In fondo, l'analisi contenuta nelle pagine precedenti si basa su dati che "non vivono" in senso organizzativo, e che non vengono commentati in modo sistematico né in periferia né al centro (al limite come passaggi iniziali, a livello di "pedagogia" del management); ma che comunque sono già esistenti, all'interno del sistema, e disponibili per usi più diretti ed efficaci. L'impressione - da verificare empiricamente - è cioè che da questo punto di vista al comune di Bologna si sia fatto molto rispetto ad altre realtà di musei civici.
Ma senz'altro qualche scollamento rispetto alle esigenze di documentazione nella periferia è concausa di questa difficoltà al cambiamento, e in effetti l'analisi svolta in queste pagine a partire da una analisi della gestione ha richiesto non piccoli sforzi di uso selettivo e creativo delle informazioni grezze disponibili. Tale (relativa) perdita di rilevanza interessa innanzitutto la citata mal-rappresentazione dei livelli di responsabilità del vertice del museo nei risultati di sbigliettato, che va a ledere uno dei principi guida di tutto il controllo di gestione, vale a dire il principio di controllabilità (per cui, nel gioco del controllo budgetario, un attore "intelligente" si sente responsabilizzato solo su risultati che dipendono dalla propria azione). Il che è ancora più grave se, come vedremo, il dato sui biglietti costituisce informazione base (e quasi l'unica) nel sistema di controllo di gestione a livello del comune.
4. Innovazioni amministrative, processo di budgeting e rappresentazione contabile del Museo: problemi procedurali
Come noto, sul piano generale l'aspetto più importante delle recenti innovazioni nelle pratiche amministrative comunali è rappresentato da una relativa semplificazione rispetto alle rigidità tipiche dell'amministrazione comunale. Nel caso del comune di Bologna, alla fine di un complesso processo di definizione dei fabbisogni e degli stanziamenti per l'anno a venire, nel Bilancio di previsione vengono assegnate le risorse per le diverse attività e articolazioni dell'amministrazione comunale (ad esempio, per quanto riguarda la cultura, l'aggregazione all'interno del preventivo comunale è su due voci: Biblioteche, musei e pinacoteche; Teatri, attività culturali e servizi diversi nel settore culturale). Da questo documento sintetico approvato dal consiglio comunale prende forma un secondo documento, il Piano esecutivo di gestione approvato dalla giunta comunale, che definisce analiticamente a livello di capitolo di spesa gli stanziamenti dell'anno, con relativa delega ai responsabili "di settore", e tra queste l'assessorato alla Cultura. A loro volta, i dirigenti di settore (nel nostro caso il vertice amministrativo dell'assessorato alla Cultura) possono girare tale delega ai responsabili dei diversi istituti (i direttori dei musei), in connessione ai contenuti di un ulteriore documento di programmazione del comune, il Programma delle attività, in cui sono stati definiti gli obiettivi e le attività da perseguire per le diverse articolazioni dell'amministrazione comunale. Per quanto interessa qui, nel caso dei musei oltre ad una serie di obiettivi di tipo qualitativo, vengono anche definiti gli stanziamenti dei cosiddetti "Consumi specifici" (acquisto beni, acquisto beni durevoli, acquisto servizi) rispetto ai quali il direttore del museo ha delega di spesa dal dirigente dell'assessorato. A livello di rapporto tra assessorato e museo, tali stanziamenti vengono ulteriormente allocati a diverse classi di macroattività all'interno di ulteriori documenti di budget, ma tale articolazione rimane un fatto "interno" all'assessorato, non ha rilevanza cioè nei rapporti con l'amministrazione centrale.
È questa l'innovazione - per certi versi banale ma assolutamente "liberatoria" rispetto alla precedente situazione - tale per cui una volta definiti gli stanziamenti annuali a livello di comune e assessorato, è possibile al direttore del museo gestire con relativa flessibilità le spese in questione, effettuando anche variazioni, purché in accordo con quanto già contenuto dal Programma delle Attività (in questo senso "andare in giunta" - espressione che evoca scoramento tra gli addetti - diventa una eccezione allorquando le variazioni intervenute non erano contemplate nel programma delle attività). Ma resta da evidenziare che la delega al direttore del museo è assolutamente parziale, relativa ai soli "Costi specifici", mentre le altre spese relative al museo (a partire dal personale, ma anche quanto definito "consumi" e utenze nel linguaggio del comune) non sono gestite dal direttore, ma da altri centri di responsabilità o entità del comune.
Sulla base di queste premesse, è utile soffermarsi se pur velocemente su alcuni aspetti informativi e organizzativi connessi ai processi di budgeting e di rappresentazione contabile del Museo Archeologico nell'ambito dell'assessorato alla Cultura.
Per quanto attiene i processi di preventivazione, da un punto di vista informativo la predisposizione del budget del comune avviene - almeno formalmente - con una logica "bottom up": aggregando i budget dei singoli musei, con adeguate negoziazioni interne e limitatamente ai consumi specifici, l'assessorato si presenta a negoziare il proprio budget complessivo "in concorrenza" con altri settori comunali, e in base alle assegnazioni effettivamente spuntate si ritorna a ridefinire verso "il basso" gli stanziamenti finali.
Sotto il profilo organizzativo, parlare di budgeting è forse eccessivo, o comunque prematuro (del resto è noto che siano necessari alcuni anni anche in aziende private per "far girare" sul serio processi del genere): certamente ciò comporta - in andata - uno sforzo di pianificazione delle attività a livello di singolo museo, costringendo a pensare con un certo anticipo a iniziative e possibilità, oltreché almeno in parte fattibilità, delle iniziative. Ma già a livello di consolidamento in assessorato, non sembra individuabile una logica di tipo performativo nell'assegnazione di risorse, ad esempio in base ad un qualche parametro di prestazione - non necessariamente lo "sbigliettato", ma comunque qualcosa di predefinito e che costituisca regola del gioco interno che disciplini le relazioni tra politica e amministrazione -; del resto la complessità tecnica delle singole proposte non trova una sede di discussione di opportunità e ordine di priorità tra proposte nel merito.
In misura ancora maggiore, in caso di "tagli" su quanto proposto dall'assessorato al comune, non sembrano individuabili logiche di tipo organizzativo, quanto piuttosto i tagli vengono ridistribuiti a pioggia. È il caso del budget 1997, già approvato, e che nel mese di marzo ha risentito di una riduzione complessiva di 300 milioni, di cui 20 poi interessanti l'Archeologico, più altri nel periodo successivo: il tutto, come nel 1997, a esercizio già iniziato (addirittura l'ultimo taglio all'Archeologico di altri 30 milioni si è verificato a ottobre, sull'impegnato), determinando una situazione di incertezze sugli stanziamenti oltremodo fastidiosa visto i "tempi tecnici" necessari per predisporre iniziative tipo mostre, eventi etc., e con un'incidenza non certo irrilevante sulla consistenza dei costi discrezionali su cui si può agire (posto che comunque vigilanza, pulizia, utenze etc. continuano a sostenersi). Da questo punto di vista siamo ben lontani dalla situazione di autonomia e programmabilità descritte con riferimento al modello olandese [16].
Per quanto riguarda la rappresentazione contabile del Museo Archeologico (anche in questo caso evitando tecnicismi e rimandano ad altra sede per approfondimenti specialistici, questa si colloca nel quadro del sistema di reporting messo in piedi da un apposito Ufficio Controllo di Gestione dell'assessorato, che oltre ai dati sulla domanda che abbiamo già avuto modo di utilizzare in precedenza, presenta una serie di tabelle su aspetti economici dei musei civici, e tra questi dell'Archeologico. Ci si limita qui a riportare alcune considerazioni di massima, pur precisando che ci si trova di fronte ad una realtà in continua evoluzione, con miglioramenti e affinamenti proposti "in tempo reale" mentre analizziamo e scriviamo queste note.
Innanzitutto i musei sono un centro di costo nella contabilità analitica dell'assessorato, e non esiste (ancora) un vero e proprio rendiconto economico di museo, e il dato direttamente prodotto è quello dei costi di museo (tavola 9). In via extracontabile, e con tutte le difficoltà del caso, si possono integrare i dati sui costi con quelli sulle entrate (il problema deriva, tecnicamente, dall'essere informazioni che pescano da porzioni diverse e separate del complessivo sistema informativo). Se questa operazione verrà tentata nel prossimo paragrafo, intendiamo qui evidenziare alcuni problemi non irrilevanti in tema di accountability, che a loro volta richiedono opportune elaborazioni prima di poter esprimere giudizi "di merito" sulle grandezze economiche.
Tav. 9. I costi del Museo Archeologico
Fonte: Assessorato alla cultura.
A parte la parzialità dei dati di tavola 9 (solo costi), si tratta di una aggregazione puramente "virtuale", una sorta di finzione contabile, di scarso valore organizzativo: sono cioè i costi riferiti al museo, ma non gestiti dal museo; non esiste cioè sotto il profilo organizzativo una coerenza di delega rispetto all'informazione prodotta. E, d'altra parte, non esistono meccanismi di responsabilizzazione economica e di incentivo diretto, per cui le eventuali entrate per bookshop, biglietti e altro confluiscono alle casse del comune, semplicemente riducendo l'onere per finanziare il singolo museo, ma senza tradursi in una assegnazione diretta di maggiori risorse. Detto in altri termini, anche in questo caso il museo come entità autonomamente definita esiste solo in via informativa, non organizzativa. Questo crea non pochi fraintendimenti, come ci è capitato di rilevare nel corso delle interviste, con gli operatori dell'assessorato che parlavano per il 1996 di costi dell'Archeologico per 2,4 miliardi, e direzione del museo che parlava invece di costi di sua pertinenza di circa 900 milioni (i consumi specifici), se non addirittura di quella parte che rappresenta in effetti le sole scelte possibili dell'anno, i circa 390 milioni di costi discrezionali. Per i restanti, non sembra esserci qualcuno che se ne senta direttamente (e legittimamente) responsabile: il che è comprensibile se fino alla fine di marzo l'ammontare dei restanti costi (personale, consumi, utenze) dell'esercizio precedente è ignoto agli amministratori del museo.
D'altra parte, la non focalizzazione di questo report nella logica del museo è sottolineata da altri elementi (cfr. tavola 9). Il ribaltamento dei costi comuni dell'assessorato sui singoli musei (in base a logiche che non sembrano chiarissime ai direttori, per quanto abbiamo potuto verificare) dimostra - oltre ad un certo "accanimento contabile" per certe rifiniture che in termini di processo forse potevano essere posticipate - che le finalità principali di tali elaborazioni non sono quelle di dare uno strumento di governo al direttore del museo, quanto piuttosto esigenze prioritarie del comune per finalità di controllo aggregato.
Tale ribaltamento, oltre a distogliere attenzione da operatori (i direttori) che tutto sono e possono essere fuorché dei tecnici contabili, è organizzativamente irrilevante anche in altro senso: non pone al centro dell'attenzione nel discorso sul management e sul controllo la difficile relazione assessorato/musei, "demotivando" i direttori su un dato di costo da essi non controllabile (la quota parte dei costi generali dell'assessorato), per di più connessi ad un aspetto che crea conflitto anche sotto il profilo prettamente scientifico-professionale (ad esempio per quanto concerne l'attività espositiva organizzata direttamente dall'assessorato).
L'informazione presenta in sé livelli di aggregazione che la rendono irrilevante a livelli inferiori (un direttore di museo sarebbe interessato a capire meglio la composizione di queste voci, al limite anche di quelle fuori dal suo controllo come i consumi, le utenze etc.), mentre mantiene un qualche significato a livello di assessorato, ad esempio in termini di comparazione tra musei.
L'ulteriore tentativo di elaborazione e calcolo di costi per attività (ribaltando cioè i costi totali su attività espositiva, scientifica e didattica), di per sé interessante, è però condotto (almeno fino ad oggi) con modalità poco sistematiche o comunque poco percepite/condivise a livello di singolo museo, ancora una volta suggerendo una prevalenza di visione dal centro piuttosto che disegnato sulle conoscenze e per le esigenze conoscitive della periferia. Dal punto di vista sostantivo, non è certo che i costi generati dall'attività scientifica siano poi così separabili dalle altre attività (viceversa secondo quanto appare da tavola 9 il lettore potrebbe pensare che un terzo delle risorse - 792 dei 2.406 milioni sempre con riferimento al 1996 - è dedicato a attività di ricerca, e che al limite si tratti di costi eliminabili); dal punto di vista procedurale, il coinvolgimento degli stessi musei nella definizione di questi aspetti potrebbe risultare elemento di riduzione dei rischi e di totale estraneità degli attori locali verso queste manipolazioni.
In sostanza sembra potersi evidenziare una contraddizione seria nei processi di cambiamento delle pratiche amministrativo-contabili e nei loro risvolti organizzativi, vale a dire una tensione circa modalità e logiche del controllo: un vero e proprio "conflitto di rilevanza" rispetto ai diversi usi di diverse (e alternative) informazioni nella visuale del museo, dell'assessorato, del comune. In realtà la differenziazione interna alla variegata articolazione di un comune tende ad essere mortificata nel complessivo sistema di controllo comunale, che non sembra in grado di percepire e individuare indicatori rilevanti per la gestione del museo. Secondo la logica che domina il discorso sul controllo nel comune di Bologna, all'amministrazione centrale interessa un solo parametro, in particolare i costi per visitatore: quasi che la composita gestione di un museo fosse riconducibile ad uno; e per di più basato su dati di non rilevanza organizzativa (i costi non sono quelli che rispondano ad un principio di "controllabilità" di alcun responsabile; lo sbigliettato non è quello dovuto ad attività organizzate dal museo ma comprende anche quelle ospitate). Secondo la logica dell'assessorato (e dell'apposito ufficio di controllo) la logica sarebbe quella di una comparazione tra istituti museali, ad un livello intermedio di aggregazione, che però ancora non risolve gli stessi problemi di rilevanza (costi gestiti e biglietti per mostre organizzate) in termini di responsabilità economiche dei direttori di museo. A livello dei singoli musei, il già complesso dialogo tra cultura "tecnica" (storico-artistica a seconda dei casi) e problemi di gestione trova così un contesto che non aiuta a superare diffidenze e resistenze.
Ma mentre in termini di "dialogo" una qualche forma di maggior integrazione e comprensione potrebbe essere sviluppata tra livello dell'assessorato e livello del singolo museo (specie lavorando sulla costruzione di una comune piattaforma e matrice culturale), i problemi più consistenti sembrano interessare la relazione tra i due livelli maggiori.
5. Una ricostruzione delle performances economico-finanziarie
Sulla base dei dati contabili disponibili, in tavola 10 è stato ricostruito il "bilancio di fatto" del Museo Archeologico: prima di commentarne alcuni tratti salienti è interessante di per sé sottolineare che si tratta di una elaborazione non già disponibile.
Tab. 10. Il "bilancio di fatto" del Museo Archeologico
ENTRATE
|
1997 rettificato | ||
parziali | totali | % | |
Biglietti | 201 | 8,0 | |
Bookshop | 53 | 2,1 | |
Altro | 1 | 0,1 | |
Ass. Politiche Scolastiche * | 200 | 8,0 | |
Regione per medagliere * | 32 | 1,3 | |
Tot Entrate proprie | 487 | 19,4 | |
Finanziamento Comune | 2.019 | 80,6 | |
Tot
Entrate
|
2.506 | 100,0 | |
USCITE | |||
Acquisto beni | 59 | ||
Acquisto beni durevoli | 125 | ||
Acquisto servizi | 685 | ||
di cui incarichi profess | 94 | ||
Consumi specifici | 869 | 34,7 | |
Personale | 1.020 | 40,7 | |
Consumi | 170 | 6,8 | |
Utenze | 215 | 8,6 | |
totale
costi contabilizzato
|
2.274 | ||
costo personale didattica * | 200 | 8,0 | |
costi per medagliere * | 32 | 1,3 | |
Quota spese assessorato | 0 | 0,0 | |
Tot
Uscite
|
2.506 | 100,0 | |
* Rettifiche da noi inserite |
L'analisi delle entrate evidenzia alcuni aspetti non così intuitivamente percepibili. Si può notare che nel 1997 su un totale contabilizzato di 2.274 milioni, le entrate procurate direttamente "sul mercato" si aggirano intorno al 11%: il bookshop contribuisce per 53 milioni, i biglietti apportano circa 200 milioni. Si noti che se il prezzo medio effettivo è dunque contenuto (circa 2.500 lire a ingresso) a causa del forte peso di studenti tra i visitatori, in termini percentuali "l'autofinanziamento da biglietti" dell'Archeologico non è certo dei peggiori.
In via dinamica - i dati sono disponibili solo per gli ultimi due anni - l'aspetto più interessante è l'aumento di "autofinanziamento" da biglietto (dal 5.3 all' 8,9 %), dovuto però in grossa parte ad un effetto prezzo più che all'aumento degli ingressi (curiosamente, in termini di controllo di gestione questo è un risultato imputabile più che all'amministrazione del museo al consiglio comunale nel suo complesso, che aveva aumentato i biglietti di tutti i civici nel novembre 1996). Dal lato dei costi si può notare un contenimento quella parte di costi "discrezionali" e che rientrano nel budget nel museo, i "consumi specifici", che nell'anno si riducono di 111 milioni, pari al 11%: ma anche qui, più che essere questo il risultato di una più efficiente azione del management del museo, tale dato è in parte la conseguenza della logica dell'emergenza con cui il budget è stato "tagliato" due volte nel corso del 1997. Calano anche altri consumi e utenze, mentre lievitano invece i costi del personale, tale che nell'aggregato si riscontra una riduzione complessiva di costi per circa 90 milioni (-3,9%).
Va notato in realtà che in questi dati il grado di dipendenza del museo dall'ente principale (assessorato alla cultura) tenderebbe ad essere è sovrastimato da due aspetti connessi alle modalità di rappresentazione:
Il che per inciso solleva un problema di più generale portata, vale a dire la necessità di "far transitare tutto" nei prospetti di rendicontazione economica dei singoli musei. Questi ultimi importi infatti non appaiono nei prospetti ancora una volta per la parzialità delle rappresentazioni contabili in questione, dove l'attività straordinaria di restauro e valorizzazione delle collezioni - nel suo tipico andamento "ad ondate", con finanziamenti in conto capitale - rischia di non essere adeguatamente rappresentata, nonostante un impiego non indifferente di risorse, per un totale di oltre 2 miliardi nel quinquennio 93-97, in relazione alle attività di valorizzazione delle collezioni (tavola 11).
Tav. 11. Finanziamenti alle attività di restauro 1993-1997
Anno di finanziamento | Descrizione del tipo di intervento | Quota Comune | Quota Contributo Regionale (Legge 20/90) | Totale |
1993 | Restauro pezzi collezione egizia | 1.124,6 | 76,0 | 1.200,6 |
1994 | Restauro stele funerarie etrusche in arenaria | 29,7 | 45,0 | 74,7 |
1994 | Allestimento sala multimediale, acquisto attrezzature informatiche, realizzazione di 2 video didattici | 62,5 | 23,5 | 86,0 |
1995 | Nuovo allestimento sale dedicate alla preistoria | 500,0 | 90,0 | 590,0 |
1996 | Catalogazione medagliere | 32,1 | 24,3 | 56,4 |
1997 | Catalogazione medagliere | 30,0 | 31,5 | 61,5 |
Totale
quinquennio 93-97
|
1.778,9 | 290,3 | 2.069,2 |
Per rendere possibile apprezzare il peso delle correzioni apportate, queste rettifiche sono segnalate opportunamente in tavola 10.
Sfortunatamente non sono molte le ricerche disponibili per poter fare comparazioni con riferimento alla realtà italiana: tra le poche quella di Fuortes [17] viene spesso citata, e i musei in essa compresi sono diventati una sorta di "benchmarking" tra gli aziendalisti italiani. Tuttavia, posto che la ricerca in questione datava 1990, abbiamo provveduto ad aggiornare questa indagine richiedendo le necessarie informazioni ai diretti interessati: su questa base abbiamo ricostruito i conti economici semplificati per l'anno 1997 (tavola 12), riservandoci ulteriori analisi in altra sede. In realtà la stessa costruzione di questa tabella si scontra con notevoli problemi: da una parte un faticoso processo per ottenere i dati, posta la debole tradizione di "information disclousure" che caratterizza la situazione nel comparto; ma dall'altra soprattutto le conseguenze derivanti dall'eterogeneità delle forme istituzionali dei vari musei e dei connessi regimi di rendicontazione che li caratterizza (ad esempio nel caso della Galleria Nazionale di Arte Moderna il costo del personale è semplicemente non disponibile agli stessi amministratori: ogni ricostruzione per stima - le cui ipotesi comunque correttezza vorrebbe venissero esplicitate - rischia peraltro di incorporare margini di errore estremamente rilevanti).
Tav. 12. Struttura di entrate e di uscite: un confronto di massima con altre realtà
ENTRATE E COSTI (lire milioni) | GANM | Storia della Scienzae | Provinciale di Lecce | Poldi Pezzoli | Archeologico di Bologna | Archeologico di Bologna rettificato |
trasferimenti da ente principale | n.d | 60,4 | 98,2 | 0,0 | 88,8 | 80,6 |
altri trasferimenti pubblici | n.d | 21,7 | 0,0 | 24,9 | 0,0 | 9,3 |
trasferimenti da privati | n.d | 5,2 | 1,8 | 33,2 | 0,0 | 0,0 |
biglietti | n.d | 8,6 | 0,0 | 13,9 | 8,9 | 8,0 |
bookshop | n.d | 0,0 | 0,0 | 7,1 | 2,3 | 2,1 |
altro | n.d | 4,1 | 0,0 | 21,0 | 0,1 | 0,1 |
totale entrate | n.d | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
personale | n.d. | 24,0 | 75,6 | 55,9 | 44,8 | 38,1 |
varie altre correnti | n.d. | 71,1 | 24,4 | 44,1 | 55,2 | 57,2 |
in conto capitale | n.d. | 4,9 | 0,0 | 0,0 | 5,5 | 4,7 |
totale costi | n.d. | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Ciò premesso, se si confrontano (tavola 12) i dati dell'Archeologico con le percentuali della ricerca Fuortes aggiornata si evidenzia un elemento controintuitivo, vale a dire che il peso delle entrate per biglietti sia in linea con il Poldi Pezzoli e il Museo di Storia della Scienza come ordine di grandezza.
Meno facile trarre qualche indicazione sulla composizione dei costi, e la stessa comparazione si dimostra per larga parte inconsistente. Tecnicamente il problema è rappresentato dal fatto di avere rendiconti [18] che solitamente presentano i costi per natura e non per destinazione. In realtà ciò che interesserebbe comparare è eventualmente il costo per sorveglianza, o pulizia, etc. a prescindere che questo sia connesso a costi del personale (perché svolto con addetti) o a prestazione di servizi (perché "comprato" da terzi). Piuttosto, i dati di tavola 12 al massimo danno una qualche misura dell'intensità dei processi di esternalizzazione, senza con questo però riuscire a dare un giudizio di merito: sarebbe necessaria un analisi più approfondita per spiegare il dato così basso di costo del personale dell'Archeologico, che curiosamente supera (è più contenuto) quello del Poldi Pezzoli.
A titolo di pura esercitazione - basandosi su una visione dall'esterno per gli altri musei, dopo aver sperimentato dall'interno con l'Archeologico l'estrema problematicità di simili dati - a partire dalla ricerca di Fuortes da noi aggiornata in tavola 13 si sono ricalcolati alcuni degli indicatori di prestazione per Archeologico, confrontando con i dati originari. Pur con tutte le cautele del caso, in via comparativa si può affermare quanto segue:
Tav. 13. Indicatori sintetici: un confronto di massima con altre realtà
Dati fisico-tecnici |
Ganm |
Storia della Scienzae |
Provinciale di Lecce |
Poldi Pezzoli |
Archeologico di Bologna Rettificato |
costi (milioni) |
n.d. |
3.834 |
2.266 |
2.144 |
2.677 |
visitatori |
118.037 |
48.219 |
75.000 |
52.853 |
81.908 |
mq espositivi |
9.400 |
1.200 |
7.000 |
1.038 |
5.500 |
ore di apertura |
n.d. |
1.600 |
3.016 |
nd |
2.246 |
dipendenti |
170 |
19 |
35 |
18 |
18 |
visitatori per dipendente |
694 |
2.538 |
2.143 |
2.936 |
4.550 |
costo per visistatore (lire) |
n.d. |
79.512 |
30.215 |
40.567 |
32.683 |
costo per mq (milioni) |
n.d. |
3,20 |
0,32 |
2,07 |
0,49 |
costo per ora (milioni) |
n.d. |
2,40 |
0,75 |
2,1 |
1,19 |
costi per dipendente (milioni) |
n.d. |
201,79 |
64,75 |
119,12 |
148,72 |
Dunque una simile situazione, prendendo qualche rischio connesso alla non robusta attendibilità del confronto su dati eterogenei, sembrerebbe confermare il sospetto che l'enfasi ossessiva sull'aumento delle entrate da biglietto sia malposta: certamente la situazione dell'Archeologico potrebbe essere migliorata introducendo un prezzo - anche contenuto - per le scolaresche; il che peraltro non sposterebbe di molto il problema, se un prezzo di 4.000 applicato agli attuali 43.000 gratuiti genererebbe circa 160 milioni di ulteriori entrate, anche ipotizzando una domanda assolutamente inelastica [19]. Se questo si può in qualche misura fare, ciò che l'Archeologico conferma è che anche a queste dimensioni (di grande tra i piccoli) sarebbe velleitario aspettarsi contributi rilevanti, per non dire il pareggio. Piuttosto, i dati di tavola 12 sembrano suggerire la necessità di una varietà di sponsor, di un allargamento di "offerta" a diversi stakeholders come misura di riduzione del rischio e di aumento del radicamento nel tessuto sociale ed economico del singolo museo. Questa sembra la priorità di fondo, cui l'azione sui biglietti e sul bookshoop può certamente contribuire (poco, certo, ma direttamente aumentando la capacità di spesa degli oggi ridotti costi discrezionali), più che un ulteriore riduzione dei costi o esternalizzazione dei processi.
A livello di prima approssimazione dunque sembra poter riscontrare livelli di efficienza (e efficacia) "in linea" con realtà a diverso carattere istituzionale, segno che costi e risorse sono stati gestiti nel "pubblico" in modo non così difforme dal "privato".
Quella descritta è certamente una situazione relativamente "sana", in termini di collezioni, accessi, servizi, e performances (tecnico-scientifica, di mercato, ed economiche), e che si colloca in una situazione in cui si è investito parecchio (certamente rispetto a molte altre realtà di musei civici) pur all'interno di una rete di rapporti istituzionali complessa e intricata. Se le performances in termini sostantivi non assomigliano affatto alle situazioni drammatiche che spesso finiscono sulla stampa, la complessa dinamica dei processi e delle relazioni museo/comune sembra aver raggiunto soluzioni di un qualche valore in termini di semplificazione amministrativa, risultati ancora intermedi e precari in termini di rappresentazione dell'economia del museo, ma soprattutto sembra presentare tuttora una situazione contraddittoria in termini di accountability, di controllabilità e responsabilizzazione coerenti ai reali processi di delega. In realtà su una massa non irrilevante di costi (personale, utenze, consumi) e su leve non indifferenti (prezzi, gratuità etc.) non esiste responsabilità attribuibile ad una figura che si "faccia carico" del complessivo insieme; e le stesse logiche del controllo economico della gestione sembrano sfuggire per larga parte ai problemi intrinseci della gestione di un museo.
Detto in altri termini, e avendo a riferimento altre realtà di musei civici, certamente si è fatto un grosso balzo in avanti in termini di produzione dell'informativa rilevante, sia con riferimento alle prestazioni di mercato che a quelle più direttamente economico-monetarie: ma la rappresentazione economica del museo, al di là di alcuni aspetti di parzialità sottolineati, resta per larga parte rappresentazione "virtuale" a cui non corrispondono deleghe e responsabilità in modo conseguente. Certamente ci si trova di fronte ad una situazione in movimento, in cui comunque viene generata innovazione organizzativa: ma se si vuole condurre a maturazione il processo di managerializzazione forse si rendono necessarie soluzioni - anche istituzionali - più radicali e coraggiose, che liberino e responsabilizzino ad un tempo la gestione dei musei in una logica di autonomia.
Sul piano generale, uno degli aspetti centrali dei processi di managerializzazione - si diceva nell'introduzione - è come "rendere conto" delle risorse e prestazioni delle singole organizzazioni (museali o altro nei beni culturali). La nostra analisi conferma come il problema di accountability si ponga per i musei italiani in modo ben più consistente e "radicale" che nel mondo anglosassone. In quel contesto la discussione è talora su modi più o meno adeguati di rappresentare le performances in relazione alle attività proprie del museo, evitando di snaturarne la missione specifica a seguito delle semplificazioni di certe visioni efficientiste o economicistiche [20]. Da noi spesso si tratta in primo luogo di ricostruire un'informazione di base che è dispersa in varie parti del corpo organizzativo di cui il museo è parte (il comune, la provincia, il ministero), non enucleata in modo compiuto.
In realtà, se si vuole che il processo di managerializzazione dei musei italiani non si arresti ancor prima di iniziare, occorre dunque che il dibattito sull'autonomia sappia mettere a fuoco - in modo molto concreto e pragmatico - il tema dei prerequisiti informativi e organizzativo-istituzionali che rendono possibile la "ricomposizione a unità" del singolo museo (o organizzazione similare) prima di poterne attribuire la responsabilizzazione ad alcuno.
Infine, emerge come il tema delle innovazioni istituizionali e dell'autonomia si ponga per tutto l'insieme dei musei pubblici, e non solo - come spesso si evince nel dibattito - con riferimento ai grandi musei statali. E, tantomeno, con una discussione sul "decentramento" dei musei statali che rimane latitante sui reali problemi e le concrete condizioni per lo sviluppo di un discorso sul management dei musei italiani [21].
[1] Per tutti cfr. D.M. Wilson, F. Sisinni, L. Barbiani, F. Ferego, A. Abruzzese, Scienza e crisi del museo. Il paradigma del British Museum e il caso Italia, Napoli, 1993; K. Moore, Introduction: museum management, in K. Moore, Museum Management, London, 1994; G.D. Carnagie & P.W. Wolnizer, Enabling accountability in museums, in "Accounting, Auditing & Accountability Journal", vol. 9, n. 5, 84-99, 1996; M. Linklater, Privatizzazione della cultura: la Gran Bretagna e il patrimonio culturale, Economia della cultura n. 3 del 1997, 185-191; P. Cannon-Brookes, in V. Ginsburgh e P. M. Menger , Essays in the Economics of the Arts, Amsterdam, North Holland 1998; con riferimento al nostro paese cfr. L. Bobbio, in P.A. Valentino (a cura di), L'immagine e la memoria. Indagine sulla struttura del Museo in Italia e nel mondo, Civita, Leonardo Periodici, 1993; C. Fuortes, Musei ed efficienza economica: quattro casi di studio, in C. Bodo (a cura di), Rapporto sull'economia della cultura in Italia, 1980-1990, Roma 1994; L. Migale, Considerazioni sulla valutazione economica dei musei, in "Economia ed diritto del terziario", n. 1, 1995; S. Bagdadli, Il museo come azienda. Management e organizzazione al servizio della cultura, Milano 1997; G. Mossetto, Musei, turismo, economia delle città, in L. Baldin (a cura di), Musei del Veneto. Il patrimonio, i problemi, le prospettive, il pubblico, Treviso 1997; A. Paolucci, Italia, paese del 'museo diffuso', in C. Morigi Govi e A. Mottola Molfino (a cura di), La gestione dei musei civici: pubblico o privato, Torino 1996.
[2] L. Zan e L. Paciello, Rilanciare Pompei: anno zero. Le attese verso approcci manageriali e forme moderne di accountability, in "Economia e management", n. 6 nov. 1998, pp. 95-103, e n.1 genn. 1999, pp. 53-76.
[3] L. Zan, K. Hoskin, Il "Discorso del maneggio". Lo sviluppo del discorso manageriale e contabile all'Arsenale di Venezia, 1580-1650, Ateneo Veneto, 1999.
[4] L'evoluzione dei modelli economico-gestionali per la valorizzazione delle risorse delle organizzazioni museali, unità di ricerca coordinata da G. Lorenzoni nell'ambito del progetto finalizzato Beni Culturali del Cnr, contributo n° 96.03901.PS15, 97.04681.CT15 e 98.03432.PS15.
[5] L. Zan (a cura di), Conservazione e innovazione nei musei Italiani. Management e processi di cambiamento, Milano, 1999.
[6] Per un inquadramento cfr. M. Cammelli, Riordino istituzionale dei beni culturali e dello spettacolo in una prospettiva federalista, in "Economia della cultura", n. 3 del 1996, 198-226; J. Luther, Principi per il diritto dei musei pubblici in Italia, Fondazione Agnelli, 1997; C. Morigi Govi e A. Mottola Molfino (a cura di), La gestione dei musei civici: pubblico o privato, 1996 Torino; P. Petraroia e G. Provenzali, Evoluzione legislativa e forme possibili di integrazione fra istituzioni statali, enti locali e privati nella gestione dei beni culturali, in C. Morigi Govi e A. Mottola Molfino, La gestione, cit.; A. Paolucci, Italia, paese del "museo diffuso", in C. Morigi Govi e A. Mottola Molfino, La gestione, cit.; si vedano inoltre i vari numeri di questa rivista on-line; con riferimento alla realtà inglese per tutti cfr. S. Davies, Strategic planning in local authority museums, in Museum Management, London, 1994; N. Kawashima, Museum management in a Time of Change, Centre for the study of Cultural Policy, University of Warwick, 1997.
[7] P.J. Ames, Measuring museums' merits, in Museum Management, London 1994; H. Bradford, A new framework for museum marketing, in Museum Management, London, 1994.
[8] C. Fuortes, Musei ed efficienza economica, cit.
[9] P. Galluzzi e A. Valentino (a cura di), I formati della memoria, Firenze, 1997.
[10] Tagli ai finanziamenti statali, si profila l'ingresso a pagamento, in "Giornale dell'Arte", dicembre 1996, p. 24.
[11] Con tutto ciò che questo comporta in termini di approccio all'utente: cfr. P. Galluzzi e A. Valentino, I formati della memoria, cit.
[12] P. Galluzzi e A. Valentino, I formati della memoria,.p. 24.
[13] B. Trevisan, Il museo italiano in Internet, working paper del museo Querini Stampalia, Venezia, dicembre 1997.
[14] Cfr. ad esempio Giovetti; cfr. tavola 8.
[15] Su questi aspetti sul piano generale delle organizzazioni reputazionali si rimanda a R. Whitley, The fragmented state of management studies: reasons and consequences, in "Journal of management studies", vol. 21 n. 4, 1985, pp. 331-348, trad. it. L. Zan, Strategic management: materiali critici, Torino, 1992.
[16] cfr. M. Angioni, La privatizzazione tutta speciale degli Olandesi: i nuovi diritti e le nuove responsabilità dei musei, in "Giornale dell'Arte", n. 162, genn. 1998, p. 62.
[17] C. Fourtes, Musei ed efficienza economica, cit.
[18] Cfr. ad esempio C. Fuortes, Musei ed efficienza economica, cit.; P.A. Valentino (a cura di), L'immagine e la memoria. Indagine sulla struttura del Museo in Italia e nel mondo, Civita, Leonardo Periodici, 1993; L. Migale, Considerazioni sulla valutazione economica dei musei, cit., e tavola 12.
[19] Sulla fallacia di questa ipotesi cfr. M. Linklater, Privatizzazione della cultura, cit.
[20] Per tutti cfr. G. D. Carnagie e P. W. Wolnizer, Enabling accountability in museums, cit.
[21] Si ringrazia l'Etas Libri Rcs per la gentile concessione a riprendere parte del materiale in corso di pubblicazione nel volume a cura di Luca Zan, Conservazione e innovazione nei musei Italiani. Management e processi di cambiamento, Etas Libri, Milano, 1999. Si coglie ancora una volta l'occasione di ringraziare direttore e funzionari del Museo Archeologico e dell'assessorato alla Cultura del comune di Bologna che hanno contribuito allo svolgimento di questa analisi; i direttori del Poldi Pezzoli, del Museo di Storia della Scienza, del Museo Provinciale di Lecce, il direttore amministrativo della Galleria Nazionale d'Arte Moderna per le informazioni fornite.