Sommario: 1. Premessa. - 2. Le ragioni di una scelta. - 3. L'autonomia è diritto che non deve trasformarsi in un peso per l'istituzione. - 4. Le istituzioni: ente o modo strumentale di gestione dei servizi?
Le istituzioni torinesi sono attualmente due e corrispondono ai due maggiori musei civici : la Galleria Civica d'Arte moderna e contemporanea e il Museo Civico d'Arte antica, i cui regolamenti sono stati entrambi approvati immediatamente prima delle elezioni del giugno 1997.
L'amministrazione, riconfermata dal voto, ha preferito procedere al loro avvio in tempi differenziati, dando priorità all'avvio operativo di una delle due istituzioni. Completata la nomina degli organi della Galleria d'Arte moderna agli inizi del 1998, questi hanno lavorato alla predisposizione del bilancio per il 1999: con la sua approvazione, l'assegnazione del personale e il conferimento del patrimonio, si concluderà la fase di transizione verso l'Istituzione che, dal prossimo anno, potrà operare in effettiva (anche se, come si vedrà, parziale) autonomia.
È dunque presto per trarre bilanci, anche se è già possibile esprimere un giudizio sull'utilità della scelta istituzionale, non solo in rapporto alle questioni locali che essa ha consentito di affrontare e risolvere, ma guardando anche alle implicazioni più generali di questa soluzione gestionale, per i musei in particolare.
Alla scelta istituzionale si è giunti a Torino, non senza dibattito, per accelerare e rendere più incisivo un cambiamento che, pur necessario da tempo, non riusciva a prodursi nella misura e soprattutto nelle forme necessarie.
I musei civici vivevano da tempo una situazione di disagio, se non di crisi, con problemi di assetto istituzionale, di direzione scientifica, di rapporto fra governo e direzione delle politiche museali, di conflitto fra scelte tecniche, amministrative e culturali. Una situazione forse non drammatica, ma che si era tradotta, già a partire dalla seconda metà degli anni settanta, in una certa perdita di ruolo dei musei civici, accentuata, negli anni ottanta, dalla prolungata chiusura al pubblico prima della Galleria d'Arte moderna (1981-1993) e poi di Palazzo Madama, sede del Museo d'Arte antica (dove dal 1988 sono in corso lavori di adeguamento tecnico).
Il regolamento del 1924, modificato nel 1931 e nel 1952 - oggetto di una radicale revisione nel 1967 (resa inefficace dalla mancata approvazione ministeriale), nuovamente messo in discussione fra il 1982 e il 1985, ma ancora senza risultati - era stato finalmente sostituito da un nuovo regolamento solo nel 1993, già riveduto e corretto appena un anno dopo.
Ma anche così troppe questioni di fondo erano rimaste aperte:
Ma soprattutto:
Alla scelta istituzionale si è giunti, sia sulla spinta di questa situazione locale, sia con la volontà di affermare un modello di gestione adeguato agli standard indicati - a livello internazionale - dall'International Council of Museums nel suo codice deontologico, cui ci si è largamente ispirati nell'elaborazione dei regolamenti delle istituzioni.
Quali sono gli aspetti maggiormente qualificanti e soddisfacenti di questa scelta?
2.1. È stata rafforzata l'identità e la visibilità dei singoli musei
Museo "multiplo", secondo una definizione di legge superata, ma ancora in vigore, i musei civici torinesi, nati per partenogenesi e successive aggregazioni dal museo civico ottocentesco, costituivano - e da tempo - un insieme troppo vasto ed eterogeneo per dar luogo a un'unica istituzione [1].
Di qui, ma anche per dare maggior rilievo alla diversa immagine e natura dei musei, delle collezioni, delle vocazioni, dei pubblici di riferimento, rispetto alla comune storia e origine, è prevalsa la scelta di formare più istituzioni, riservando questa soluzione ai due musei maggiori - la Galleria Civica d'Arte moderna e contemporanea e il Museo Civico d'Arte antica - innanzitutto con l'obiettivo di garantire a ciascuno una distinta direzione, ma anche per rafforzarne la visibilità e identità esterna.
2.2. I musei hanno avuto un proprio autonomo statuto
I due regolamenti delle istituzioni - identici in tutto tranne che nella denominazione dell'Istituzione e nella diversa priorità assegnata ai compiti di conservazione e acquisizione nella Galleria Civica d'Arte moderna e contemporanea e nel Museo Civico d'Arte antica - hanno consentito di dare ai musei uno "statuto" scritto che ne ha organicamente fissato missione e finalità (col tempo appannate da regolamenti volti più a regolare l'assetto interno ai musei civici che a dar loro un preciso statuto).
"Stato giuridico", "natura permanente di organismo senza fine di lucro", "fini", "obiettivi" e "politica" del museo, "ruolo e composizione dell'autorità di governo" - così come richiesto dal codice deontologico dell'Icom - dei due musei sono chiaramente (forse fin troppo pedantemente) enunciati nei primi due articoli dai regolamenti (artt. 1 e 2), come non lo erano più stati dal regolamento del 1924. Con un beneficio sostanziale e non formale per:
2.3. La gestione dei musei è stata distinta dalla gestione delle politiche museali
Attribuendo dignità istituzionale ai propri musei, riconoscendo loro autonomia - scientifica, di progettazione culturale e di gestione - la città ha formalmente riconosciuto l'esistenza delle sostanziali differenze di missione, compiti e responsabilità dell'ente rispetto agli istituti.
Mentre per la gestione dei musei ha adottato la formula istituzionale, la gestione delle politiche museali, funzione propria all'ente e non delegabile, è stata affidata a un settore interno alla divisione servizi culturali - il settore musei - che ha compiti di coordinamento fra ente e istituzioni, di pianificazione, sostegno e sviluppo del sistema museale cittadino, oltre che di gestione dei musei civici "minori" e dei servizi museali comuni.
Dal riconoscimento dell'autonomia degli istituti è dunque uscito contemporaneamente rafforzato il ruolo delle politiche di sistema, essenziali all'esistenza e allo sviluppo stesso dell'autonomia in tutti i casi in cui si riveli opportuno o necessario l'unitario esercizio delle funzioni proprie a ciascun istituto e soprattutto laddove si abbiano funzioni non assolte dagli istituti singolarmente.
Si è iniziato così a operare - per il momento all'interno dell'ente comune - in spirito di sussidiarietà, sperimentando un modello potenzialmente estensibile all'intero sistema museale metropolitano.
2.4. A ciascun museo è stata assicurata una adeguata direzione
Grazie alla scelta istituzionale, anche la questione della direzione, irrisolta per vent'anni, ha trovato adeguata soluzione.
Ispirandosi liberamente alla definizione (non ufficiale, ma comunemente accettata) di direttore di museo dell'Icom [2], i regolamenti prevedono che questi:
È stata così superata la - falsa - alternativa fra direttore "manager" e direttore "scientifico" che ha tanto inutilmente impegnato il mondo dei musei negli ultimi anni in un dibattito intessuto di paure e corporativismi: un direttore di museo, affermano i regolamenti delle istituzioni museali torinesi, deve essere uno specialista disposto ad assumersi responsabilità (e quindi compiti) manageriali.
Nella combinazione di competenze - specialistiche - e di responsabilità - generali - è stata pure superata la precedente separazione fra direzione scientifica (senza poteri amministrativi) e direzione amministrativa (senza competenze scientifiche) fonte di inefficienze e di conflitti.
2.5. È stato introdotto un profilo dirigenziale specifico (e non previsto)
I regolamenti sono anche riusciti a imporre un profilo - quello di direttore di museo - non contemplato dal regolamento della dirigenza del comune di Torino - in cui l'esigenza di garantire all'ente la massima mobilità interna ha portato alla cancellazione di molte figure specialistiche, tra cui, in ambito culturale, quelle di direttore di archivio storico, di biblioteca, di museo.
Il regolamento dell'istituzione, di cui il direttore è "organo" nominato dal sindaco, evidenzia e rafforza anche la possibilità di ricorrere a figure esterne (assunte a tempo determinato) per ricoprire tale posizione. È una soluzione prevista dagli attuali ordinamenti, ma sovente assai difficile da attuare all'interno di strutture in cui l'immissione di figure esterne è poco gradita e sovente fortemente ostacolata.
Viene così stimolata una forma di reclutamento che, al di fuori dei meccanismi concorsuali classici e anche dell'istituto della mobilità esterna, consente agli enti di attuare scelte mirate, attuabili in tempi relativamente rapidi e altrettanto rapidamente e facilmente revocabili, iniziando a dare vita a un mercato finora inesistente sul piano nazionale.
2.6. Lo sviluppo dell'autonomia ha coinciso con il rafforzamento delle funzioni di indirizzo e controllo
Una novità sostanziale è l'esistenza di un presidente e di un Consiglio d'Amministrazione, che svolgono funzioni "di governo" dell'istituzione, avvicinando l'istituzione museale a modelli più avanzati di organizzazione e agli standard previsti dall'Icom.
Nell'attribuire al CdA. il compito di "formula(re) gli indirizzi generali dell'Istituzione e, ottenutane l'approvazione del consiglio comunale, sovrintende(re) alla loro attuazione" (art. 5), è stata ribadita una subordinazione di funzioni rispetto al consiglio comunale, ma insieme è stato attribuito un ruolo attivo all'istituzione, che infatti (art. 3) "partecipa alla definizione delle politiche museali dell'Amministrazione".
L'esistenza di un CdA consente:
Per rafforzare il ruolo del CdA. all'interno dell'istituzione è stata prevista l'esistenza un comitato scientifico, nominato dal CdA., quale organo consultivo dell'Istituzione, con il compito di esprimere pareri obbligatori in merito agli indirizzi scientifici e culturali dell'Istituzione; ai criteri di gestione e sviluppo delle collezioni; all'acquisizione delle opere d'arte, (art. 12).
2.7. È stato garantito il coordinamento fra le politiche museali dell'ente e quelle di ciascuna istituzione
Per garantire una sede formale di "coordinamento fra gli indirizzi e le attività in campo museale e culturale dell'istituzione e del comune" è stato previsto un comitato composto dall'assessore alla cultura del comune, presidente, dai presidenti delle istituzioni, dal direttore della divisione servizi culturali, dai dirigenti di settore competenti e dai direttori delle istituzioni (art. 17).
Questa sede di confronto e di collaborazione fra l'ente e i "suoi" musei si propone soprattutto di evitare la potenziale divaricazione delle politiche per assenza di un contatto e di un dialogo costanti, oltre le scadenze fondamentali della formazione del bilancio e della presentazione dei piani programma delle istituzioni.
Costituisce in questo senso uno dei numerosi elementi di contrappeso fra i diversi poteri - interni ed esterni all'istituzione - che hanno caratterizzato la formulazione dei regolamenti, regolando i rapporti fra CdA e direttore, fra istituzione, consiglio comunale e giunta alla ricerca di equilibri, difficili quanto necessari.
2.8. Sono stati rafforzati i legami fra Istituzioni autonome e comunità
Il CdA. costituisce anche un fondamentale strumento di raccordo con la comunità esterna in tutte le sue espressioni. È quest'ultima una funzione che, assegna al CdA (e al suo presidente in particolare) un ruolo determinante nella ricerca e nell'allargamento del consenso, tanto più efficaci perché esercitati in autonomia dall'ente.
La possibilità di allargare il Consiglio d'Amministrazione ai rappresentanti di enti pubblici e di privati che concorrano (in una misura pari o superiore a un quinto della parte corrente del suo bilancio) al finanziamento ordinario dell'istituzione (art. 7) fornisce all'istituzione un'ulteriore opportunità di coinvolgimento diretto di altri soggetti nella gestione del museo.
Apre la via, al momento tutta da esplorare e percorrere, a una "compartecipazione" dei privati nella gestione dei musei, senza che l'ente proprietario rinunci a controllare gli sviluppi della compartecipazione stessa, contenendoli in una misura prestabilita.
È un modo per superare un modello di finanziamento che, in assenza di contropartite di controllo sulla gestione, ha spinto i grandi finanziatori pubblici e privati a sostenere soprattutto progetti speciali, restauri e ristrutturazioni, incidendo in modo poco significativo sulla gestione ordinaria degli istituti beneficiati.
2.9. L'autonomia di gestione è stata intesa nel suo senso più vasto, non disgiungendola dall'autonomia scientifica e di progettazione culturale
Obiettivo e ragione della scelta istituzionale, l'autonomia di gestione prevista dalla legge è stata qualificata ed estesa dai regolamenti correlandola all'autonomia scientifica e di progettazione culturale prevista dall'art. 2 quale elemento distintivo e qualificante dell'istituzione.
È stato questo il modo per affermare una visione ampia della nozione di gestione, ricomprendendo in essa l'intero complesso delle attività del museo: dalla gestione delle collezioni a quella dei servizi al pubblico, dall'amministrazione alla sicurezza, configurando l'autonomia come l'elemento che fonda l'intera vita dell'istituzione e ne definisce l'organizzazione interna e l'immagine esterna.
A trarne beneficio è stata quest'ultima in primo luogo, come dimostra l'esperienza torinese della Galleria Civica d'Arte moderna e contemporanea, ai suoi esordi: non è stato necessario che essa disponesse di bilancio e di personale propri, perché l'immagine di rinnovamento e autonomia presente già solo nella sua "nuova" esistenza come istituzione, in quella di un CdA. e di un direttore si riflettessero positivamente all'esterno, e si creasse nuovo interesse e consenso.
2.10. L'autonomia gestionale è stata garantita, ma non imposta
Nella predisposizione del primo bilancio autonomo della GAM - quello relativo all'esercizio 1999 - è prevalsa l'ipotesi di attuare un trasferimento parziale delle risorse finanziarie necessarie a coprire i costi complessivi di gestione dell'istituzione, che verranno in gran parte erogati dalla città sotto forma di servizi e che quindi resteranno iscritti nel bilancio comunale e non in quello della Galleria d'Arte moderna.
Questa soluzione è stata resa possibile da una clausola del regolamento che, (all'art. 3, penultimo comma), consente all'istituzione "per quanto non sia in grado di svolgere direttamente", di avvalersi "salvo contraria e motivata determinazione, degli uffici e dei servizi del Comune di Torino".
Poiché, in fase di prima attuazione, agli organi dell'istituzione non è sembrato opportuno farsi carico di compiti gestionali troppo gravosi - dalla gestione amministrativa del personale alle manutenzioni - essi hanno per ora rinunciato ad assumerli direttamente e a inscrivere le relative spese nel proprio bilancio.
Schematicamente nel bilancio dell'istituzione dunque non si trovano incluse:
Del bilancio dell'istituzione fanno invece parte tutte le spese relative alla gestione delle collezioni, dei servizi al pubblico delle attività culturali ed espositive cui essa potrà far fronte grazie a risorse proprie (derivanti da biglietti e altre entrate), al trasferimento di fondi della città e a contributi pubblici e privati, direttamente percepiti dall'istituzione stessa.
2.11. Le risorse proprie sono entrate a far parte del bilancio dell' istituzione
Con l'iscrizione delle entrate derivanti da biglietti e concessioni di servizi direttamente nel bilancio dell'istituzione, per la prima volte queste concorreranno direttamente a realizzare il pareggio di bilancio del museo.
Anche se si tratta di una quota molto modesta delle entrate, che non supera attualmente il 5% delle spese complessive, è questo forse l'aspetto maggiormente innovativo sul piano finanziario.
Ne deriva una responsabilizzazione diretta sulle entrate, scarsamente presente nella cultura della gestione di un museo pubblico, che dovrebbe produrre un spirito maggiormente imprenditoriale, una maggior attenzione al rapporto fra costi e ricavi, a un contenimento degli sprechi, con benefici diretti per tutti.
3. L'autonomia è diritto che non deve trasformarsi in un peso per l'istituzione
In termini quantitativi il bilancio della Galleria d'Arte moderna per il 1999, corrisponde a circa un terzo della spesa globalmente assunta dalla città e a meno della metà di quella che essa potrebbe potenzialmente gestire in futuro.
Ma, nella misura in cui a ogni ampliamento del bilancio corrisponderà un pari aumento degli oneri - amministrativi e organizzativi - di gestione, non è affatto detto che da una attenta valutazione del rapporto costi benefici, le scelte attuali non vengano mantenute anche in futuro.
Se l'autonomia è garantita all'istituzione come diritto, ma non imposta come un obbligo: essa potrà estenderla nella misura consentita dalle sue necessità e capacità, ricorrendo per il resto all'ente, che dovrà invece provvedervi obbligatoriamente .
Ne deriva una prospettiva di distacco operativo dell'istituzione progressivo e controllato che inizia certamente dal cuore della sua missione - la gestione delle collezioni e dei servizi al pubblico - per le quali l'istituzione opera su un bilancio proprio, rinviando a un secondo momento la gestione delle manutenzioni, delle retribuzioni al personale comunale assegnato, ecc.
Mentre il ricorso ai servizi "interni" è pressoché inevitabile all'interno dell'ente comune, l'istituzione può però scegliere, valutando in termini di "efficacia, efficienza ed economicità" l'alternativa fra servizi interni ed esterni, libera di ricorrere, ad esempio, per le manutenzioni all'intermediazione dei settori tecnici competenti o di sperimentare un contratto di "global service".
4. Le istituzioni: ente o modo strumentale di gestione dei servizi?
Si profila così una forma di autonomia di gestione - parziale, in progresso, negoziata e negoziabile - che potrebbe portare a porre in discussione il carattere di "ente strumentale" dell'istituzione: allo stato attuale, così come essa viene concretamente attuata a Torino ( ma la situazione di Bologna non pare diversa) essa si presenta piuttosto come una specifica modalità di gestione di un servizio, o come un servizio atipico dell'ente, la cui speciale autonomia, garantita da un regolamento e rafforzata dalla presenza di un organo di governo proprio, consiste innanzitutto nella possibilità di definire il grado di dipendenza o indipendenza - economica e regolamentare - dall'ente, negoziandolo in base alle effettive necessità e capacità.
Avendo come riferimento la storia e la tradizione dei musei italiani, le istituzioni si propongono come una via verso l'autonomia di gestione, terreno di sperimentazione di modelli organizzativi che non hanno precedenti, luogo di formazione di competenze gestionali in larga parte da costruire.
Da questo punto di vista, il risultato ottenuto - proprio nella sua dichiarata parzialità - non delude affatto.
Anzi: può essere d'aiuto per guardare all'autonomia e in termini meno astratti, valutando se questa situazione di "semi-dipendenza" non possa costituire una soluzione e una proposta, almeno fino a quando una nuova cultura di gestione sarà riuscita ad affermarsi nei musei pubblici italiani, anche grazie alla sperimentazione senza rischi che essa può consentire di compiere.
Note
[1] Fanno parte dei musei civici torinesi:
- la GAM - Galleria Civica d'Arte moderna e contemporanea, la prima a separarsi dal corpo originario del museo civico fondato nel 1863. Con le sue 15.000 opere, che documentano l'arte piemontese, italiana e internazionale dalla fine del secolo XVIII ai giorni nostri, per importanza e dimensioni è forse il secondo museo d'arte moderna in Italia. Collocata in un edificio costruito nel 1959 sull'area del padiglione che l'ospitava dal 1895, distrutto dai bombardamenti durante la guerra è stata chiusa per lavori dal 1981 al 1993, dispone di circa 5300 mq. espositivi, una sala mostre, un'aula didattica, un auditorium, un bar-ristorante;
- il Museo d'Arte antica, che dal 1935 ha sede in palazzo Madama, ricco di più di 28.000 oggetti. Le sue collezioni comprendono dipinti, sculture, una ampia raccolta di ceramiche, smalti, avori, vetri, disegni e stampe a testimonianza dei diversi indirizzi che hanno caratterizzato il costante incremento di questo museo, nato sull'esempio dei grandi musei industriali della seconda metà dell'ottocento, ma assai presto aperto alla documentazione in particolare dell'arte piemontese medievale e moderna;
- il Borgo e Rocca medioevale, costruito sulle rive del Po come sezione di Arte antica dell'Esposizione Generale Italiana del 1884, venne in seguito acquisito dalla città. Propone una ricostruzione di fantasia, ma filologicamente fondata su modelli reali di edifici piemontesi e valdostani, di un castello e di un borgo del XV secolo, dal fascino inalterato a più di un secolo dalla sua costruzione;
- il Museo Pietro Micca e dell'Assedio di Torino del 1706, eretto nel 1961, in occasione delle celebrazioni del centenario dell'unità d'Italia, in corrispondenza della scala di accesso alle gallerie di contromina della Cittadella, dove trovò la morte Pietro Micca nel tentativo - riuscito - di sbarrare il cammino alle truppe francesi. Presenta plastici e documenti dell'assedio del 1706 in apertura a un suggestivo percorso nelle gallerie sotterranee.
- il Museo di Numismatica, Etnografia e Arte Orientale, nato dalla riunione di tre delle collezioni del Museo d'arte antica, aperto dal 1989 in un palazzina ottocentesca. È il più recente e il più piccolo dei musei civici.
In un'ala della GAM loro appositamente destinata hanno sede:
- la Biblioteca d'Arte dei musei civici, dotata di un patrimonio librario di 80.000 titoli e di 200 testate in abbonamento corrente;
- l'archivio fotografico, in cui sono conservate circa 130.000 immagini;
- l'archivio storico dei musei dal 1860 ad oggi.
Con la costituzione delle due istituzioni, questi servizi - comuni all'insieme dei musei civici - sono stati mantenuti uniti e inclusi nel Settore musei, come il Borgo Medioevale. Il Museo di Numismatica costituisce invece una sezione - per il momento distaccata - del Museo d'Arte antica, mentre la gestione del Museo Pietro Micca è oggetto di una convenzione fra la città di Torino e la regione militare nord ovest.
[2] Delle molte definizioni di direttore di museo, quella più interessante e completa (e anche più autorevole) ci sembra essere stata proposta in Museum Studies international 1988, pubblicata a cura della Smithsonian Institution del Internationl Committee on Training of Personnel dell'Icom.
Director:
The director provides conceptual leadership through specialized knowledge of the discipline of the museum and is responsible for policy making and funding (with the governing board), planning, organizing, staffing, directing, and/or supervising and coordinating activities through the staff. The director is responsible for professional practices such as acquisition, preservation, research, interpretation, and presentation, and may be responsible for financial management. All museum positions report directly or indirectly to the director.
Education
Advanced degree in an area of the museum's specialisation. Coursework and evidence of participation in museum management and administration is desirable.
Experience
Three years of management experience in a museum or related cultural instituion. Additional administrative experience in a related field is desirable.
Knowledge, abilities and skills
Specialised knowledge in at least one area of the museum's governing collection or in the management of a particular type of museum.
Ability to implement the policy established by the governing body and encourage the active participation of the governing body, the museum staff, and the public in realizing the objectives and goals of the museum.
Demonstrated knowledge of financial development and the ability to interpret budget and manage ongoing fiscal responsabilities.
Knowledge of the legal aspects of museum operations and of current and prospective legislation affecting museums.Cfr: G. Edson and D. Dean, The Handbook for Museums, Routledge, 1994, 17-8.
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