Sommario: 1. Premessa: la programmazione negoziata in materia di beni culturali - 2. Formazione e conclusione dell'accordo - 3. Finalità, obiettivi e contenuto dell'accordo - 4. Gli strumenti giuridici, tecnici, contabili e finanziari per l'attuazione degli interventi - 5. I responsabili dell'attuazione dell'accordo e della realizzazione dei singoli interventi. Verifiche e monitoraggi - 6. Conflitti, inadempimenti e mancata realizzazione degli interventi. Durata e modificazioni dell'accordo.
1. Premessa: la programmazione negoziata in materia di beni culturali
Con la sottoscrizione, da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione Lombardia, dell'accordo di programma quadro del 26 maggio 1999, anche in materia di beni culturali gli strumenti della c.d. programmazione negoziata sono entrati nel novero delle forme di cooperazione fra Stato, regioni ed enti locali - nonché altri soggetti sia pubblici sia privati - concretamente utilizzate per lo svolgimento concertato di funzioni e compiti amministrativi.
Come noto, con l'art. 2, commi 203 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, gli strumenti della programmazione negoziata hanno trovato una sistemazione generale e sono stati assoggettati ad una, sia pure essenziale, disciplina comune [1].
In particolare, per quel che qui rileva, sono state introdotte le figure dell'intesa istituzionale di programma, stipulabile tra Stato e regione "per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi d'interesse comune o funzionalmente collegati" (art. 2, co. 203, lett. b)), e dell'accordo di programma quadro, stipulabile anche con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati in attuazione dell'intesa istituzionale (art. 2, co. 203, lett. c)).
Ora, l'accordo di programma quadro tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Regione Lombardia è stato stipulato in attuazione dell'intesa istituzionale approvata dal Cipe [2] il 19 febbraio 1999 e sottoscritta il successivo 3 marzo dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione e, trattandosi della prima esperienza applicativa di programmazione negoziata in materia di beni culturali, merita peculiare considerazione anche per la sua presumibile attitudine a diventare un'esperienza c.d. pilota.
La materia oggetto dell'accordo, peraltro, fra le diverse materie che possono essere investite dal fenomeno della concertazione, appare oggi senza dubbio una di quelle che maggiormente si possono giovare dei nuovi strumenti di programmazione, al fine di uno svolgimento efficace ed efficiente delle competenze amministrative ad essa relative; e ciò almeno per un duplice ordine di ragioni.
Da una parte, l'effettuazione degli interventi sui beni culturali di competenza pubblica è costretta a confrontarsi con una distribuzione alquanto frammentata di funzioni e compiti tra Stato, regioni ed enti locali, destinata a subire un'ulteriore sensibile frammentazione in esito all'attuazione del d.lgs. n. 112/1998 e, in particolare, a seguito del decentramento della gestione dei musei e degli altri beni statali individuati a norma dell'art. 150 del medesimo decreto. Tant'è che, nella più recente legislazione, il metodo della leale collaborazione o cooperazione tra i diversi livelli di governo sembra essere diventato il metodo ordinario o "normale" previsto per lo svolgimento delle competenze amministrative in materia, specialmente con riguardo alle attività di valorizzazione dei beni (in proposito, oltre all'art. 152, 1° co., del d.lgs. n. 112, v. anche l'art. 10 del d.lgs. n. 368/1998, istitutivo del Ministero per i beni e le attività culturali).
Dall'altra, lo stesso accento posto con insistenza dal d.lgs. n. 112 (v. artt. 148, lett. d) ed e), 150, 4° co., lett. c), 152 e 155) sulla necessità del perseguimento delle finalità di valorizzazione dei beni [3] ha inevitabilmente condotto al disegno normativo di una cooperazione non soltanto limitata ai diversi livelli di governo delle comunità territoriali, ma estesa, per così dire, orizzontalmente alla ricerca della preziosa collaborazione di altri soggetti pubblici e - forse soprattutto - privati (v. art. 10, legge n. 352/1997, artt. 152, 3° co., lett. d), e), f) ed h), e 155, 1° co., d.lgs. n. 112, nonché art. 10, d.lgs. n. 368).
Ne deriva complessivamente, com'è facile comprendere, un sistema di gestione degli interventi che, per rivelarsi efficace ed efficiente, aspira ontologicamente ad essere inquadrato in seno ad una programmazione "cooperativizzata" degli interventi medesimi. In tal senso si può ben interpretare quanto disposto dall'art. 1, 1° co., del d.lgs. n. 368, che, nell'istituire il nuovo Ministero, significativamente prevede che lo stesso, nell'esercizio delle proprie funzioni, privilegi "il metodo della programmazione", favorisca "la cooperazione con le regioni e gli enti locali, con le amministrazioni pubbliche, con i privati e con le organizzazioni di volontariato" e, tra l'altro, operi "per la massima fruizione dei beni" [4].
Ebbene, in attesa che, a seguito dell'effettiva costituzione delle commissioni istituite dall'art. 154 del d.lgs. n. 112, sia dato concreto avvio alle forme cooperative introdotte dall'art. 155 del medesimo decreto in ordine alla programmazione unilaterale (sia nazionale sia regionale, sia pluriennale sia annuale) delle attività di valorizzazione [5], occorre assumere consapevolezza della possibilità già attuale di utilizzare in materia anche gli innovativi strumenti di programmazione plurilaterale disciplinati, in via generale, dalla legge n. 662; fermo restando, ovviamente, il problema di comprendere in quale relazione - sia dogmatica sia operativa - si pongano la programmazione negoziata e la sopravvissuta programmazione unilaterale [6], specialmente nella prospettiva della comunque prevista "cooperativizzazione" di quest'ultima.
A ben guardare, si può prospettare il rischio che l'utilizzo della programmazione negoziata in materia di beni culturali, laddove venga sviluppato con successo, possa di fatto venire a determinare non soltanto una sovrapposizione rispetto alle forme cooperative previste dal d.lgs. n. 112 in ordine all'attività di programmazione, ma addirittura un superamento delle stesse, prima ancora del loro concreto e presumibilmente difficile avvio.
In ogni caso, ai soggetti istituzionali operanti nel settore dei beni culturali - segnatamente, allo Stato ed alla singola regione - compete attualmente di scegliere se accontentarsi di programmare le iniziative di propria competenza attraverso gli strumenti ordinari e tradizionali della programmazione unilaterale, eventualmente cooperativizzati in forma "debole" o "leggera" [7], oppure tentare la strada della cooperazione che si potrebbe definire "forte", vale a dire la strada vera e propria della concertazione.
L'accordo di programma quadro stipulato tra Ministero e Regione Lombardia a norma dell'art. 2, comma 203, lett. c), della legge n. 662 - nonché, con specifico riguardo al Ministero, dell'art. 10, 1° co., lett. a), del d.lgs. n. 368 [8] - offre così l'occasione di studiare per la prima volta il modo in cui i nuovi strumenti di cooperazione "forte" - da molti considerati l'avanguardia del c.d. "federalismo cooperativo" - possano concretamente operare nel settore degli interventi sui beni culturali.
2. Formazione e conclusione dell'accordo
Come sopra ricordato, l'accordo è stato concluso il 26 maggio 1999 in attuazione dell'intesa istituzionale di programma siglata fra Stato e Regione il 3 marzo precedente; quindi, poco meno di tre mesi dopo [9].
In realtà, al momento della sottoscrizione dell'intesa il testo dell'accordo [10] era stato già definito, nei suoi tratti fondamentali, insieme al testo dell'intesa stessa, dagli uffici regionali a ciò preposti [11], di concerto con i corrispettivi uffici del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica [12] ed in collaborazione con gli altri uffici dicasteriali competenti per materia (ovviamente, riguardo agli interventi in materia di beni culturali, in collaborazione con gli uffici del Ministero per i beni e le attività culturali).
All'uopo, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e la Regione avevano provveduto sin dall'estate del 1997 all'istituzione di un gruppo di lavoro congiunto. Era stato così previsto che si addivenisse alla stipulazione dell'intesa soltanto nel momento in cui fosse stato già istruito e "maturo" il contenuto di alcuni accordi di programma quadro, da sottoscrivere contestualmente o comunque poco dopo la sottoscrizione dell'intesa medesima [13].
Il testo dell'accordo in ultimo sottoscritto riproduce quindi nella sostanza quello già approvato dalla Giunta regionale unitamente all'approvazione del testo dell'intesa [14], sia pure emendato mediante alcuni alleggerimenti ed aggiustamenti di natura soprattutto tecnica e completato delle 16 schede allegate illustrative del dettaglio dei singoli interventi previsti.
Da quanto si è appena ricostruito emerge chiaramente come l'istruttoria finalizzata alla definizione dell'intesa si sia avvalsa, in modo decisivo, delle trattative contestualmente condotte finalizzate alla definizione dell'accordo, in particolare con riguardo alla ricognizione sia delle risorse necessarie sia delle risorse pubbliche e private disponibili per la realizzazione degli interventi da programmare (v. Tabelle B e C allegate all'intesa).
Ed emerge in modo altrettanto chiaro come dette trattative dovrebbero avere già coinvolto nel processo di negoziazione, più o meno informalmente, tutti gli organi periferici dello Stato (a cominciare dalle soprintendenze), gli enti locali, gli enti subregionali, gli enti pubblici e gli altri soggetti pubblici e privati interessati alla concertazione [15], vale a dire tutti i soggetti chiamati successivamente a sottoscrivere l'accordo di programma quadro, vuoi in veste di titolari di diversi compiti e funzioni in ordine alla realizzazione degli interventi, vuoi in veste di meri finanziatori degli stessi.
Vale senza dubbio la pena di sottolineare in proposito come, attraverso il metodo prescelto per la formazione dell'intesa e degli accordi, si recuperino ed anticipino a favore dei soggetti coinvolti a vario titolo nell'attuazione degli interventi quelle potestà "condizionatorie" [16] della programmazione che invece il legislatore consentirebbe formalmente di svolgere, ai soggetti diversi dalle parti sottoscrittrici dell'intesa, soltanto nel momento della negoziazione degli accordi di programma quadro.
Per contro, gli stessi soggetti pubblici e privati con lungimiranza coinvolti da subito nell'istruttoria, in quanto destinati a cooperare con i sottoscrittori dell'intesa nell'esecuzione dell'accordo quadro (secondo le modalità indicate nelle schede ad esso allegate), sono stati poi esclusi, almeno in prima battuta, dalla formalizzazione di quest'ultimo, alla cui sottoscrizione avrebbero invece potuto - se non, in verità, dovuto, a norma del contenuto letterale dell'art. 2, co. 203, lett. c), della legge n. 662 - partecipare immediatamente.
Se, da un lato, l'accordo è stato tempestivamente stipulato fra i suoi due promotori, Ministero e Regione, dall'altro, l'adesione allo stesso da parte degli altri soggetti pubblici e privati interessati alla negoziazione è stata infatti rinviata ad un momento successivo: ai sensi dell'art. 11, 2° co., dell'accordo quadro, detti soggetti, "la cui partecipazione e azione sia necessaria per la compiuta realizzazione delle attività e degli interventi previsti", possono aderire al medesimo previa approvazione del Comitato istituzionale di gestione istituito dall'art. 10 dell'intesa di programma [17]. Per questi ultimi si tratta evidentemente di sottoscrivere sia l'articolato dell'accordo, nel suo insieme, sia una o più singole schede che li concernano.
Al momento della prima stipula dell'accordo, attendono ancora, dunque, di essere suggellati gli impegni reciproci tra i sottoscrittori dell'intesa ed i soggetti già specificamente indicati in ciascuna scheda con riguardo ad ogni singolo intervento.
3. Finalità, obiettivi e contenuto dell'accordo
L'accordo di programma quadro, per quanto già è dato di evincere dall'intesa (Tab. A), è strumentale all'attuazione dell'obiettivo generale "Recupero e valorizzazione dei beni culturali", articolato nei quattro obiettivi specifici "Potenziamento infrastrutture per lo spettacolo", "Conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico, architettonico, artistico, storico, librario e archivistico", "Formazione professionale nel campo del restauro" e "Sistemi informativi integrati Stato-Regione".
L'identificazione degli obiettivi specifici risponde a sua volta alle finalità della negoziazione enunciate nell'art. 1 dell'accordo, che consistono, sinteticamente, nel: sostenere la promozione e lo sviluppo di infrastrutture e di servizi culturali; definire modelli gestionali innovativi; accrescere il raccordo programmatico tra i diversi enti competenti in materia di politiche culturali, utilizzando gli strumenti della programmazione negoziata; integrare la promozione di servizi alla persona con il potenziamento delle attività produttive; realizzare sistemi informativi integrati per offrire servizi innovativi in un quadro culturale di dimensione europea.
Alla luce di quanto si è dietro sostenuto, è poi significativo che lo stesso articolo prosegua riconducendo il perseguimento di dette finalità "all'interno di un processo più complessivo mirato all'attuazione del capo V (Beni e attività culturali) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 al fine di garantire una più incisiva ed efficace azione di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale" ed esplicitando, in proposito, lo scopo specifico di "armonizzare e coordinare, nel territorio regionale, le iniziative dello Stato, della Regione, degli enti locali e di altri possibili soggetti pubblici e privati, anche in considerazione di una successiva completa attuazione delle procedure previste dagli artt. 154 e 155 del predetto d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112".
Le finalità e gli obiettivi così individuati hanno quindi da essere perseguiti attraverso 16 interventi elencati nell'allegato 1 [18] e dettagliatamente illustrati nelle schede di cui all'allegato 2 dell'accordo.
Come si vede, lo spettro delle finalità e degli obiettivi complessivamente fatti propri dall'accordo è abbastanza ampio, tale da trascendere ampiamente, in realtà, l'esclusivo ambito del recupero e della valorizzazione dei beni culturali, inteso in senso proprio e ristretto. In ogni caso, alla realizzazione dello specifico obiettivo "Conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico, architettonico, artistico, storico, librario e archivistico", per quanto emerge sia dall'intesa (v. Tab. A) sia, con maggiore precisione, dall'accordo (v. schede allegate), è dedicato oltre il settanta per cento delle risorse programmate.
Ciò premesso, va dato atto di una rispondenza sufficientemente fedele del contenuto dell'accordo a quanto previsto dall'art. 2, co. 203, lett. c), nn. 1-8, della legge n. 662.
Da questo punto di vista, se alcuni potevano anche attendersi la sottoscrizione di accordi quadro evanescenti e di taglio ancora eminentemente politico-istituzionale, la risposta del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione Lombardia è stata di segno decisamente opposto.
L'accordo si presenta con caratteristiche di operatività che, per vero, raramente si ha occasione di riscontrare in atti di natura programmatica, al punto da comprimere sensibilmente i margini di discrezionalità e di autonomia che le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti coinvolti nei singoli interventi potranno poi essere chiamati ad esplicare nell'esecuzione dell'accordo medesimo [19]. Il dettaglio raggiunto, in particolare attraverso le schede, nella descrizione degli impegni da sottoscrivere rappresenta evidentemente il frutto dell'istruttoria ricca e partecipata di cui sopra si è detto.
Al tempo stesso, detta operatività e tale dettaglio non possono che tradursi in una vincolatività effettiva degli impegni sottoscritti, sia pure nei confini (v. oltre) entro i quali una pubblica amministrazione può assumere impegni relativi allo svolgimento di attività che soltanto in minima parte appaiono connotate da discrezionalità amministrativa, come quelle, in particolare, di competenza dell'amministrazione statale in materia di tutela dei beni culturali, inevitabilmente coinvolte nella realizzazione dei singoli interventi.
Entro tali confini, gli impegni sottoscritti rappresentano per lo più veri e propri obblighi giuridicamente sanzionabili, fronteggiati in via sinallagmatica da diritti, e pertanto possibile oggetto di tutela giurisdizionale attivabile dalle parti dell'accordo [20] (sia dalle sue parti istituzionali sia dagli altri soggetti successivamente sottoscrittori dello stesso).
Così, per esempio, relativamente all'intervento da realizzare al Castello Sforzesco di Milano, gli impegni finanziari sono ripartiti fra Regione (500 milioni) e Comune (390 milioni), mentre a quest'ultimo, nella sua qualità di ente proprietario del bene oggetto di intervento, competono tutte le attività riguardanti la progettazione, l'affidamento e l'esecuzione dei lavori da effettuare, il cui inizio e la cui conclusione sono rispettivamente previsti per il 30 giugno 2000 e per il 1° dicembre 2001. La redazione del progetto definitivo, prevista per il 30 settembre 1999, nonché la redazione del progetto esecutivo e del capitolato d'appalto, prevista per il 31 gennaio 2000, dovranno essere espletate in accordo con la Soprintendenza per i beni AA.AA. della Lombardia Occidentale.
Analogamente, con riferimento all'intervento relativo al Civico Acquario di Milano, gli impegni economici sono suddivisi fra Regione (3 miliardi) e Comune (7 miliardi). Al Comune spettano le attività di affidamento e di esecuzione dei lavori, che dovranno iniziare entro il 30 aprile 2000 e terminare entro il 30 settembre 2001, mentre l'incarico riguardante la redazione del progetto definitivo compete direttamente alla Soprintendenza.
Con riferimento, invece, al restauro della Torre campanaria del Duomo di Monza, gli impegni economici sono ripartiti tra Regione (1 miliardo e 800 milioni), Comune (700 milioni) e Fondazione Cariplo (700 milioni, con l'impegno comunque da parte della Regione di provvedere all'equivalente copertura finanziaria nel caso in cui non si attivasse la sponsorizzazione). Competono alla Parrocchia S. Giovanni Battista di Monza le attività di progettazione, affidamento ed esecuzione dei lavori, che dovranno iniziare entro il 1° aprile 2000 e terminare entro il 1° dicembre 2000, ma la redazione del progetto definitivo, prevista per il 30 settembre 1999, nonché la redazione del progetto esecutivo e del capitolato d'appalto, prevista per il 31 dicembre 1999, dovranno essere espletate d'intesa con la Soprintendenza.
4. Gli strumenti giuridici, tecnici, contabili e finanziari per l'attuazione degli interventi
Ogni scheda, oltre alla descrizione materiale dell'intervento ed alla designazione del nominativo del suo responsabile (sul quale v. oltre), contiene le indicazioni riguardanti i soggetti coinvolti, i costi e la relativa copertura finanziaria, i tempi, nonché le modalità di realizzazione, con particolare riferimento alle procedure amministrative ed alle attività di natura tecnica necessarie, secondo quanto previsto, in particolare, dai numeri da 1 a 4 della lett. c) dell'art. 2, co. 203, legge n. 662.
Alcuni lavori rappresentano, in realtà, la prosecuzione di lavori già iniziati precedentemente alla stipula dell'accordo; la quasi totalità di essi, seppure ancora da iniziare, ha comunque alle spalle una qualche attività di progettazione, talora anche già esecutiva. Nella maggior parte dei casi, si tratta di lavori destinati a concludersi nel 2000 o nel 2001; in alcuni casi, la data di fine lavori è invece fissata nel 2002 o nel 2003.
Oltre al Ministero, alla Regione e, soprattutto, agli enti locali, è coinvolta in diversi interventi la Fondazione Cariplo. In alcuni interventi sono coinvolti istituti centrali del Ministero e soprintendenze in prima persona. Nelle schede figurano inoltre Rai, Telecom Italia, Lombardia Informatica, università, istituzioni ecclesiastiche, biblioteche e diverse associazioni non lucrative [21].
Le singole "tappe" di realizzazione di ciascun intervento sono, infine, dettagliatamente individuate e "calendarizzate", con riguardo sia ai procedimenti amministrativi sia alle attività di natura tecnica.
Si ritrova così preordinata, per ciascuna opera, la successione dei tempi dei diversi livelli di progettazione ancora da effettuare (con riferimento tanto all'affidamento quanto alla redazione ed all'approvazione dei progetti), della redazione del capitolato d'appalto, dell'indizione, dell'espletamento e della conclusione della relativa gara, nonché dell'avvio, della consegna e del collaudo dei lavori. Ancora, vengono per esempio predeterminati affidamenti e tempi di svolgimento di incarichi di varia natura, nonché acquisti e installazioni di arredi e di attrezzature.
A norma dei nn. 3 e 4 della lett. c) dell'art. 2, co. 203, della legge n. 662, in alcuni casi viene prevista la stipula di specifiche convenzioni tra i soggetti coinvolti nell'attuazione del singolo intervento, mentre per quattro interventi reputati di particolare complessità è prevista la conclusione tra Ministero, Regione ed enti locali competenti, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142/1990, di specifici accordi di programma [22], i quali, secondo quanto disposto dall'art. 6 dell'accordo, "dovranno prevedere, tra l'altro, anche lo studio e la definizione puntuale dei modelli gestionali a cui ancorare le funzioni attivate nelle singole situazioni" [23].
Non vengono invece previste specifiche conferenze di servizi, ma i sottoscrittori dell'accordo comunque si impegnano, nello svolgimento dell'attività di propria competenza - oltre che a rispettare i termini concordati nelle schede e a tal fine ad emettere, in termini possibilmente ridotti, autorizzazioni, nulla osta o altri atti necessari all'attuazione dei progetti (art. 3, 1° co., lett. a), dell'accordo) - "ad utilizzare forme di immediata collaborazione e di stretto coordinamento, con il ricorso in particolare agli strumenti di semplificazione dell'attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo previsti dalla vigente normativa, eventualmente facendo ricorso a tutti gli strumenti previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e sue modificazioni" (art. 3, 1° co., lett. b)) [24].
Più in generale, due disposizioni di chiusura contenute nell'accordo impegnano le parti, nell'attuazione degli interventi, da un lato, a favorire "il coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati la cui azione sia rilevante per il perseguimento degli obiettivi individuati" (art. 3, 2° co.), ma dall'altro, "a rimuovere ogni ostacolo procedurale in ogni fase procedimentale di realizzazione degli interventi, accettando, in caso di inerzia, ritardo o inadempienza l'eventuale intervento sostitutivo dell'autorità competente" (art. 3, 1° co., lett. e)).
Emerge pertanto in modo chiaro dal contenuto dell'accordo l'estrema attenzione riservata all'esigenza di una gestione fortemente cooperativizzata degli interventi in materia di beni culturali e, nello stesso tempo, alla conseguente necessità di ottenere il massimo grado di coordinamento, semplificazione e snellimento delle relative procedure, più o meno complesse.
Devono, però, emergere altrettanto chiaramente anche i confini degli impegni che in tale direzione le amministrazioni sottoscrittrici possono convenzionalmente assumere, sia reciprocamente, sia nei confronti di altri soggetti. Tali confini non possono che derivare dai vincoli di legge che, come noto, sono imposti, anche se ovviamente in misura assai differente, sia all'attività vincolata sia all'attività discrezionale di ogni pubblica amministrazione.
Da una parte, quindi, le amministrazioni non sono in grado di contrattare alcun autolimite di natura sostanziale riguardante lo svolgimento delle proprie valutazioni tecniche; si pensi, per esempio, all'emanazione di autorizzazioni o nulla osta, da parte delle soprintendenze, sui beni sottoposti a vincolo oppure, in generale, alla valutazione dei progetti, specie di quelli definitivi ed esecutivi.
Dall'altra, ogni autolimitazione di discrezionalità, concernente la ponderazione degli interessi pubblici e privati riservata alle amministrazioni competenti, dovrebbe comunque rimanere potenzialmente recessiva di fronte all'eventuale sopravvenienza di nuovi fatti che oggettivamente impongano una diversa valutazione dell'assetto degli interessi medesimi [25].
Anche per quel che specificamente riguarda gli impegni relativi ai procedimenti, qualsiasi opera di coordinamento, semplificazione o snellimento non potrà poi che in ogni caso avvenire nel rispetto delle competenze, secondo le modalità e mediante gli strumenti stabiliti dalla legge [26].
Solo al legislatore, infatti, è consentito di modificare la disciplina dei procedimenti che esso stesso ha provveduto ad imporre allo svolgimento dei medesimi. Così, ad esempio, al fine di sgombrare preventivamente il campo da disposizioni di legge che disponessero in senso contrario, è stato il legislatore a prevedere che "i controlli sugli atti e sulle attività posti in essere in attuazione dell'accordo di programma quadro sono in ogni caso successivi" (art. 2, co. 203, lett. c), legge n. 662, 4° periodo, ripreso dall'art. 11, 3° co., dell'accordo).
Allo stesso modo, l'art. 2, co. 203, lett. c), 5° periodo, della legge n. 662, sia pure limitatamente alle aree di cui alla lettera f) del medesimo comma, ha disposto che gli atti esecutivi degli accordi quadro "possono derogare alle norme ordinarie di amministrazione e contabilità, salve restando le esigenze di concorrenzialità e trasparenza e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di appalti, di ambiente e di valutazione di impatto ambientale".
Con specifico riferimento, da ultimo, allo snellimento delle procedure di spesa, l'art. 15, 4° co., del d.l. 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, nella legge 30 marzo 1998, n. 61, ha esteso l'applicabilità dell'art. 8 del d.P.R. 20 aprile 1994, n. 367 [27], agli interventi negozialmente programmati "per i quali sia necessario il concorso di più amministrazioni dello Stato, nonché di queste ed altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici, anche operanti in regime privatistico" (art. 2, co. 203, lett. b), legge n. 662, 2° periodo, aggiunto dal citato art. 15, 4° co., del d.l. n. 6/1998).
Per il resto, Ministero e Regione, nell'impegnarsi "ad attivare ed utilizzare appieno ed in tempi rapidi tutte le risorse finanziarie individuate" nell'accordo (art. 3, 1° co., lett. d)), non possono far altro che obbligarsi, per l'ipotesi in cui al momento dell'impegno una fonte di finanziamento, inizialmente prevista in una scheda di intervento, non sia tempestivamente attivabile "a causa delle vigenti disposizioni di natura amministrativa e contabile", ad individuare altre fonti idonee ad assicurare la copertura finanziaria dell'intervento, "facendo ricorso ai propri canali di finanziamento ordinari o straordinari" (art. 5, 4° co.). Fermo restando che tutti gli interventi previsti sono considerati prioritari all'interno della programmazione in tema di beni culturali sviluppata per il triennio 1999/2001 -relativamente alla Regione Lombardia - dai sottoscrittori dell'accordo, "sia in relazione alle risorse ordinarie che in relazione ad altre disponibilità finanziarie" (art. 3, 3° co.) [28].
Come dietro accennato, ai sensi del n. 7) dell'art. 2, co. 203, lett. c), della legge n. 662, le schede allegate all'accordo contengono un'indicazione dettagliata, per la realizzazione di ciascun intervento, dei costi annuali previsti e della relativa copertura finanziaria, ripartita per esercizi finanziari e per soggetti finanziatori.
Tra le fonti di finanziamento, oltre a quelle statali e regionali (per lo più individuate attraverso la citazione delle singole leggi di riferimento), figurano i bilanci degli enti locali coinvolti, nonché erogazioni di fondazioni bancarie (segnatamente, della Fondazione Cariplo) e, in parte davvero esigua, fondi dell'Unione europea.
Dal quadro finanziario complessivo degli interventi, riportato nel secondo comma dell'art. 5 dell'accordo, risulta che poco meno del cinquanta per cento dei costi è a carico dello Stato, poco più del trenta a carico della Regione, poco più del quindici a carico di "altri enti pubblici" e poco più del cinque a carico di "soggetti non istituzionali".
Sia il Ministero sia la Regione si impegnano ad attivarsi affinché gli altri enti pubblici e i soggetti non istituzionali assicurino la copertura dei finanziamenti posti a loro carico, ma è la Regione a garantire in ogni caso la copertura, con risorse proprie, di quelli posti a carico dei soggetti non istituzionali (art. 5, 3° co).
5. I responsabili dell'attuazione dell'accordo e della realizzazione dei singoli interventi. Verifiche e monitoraggi
Corrispondentemente a quanto disposto in sede di disciplina generale dei lavori pubblici prima della recente novella alla stessa apportata dalla legge 18 novembre 1998, n. 415 [29], l'accordo scinde in un doppio livello funzionale la responsabilità del coordinamento e della vigilanza sull'attuazione complessiva del programma, da una parte (art. 7), e la responsabilità delle procedure di realizzazione di ogni singolo intervento dallo stesso previsto, dall'altra (art. 8).
Con il primo comma dell'art. 7 dell'accordo, vengono innanzitutto nominati i due responsabili dell'attuazione del medesimo, incaricati di provvedere, d'intesa fra loro, al coordinamento ed alla vigilanza sull'esecuzione del complesso degli interventi previsti.
I responsabili sono due, anziché uno soltanto, come sarebbe invece stabilito dall'intesa istituzionale (art. 8, 7° co.) e com'era peraltro disposto nel testo originariamente definito dell'accordo. La scelta duplicatrice corrisponde, evidentemente, ad una comune esigenza di pariteticità e, al tempo stesso, di autonomia direzionale fatta valere dai due sottoscrittori dell'accordo, tant'è che un responsabile appartiene al Ministero e l'altro alla Regione.
Ogni duplicazione di responsabilità importa, però, una parziale deresponsabilizzazione di ciascuno dei responsabili e, al tempo stesso, un'inevitabile attenuazione dell'efficacia e, soprattutto, dell'efficienza della loro azione congiunta. Così, l'accordo è costretto a regolare l'ipotesi dell'eventuale insorgenza di contrasti fra i due responsabili, attraverso la devoluzione del potere di risolverli al Comitato paritetico di attuazione dell'intesa [30] (art. 7, 3° co.).
Ai predetti responsabili spetta il compito di rappresentare in modo unitario gli interessi dei sottoscrittori dell'accordo (art. 7, 2° co., lett. a)), nonché quello di promuovere, in concerto con i responsabili dei singoli interventi, le eventuali azioni e iniziative necessarie a garantire il rispetto degli impegni sottoscritti (art. 7, 2° co., lett. b)) [31]. A tal fine, sono i responsabili dell'attuazione dell'accordo ad interagire direttamente con il Comitato di attuazione, anche per conto dei responsabili dei singoli interventi.
Questi ultimi - uno soltanto per ogni intervento- rappresentano, in realtà, il primo anello di una "catena di monitoraggio" che, a norma del n. 8 dell'art. 2, co. 203, lett. c), legge n. 662, può condurre, come si vedrà, dalle verifiche relative all'esecuzione del singolo impegno sino ai previsti aggiornamenti dell'intesa di programma ad opera del Comitato istituzionale di gestione.
In ogni scheda allegata all'accordo, viene appunto designato il nominativo del responsabile di ciascun intervento, appartenente, come logico, al soggetto competente - anche privato [32] - ovvero ad uno dei soggetti competenti all'espletamento delle procedure di realizzazione dell'intervento medesimo [33]. È appena il caso di sottolineare come detta designazione in diversi casi possa essere operativa soltanto con la sottoscrizione dell'accordo e della singola scheda da parte del soggetto di appartenenza del responsabile, se tale soggetto è diverso dal Ministero o dalla Regione.
La figura del responsabile del singolo intervento rappresenta una versione evoluta e più manageriale, se si vuole, della figura del "responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal programma triennale dei lavori pubblici", di cui all'art. 7, 1° co. e ss., della legge n. 109/1994, che i soggetti competenti devono nominare per le fasi della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei lavori. Ad egli è richiesto, infatti, di "pianificare il processo operativo teso alla completa realizzazione dell'intervento attraverso la previsione dei tempi, delle fasi, delle modalità e dei punti-cardine, adottando un modello metodologico di pianificazione e controllo riconducibile al Project Management", nonché, conseguentemente, di "organizzare e controllare l'attivazione e messa a punto del processo operativo" in tal modo pianificato (così l'art. 8, 2° co., lett. a) e b), dell'accordo) [34].
Egli, poi, di fronte ad un ritardo e/o ad un ostacolo tecnico-amministrativo frapposto alla realizzazione dell'intervento, non ha ovviamente il potere di sostituirsi a soggetti in ipotesi inadempienti, ma, nell'esercizio dei suoi compiti di costante vigilanza e di verifica sull'attuazione degli impegni assunti da coloro che hanno sottoscritto la singola scheda, ha in ogni caso un dovere di tempestiva segnalazione nei confronti dei responsabili dell'accordo (art. 8, 2° co., lett. c)).
Nei limiti della propria competenza, egli ha altresì il dovere di porre in essere tutte le azioni opportune e necessarie al fine di garantire la completa realizzazione dell'intervento nei tempi previsti (art. 8, 2° co., lett. c)).
Almeno ogni tre mesi, egli ha comunque l'obbligo di compilare e trasmettere ai responsabili dell'accordo una "scheda di monitoraggio" descrittiva dello stato di attuazione dell'intervento, unitamente ad una relazione illustrativa dei risultati conseguiti e delle azioni di verifica svolte, degli ostacoli amministrativi, finanziari o tecnici incontrati e dell'eventuale proposta delle azioni correttive per superarli, nonché dei progetti non più attivabili o completabili e della conseguente disponibilità di risorse non utilizzate (art. 8, 2° co., lett. d)).
Sono quindi i responsabili dell'accordo che, nel trasmettere al Comitato di attuazione le schede di monitoraggio e le relazioni sui singoli interventi, sono chiamati ad operare una sorta di reductio ad unum delle stesse presentando una relazione semestrale sullo stato di attuazione dell'intero programma al Comitato medesimo [35], di modo che questo a sua volta relazioni al Comitato istituzionale di gestione, anche ai fini dell'effettuazione di eventuali aggiornamenti dell'intesa in occasione delle verifiche annuali di quest'ultima (v. art. 7, 2° co., lett. c) e d), dell'accordo).
Oltre ai descritti poteri/doveri di "guida" delle procedure di realizzazione del singolo intervento ed ai connessi poteri/doveri di sorveglianza e di impulso debitamente inseriti nei descritti processi di monitoraggio, anche ai responsabili designati in ciascuna scheda debbono competere, infine, funzioni di rappresentanza unitaria degli interessi dei sottoscrittori dell'accordo, con riferimento però, naturalmente, soltanto ai soggetti specificamente coinvolti in ciascun intervento e relativamente all'esclusiva attuazione dello stesso.
Si può dunque riconoscere al responsabile unico di ciascun intervento il ruolo di stabile punto di riferimento ed unificato centro di imputazione dell'insieme delle procedure necessarie alla realizzazione dell'intervento medesimo, sia all'interno sia all'esterno di ognuna di queste, sia all'interno dei meccanismi di attuazione dell'accordo sia nei confronti di soggetti terzi che entrino in contatto con i suoi sottoscrittori [36].
6. Conflitti, inadempimenti e mancata realizzazione degli interventi. Durata e modificazioni dell'accordo
L'articolata disciplina delle verifiche e dei monitoraggi sull'attuazione dell'accordo è funzionale all'intendimento alquanto trasparente dei sottoscrittori di garantire nella massima misura possibile il buon esito della programmazione negoziata.
Programmare convenzionalmente la realizzazione di una serie di interventi pubblici significa anche preventivare il verificarsi di eventuali patologie nell'adempimento degli obblighi che relativamente ad essi sono stati assunti e, quindi, disciplinarne strumenti di tempestiva diagnosi ed efficaci modalità di cura.
Una valutazione dell'attitudine della programmazione a consentire una realizzazione efficace ed efficiente delle opere programmate è destinata a passare, infatti, anche attraverso una valutazione dell'efficacia e dell'efficienza dell'apparato di soluzioni e strumenti - alternativi a quelli giudiziali - approntati al fine di scongiurare con tempestività l'inadempimento degli impegni assunti, segnatamente di quelli infungibili, posto che, a fronte del loro mancato adempimento, il risarcimento per equivalente pur giudizialmente ottenibile (o l'improbabile e in ogni caso assai defatigante esecuzione in forma specifica degli stessi) rappresenterebbe l'estremo fallimento della programmazione medesima.
Da una parte, così, ai sensi dell'art. 2, co. 203, lett. c), n. 6, della legge n. 662, è previsto l'esperimento obbligatorio di un tentativo di conciliazione davanti al Comitato di attuazione per il caso di insorgenza di conflitti circa l'interpretazione e l'attuazione dell'accordo [37]. In proposito va sottolineato che alla convocazione delle parti in conflitto il Comitato può procedere su segnalazione dei responsabili dell'accordo, su istanza di una delle parti interessate oppure anche d'ufficio (v. art. 9 dell'accordo) [38].
Dall'altra, ai sensi della lett. c), n. 5, del medesimo articolo, è previsto che, in esito alle segnalazioni ed alle proposte dei responsabili dei singoli interventi in ordine ad ingiustificati ritardi, inerzie o inadempimenti degli impegni assunti, i responsabili dell'accordo, nell'esperimento di ogni possibile tentativo per il superamento degli ostacoli rilevati, attivino, mediante l'inoltro di un invito ad adempiere, un procedimento preordinato anche all'eventuale esercizio di poteri sostitutivi nei confronti dei soggetti inadempienti (v. art. 10 dell'accordo, nonché art. 10, 5° e 6° co., dell'intesa).
Entro il termine prefissato nell'invito, il soggetto inadempiente sarà quindi tenuto a far conoscere ai responsabili dell'accordo le iniziative assunte (eventualmente nei confronti delle competenti strutture dallo stesso soggetto dipendenti) ed i risultati conseguiti. Nel caso, tuttavia, in cui i rilevati ostacoli amministrativi, finanziari o tecnici non saranno stati tempestivamente superati, ai responsabili dell'accordo non resterà che riferirne al Comitato di attuazione per i successivi adempimenti ad opera del Comitato istituzionale.
È quest'ultimo, infatti - opportunamente integrato da un rappresentante del Ministro per i beni e le attività culturali e da un rappresentante del competente Assessore regionale - che potrà, previa ulteriore assegnazione di un termine per adempiere e relativa messa in mora, anche assumere le determinazioni necessarie affinché l'autorità competente provveda ad esercitare i corrispondenti poteri sostitutivi, ove ciò sia consentito [39].
Ove, però, non sia consentito l'esercizio di alcun potere sostitutivo - come, in particolare, nel caso in cui il soggetto inadempiente competente alla realizzazione dell'intervento sia un soggetto privato - oppure lo stesso non garantisca il risultato dell'adempimento o lo garantisca in modo insufficiente, al Comitato medesimo non resterà che prendere atto dell'inadempimento e della conseguente non attivabilità o non completabilità dell'intervento e, di conseguenza, assumere la determinazione estrema di richiedere al Cipe e/o alla Regione, a seconda della titolarità delle risorse ancora disponibili, l'immediata revoca del relativo finanziamento.
Detta revoca, evidentemente incompatibile con ulteriori richieste di adempimento, parrebbe quindi aprire la strada, da una parte, all'opponibilità ai soggetti inadempienti della nota eccezione inadimplenti non est adimplendum e, dall'altra, anche alla possibilità di addivenire alla risoluzione per inadempimento del vincolo pattizio riferito agli impegni sottoscritti dai soggetti coinvolti nell'attuazione del singolo intervento ormai non più attivabile o non completabile. Sia l'eccezione sia la risoluzione sarebbero, infatti, rispettivamente opponibile ed azionabile nei confronti del soggetto inadempiente secondo i princìpi comuni stabiliti dal codice civile per i contratti plurilaterali indicati dall'art. 1420, conseguendone che il vincolo pattizio rimarrebbe invece rispettivamente esecutivo e vigente tra le parti adempienti, salvo che la mancata prestazione o partecipazione all'accordo della parte inadempiente dovesse considerarsi essenziale ai fini della realizzazione del programma negoziato o, meglio, dei singoli interventi dallo stesso previsti (v. art. 1459 c.c.) [40].
Sia l'art. 10, 6° co., dell'intesa sia l'art. 10, 4° co., dell'accordo fanno espressamente salvo, nel caso in cui intervenga la revoca del finanziamento, l'esercizio di eventuali azioni nei confronti dei soggetti inadempienti, ivi compresa, ovviamente, l'azione per il risarcimento dei danni [41]. Inoltre il quinto comma dell'art. 11 dell'accordo - dopo che il primo comma dello stesso articolo ha ribadito che l'accordo "è vincolante per tutti i soggetti sottoscrittori" - precisa che "qualora l'inadempienza di una o più delle parti sottoscrittrici comprometta l'attuazione di un intervento previsto nell'Accordo quadro, sono a carico del soggetto inadempiente le spese sostenute dalle altre parti per studi, piani, progetti e attività inerenti l'intervento medesimo".
Ne deriverebbe dunque, a fronte degli inadempimenti insanabili e definitivi, un doppio sistema di recupero delle risorse originariamente destinate alla realizzazione dell'intervento compromesso. Per le risorse già utilizzate e perdute sarebbe aperta alle parti la via del risarcimento dei danni, mentre per le risorse non ancora utilizzate sarebbe opponibile ai soggetti inadempienti l'eccezione di inadempimento.
Al Comitato istituzionale, in esito alla revoca delle risorse ancora disponibili che lo stesso è abilitato a richiedere alle parti promotrici dell'accordo, spetta poi anche ogni decisione circa il loro prossimo reimpiego, sempre nell'ambito della programmazione negoziata fra Stato e Regione.
La flessibilità che la stessa intesa istituzionale, attraverso le previste verifiche complessive annuali dei suoi obiettivi e dei suoi strumenti attuativi (v. art. 12 dell'intesa), assicura all'insieme della programmazione negoziata posta in essere fra Stato e Regione è funzionale, infatti - oltre che alla programmazione dell'utilizzo di nuove risorse messe a disposizione per ulteriori interventi [42] - anche all'eventuale rimodulazione degli interventi già programmati contestuale alla rinegoziazione e riprogrammazione delle risorse rimaste in ipotesi disponibili a seguito della mancata realizzazione, per qualsiasi ragione, di uno o più degli stessi (v. art. 5, 5° co., dell'accordo).
Anche le risorse revocate, pertanto, affinché non rimangano a lungo "congelate", possono divenire oggetto di rinegoziazione e riprogrammazione (v. art. 10, 5° co., dell'accordo), e concorrere, "in conformità ai principi di verifica e aggiornamento dell'intesa", ad eventuali modificazioni o integrazioni dell'accordo di programma quadro, che le parti possono concordemente disporre previa approvazione del Comitato istituzionale (v. art. 11, 4° co., dell'accordo).
In tal modo, si realizza una programmazione flessibile, oltre che negoziata, tale da consentire un'elastica capacità di reazione dei suoi attori istituzionali agli inadempimenti davanti ai quali gli stessi, dopo ogni sforzo perpetrato al fine di evitarli o di sanarli, non potranno che in ultimo arrendersi. Negoziazione e flessibilità vengono così a costituire insieme una strumentazione intesa al minor dispendio possibile di risorse ed energie investite negli interventi programmati, anche di fronte alla mancata attivazione o al mancato completamento degli stessi.
L'accordo, in ogni caso, è destinato a scadere nel momento in cui tutti gli interventi programmati saranno stati realizzati ovvero non saranno più realizzabili, salva la sua prorogabilità alle medesime condizioni previste per la sua modificazione (v. ancora art. 11, 4° co.). E sarà il Comitato di attuazione, alla scadenza, su segnalazione dei responsabili dell'accordo, a dovere occuparsi delle eventuali incombenze derivanti dalla definizione dei rapporti pendenti e delle attività non ultimate (art. 11, 6° co.).
Com'è per l'attuazione di qualsiasi programma convenzionale, l'ultimazione delle attività previste dall'accordo non potrà comunque che dipendere, oltre che dalla qualità della negoziazione e degli strumenti attuativi predisposti, anche e soprattutto dalla reale volontà - nonché capacità - dei soggetti coinvolti di cooperare per adempiere tutti gli impegni stabiliti; volontà che, almeno in prima battuta, potrà cominciare a manifestarsi con la sottoscrizione, in tempi rapidi, di tutti gli impegni contenuti nelle singole schede da parte dei soggetti pubblici e privati in esse contemplati.
[1] Alle disposizioni contenute nella legge n. 662 devono poi aggiungersi, com'è altrettanto noto, le conseguenti disposizioni regolamentari introdotte con la deliberazione del Cipe 21 marzo 1997, recante "Disciplina della programmazione negoziata" (in "Gazzetta Ufficiale", Serie Generale, n. 105 dell'8 maggio 1997). In verità, sono molti i dubbi interpretativi ancora irrisolti sollevati dalle nuove figure convenzionali di programmazione, soprattutto per ciò che riguarda l'an, il quando e il quomodo dell'applicabilità alle stesse delle disposizioni del codice civile relative alle obbligazioni e ai contratti. Per l'analisi di alcune delle più significative questioni aperte, si rinvia agli atti del recente Terzo Convegno di Studi di Diritto Amministrativo, svoltosi a Torino lo scorso 28 maggio 1999, dedicato al tema "L'impresa e la pubblica amministrazione: le forme e gli strumenti della concertazione", ed ivi, in particolare, alle relazioni ancora inedite di R. Ferrara, La programmazione "negoziata" fra pubblico e privato, e di G. Sala, La concertazione tra l'impresa e la pubblica amministrazione: la tutela delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte.
[2] Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, su proposta del Ministro del bilancio, del tesoro e della programmazione economica, come previsto dall'art. 2, co. 205, della legge n. 662.
[3] Sull'evoluzione delle funzioni amministrative in materia di beni culturali e sul recente approdo, se così è concesso di esprimersi, alla "valorizzazione" delle funzioni di valorizzazione, v. S. Cassese, I beni culturali: dalla tutela alla valorizzazione, in "Giorn. dir. amm"., 1998, p. 673 ss.
[4] Sulla legge istitutiva del nuovo Ministero, si rinvia agli atti della Giornata di studio svoltasi a Roma, il 12 marzo 1999, dedicata al tema "L'istituzione del ministero per i Beni e le Attività culturali nel quadro delle riforme amministrative", pubblicati in "Aedon", n. 1/1999, ed ivi, in particolare, per quanto concerne gli argomenti trattati nel presente lavoro, ai contributi di G. Pastori, Il ministero per i Beni e le Attività culturali: il ruolo e la struttura centrale, E. Bruti Liberati, Il ministero fuori dal ministero (art. 10 del d.lg. 368/1998), e G. Pitruzzella, L'organizzazione periferica del ministero e gli attori istituzionali locali.
[5] E in attesa, a dire il vero, che anche attraverso la prassi (nonché attraverso la legislazione regionale; per quel che riguarda invece la programmazione statale, v. già l'art. 3, 3° co., del d.lgs. n. 368) divenga pienamente intelligibile l'effettivo contenuto normativo dell'art. 155, 1° co., del d.lgs. n. 112 (in argomento, v. G. Corso, in Aa.Vv., Lo Stato autonomista, Commentario al d.lgs. n. 112/1998 a cura di G. Falcon, con la collaborazione di M. Cammelli, F. Merloni, G. Pastori e L. Torchia, Bologna, 1998, sub art. 155, p. 512 ss.). In proposito, si devono pure segnalare i forti dubbi che sono stati espressi sulla futura reale costituzione delle stesse commissioni regionali e sulla loro reale capacità -se, quando e dove costituite- di funzionare quale sede di effettiva cooperazione tra i soggetti coinvolti nelle attività da coordinare (così L. Bobbio, Due scenari per il decentramento dei musei, in "Aedon", n. 1/1998, e ID., I beni e le attività culturali, in Aa.Vv., Il decentramento amministrativo, Commento al d.lgs. n. 112/1998 pubblicato in "Giorn. dir. amm.", 1998, p. 848 ss.).
[6] Dal punto di vista dogmatico, si può ritenere (secondo la nota tesi di R. Ferrara, compiutamente formulata nel volume Gli accordi di programma. Potere, poteri pubblici e modelli dell'amministrazione concertata, Padova, 1993, spec. p. 87 ss., e ripresa, con riferimento alla programmazione negoziata, in La programmazione "negoziata", cit.) che gli accordi di programma quadro rappresentino, al pari degli accordi di programma semplici, una species del genus di accordi organizzativi disciplinati dall'art. 15 della legge n. 241 (sui quali, per tutti, v. G. Pastori, Accordo e organizzazione amministrativa, in Aa.Vv., L'accordo nell'azione amministrativa, a cura di A. Masucci, Quaderno Regionale Formez n. 51, Roma, 1988, p. 39 ss., e ID., L'amministrazione per accordi nella recente progettazione legislativa, in Aa.Vv., Il procedimento amministrativo fra riforme legislative e trasformazioni dell'amministrazione, a cura di F. Trimarchi, Milano, 1990, p. 79 ss.). Dal punto di vista operativo, la relazione di sovraordinazione intercorrente tra gli accordi di programmi quadro e la restante programmazione unilaterale sia statale sia regionale dovrebbe tradursi, con riferimento alle risorse finanziarie disponibili, nella priorità da assegnare in ogni caso alla realizzazione degli interventi previsti negli atti di programmazione negoziata (v. oltre la nota n. 28).
[7] Utilizzando l'espressione di R. Ferrara, La programmazione "negoziata", cit., che si riferisce, più precisamente, a figure "leggere" di concertazione.
[8] Per quel che riguarda la Regione Lombardia, il p.d.l. n. 505/1998, attuativo del Capo I della legge n. 59/1997 e del d.lgs. n. 112 -approvato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 37511 del 24 luglio 1998 e, dopo l'acquisizione dei pareri delle competenti commissioni consiliari, restituito alla Presidenza del Consiglio regionale in data 15 luglio 1999 - nel prevedere espressamente, ai commi 5 e ss. dell'art. 1 ("Finalità della legge e ruolo della Regione"), l'utilizzabilità in via generale degli strumenti di programmazione negoziata introdotti dalla legge n. 662, dispone che ne siano definite le procedure e le modalità di realizzazione, nonché, in particolare, le modalità di raccordo con la programmazione regionale, mentre all'art. 79 ne prevede l'utilizzo specifico nella materia dei beni culturali.
[9] Con poco ritardo, tutto sommato, rispetto alla data prevista per la sua sottoscrizione dalla Tabella C allegata all'intesa, cioè il 15 marzo 1999.
[10] Al momento della sottoscrizione dell'intesa erano già stati definiti, allo stesso modo, i testi di altri tre accordi di programma quadro (v. l'art. 8 dell'intesa e le Tabelle B e C ad essa allegate): quello relativo all'edilizia sanitaria e socio-sanitaria, quello relativo al sistema integrato di accessibilità all'aeroporto di Malpensa e quello in materia di ambiente ed energia. L'art. 12, 5° co., dell'intesa prevede poi l'impegno delle parti sottoscrittrici di avviare entro sessanta giorni dalla sua stipula il confronto bilaterale per l'individuazione di ulteriori accordi da negoziare nel corso del 1999.
[11] Si tratta, in particolare, degli uffici della Presidenza della Giunta regionale, in collaborazione con quelli dell'Assessorato alla trasparenza e cultura.
[12] Si tratta, precisamente, del Servizio per le politiche di sviluppo territoriale e dell'Unità di valutazione degli investimenti pubblici, incardinati presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero.
[13] Detta circostanza è evidentemente rivelatrice dell'apprezzabile intento di non addivenire alla stipulazione di intese, per così dire, vuote ed astratte, e cioè non ancora chiaramente orientate in una direzione di concreta ed immediata attuazione. Peraltro, sembra che una siffatta concezione dell'intesa sia stata in qualche modo resa necessaria dal Cipe, nel momento in cui, in particolare, al punto 1.3. (primo periodo) della deliberazione 21 marzo 1997, esso ha disposto che con l'intesa si procedesse "alla ricognizione degli interventi e delle risorse finanziarie disponibili sul bilancio dello Stato, delle amministrazioni regionali, degli enti pubblici interessati all'intesa, nonché delle risorse comunitarie in settori in cui siano attivabili i fondi strutturali, e delle altre risorse pubbliche e private". Nell'intesa, in corretta applicazione della delibera del Cipe, figurano pertanto sia la ricognizione delle risorse disponibili per l'attuazione dei singoli accordi dalla stessa stabiliti (Tab. B), sia, prima ancora, una quantificazione per obiettivi delle risorse necessarie (Tab. C). E detto risultato avrebbe potuto ottenersi soltanto attraverso una preparazione contestuale e congiunta del contenuto dell'intesa e del contenuto degli accordi in essa previsti, di modo che le trattative condotte dai sottoscrittori dell'intesa con i soggetti interessati alla stipula dei singoli accordi promossi fungessero, in prima battuta, anche da decisiva istruttoria per la definizione del testo dell'intesa. Infine, va sottolineato come il testé descritto metodo di formazione del contenuto dell'intesa si riverberi anche nella necessaria flessibilità da assicurare all'intesa medesima che, una volta determinata nel suo quadro generale, diviene così per il resto una fattispecie a formazione progressiva, suscettibile di rinegoziazione e di aggiornamento, tra l'altro (v. oltre), ogniqualvolta le sue parti sottoscrittrici individuino ulteriori accordi attuativi da porre in essere.
[14] Avvenuta con delibera n. VI/41334 del 12 febbraio 1999.
[15] Per quel che riguarda la programmazione degli interventi sui beni di interessi religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche, si deve poi ricordare la disciplina specifica introdotta dall'art. 2 dell'Intesa fra Ministero e CEI formalizzata con il d.P.R. 26 settembre 1996, n. 571, ai sensi del quale è previsto che gli organi centrali e periferici del Ministero invitino ad apposite riunioni i corrispondenti organi ecclesiastici (anche al fine dell'acquisizione delle valutazioni strettamente attinenti alle esigenze di carattere religioso), allo scopo della definizione dei programmi o delle proposte di programmi pluriennali e annuali di interventi per i beni culturali che coinvolgano, appunto, beni di interessi religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche.
[16] Utilizzando ancora un'espressione di R. Ferrara, La programmazione "negoziata", cit..
[17] Il Comitato istituzionale di gestione, istituito ai sensi del punto 1.3. (lett. d)) della deliberazione del Cipe 21 marzo 1997, è l'organo politico deputato al governo dei processi di attuazione dell'intesa. Esso è pariteticamente composto da sei membri (3 nominati dal Governo, 3 dalla Giunta regionale) ed è presieduto dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica o da un suo delegato. Le sue decisioni sono sottoponibili a riesame davanti alla Conferenza Stato-regioni, la quale è inoltre previsto che sia sentita in ordine agli argomenti sui quali si registri un dissenso tra i componenti del Comitato medesimo (v. ancora il punto 1.3., ultimo periodo, della menzionata delibera del Cipe).
[18] Si riporta qui l'elenco degli interventi: "Recupero, valorizzazione e rifunzionalizzazione Palazzo Pallavicino Cremona"; "Mediateca di Santa Teresa: completamento impiantistica e arredi, implementazione sistema informatico-telematico"; "Mostra "La passeggiata delle merlate" - apertura e allestimento del percorso del Castello Sforzesco"; "Nuova sede Civiche Raccolte Archeologiche presso Complesso ex-Ansaldo - Milano"; "Risanamento, restauro, ristrutt. funzionale, adeguamento espositivo Civico Acquario di Milano"; "Realizzazione dell'Auditorium Dal Verme"; "Sistema informativo regionale beni culturali (Sirbec) - Carta del rischio del patrimonio culturale"; "Recupero, valorizzazione e rifunzionalizzazione Castello di Vigevano"; "Grande Biblioteca di Milano. Studio di fattibilità"; "Coordinamento delle biblioteche milanesi con particolare riferimento alle biblioteche storico artistiche"; "Restauro della Torre campanaria del Duomo di Monza"; "Interventi restauro conservativo Duomo di Pavia"; "Realizzazione Parco archeologico Cividate Camuno (Bs)"; "Palazzo Citterio"; "Villa Reale di Monza - Recupero ala sud"; "Parco archeologico Anfiteatro Romano-Milano".
[19] Adottando la terminologia utilizzata da G. Sciullo, Pianificazione amministrativa e partecipazione, Milano, 1984, p. 104 ss., si potrebbe dire che in più punti l'accordo presenta le caratteristiche della "pianificazione-provvedimento", posto che l'analiticità riscontrabile in molte schede nella descrizione degli interventi è tale da non consentire più alcun ulteriore margine di pianificazione in ordine agli stessi.
[20] In G. Sala, La concertazione, cit., viene condotto un importante sforzo argomentativo e al tempo stesso ricostruttivo del contenuto sinallagmatico degli atti di programmazione negoziata, in particolare di quelli conchiusi fra pubbliche amministrazioni e soggetti privati, con specifico riferimento all'incidenza della negoziazione sulle situazioni soggettive delle parti sottoscrittrici. Per quanto concerne, segnatamente, gli accordi di programma quadro, la loro vincolatività -ricondotta nell'alveo della disposizione generale di cui all'art. 1372 c.c.- viene dall'Autore sorretta, oltre che dalla sua previsione espressa figurante nel terzo periodo della lettera c) dell'art. 2, comma 203, della legge n. 662, da un esame dei contenuti che obbligatoriamente ogni accordo deve presentare, elencati nei numeri da 1 a 8 della medesima lettera (si pensi, tra l'altro, alla previsione dell'esercizio di poteri sostitutivi per il caso di inerzie, ritardi o inadempienze, ovvero alla previsione di procedure di conciliazione per il caso di insorgenza di conflitti tra le parti dell'accordo). Va rimarcato poi come la materia oggetto dell'accordo di programma quadro qui in commento sembra prestarsi più di molte altre alla possibilità di una negoziazione autenticamente sinallagmatica delle prestazioni che le parti negozianti debbono reciprocamente impegnarsi ad adempiere, soprattutto nel momento in cui si tratti di attività eminentemente rivolte alla valorizzazione dei beni, dove, cioè, la doverosità o indefettibilità dell'esercizio della funzione amministrativa si attenua in modo tale da consentirne un'ampia negoziazione, da parte delle amministrazioni competenti, con gli altri soggetti pubblici e, soprattutto, privati interessati alla realizzazione degli interventi.
[21] Tra i soggetti coinvolti nella realizzazione degli interventi non potrà poi in futuro mancare, se e quando sarà costituita ai sensi dell'art. 10 della legge n. 352/1997, la Società italiana per i beni culturali -Sibec Spa, soggetto che si auspica possa diventare una sede il più possibile cooperativizzata per la promozione ed il sostegno delle attività di valorizzazione dei beni culturali. In argomento, sia consentito di rinviare a M. Renna, La Sibec Spa tra realtà normativa e prospettive di attuazione, in "Aedon", n. 2/1998.
[22] Dove, per gli interventi più complessi, si registrino ulteriori margini di "piccola" programmazione a disposizione dei soggetti coinvolti, gli accordi di programma c.d. semplici (utilizzando ancora una volta espressioni di R. Ferrara, La programmazione "negoziata", cit.) possono così a loro volta diventare, secondo un rapporto di "scalarità decrescente" fra le diverse figure programmatorie, un efficace strumento di attuazione degli accordi di programma quadro, unitamente alle convenzioni. È solo che agli accordi semplici, secondo la lettera dell'art. 27 della legge n. 142/1990 e secondo l'orientamento prevalente sia della dottrina sia della giurisprudenza (Cass. civ., Ss.Uu., 4 gennaio 1995, n. 91, in "Giur. it"., 1995, I, 1, c. 1173 ss., con nota di E. Cannada e Bartoli, Accordo di programma e giurisdizione), continueranno a non potere partecipare i soggetti privati, che devono pertanto "accontentarsi" di esaurire in proposito il proprio potere "condizionatorio" al livello di programmazione superiore.
[23] Nel corso della redazione del presente lavoro, si è appresa la notizia (comparsa tra i comunicati stampa del Ministero per i beni e le attività culturali) dell'avvenuta stipula a Roma, in data 29 luglio 1999 (e quindi rispettivamente con tre mesi e due mesi di anticipo rispetto a quanto previsto dall'accordo quadro), dell'accordo di programma relativo al Palazzo Pallavicino di Cremona, tra Ministero per i beni e le attività culturali, Regione Lombardia, Provincia e Comune di Cremona, e dell'accordo di programma relativo al Castello di Vigevano, tra Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero delle finanze, Regione Lombardia e Comune di Vigevano.
[24] Nei medesimi sensi dell'accordo, v. anche gli artt. 7 e 8, commi 2-4, dell'intesa. Di estremo interesse si rivela, in particolare, l'art. 8, co. 4, dell'intesa, che impegna Stato e Regione a partecipare alle conferenze di servizi o alle riunioni finalizzate alla stipula degli accordi di programma semplici a mezzo di rappresentanti che abbiano piena e adeguata conoscenza degli oggetti all'ordine del giorno, e che siano altresì muniti del potere di esprimere in via definitiva la volontà delle rispettive amministrazioni di appartenenza, anche nelle ipotesi di modificazioni del progetto originario concordate nel corso della conferenza o della riunione.
[25] A prescindere dall'applicabilità o meno, diretta o per analogia, agli accordi di programma quadro dell'art. 11, 4° co., della legge n. 241/1990, si dovrebbe infatti correttamente ritenere che rappresentino princìpi generali dell'ordinamento sia quello dell'applicabilità della clausola rebus sic stantibus ai vincoli pattizi delle pubbliche amministrazioni, sia quello dell'indennizzabilità dei privati che subiscano un pregiudizio dall'applicazione della medesima clausola (in argomento, v., per tutti, G. Sala, Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in "Dir. proc. amm"., 1992, p. 237 ss., nonché, da ultimo, con specifico riferimento alla programmazione negoziata, Id., La concertazione, cit.). In particolare, se anche si ritiene che gli accordi di programma quadro rappresentino, al pari degli accordi di programma semplici, una species del genus di accordi organizzativi disciplinati dall'art. 15 della legge n. 241 (v. sopra nota n. 6), il mancato rinvio di quest'ultimo al quarto comma del menzionato art. 11 si spiegherebbe semplicemente attraverso la mancata considerazione, all'interno dello stesso art. 15, dell'eventualità che agli accordi medesimi partecipino anche soggetti privati. Naturalmente, con specifico riguardo all'accordo di programma quadro qui in commento, l'applicazione della clausola rebus sic stantibus al vincolo pattizio corrente tra le amministrazioni sottoscriventi, segnatamente tra i suoi due promotori istituzionali, non potrebbe che in ipotesi condurre ad una rinegoziazione e ad un conseguente aggiornamento della programmazione degli interventi (v. oltre), che gli altri soggetti sottoscrittori, in particolare quelli privati, sarebbero pertanto costretti a subire, ferma, evidentemente, la regola del ristoro dei pregiudizi in tal modo eventualmente arrecati loro.
[26] Volendo esemplificare, non sarebbe ovviamente possibile, in omaggio ad un'esigenza di snellimento, "saltare" una fase obbligatoria di un procedimento oppure omettere di acquisire allo stesso un atto che obbligatoriamente dev'essere invece assunto.
[27] Si tratta, più precisamente, della possibilità di gestione finanziaria dell'intesa in regime di contabilità speciale, attraverso una o più aperture di credito a favore di un unico funzionario delegato, responsabile dell'attuazione degli interventi programmati.
[28] Con tale disposizione, l'accordo ribadisce chiaramente il nesso di sopraordinazione tra l'accordo di programma quadro e la restante programmazione unilaterale nazionale e regionale, che operativamente si traduce nell'assoluta priorità da assegnare alla realizzazione degli interventi previsti nell'accordo medesimo (v. sopra la nota n. 6).
[29] L'art. 7 della legge n. 109/1994, c.d. legge Merloni, così come novellato dal d.l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216, c.d. legge Merloni-bis, prevedeva infatti (prima di essere nuovamente novellato dall'art. 5 della legge n. 415/1998, c.d. legge Merloni-ter) la figura del coordinatore unico dell'attuazione del programma dei lavori pubblici, accanto alla figura del responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal programma medesimo.
[30] Il Comitato paritetico di attuazione, istituito dall'art. 11 dell'intesa in attuazione del punto 1.3. (lett. d)) della delibera del Cipe 21 marzo 1997, è l'organo tecnico del Comitato istituzionale. Esso è pariteticamente composto di 6 membri (3 nominati dal Governo, 3 dalla Giunta regionale), è presieduto da un rappresentante della Regione ed è demandato allo svolgimento - attraverso l'ausilio dei responsabili dei singoli accordi di programma quadro- di compiti di vigilanza, di impulso e di monitoraggio in ordine alla corretta esecuzione dell'intesa.
[31] Ai sensi della medesima lett. b) del menzionato art. 7, 2° co., le procedure per lo svolgimento di detta attività promozionale dovrebbero essere state concordate entro i trenta giorni successivi alla stipula dell'accordo.
[32] Così, il prevosto della Parrocchia di S. Giovanni Battista di Monza è il responsabile designato per l'intervento relativo al restauro della Torre campanaria del Duomo di Monza.
[33] Nel caso di una pluralità di soggetti competenti, dovrebbe correttamente trattarsi di persona appartenente al soggetto cui spetta la maggioranza dei compiti e delle funzioni da svolgere.
[34] Ai sensi del terzo comma del menzionato art. 8, a ciascun responsabile è altresì richiesto di predisporre e consegnare ai responsabili dell'accordo, entro trenta giorni dalla sua sottoscrizione (da parte, ovviamente, della rispettiva amministrazione di appartenenza), la documentazione relativa alla rappresentazione grafica del processo operativo pianificato.
[35] È da segnalare che l'art. 4 dell'accordo, nel sancire l'impegno del Ministero e della Regione "a dar vita ad un flusso informativo sistematico e costante al fine di consolidare un processo stabile di concertazione e condivisione dei reciproci programma di attività, relativamente all'ambito territoriale della Lombardia", prevede che lo scambio di informazioni avvenga in coincidenza dei monitoraggi semestrali.
[36] Sui concetti testé espressi, sulle conseguenze dell'imputazione della responsabilità procedimentale, nonché sull'unificazione di quest'ultima nei procedimenti complessi, sia concesso di rinviare a M. Renna, Il responsabile del procedimento nell'organizzazione amministrativa, in "Dir. amm.", 1994, spec. p. 35 ss. e 49 ss.
[37] A differenza di quanto stabilito nel testo originariamente definito dell'accordo, non viene previsto alcun deferimento di controversie ad arbitri per il caso di esperimento negativo del tentativo di conciliazione. D'altra parte, la lettera c) dell'art. 2, comma 203, della legge n. 662 impone ai sottoscrittori soltanto l'introduzione di procedure di conciliazione.
[38] Ai sensi del secondo comma del menzionato art. 9, è previsto che qualora sia raggiunta un'intesa idonea a comporre il conflitto, si rediga processo verbale nel quale vengano riportati i termini della conciliazione; la sottoscrizione del verbale impegnerà così i suoi firmatari all'osservanza dell'accordo raggiunto.
[39] L'accordo, che pure era chiamato sia dal legislatore (art. 2, co. 203, lett. c), n. 5, legge n. 662) sia dall'intesa (art. 10, 5° co.) all'individuazione del soggetto o dei soggetti competenti all'esercizio dei poteri sostitutivi e dei relativi impegni, è invece rimasto silente sul punto. A fronte di tale silenzio, non resta che ritenere implicitamente effettuato un rinvio dell'accordo a quanto stabilito dalla legge in argomento, derivandone che, com'è per la prevista semplificazione delle procedure dirette alla realizzazione degli interventi programmati (v. retro), anche l'esplicazione dei poteri sostitutivi inerenti alle stesse non potrà che avvenire nei casi e nel rispetto delle competenze e delle modalità legislativamente determinate.
[40] Sembra efficacemente prospettabile, da questo punto di vista, una scomposizione dell'accordo di programma quadro in 16 distinguibili atti negoziali -ciascuno dei quali composto dall'articolato dell'accordo e dalla singola scheda relativa all'intervento sottoscritto dai soggetti coinvolti nella realizzazione dello stesso- in modo da potere circoscrivere gli effetti degli inadempimenti intervenuti entro l'ambito esclusivo della sfera di operatività dei vincoli relativi a ciascun intervento. Si dovrebbe così anche evitare il rischio, comunque assai remoto, che una serie di inadempimenti a catena - magari dei due soggetti promotori dell'accordo- l'uno causato e giustificato dall'altro, venisse addirittura a minare la stessa sopravvivenza in vita dell'accordo nel suo complesso. L'eccezione e la risoluzione sarebbero, inoltre, rispettivamente opponibile ed azionabile sia dai soggetti promotori dell'accordo sia dalle altre parti pubbliche e private coinvolte nell'attuazione del programma, posta la natura sinallagmatica degli impegni assunti da ciascun soggetto partecipante all'accordo (v. sopra nota n. 20). Se poi dette opponibilità ed azionabilità dovessero anche condurre alla mancata realizzazione concertata dell'intervento programmato, quest'ultimo potrebbe comunque essere realizzato nelle vie ordinarie dai soggetti competenti. Ma, così come ai responsabili dei singoli interventi e ai responsabili dell'accordo, nonché al Comitato istituzionale, è richiesto di perpetrare ogni tentativo inteso ad ottenere l'adempimento delle prestazioni promesse - specialmente di quelle infungibili e insurrogabili (si pensi, per esempio, al rilascio di un'autorizzazione ai restauri)- allo stesso modo tutte le parti dell'accordo dovrebbero sempre e comunque condurre il massimo sforzo per ottenere da ciascun soggetto sottoscrittore l'adempimento dei rispettivi obblighi, prima di arrendersi all'extrema ratio rappresentata dalla risoluzione dei vincoli assunti.
[41] Assai controverso appare ancora il tema della giurisdizione sugli atti di programmazione negoziata. In linea teorica, se si condivide la tesi dottrinale che riconduce tali atti al genus degli accordi organizzativi disciplinati dall'art. 15 della legge n. 241 (v. sopra nota n. 6) è possibile, attraverso il rinvio operato da detto articolo all'ultimo comma dell'art. 11 della medesima legge, considerare estesa anche ai programmi negoziati la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi ivi prevista. Così opinando, sarebbero proponibili (anche contestualmente) davanti al giudice amministrativo sia le azioni di impugnazione degli accordi e degli atti amministrativi posti in esecuzione degli stessi sia le azioni per il risarcimento dei danni cagionati alle parti stipulanti dall'inadempimento degli obblighi pattuiti. In realtà, l'orientamento già seguito dalla Cassazione con riferimento alla giurisdizione in materia di accordi di programma semplici (v. Cass. civ., Ss.Uu., n. 91/1995, cit.) sembra preludere ad una rinnovata risposta negativa della Suprema Corte alla soluzione dianzi prospettata di estendere indiscriminatamente a tutti gli accordi organizzativi la competenza esclusiva del giudice amministrativo, reputando il giudice delle giurisdizioni che all'uopo, ai sensi del dettato costituzionale, occorra una disposizione espressa, precisa e di sicura interpretazione. Ne deriverebbe, pertanto, la necessità di seguire in materia l'ordinaria regola di riparto delle competenze tra giudice amministrativo e giudice ordinario, con la conseguente devoluzione a quest'ultimo delle controversie relative all'inadempimento degli obblighi derivanti dagli accordi e, in particolare, della giurisdizione sulle azioni risarcitorie.
[42] Eventualmente anche attraverso la stipula di nuovi accordi di programma quadro conseguenti ad un aggiornamento dell'intesa (v. sopra note nn. 10, 13 e 25).