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L'"istituzione" per la gestione dei musei


L'esperienza delle istituzioni per la gestione
dei servizi culturali degli enti locali

di Roberto Grossi


Sommario: 1. L'istituzione come forma di "esternalizzazione" dei servizi. - 2. L'applicazione del modello dell'istituzione alla cultura. - 3. Verso una riforma delle istituzioni? - 4. Le prospettive di modifica.


1. L'istituzione come forma di "esternalizzazione" dei servizi

Anche nel settore della gestione dei beni culturali si sta facendo strada una nuova cultura della qualità e dell'efficienza. La scelta dei modelli organizzativi applicabili ai beni e ai servizi culturali viene sempre più considerata come fattore critico del successo delle politiche del settore. A distanza di otto anni dalla riforma delle autonomie locali, e alla vigilia di un nuovo ordinamento conseguente alle prospettive del decentramento amministrativo, è necessario verificare le scelte compiute da parte degli enti locali per adeguare gli strumenti operativi rispetto alla crescente e più esigente domanda culturale.

Il ricorso a nuove formule di gestione si è ormai affermata anche nel nostro paese in un contesto di sviluppo di logiche manageriali nei sistemi di amministrazione pubblica. Il punto di partenza consiste nel superamento delle cosiddette gestioni dirette e nella ricerca di forme di gestione dei servizi pubblici culturali alternative a quelle tradizionali. Qualche cifra può aiutare a comprendere l'estensione e la quantità dei beni e servizi presenti, seppure in modo difforme, in tutto il territorio nazionale, al fine di valutare le realtà del nostro patrimonio interessate agli scenari potenziali di cambiamento.

La mappa dei poli culturali, purtroppo, risente negativamente della carenza di puntuali rivelazioni quantitative e qualitative riferite agli enti locali e la mancanza di adeguati strumenti di monitoraggio sul funzionamento delle strutture e dei servizi. All'interno dell'ampia rete museale nazionale, in continua evoluzione e trasformazione anche sulla base dei provvedimenti normativi e programmatici degli ultimi anni, il modello del museo civico rappresenta un rilevante segmento dell'offerta culturale a livello locale. In base all'ultima rilevazione Istat riferita all'anno 1995 i musei di proprietà di enti locali sono oggi il 44,7 per cento (43 per cento solo i comunali). In termini di valori assoluti sul totale di 3.790 musei e istituzioni similari per posizione giuridica, quelli di proprietà dei comuni e delle province sono 1.695. Per quanto riguarda gli istituti bibliotecari, l'Aib ha rilevato nel 1994 sul territorio nazionale 5017 unità. Dall'ultima rilevazione del Cidim sul patrimonio edilizio teatrale risulta infine che su 1.423 teatri, 547 sono di proprietà comunale.

La recente indagine di Federculture su un campione di 95 esperienze di esternalizzazione, cioè di creazione di soggetti esterni alle amministrazioni per la gestione dei servizi culturali e turistici e, in particolare, nei settori museali e teatrali, mette in evidenza, tra le forme giuridiche maggiormente utilizzate, le istituzioni (27 per cento), le società di capitali (38 per cento) e le aziende speciali (17 per cento). E' da rilevare che le organizzazioni non profit (cooperative, associazioni e centri culturali) svolgono tutte le attività in regime di concessione e coprono una quota ancora marginale (5 per cento) pur svolgendo, in molti casi, un ruolo importante in alcuni servizi complementari alla gestione dei musei e in attività promozionali ed educative. Va infine sottolineata la tendenza all' attivazione di progetti di reti locali (civiche, provinciali, territoriali) per l'integrazione di servizi culturali intesi in senso lato, nei quali il sistema teatro-museo-biblioteca rappresenta essenzialmente l'unità di base. E' sintomatica, a tale proposito, la creazione di "sistemi d'area", come i parchi ambientali, che adottano prevalentemente la formula dell'azienda consortile (13 per cento).

Incrociando le informazioni per soggetto giuridico e settore di attività si evidenzia che l'istituzione è la formula maggiormente utilizzata per le biblioteche (70 per cento) i teatri (60 per cento) e i musei (50 per cento).

 

2. L'applicazione del modello dell'istituzione alla cultura

Occorre ricordare che la formula dell'istituzione, prevista dalla l. 142/1990 tra le cinque modalità di gestione dei servizi pubblici allora definite (articoli 22 - 23) - a cui si sono aggiunte le Spa a prevalente capitale privato (l. 498/1992) e le srl (l. 127/1997) partecipate dall'ente locale - è una novità assoluta del nostro ordinamento giuridico. L'applicazione di questa forma gestionale ha però risentito negativamente delle insufficienti indicazioni di carattere normativo e della mancanza di riferimenti nell'esperienza passata. Infatti mentre gli strumenti dell'azienda speciale e delle Spa rappresentavano l'evoluzione in senso imprenditoriale delle tradizionali aziende municipalizzate che hanno preso vita dall'inizio del secolo con la legge voluta da Giolitti nel 1903 e confermate dalle disposizioni del Testo Unico 15 ottobre 1925, n. 2578, l'istituzione rappresenta il tentativo di superare le difficoltà crescenti riscontrate nella gestione dei servizi in economia per i servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale nonché i limiti della concessione a terzi.

La conferma sta nel fatto che, sulla base di una recente indagine di Federculture, le istituzioni ad oggi costituite risultano ancora in numero limitato (44) anche se per la maggior parte (28) operano per la gestione dei beni e servizi culturali: biblioteche, teatri , musei, attività culturali. Occorre sottolineare che sino a tutto il 1995, cioè a cinque anni dalla l. 142/1990, questo modello era stato adottato solamente da poco più di 20 amministrazioni locali, situate per il 90 per cento nel nord e per il 10 per cento nel centro del paese. Negli ultimi anni questo processo ha avuto una significativa accelerazione confermata anche dai numerosi progetti in corso.

Biblioteche

Teatri

Musei

Attività culturali

Sul piano dell'effettivo funzionamento va rilevato che i primi bilanci autonomi impostati come bilancio economico, non solo finanziario, sono stati presentati tra il '96 e il '97 a conferma delle difficoltà riscontrate nello sviluppare realmente strutture autonome e responsabilizzate rispetto agli obiettivi dell'ente locale e all'organizzazione della produzione e, di conseguenza, rispetto alla funzione di controllo sul servizio in termini di costo e qualità.

 

3. Verso una riforma delle istituzioni?

L'istituzione viene definita dalla l. 142/1990 (articoli 22 e 23) "organo strumentale dotato di autonomia gestionale, privo di personalità giuridica, per l'erogazione di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale". Nell'esperienza concreta di questi primi anni di applicazione tale strumento, pur confermando un notevole passo avanti rispetto alla gestione diretta degli enti locali di beni e servizi culturali, ha mostrato alcuni gravi limiti che condizionano notevolmente il raggiungimento dei risultati attesi.

D'altronde l'adeguatezza e la funzionalità degli strumenti giuridici per la gestione dei beni e dei servizi va riferita agli obiettivi che si intende perseguire e alle effettive attività che devono essere svolte. Da questo punto di vista assistiamo oggi ad un processo di modifica della stessa nozione di cultura nella quale vengono compresi non solo i beni espressioni delle diverse identità nazionali e locali, ma anche i servizi posti in essere per promuoverne la conoscenza e la fruizione. In tal modo, intorno a queste nuove funzioni si riconnettono quelle che tradizionalmente erano state attribuite ai settori del "tempo libero" e dello "spettacolo" conseguentemente alla destrutturazione delle competenze sul piano burocratico ed amministrativo avvenuta nei decenni scorsi. La prospettiva che tende ad emergere è, invece, quella di un approccio per così dire "integrato" nel quale la valorizzazione e la migliore fruizione dei singoli beni culturali si unisce agli interventi per il rilancio delle risorse territoriali. In sostanza, il progetto culturale si connota sempre più nella sua capacità di creare o rivitalizzare una rete di strutture, attività e servizi, ben radicata nel contesto territoriale. D'altra parte la moderna lettura economica del bene culturale porta a considerare il patrimonio come una risorsa in grado di emanare diverse tipologie di benefici, alcuni dei quali possono anche essere considerati sul piano dell'economia di mercato; è appunto sul terreno della rigenerabilità dei servizi per la divulgazione, la corretta gestione dei beni, la loro fruizione che può, correttamente, essere fondata la dinamica economica dell'esternalizzazione.

La nuova stagione politica amministrativa nel settore dei beni culturali, accelerata anche dai provvedimenti del decentramento vedrà le regioni e gli enti locali acquisire maggiori responsabilità di sistema, con conseguente potenziamento dei processi produttivi direttamente connessi ai servizi culturali. Se questo è il quadro di riferimento, se l'obiettivo è la qualità, l'efficienza dei servizi, la riduzione dei costi, occorre domandarsi e riflettere circa l'efficacia del modello giuridico dell'istituzione. E' questa una domanda che alcune amministrazioni si stanno ponendo rispetto alle scelte già effettuate e ai nuovi orientamenti da assumere. Emergono delle considerazioni generali su alcuni dei principali problemi:

Gli obiettivi prima indicati non possono essere perseguiti senza intervenire sia sugli strumenti di gestione che sulla funzione di regolamentazione del rapporto tra ente pubblico e soggetto gestore. Il tema dell'autonomia organizzativa, economica, finanziaria, risulta pertanto sempre più centrale rispetto agli indirizzi generali del cambiamento e alle esperienze innovative di modernizzazione amministrativa e gestionale in atto a livello internazionale.

Pare necessario, da questo punto di vista, un intervento legislativo che riformi le disposizioni riguardanti i modelli di gestione dei servizi pubblici applicabili al complesso settore della cultura. L'occasione di una iniziativa in questa direzione viene dal testo di riforma dei servizi pubblici locali, inserito tra i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria, che prevede la modifica della disciplina delle aziende speciali e delle Spa. Riteniamo opportuno non "perdere il treno" e riflettere sulla possibilità di modificare la formula della istituzione in una sorta di "agenzia culturale" o "azienda pubblica locale", per creare così uno strumento più consono alla gestione dei servizi culturali anche rispetto alle altre possibili alternative (azienda speciale, fondazione, associazione, concessione).

 

4. Le prospettive di modifica

Il nuovo modello dovrebbe contenere alcune caratteristiche già presenti nell'istituzione prevedendone altresì un passo in avanti con l'acquisizione di maggiore autonomia organizzativa, economica e finanziaria. La prima esigenza è quella di salvaguardare il ruolo di indirizzo dell'ente locale, di meglio evidenziare la "missione" attraverso un soggetto ben identificabile anche dall'esterno, di distinguere il ruolo di governo "istituzionale" da quello operativo "direzionale". La seconda esigenza è disporre di una adeguata flessibilità organizzativa e gestionale per quanto concerne la rapidità e lo snellimento delle procedure; il pieno utilizzo delle risorse professionali, tecnologiche e finanziarie; la snellezza e l'autonomia decisionale, la responsabilizzazione sui risultati e la loro verificabilità. La terza esigenza è la possibilità di attivare modalità di partenership e di collaborazione con organismi pubblici, le imprese private e il mondo della ricerca e dell'associazionismo, al fine di acquisire le competenze tecniche e il know-how necessario, sia sui processi di produzione e distribuzione dei servizi che sulle attività di supporto (programmazione e controllo, marketing, innovazione tecnologica, amministrazione e finanza). Infine vi è l'esigenza di favorire lo sviluppo di capacità imprenditoriali interne che consentano anche di rendere "produttivo" il know-how che musei e teatri sviluppano nelle varie attività culturali, che consenta loro di mettersi anche a disposizione quali "incubatori" per nuove imprese, come momenti formativi e informativi, certificatori di qualità, organizzatori di eventi.

Ciò favorirebbe anche la possibilità di acquisire sponsorizzazioni e donazioni che potrebbero integrare il quadro complessivo delle risorse formato dai trasferimenti da parte degli enti locali e dagli introiti collegati all'offerta dei servizi tradizionali e aggiuntivi. Esperienze in questo senso sono presenti in Francia e in Spagna.

Una ultima annotazione riguarda le questioni relative al personale e alle risorse professionali. Non vi è dubbio, infatti, che la responsabilizzazione sui risultati, la loro verificabilità, il miglior rapporto tra offerta, risorse e produttività, il raggiungimento delle prospettive esposte, dipendono in buona parte dalle risorse professionali messe in campo. La natura del rapporto di lavoro, l'inquadramento contrattuale per i dipendenti e lavoratori delle istituzioni si configura come un tipico rapporto di pubblico impiego, disciplinato dalle disposizioni di cui al d.lg. 29/1993 nonché dalla normativa contrattuale dei dipendenti degli enti locali. L'istituzione, come già detto, non è dotata di propria personalità giuridica e la configurazione di riferimento è quella tipica di organismi aventi propria autonomia gestionale. La disciplina giuridica del personale delle istituzioni non può essere quindi considerata disgiunta da quella del personale comunale a cui è invece parificata; pertanto anche l'assunzione del personale deve essere curata dall'ente locale, rispettando le regole del rapporto di lavoro di diritto pubblico.

L'Agenzia pubblica locale dovrebbe essere caratterizzata da alcuni principali requisiti: rilevanza non prevalentemente industriale o commerciale; ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica; non soggetta alle disposizioni del d.lg. 29/1993 e successive integrazioni. Riteniamo così venga salvaguardato il ruolo strategico dell'ente pubblico rispetto alle politiche culturali, senza che ciò si traduca in ingerenza rispetto alle opzioni operative di gestione dei servizi. L'Agenzia, pur mantenendo l'obiettivo di modalità gestionali più elastiche e responsabilizzanti, consente all'ente locale di orientarne l'attività imponendo scelte generali di indirizzo, come la selezione dei bisogni, le priorità sociali, le politiche tariffarie, i criteri di accessibilità ai servizi, gli obiettivi di qualità, nonché il controllo sulla loro applicazione. D'altra parte l'Agenzia consentirebbe di gestire un museo, una biblioteca, come luogo vivo, non solo come contenitore della memoria strutturato amministrativamente all'interno del comune, bensì come potenziale polo propulsore di promozione culturale e turistica, in una logica di progetto e con una forte capacità di interrelazione con il tessuto culturale cittadino e con quello economico e produttivo.


copyright 1998 by Società editrice il Mulino


 

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