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Pasaggio e patrimonio culturale

PNRR e “verde storico”

di Marco Brocca [*]

Sommario: 1. I “parchi e giardini storici”. - 2. Il contesto normativo. - 3. Il contributo del PNRR. - 4. Segue: lo stato dell’arte. - 5. Criticità e potenzialità del settore e la “sfida” del PNRR.

NRRP and historic green
The NRRP has been able to re-evaluate gardens and historic parks as expressions of cultural heritage, but also as assets characterized by multifunctionality and potential also in terms of socio-economic development of the territories. Hence, the investments proposal according to two guidelines: the promotion of projects aimed at the recovery, restoration, maintenance of these assets; the financing of courses for the training of a specific professional figure, "the art gardener".

Keywords: Gardens and historic parks, NRRP, Culture, Tourism.

1. I “parchi e giardini storici”

I “parchi e giardini storici” costituiscono dei “monumenti viventi”: è questa la definizione data dalla cd. Carta di Firenze del 1981, redatta dal Comitato internazionale dei giardini storici ICOMOS-ILFA e approvata da ICOMOS come completamento della cd. Carta di Venezia (“Carta internazionale sulla conservazione e il restauro di monumenti e insiemi architettonici”) [1] approvata nel 1964.

La Carta di Firenze, i cui lavori preparatori furono animati dalla componente italiana rappresentata da personalità come Pietro Porcinai e Pier Fausto Bagatti Valsecchi, ha avuto il merito di emancipare i giardini storici dalla concezione tradizionale di mero contorno e complemento ancillare di edifici storico-artistici, per riconoscerne la valenza culturale e la posizione autonoma tra le diverse manifestazioni del patrimonio culturale: da qui l’affermazione della necessità della salvaguardia di questi beni “secondo lo spirito della Carta di Venezia” (art. 3) e, ancora prima, l’espressione dell’attributo della “monumentalità”, tipico delle opere d’arte, e della natura di “essere vivente”, proprio delle componenti naturali. Una creazione artistica, dunque, un’opera d’arte congegnata dall’uomo, ma il cui materiale è prevalentemente vegetale, per questo un’opera d’arte vivente, soggetta alla mutevolezza propria delle leggi della natura; in altre parole, l’artificialità dell’opera riflette e, a sua volta, permea il materiale naturale disponibile, in un’armoniosa integrazione che infrange e supera i confini tra artificio e natura.

Afferma la Carta di Firenze che il giardino storico [2], in quanto “composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico presenta un interesse pubblico”, è un monumento (art. 1); in quanto caratterizzato “da materiale principalmente vegetale”, è entità “vivente”, come tale “deteriorabile” e “rinnovabile”, connotato da “un perpetuo equilibrio, nell’andamento ciclico delle stagioni, fra lo sviluppo e il deperimento della natura e la volontà d’arte e d’artificio che tende a conservarne perennemente lo stato” (art. 2), e per questa condizione di equilibrio inevitabilmente instabile “la sua salvaguardia richiede delle regole specifiche” (art. 3).

Ancora sul piano concettuale, il giardino storico è riconosciuto come “luogo di piacere, adatto alla meditazione o al sogno” e, quale che siano gli elementi costitutivi, è “espressione dello stretto rapporto tra civiltà e natura” e “testimonianza di una cultura, di uno stile, di un’epoca, eventualmente dell’originalità del creatore” (art. 5) [3].

Si tratta di un bene che gli esperti definiscono “complesso”, perché composto da più elementi, ciascuno dei quali dotato di attributi specifici che richiedono, già in quanto tali, una lettura analitica, ma la cui combinazione promana la vis creativa della fisionomia del giardino e, per questo, occorre una visione integrata e unitaria.

Secondo la lettura della Carta di Firenze componenti qualificative del giardino storico sono la presenza di elementi vegetali (arborei, floreali, arbustivi) con le connesse caratteristiche (essenze, volumi, colori, spaziature, altezze, ecc.), la presenza di elementi artistici (statue, fontane, neviere, peschiere, serre, ecc.) ovvero il legame con un edificio, di cui il giardino è complemento inseparabile, e la riconduzione di tutti questi elementi a un disegno planimetrico preordinato e intenzionale, evocatore di una volontà progettuale unitaria ben precisa. La valenza culturale può discendere, altresì, dal collegamento con eventi o personaggi storici ovvero con memorie rilevanti dal punto di vista culturale, documentario o delle tradizioni locali.

Riconosciuta la rilevanza dei giardini storici, la Carta di Firenze reclama politiche di salvaguardia, mutuabili da quelle tipiche dei beni culturali (manutenzione, conservazione, restauro, ripristino), ma, al contempo, attente e adeguate agli intrinseci aspetti peculiari del bene, e propone un metodo di azione imperniato sull’identificazione e inventariazione, quali attività preliminari e prioritarie.

Queste sollecitazioni sono state recepite, a livello interno, dal ministero della Cultura, specificamente dall’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD), con la predisposizione e l’applicazione di una scheda denominata “PG-Parchi e giardini”, strutturata per voci specifiche e, al contempo, diversificate per abbracciare i molteplici aspetti del bene e offrirne una lettura ad ampio spettro (localizzazione geografica ed amministrativa - urbanistica, catastale, ecc. -, caratteristiche geologiche, pedologiche, climatiche del contesto territoriale, notizie storiche - su proprietari e autori, eventi storici, ecc. -, componenti vegetali - tipologia, impianto, caratteristiche botaniche, ecc. -, elementi costruiti o decorativi, ecc.), che si è rivelata un utile protocollo per la raccolta di informazioni sui giardini storici, come dimostra la sua utilizzazione da parte di ulteriori enti di catalogazione e/o ricerca, a livello statale e regionale [4].

2. Il contesto normativo

L’inquadramento normativo dei giardini storici avviene anzitutto nell’ambito del diritto dei beni culturali. Il tema ha animato la materia sin dalla sua genesi: i “giardini” (assieme alle “foreste”, “i paesaggi”, “le acque” e “tutti quei luoghi ed oggetti naturali” espressivi di interesse storico o artistico) erano menzionati nella proposta di legge presentata dall’on. Rosadi e sostenuta dal ministro Rava quale tentativo di prima legge organica in materia di beni culturali (“antichità e belle arti”), ma il riferimento fu espunto in sede di dibattito parlamentare sulla base dell’argomentazione che il tema del paesaggio avrebbe meritato un’apposita iniziativa legislativa, motivazione che malcelava l’intento di sottrarre alla logica vincolistica importanti compendi immobiliari come ville, parchi e giardini [5]. Inizialmente non inclusi nel novero dei beni tutelati dalla legge sulle antichità e belle arti (legge 24 giugno 1909, n. 364, cd. legge Rava-Rosadi), “le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse storico o artistico” sono stati inseriti nell’ambito di applicazione della suddetta legge con la legge 23 giugno 1912, n. 688 (cd. legge Ricci-Credaro), in virtù del riconosciuto valore culturale [6]: questa assimilazione ai beni propriamente storico-artistici si fondava sulla prevalente considerazione della componente antropica e artificiale che caratterizza i parchi e i giardini, con l’effetto di agganciare la tutela all’apporto creativo dell’uomo e al risultato artistico complessivo dell’intervento umano piuttosto che al ‘materiale’ utilizzato (la componente vegetale), pure componente essenziale di quel risultato. Ed è questa la prospettiva che spiega perché l’integrazione della norma ha riguardato le ville, i parchi e i giardini e non anche i boschi, il paesaggio, le acque e gli altri elementi dove il dato della natura è preponderante [7].

L’accostamento ai beni storico-artistici di quelli paesaggistici, in virtù della riconosciuta comune valenza culturale, connota la legge 11 giugno 1922, n. 778 (cd. legge Croce), dedicata alla “tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”. Pure senza alcun riferimento espresso, la strada era segnata per la riconduzione dei parchi e giardini storici alla categoria delle bellezze naturali, esito cui approda la legge 29 giugno 1939, n. 1497, che include tra le bellezze naturali “le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d'interesse artistico o storico, [che] si distinguono per la loro non comune bellezza” (art. 1, comma 1, n. 2). In questo modo si completa quel percorso, culturale prima che normativo, che ravvisa nei giardini e parchi storici rilevanza storico-artistica e naturalistico-paesaggistica: percorso facilitato da quella concezione estetico-culturale che connota e accomuna le due leggi del 1939 (legge n. 1497, già citata, e legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose d’arte, cd. leggi Bottai) e le annoda idealmente alla legge Croce.

Corollario giuridico di questa impostazione è, dunque, l’applicabilità a questi beni della disciplina in materia di beni culturali e di quella sui beni paesaggistici, con l’avvertenza normativa dell’alternatività dei regimi, nonché della sussidiarietà del regime dei beni paesaggistici rispetto a quello dei beni propriamente culturali (sono tutelati i beni “non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d'interesse artistico o storico...”: art. 1, comma 1, n. 2, legge 1497/1939, già citato, che si correla con l’art. 1, comma 2, legge 1089/1939, che include nel novero delle “cose d’arte” “le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico”). Questo rapporto di presupposizione lascia intravedere ancora l’eco dell’impostazione originaria che privilegiava la componente antropica e artistica dei giardini e parchi storici, al contempo frattura la tradizionale coincidenza tra giudizio estetico e giudizio artistico [8], allargando la visuale del primo anche a valori naturalistici ed ambientali. L’opzione delle leggi del 1939 è stata pienamente ripresa dapprima dal d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 (testo unico dei beni culturali e ambientali), quindi dal d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio).

In alcuni casi l’interesse culturale, di specie storico-artistica ovvero paesaggistica, è di rilevanza tale da essere riconosciuto anche a livello internazionale: il riferimento è alla normativa per la protezione del patrimonio culturale mondiale (Convenzione di Parigi del 1972 “per la protezione del patrimonio mondiale culturale e ambientale”), che prevede forme di assistenza internazionale a favore dei beni riconosciuti dall’Unesco di “valore universale eccezionale” e inseriti nell’elenco del patrimonio mondiale (cd. patrimonio dell’umanità), con l’effetto che il regime vincolistico previsto dalla normativa interna si integra con quello protezionistico previsto dalla normativa internazionale. Sono siti Unesco, ad esempio, l’Orto Botanico di Padova, la Reggia di Caserta, la Villa d’Este a Tivoli.

Ulteriori forme di tutela possono promanare dal diritto urbanistico, sebbene, come si vedrà, la “dimensione urbanistica” dei parchi e giardini storici sia stata storicamente trascurata ovvero appiattita alle tradizionali categorie delle destinazioni e delle tecniche d’uso del suolo. Il riferimento è a quella concezione moderna dell’urbanistica che vi riconosce “duttilità” e “attrattività” degli interessi e che, da questa visuale, ritiene gli strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale, anzitutto il piano regolatore generale, idonei a tutelare il patrimonio culturale, nella duplice direzione di rafforzare il regime vincolistico proprio dei beni dichiarati di interesse culturale o paesaggistico ovvero di apprestare misure di tutela a beni non vincolati, ma che sono espressione della memoria e dell’identità della collettività locale (cd. identità minore) [9]: segno dell’attitudine dell’urbanistica a massimizzare anche valori di lunga durata [10] e manifestazione, nella lettura della giurisprudenza, del significato dell’interesse culturale (e ambientale) quale valore trasversale ai sensi dell’art. 9 Cost. [11].

Più recentemente rileva la legge 14 gennaio 2013, n. 10, prima legge statale dedicata specificamente al tema del verde urbano, che, per quanto qui interessa, ha saputo riportare l’attenzione sull’argomento dei giardini e parchi storici, facendo leva sul collegamento di queste realtà con il sistema del verde pubblico, anzi sul loro essere parte integrante del verde urbano: tra le disposizioni organizzative significativa è l’istituzione del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, struttura tecnica incardinata presso il ministero dell’Ambiente, con compiti di monitoraggio e proposta, tra i quali quello di “promuovere gli interventi volti a favorire i giardini storici” (art. 3, comma 2, lett. g) [12].

A livello ministeriale rilevano diverse iniziative sul tema, come l’istituzione di un Comitato nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici (nel 1982), la sottoscrizione di convenzioni con l’Associazione Parchi e giardini d’Italia-APGI (l’ultima nel 2020), l’istituzione di un tavolo di confronto (cd. Tavolo verde) presso la Direzione generale musei con i direttori dei musei autonomi dotati di importanti giardini storici (nel 2019), sino alla redazione di “Linee guida e norme tecniche per il restauro dei giardini storici” (diramate con circolare del Segretario generale n. 63 del 20 dicembre 2021), elaborate dal ministero di concerto con l’APGI, che, come si vedrà, sono richiamate negli avvisi pubblici adottati in attuazione del PNRR.

Il tema dei parchi e giardini storici compare anche nella legislazione regionale, attratto nella normativa sulla valorizzazione del patrimonio culturale e in quella sul turismo: tra le iniziative, significativa è l’istituzione di “reti regionali” di ville, dimore, complessi architettonici, parchi e giardini storici (legge reg. Lazio, 20 giugno 2016, n. 8, art. 2; legge reg. Piemonte 1 agosto 2018, n. 11, art. 15), espressione di una visione unitaria del patrimonio culturale e di una concezione integrata delle politiche territoriali, cui corrisponde la previsione di misure promozionali, come la definizione di itinerari turistici, l’attivazione di strategie comunicative, la concessione di contributi. D’interesse è anche la disposizione di cui alla legge della regione Friuli-Venezia Giulia (legge reg. 25 febbraio 2016, n. 2) istitutiva dell’ente regionale per il patrimonio culturale-ERPAC, modificata recentemente nella parte attributiva delle competenze con l’aggiunta significativa della funzione di “valorizzazione dei parchi e giardini storci di propria competenza” (art. 3, comma 2-bis, introdotto dalla legge reg. 8 novembre 2021, n. 19), segno della maturata consapevolezza della rilevanza e della consistenza di questi beni come parte integrante del patrimonio culturale.

3. Il contributo del PNRR

Il tema è tornato al centro dell’attenzione pubblica ad opera del Piano nazionale di ripresa e resilienza-PNRR, che lo ha inserito nella terza Componente della prima Missione, quella dedicata al “Turismo e Cultura”, elevando i giardini e i parchi storici a oggetto di uno specifico Investimento, il n. 2.3 “Programmi per valorizzare l’identità dei luoghi: parchi e giardini storici”.

Dal Piano emerge l’acquisita consapevolezza dell’importanza e delle potenzialità di questi beni e, al contempo, della loro multifunzionalità: identificati come “hub di bellezza pubblica”, “luoghi identitari per le comunità urbane” e “fattori chiave nei processi di rigenerazione urbana”, in questa rappresentazione riflettono e corroborano la concezione moderna dei beni culturali quali risorse territoriali, fattori endogeni capaci di innescare processi di sviluppo socio-economico del territorio, ovvero, secondo le parole del Piano, in grado di svolgere una “funzione pubblica ... nel contesto della vita delle comunità in termini di benessere, inclusione sociale e benefici economici”. La componente naturale esprime la valenza ambientale, per la capacità di questi beni di produrre servizi ecosistemici, non soltanto quelli di natura culturale-ricreativa, legati al benessere fisico e psichico delle persone, ma soprattutto di natura ecologica: si tratta di realtà che contribuiscono alla tutela dell’ambiente in termini di “conservazione della biodiversità, produzione di ossigeno, riduzione del livello di inquinamento ambientale e del rumore, regolazione del microclima”. Per questa via, i giardini e i parchi storici si inseriscono a pieno titolo in quella linea direttrice di riconoscimento e salvaguardia dell’ambiente che il PNRR ha assunto come valore di riferimento.

L’investimento in questione si declina in un milestone (M1C3-14) e in un target europeo (M1C3-18): il primo attiene alla promozione di progetti di valorizzazione di giardini e parchi storici mediante assegnazione delle risorse da garantire entro il secondo trimestre del 2022; il secondo prevede come obiettivo quantitativo, da conseguire entro il quarto trimestre del 2024, la riqualificazione di n. 40 parchi e giardini storici e il completamento delle attività di formazione professionale di “giardinieri d’arte” per una quota almeno pari a 1260 operatori. Il target denota consapevolezza della saldatura necessaria tra l’utilizzo di tecniche e modalità specifiche per il restauro, la cura e la manutenzione di questi beni e la disponibilità di personale specializzato - irriducibile alle tradizionali figure del giardiniere pubblico o privato -, dotato di adeguata preparazione a seguito di un percorso formativo qualificato.

L’investimento ha un valore complessivo di 300 milioni di euro, che un apposito decreto ministeriale (d.m. 13 aprile 2022, n. 161) ha ripartito in tre voci: 10 milioni di euro per l’intervento di catalogazione e formazione dei giardinieri d’arte; 100 milioni di euro destinati a interventi di restauro e valorizzazione di n. 5 importanti parchi e giardini storici, individuati dal ministero della Cultura (parco della Reggia di Caserta, Real Bosco di Capodimonte, il complesso della Villa Favorita di Ercolano, Villa Lante a Bagnaia di Viterbo e Villa Pisani a Strà); 190 milioni di euro per il finanziamento di interventi di restauro e valorizzazione di parchi e giardini storici, da selezionare mediante avviso pubblico [13].

Un altro investimento che interessa anche parchi e giardini storici è quello relativo alla città di Roma - dedicato specificamente alla valorizzazione del suo patrimonio culturale -, denominato significativamente “Caput Mundi” (misura M1C3, investimento n. 4.3, con scadenza 30 giugno 2026), che prevede un importo complessivo di 500 milioni di euro e si compone di diverse linee di intervento, tra le quali, per quanto qui interessa, quella intitolata “#Mitingodiverde”, volta a promuovere “interventi su parchi, giardini storici, ville e fontane”.

4. Segue: lo stato dell’arte

Per il conseguimento del milestone M1C3-14 il ministero della Cultura ha anzitutto istituito un gruppo di coordinamento tecnico-scientifico incaricato di stabilire i criteri di selezione dei progetti da finanziare, nonché di coordinare sia le attività di censimento dei parchi e giardini storici e dei beni culturali in essi presenti sia i piani di formazione professionale per il riconoscimento della qualifica di giardiniere d’arte (decreto segr. gen. 15 ottobre 2021, n. 874), quindi ha adottato un avviso pubblico per la presentazione di proposte di intervento per il restauro e la valorizzazione di parchi e giardini (pubblicato in data 30 dicembre 2021), con conseguente nomina della commissione valutatrice (decreto segr. gen. 25 marzo 2022, n. 190).

Il finanziamento è delineato dal bando nella forma del contributo a fondo perduto ed è di ammontare pari al 100% delle spese ammissibili nel caso dei beni di proprietà pubblica, mentre è di ammontare variabile dal 50% fino alla copertura integrale, in funzione delle modalità di fruizione pubblica per i beni di proprietà privata. Al fine di assicurare una distribuzione delle risorse in linea con gli obiettivi del PNRR, è prevista una quota della dotazione finanziaria pari al 20% riservata ai beni ubicati nelle regioni del Mezzogiorno. I beni che accedono al finanziamento devono essere formalmente vincolati ai sensi del d.lg. 42/2004 ovvero della precedente legislazione (legge 364/1909, legge 778/1922; legge 1089/1939; d.lg. 490/1999) e si precisa che deve trattarsi di provvedimenti di tutela diretta sul giardino ovvero di tutela dell’immobile di cui il giardino è pertinenziale, purché dal provvedimento risulti evidente anche la rilevanza culturale del giardino. Ne deriva che sono esclusi giardini sottoposti a vincolo di tutela indiretta ovvero quelli tutelati ope legis nonché quelli sottoposti a verifica dell’interesse culturale ai sensi dell’art. 12 del codice con procedimento non ancora concluso. Oltre ai proprietari dei beni possono essere soggetti proponenti coloro che hanno in gestione il bene, purché in forza di formale atto di affidamento della gestione ovvero di atto di comodato o locazione.

Elementi fondamentali della domanda sono la proposta progettuale e il piano di gestione. Con la prima il richiedente illustra gli interventi progettati, rispetto ai quali l’avviso delimita gli ambiti materiali e la ripartizione dei costi. Specifica, infatti, l’avviso che gli interventi finanziabili devono riguardare i seguenti ambiti: componente vegetale e disegno del giardino, componente architettonica e scultorea, componente impiantistica, sicurezza e accessibilità, valorizzazione e comunicazione; con l’ulteriore avvertenza che la ripartizione dei costi deve soddisfare prioritariamente alcune componenti, in particolare quella vegetazionale e le opere a essa funzionali (almeno il 60% del finanziamento richiesto deve riguardare costi attinenti alla componente vegetale, al disegno del giardino e all’impiantistica). All’interno degli ambiti prefissati, peraltro, gli interventi ammissibili possono avere come oggetto non soltanto opere materiali, ma anche azioni immateriali sul parco o giardino. La proposta progettuale deve essere articolata secondo i diversi momenti dell’intervento sul bene (dalle fasi di conoscenza, rilievo e indagini preliminari, alla fase progettuale e di cantiere vero e proprio fino alle opere di manutenzione post-intervento) e deve rifarsi agli indirizzi metodologici, tecnici ed esecutivi di cui alle già citate “Linee guida e norme tecniche per il restauro dei giardini storici” di elaborazione ministeriale.

Il piano di gestione deve indicare gli obiettivi e la corrispondente programmazione, anche temporale, degli interventi, nonché gli strumenti di valutazione del raggiungimento dei medesimi obiettivi; le soluzioni di natura organizzativa, con l’indicazione della forma diretta/indiretta della gestione e l’eventuale partecipazione a forme di partenariato con soggetti pubblici e privati. Il piano è di durata almeno decennale e, in ragione di questo arco temporale a lungo termine, è chiamato a esplicitare la capacità di autosostenersi nella gestione post-investimento e di garantire, nel tempo, un corretto equilibrio tra attività di conservazione, manutenzione programmata e iniziative di valorizzazione.

Di particolare interesse è la definizione degli ambiti e dei criteri di valutazione. La parte preponderante dei punti attribuibili (sino al 50%) riguarda la “coerenza, organicità e qualità del progetto”, profili che, da un lato, riflettono la multifunzionalità dei parchi e giardini storici, dall’altro confermano l’applicabilità di metodologie e criteri ispiratori dell’intero PNRR. Dal primo punto di vista, rileva, la declinazione dei criteri di valutazione rispetto alla valenza propriamente storico-artistica (qualità del progetto di restauro/conservazione, capacità di tenuta nel tempo delle caratteristiche storico-artistiche, ecc.), alla componente ambientale (ampliamento e riqualificazione della componente botanica, interventi di miglioramento del contesto ambientale e paesaggistico, utilizzo di materiali e tecnologie ecocompatibili, ecc.), alla finalità sociale (miglioramento delle condizioni di fruizione, rafforzamento dei dispositivi di sicurezza, accessibilità per i disabili, ecc.), alle ricadute territoriali (coinvolgimento della comunità di riferimento, promozione di iniziative di turismo sostenibile, ecc.). Dall’altro punto di vista, rileva l’obiettivo dell’innovatività (progetti di ricerca, servizi innovativi, creazione di sinergie o reti, ecc.) e quello della digitalizzazione funzionale alla conoscenza, conservazione, accesso e gestione dei beni.

L’avviso ha suscitato un notevole interesse tant’è che sono stati presentati quasi 1100 progetti e di questi più di 800 sono stati inseriti in graduatoria, mentre sono stati ammessi a finanziamento 129: 106 riguardano beni presenti nelle regioni del Centro-nord e 23 del Sud (decr. segr. gen. 21 giugno 2002, nn. 504-505 e decr. segr. gen. 21 gennaio 2023, n. 21, di aggiornamento della graduatoria).

In relazione all’obiettivo M1C3-18, ancora in itinere, il ministero ha anzitutto proceduto all’assegnazione delle risorse alle regioni che hanno aderito al progetto per l’attività di formazione professionale di giardinieri d’arte (decr. segr. gen. 8 luglio 2022, n. 589) [14]. Parallelamente, nell’ambito dei tavoli tecnici di confronto PNRR tra amministrazioni centrali e la Conferenza delle Regioni/Province Autonome, il ministero e le regioni hanno definito il nuovo profilo professionale e il relativo standard formativo. Dallo schema di accordo (del 20 giugno 2022), poi recepito dalle regioni con conseguente aggiornamento dei repertori delle figure professionali, risulta delineata la figura del “giardiniere d’arte” come soggetto “in grado di realizzare gli interventi rivolti alla conservazione, al rinnovamento, al rifacimento di elementi, spazi, architetture vegetali del giardino, padroneggiando le tecniche, i materiali e le modalità di messa a dimora, cura, prevenzione e rigenerazione degli elementi vegetali di cui sono composti. Realizza interventi di restauro, conservazione, manutenzione e gestione dei giardini e parchi storici nell’ambito del verde pubblico e privato, rispettando le forme originarie del giardino, valorizzando le peculiarità storiche, di cultura materiale, architettoniche, ambientali, paesaggistiche, di relazione”.

In relazione al profilo della formazione, è stato condiviso che il percorso formativo abbia la durata di 600 ore, suddivise in parte teorica, pratica e di stage, e sia articolato in tre aree di competenza: 1) lavorazione e trattamento del terreno e delle componenti vegetali di parchi e giardini storici; 2) analizzare progetti di restauro, conservazione e recupero di parchi e giardini storici e degli arredi ed effettuarne le relative attività; 3) effettuare interventi di prevenzione e cura delle componenti vegetali di parchi e giardini storici.

In ragione della competenza in materia di formazione professionale, le regioni che hanno aderito al progetto si sono attivate per l’implementazione dei corsi di formazione e attualmente sono impegnate nelle attività di selezione, tramite avviso pubblico, dei progetti di formazione professionale dei giardinieri d’arte. Dagli avvisi già pubblicati [15] risulta che i soggetti attuatori ammissibili siano gli organismi accreditati di formazione, ai quali è richiesta l’attivazione, sin dalla fase progettuale, di forme di partenariato con determinati soggetti: uno o più proprietari di giardini storici, in modo da garantire lo svolgimento in loco di attività pratiche e laboratoriali, e una o più imprese presenti sul territorio, allo scopo arricchire esperienza formativa e generare un primo contatto col mondo del lavoro; oltre a queste forme di partenariato obbligatorio, sono facoltative partnership con altri soggetti, come le università e gli istituti scolastici agrari.

In relazione alla Misura M1C3, Investimento 4.3, denominata “Caput Mundi”, specificamente dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale della capitale, in cui come visto i giardini storici sono contemplati nella linea di azione “#Mitingodiverde”, si segnala l’ordinanza del Commissario straordinario di governo per il Giubileo del 2025 (24 giugno 2022, n. 2), con la quale è stato approvato l’elenco degli interventi finanziati: diversi progetti riguardano giardini e parchi storici, come quelli di Villa Borghese, Villa Doria Pamphili, Villa Sciarra, Villa Ada.

5. Criticità e potenzialità del settore e la “sfida” del PNRR

Il PNRR ha avuto il merito di porre al centro dell’agenda pubblica il tema dei parchi e giardini storici, da troppo tempo confinato al dibattito scientifico e a sporadiche iniziative ministeriali e di operatori e associazioni del settore.

La cognizione della valenza culturale di questi beni, nonché della loro multifunzionalità, si è tradotta nell’assegnazione di uno spazio significativo nell’architettura del Piano come oggetto autonomo di investimenti e come parte integrante della missione dedicata alla cultura e al turismo. Parimenti, la consapevolezza della condizione di fragilità e complessità che contraddistingue questi beni spiega i corollari della necessità di misure di tutela specifiche e costanti e di utilizzo di personale specializzato, che sono gli elementi ispiratori delle due linee di investimento.

Il “senso di sfida”, condizione che anima l’intero impianto del PNRR, è evidente nell’ambito del verde storico e le linee di investimento a esso dedicate lasciano trasparire l’intento di cogliere e sviluppare le molteplici potenzialità sottese; in controluce, disvelano la consapevolezza che la gran parte di queste potenzialità siano ancora inespresse e, ancora prima, l’ammissione che si tratta di un patrimonio connotato da uno stato diffuso e permanente di criticità e precarietà. Criticità che riflettono una insufficiente, se non impropria, percezione della valenza, anzitutto culturale, di questi beni, e che si traducono in una condizione di frequente abbandono ovvero di inadeguata - talvolta arbitraria - salvaguardia. Non sempre assurti al rango di beni culturali ovvero di beni paesaggistici, in questa condizione i beni espressione del verde storico sono stati, al più, relegati a quelle discipline del territorio, come il diritto urbanistico, tutte protese alla regolazione - e promozione - degli usi del suolo, che perciò tolleravano, anzi sollecitavano le loro modifiche ‘in coerenza’ con l’evoluzione del contesto in cui erano inseriti, salvo poi riscoprirne le peculiarità e apportare un qualche presidio di tutela attraverso la disciplina del verde pubblico; ma anche l’apposizione del vincolo (storico-artistico o paesaggistico) non sempre è stata garanzia di un’appropriata tutela né di un’effettiva fruizione pubblica.

Nella prospettiva del Piano la connotazione “verde” dei giardini e dei parchi storici vale a evocare e collegare a essi la capacità di produzione di servizi ecosistemici propria delle formazioni arboree (conservazione di biodiversità, mitigazione dell’inquinamento atmosferico e acustico, produzione di ossigeno, regolazione del microclima, ecc.), più che significare la loro attrazione al sistema del verde pubblico. In altre parole, vi è l’acquisita convinzione che i giardini e i parchi storici non siano riducibili a semplice manifestazione del verde urbano, perché la loro connotazione preminente è di natura culturale: la fisionomia che emerge è di luoghi che sono centri di “bellezza pubblica” e testimonianza emblematica della cultura e della storia di un territorio; luoghi che esprimono un profondo legame della cittadinanza con il territorio e che, in quanto tali, contribuiscono al recupero di quel senso di identità e appartenenza “ai propri luoghi” che negli ultimi tempi va emergendo, manifestandosi con iniziative civiche e con esperienze di associazionismo, espressioni virtuose della sussidiarietà.

La dimensione culturale può espandersi in ulteriori direzioni, come quella che scorge in questi beni luoghi di educazione ambientale (si pensi alla possibilità di organizzare laboratori didattici sulle tematiche ambientali), nonché quella che enfatizza la vocazione di luoghi di studio e di ricerca, in quanto depositari di tecniche e conoscenze scientifiche formate e sedimentate nel corso dei secoli. Non solo. In quanto beni delicati, in continua evoluzione e trasformazione, richiedono cure costanti e specifiche che si muovono su di un duplice binario: quello della tutela dell’area e delle essenze arboree rispetto a fattori naturali, ma anche rispetto alla pressione antropica, e quello della sicurezza dei visitatori in rapporto alle condizioni fitosanitarie e statiche degli esemplari verdi. Per questo offrono un’occasione formidabile di promozione di saperi specialistici e multidisciplinari nella direzione sia di creare nuove professionalità (è il caso dei giardinieri d’arte) sia di coinvolgere operatori di specifici comparti, come la florovivaistica e l’edilizia sostenibile, e maestranze e professionisti specializzati, oltreché ulteriori figure utili per attività come la custodia dell’area e l’accompagnamento dei visitatori, con effetti occupazionali rilevanti e permanenti. Dalla visuale economica, saldata con quella culturale, i giardini e parchi storici si mostrano anche come poli di attrazione turistica, capaci di generare ricadute positive sul settore del turismo e sui comparti delle economie locali che a esso sono direttamente e indirettamente collegati.

I giardini e i parchi sono indiscutibilmente risorse del territorio, beni fortemente compenetrati con il contesto in cui sono inseriti, di cui rappresentano viva memoria storica; la loro presenza contribuisce alla percezione - e alla costruzione - del senso di identità dei luoghi e questo processo può alimentarsi in virtù di una relazione biunivoca tra politiche del territorio e aspettative della comunità: le prime sono chiamate ad assicurare una tutela rafforzata, calibrata alle esigenze peculiari del bene, e soprattutto a garantire condizioni efficaci di fruizione, obiettivo reclamato sempre più convintamente dalle collettività di riferimento nelle quali va affiorando una rivendicazione spontanea di appartenenza dei luoghi, tradotta in iniziative virtuose che spesso hanno supplito all’inerzia dei soggetti pubblici e ne hanno sollecitato e ispirato l’intervento (spesso l’accessibilità di questi beni è stata possibile grazie a perseveranti e lungimiranti iniziative dell’associazionismo); l’aggancio, anzi la compenetrazione, con il territorio, permea anche la concezione ispiratrice delle politiche di valorizzazione: non si tratta soltanto di promuovere questi beni, massimizzando la conoscenza e la fruizione degli abitanti e dei visitatori, ma anche di connettere gli interventi dedicati a questi beni con altre iniziative, accomunate da una visione di tipo integrato del territorio e che fa leva sulla promozione dei beni culturali e ambientali quali risorse e fattori di sviluppo locale. È l’idea, presente soprattutto a livello regionale, dell’inclusione dei beni del verde storico in reti, circuiti, sistemi culturali o ambientali tesi a promuovere un’offerta turistica, di tipo culturale, sostenibile e diffusa sul territorio.

Elementi in questo senso sono ricavabili dal PNRR e dai documenti attuativi. Si pensi al già citato avviso pubblico per la presentazione di proposte di intervento per il restauro e la valorizzazione di parchi e giardini: nella parte in cui sono definiti i contenuti possibili della proposta progettuale, rilevano, nella sezione dedicata alla “valorizzazione e comunicazione”, elementi quali “la partecipazione a iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo secondo progettualità integrate, innovative, sostenibili, inclusive e accessibili”, “la partecipazione a forme di partenariato con soggetti pubblici e privati” e “il coinvolgimento di associazioni di volontariato e di cittadini in attività di manutenzione, gestione, valorizzazione e comunicazione” (art. 4). Nella definizione dei criteri di valutazione compare, come voce autonoma, il riferimento al “coinvolgimento e benefici del territorio e della comunità di riferimento” (art. 10, punto 2, lett. e). D’interesse è inoltre la previsione che commisura l’entità del finanziamento a favore dei beni privati alle modalità di fruizione pubblica e specificamente al numero di giornate annue in cui sarà garantita l’apertura al pubblico (art. 6, comma 3). Infine, un dato empirico: la presentazione di quasi 1100 proposte progettuali è un risultato certamente inaspettato, indice della vitalità, ma anche delle aspettative del settore; una lettura più approfondita del dato fa emergere un ulteriore aspetto: più della metà dei progetti inseriti in graduatoria sono proposte elaborate da amministrazioni locali, segno che si tratta di un settore fortemente rappresentativo dei territori.

 

Note

[*] Marco Brocca, professore associato in Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università del Salento, Via per Arnesano – Monteroni di Lecce (LE), marco-brocca@unisalento.it.

[1] Sul valore di questo documento internazionale può richiamarsi Cons. Stato, sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 1052, in giustizia-amministrativa.it, secondo cui esso, sebbene non recepito in atti normativi, legislativi o regolamentari, costituisce “senza dubbio un insieme di autorevoli massime di esperienza e buone regole della materia, sì da dover essere tenute presenti nell’esercizio della discrezionalità amministrativa”.

[2] La Carta equipara ai giardini storici i “giardini modesti” e i “parchi ordinati o paesistici” (art. 6).

[3] Su questa concezione dei giardini e parchi storici, quale punto di approdo moderno di una linea evolutiva articolata e non sempre lineare, v. A. Campitelli, Il verde nel contesto urbano tra recupero della storia e innovazione, in Diritto e città “verde”, (a cura di) M. Brocca - M. Roversi Monaco, Milano, in corso di pubblicazione.

[4] Esempio è il Catalogo dei parchi e giardini storici della regione Friuli-Venezia Giulia, curato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali, in http://www.ipac.regione.fvg.it. Sulla metodologia del catalogo, tributaria dell’approccio seguito da ICCD, si rinvia alle osservazioni di F. Merluzzi, I parchi e i giardini storici del Friuli-Venezia Giulia. Un progetto per un patrimonio singolare e complesso, in AA.VV., Parchi e giardini storici del Friuli-Venezia Giulia. Un patrimonio che si svela, Udine, 2014, pag. 13 ss.

[5] Sulla vicenda v. G. Severini, I giardini come beni del patrimonio culturale: storia di una legge e questioni interpretative, in Aedon, 2009, 1, pagg. 2-3.

[6] Si tratta di legge approvata in tempi rapidi, allo scopo dichiarato dai proponenti di salvare Villa Aldobrandini che era interessata da un progetto speculativo di costruzione di un grande albergo. Per effetto della legge furono vincolate da lì a poco circa cinquecento ville italiane: sul punto G. Volpe, Manuale di diritto dei beni culturali, Padova, 2013, pag. 93.

[7] G. Severini, I giardini come beni del patrimonio culturale, cit., pag. 5.

[8] T. Alibrandi - P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 2001, pag. 188.

[9] G. De Giorgi Cezzi, Il diritto all’identità minore. Beni culturali e tutela degli status, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, Padova, III, 2007, pag. 219 ss.

[10] F. Salvia, Manuale di diritto urbanistico, Padova, 2012, pag. 80.

[11] Per un’applicazione di questa lettura all’urbanistica, specialmente alla tecnica della zonizzazione urbanistica, si rinvia a M. Brocca, Note in tema di verde urbano, in Ambientediritto, 2021,1, pag. 1 ss.

[12] Il Comitato ha sottoscritto una convenzione con l’Associazione Parchi e Giardini d’Italia-APGI, di cui ha dato notizia nella Relazione del 2019, soffermandosi sulla necessità di predisporre politiche di tutela e valorizzazione dei parchi e giardini storici: da un lato, ha evidenziato l’importanza dei giardini e parchi storici, sottolineandone il pregio sul piano culturale e ambientale, dall’altro ha denunciato i profili critici del settore (attenzione discontinua, azione di governo episodica, cronica carenza legislativa, misure fiscali inadeguate), avanzando delle proposte incentrate sul regime giuridico e fiscale e sull’aspetto della formazione (Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, Relazione annuale-2019, pagg. 51-53).

[13] Obiettivi intermedi ovvero ulteriori sono previsti da target di rilevanza nazionale (in quanto tali rimessi alla verifica del ministero dell’Economia: si tratta dei target M1C3-18-ITA-1 (che prevede l’obiettivo della riqualificazione di n. 40 parchi e giardini storici entro il quarto trimestre del 2013) e il target M1C3-18-ITA-2 (che stabilisce l’obiettivo della riqualificazione di n. 110 parchi e giardini storici entro il secondo trimestre del 2016).

[14] Si tratta di tredici Regioni: Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia.

[15] Gli avvisi sono reperibili su https://pnrr.cultura.gov.it/category/investimenti/2-3/.

 

 

 



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