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I beni culturali di interesse religioso

I beni culturali della diocesi di Piacenza-Bobbio: un caso emblematico di valorizzazione

di Manuel Ferrari

Sommario: 1. Una scelta di campo. - 2. ll patrimonio culturale della diocesi di Piacenza: i primi passi di un percorso in divenire. - 3. Un primo modello sperimentale di governance. - 4. Conclusioni.

The cultural heritage of the Diocese of Piacenza-Bobbio: An integrated enhancement
The paper describes the form of management choised by Piacenza-Bobbio’Diocese to enhancement its cultural heritage. The Diocese gived in concession the ecclesiastic patrimony to a cooperative of young people but it maintened the coordination of the cultural project trought the Diocese's Cultural Heritage Office and the "Opera di Preservazione della Fede".

Keywords: Piacenza-Bobbio’s Diocese cultural heritage; Ecclesiastic patrimony; Kronos Museum of the Cathedral of Piacenza.

1. Una scelta di campo

Passo dopo passo, ormai da qualche anno, la nostra diocesi di Piacenza-Bobbio ha scelto di camminare nella direzione di una valorizzazione attenta e responsabile del patrimonio religioso, percorso del quale mi viene chiesto in questo breve spazio di tracciare un bilancio.

È doveroso iniziare con il dire che quanto fatto è stato possibile grazie al costituirsi di una fitta rete di relazioni sul territorio che hanno visto radicarsi profonde intese istituzionali a partire dalla condivisione di obiettivi comuni, per primo la crescita sociale e culturale della comunità locale attraverso la valorizzazione integrata del patrimonio culturale diffuso.

Si è sperimentato quindi in questi anni un cambio di approccio, così come più volte sollecitato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali, dall'Ufficio Nazionale Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana e dalle tante altre istituzioni regionali, nazionali e comunitarie, che sempre più invitano i territori ad una progettualità di rete e capace di guardare al patrimonio culturale con un approccio multi disciplinare e multi valoriale.

Una necessaria riflessione alla base del lavoro avviato potrebbe essere intesa a comprendere perché la Chiesa debba oggi ritenersi impegnata in un percorso di condivisione e valorizzazione del patrimonio che ad essa è affidato. Ritengo che la risposta sia ovvia al punto da richiedere una formulazione contraria della domanda. Potremmo al contrario cercare di comprendere come mai la Chiesa sembra oggi non adeguatamente impegnata nella valorizzazione dei beni artistici, architettonici e archeologici e quindi dei valori e del messaggio che essi stessi incarnano e rendono manifesto.

Nell'attuale società dell'immagine, si assiste a un imponente sviluppo dell'aspetto visivo del vivere umano, conta il suo modo di rappresentarsi, il suo mostrare e mostrarsi. L'apparenza sembra "impossessarsi" dell'aspetto interiore, come se l'immagine esteriore svuotasse quasi completamente l'interiorità.

È quest'uso distorto a sollecitare la spinta per un profondo ripensamento, all'interno del quale il patrimonio ecclesiastico può giocare un ruolo fondamentale, forse anzitutto per quella qualità essenziale dell'immagine di culto che Benjamin riassume in una parola: inaccessibilità [1].

Oggi, in piena crisi del cristianesimo razionalistico, si avverte la necessità di riguadagnare i linguaggi estetici dell'esperienza religiosa, che si riferiscono all'arte e ai linguaggi del corpo in generale. Lo sforzo della Chiesa relativamente al patrimonio culturale, nella contemporaneità, non può che essere, come suggerito da papa Francesco, nella direzione della via pulchritudinis [2], ovvero di un progressivo smascheramento delle vie d'ordine pedagogico, funzionale, teologico, per imboccare la via dell'estetica e quindi della sensibilità, dell'immaginario, dell'emozione e della passione [3]. Non basta che il messaggio sia buono e giusto. Deve essere anche "bello", perché solo così arriva al cuore delle persone e suscita l'amore che attrae.

Infine il patrimonio ecclesiastico deve essere riconosciuto ed inteso come fattore identitario e capace di attivare relazioni tra chiesa e società civile, ma anche tra chiesa e comunità culturali, etiche e religiose diverse, per una chiesa in uscita, di incontro con le persone vicine e lontane.

Se di questo siamo convinti non possiamo limitarci alla protezione passiva, ancorché indispensabile, ma occorre impegno politico, culturale e tecnico affinché i luoghi diventino generatori di nuove identità e valori e non siano solo testimoni di un illustre passato.

Quindi non un impegno unicamente di carattere conservativo (pur necessario al fine della trasmissione alle generazioni future), ma bensì la necessità che l'arte continui a svolgere con forza il ruolo interrogante, maieutico, di dono di grazia, che va oltre le leggi della natura e della morale.

Per tali ragioni il patrimonio artistico non potrà rimanere chiuso in luoghi disabitati consegnato all'usura del tempo; è nostro preciso compito trovare quelle forme che gli consentano di continuare a comunicare nella modalità che gli è propria quella molteplicità di livelli di cui abbiamo detto.

Partendo da queste convinzioni la diocesi di Piacenza-Bobbio, ha promosso iniziative ed eventi utili a rilanciare questa sfida nella contemporaneità, pur nella consapevolezza di dover trovare nuove ed attuali modalità di comunicazione, sempre più capaci di rendersi interessanti ad una società in forte cambiamento, sempre più interconnessa, multiculturale, multietnica, multimediale.

2. Il patrimonio culturale della diocesi di Piacenza-Bobbio: i primi passi di un percorso in divenire

La diocesi di Piacenza-Bobbio nasce per fusione (a partire dal 1991) delle due diocesi di Piacenza e Bobbio, a formare un territorio di complessivi 3.700 kmq che si sviluppa su tre regioni e quattro province. Delle 418 parrocchie 25 si trovano in provincia di Genova, 76 in provincia di Parma (alte valli del Taro e del Ceno), 10 in provincia di Pavia. Una configurazione piuttosto frammentaria come si può facilmente comprendere, con difficoltà di coordinamento rese ancor più complesse da problemi logistici, essendo il capoluogo totalmente decentrato (a nord) rispetto al territorio diocesano. Se consideriamo inoltre che è trascorso un lasso di tempo relativamente breve dalla fusione delle diocesi, ben risolta dal punto di vista pastorale ma con ancora una non ottimale riorganizzazione degli organismi amministrativi e degli istituti culturali, comprendiamo come il quadro complessivo sia di non facile lettura.

Per quanto concerne il patrimonio culturale ecclesiastico parliamo complessivamente di 685 edifici di culto (dati censimento CEI-A 2019, che abbracciano un variegato periodo di costruzione, prevalentemente dal X al XX secolo) che contengono circa 90.000 beni mobili (dati inventario CEI-OA 2013), tre seminari (Piacenza, Bobbio, Bedonia), 10 musei (Kronos - museo della cattedrale di Piacenza, museo della cattedrale Bobbio, museo dell'ex monastero di San Colombano a Bobbio, MCM - museo collezione Mazzolini a Bobbio, museo della basilica di Sant'Antonino, museo di arte sacra di Ottone, museo della collegiata di Castell'Arquato, 3 musei nel seminario di Bedonia), 2 archivi storici diocesani (Piacenza e Bobbio), varie biblioteche. Una realtà quindi estremamente variegata e complessa, ove fino a pochi anni fa non esisteva nessun progetto capace di una visione integrata, con nessuna relazione tra gli istituti. Alle difficoltà sopra dette si aggiunge una bassa capacità di attrazione turistica del territorio attraversato da tre importanti tracciati di pellegrinaggio medievali quali la via Francigena, la via degli Abati, il cammino di San Colombano.

Nel 2013 un primo passo è stato nella direzione di una complessiva riconfigurazione dell'ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici (di seguito ufficio). A quella data occorreva dare pronte risposte a due questioni di rilevante interesse che attendevano da tempo adeguata soluzione.

La prima relativa alla collezione Mazzolini, un'importante raccolta di arte del '900 donata alla diocesi nel 2005, con l'impegno di realizzarne un museo entro dieci anni dalla donazione. Dopo una lunga gestazione e l'impossibilità di trovare una sede adeguata, finalmente nel 2014 la diocesi ha trovato un accordo con il comune di Bobbio all'interno del dormitorio dell'ex monastero di San Colombano (un lungo corridoio centrale di oltre 70 metri, con cellette laterali). Il museo è stato quindi inaugurato nel 2015 e collegato con il sottostante museo dell'abbazia (luogo anticamente sede del prestigioso scriptorium e biblioteca), allestito in occasione del Giubileo (2000).

La seconda questione a cui dare pronta soluzione è stata la messa a dimora del museo della Cattedrale. Dai primi anni'90 il Capitolo dei Canonici era impegnato nel tentativo di recuperare alcuni locali di proprietà all'interno di una palazzina sul retro della Cattedrale. I lavori tuttavia sono avanzati a rilento a più riprese e alla fine del restauro degli ambienti sono mancate adeguate risorse per l'allestimento.

Nel 2014 la diocesi ha chiesto di potersi sostituire in questo progetto. È stata redatta una convenzione per l'uso dei locali recuperati e per gli spazi delle soprastanti sagrestie e si è avviato l'allestimento.

Nel 2015 sono state così inaugurate le prime 10 sale a pian terreno. Fin da subito si è avuta la percezione che il percorso così realizzato non avrebbe potuto qualificarsi come luogo con sufficiente capacità attrattiva.

Nel 2017 è maturata l'idea di un grande evento per la città, una mostra sul Guercino, l'artista centese impegnato tra il 1626 ed il '27 per la decorazione della grande cupola della Cattedrale. Una mostra in due sedi, i musei civici di palazzo Farnese con l'esposizione di 25 opere del maestro, e la cattedrale con la realizzazione di un percorso di salita alla cupola per ammirarne da vicino gli affreschi [4]. È stato necessario circa un anno di lavoro per realizzare il percorso di salita che ha recuperato i camminamenti interni della cattedrale e li ha integrati con strutture lignee appositamente progettate per consentire gli affacci sulla città. Tutto il progetto è stato concordato con la competente Soprintendenza e con il comando dei Vigili del Fuoco per gli aspetti relativi alla sicurezza dei fruitori.

Al fine di completare il percorso espositivo mancava solo la sezione sul patrimonio archivistico, straordinario per numero di carte di periodo longobardo e carolingio. L'occasione è stata un'ulteriore mostra nel 2018 che ha avuto come momento culminante la valorizzazione del Codice 65 meglio conosciuto come Libro del Maestro. Un codice del XII secolo che si è scelto di raccontare attraverso un percorso esperienziale che è poi divenuto permanente [5].

L'offerta culturale complessiva che oggi integra il museo con la visita alla cattedrale, costituisce un unicum per caratteristiche di allestimento e contenuti, capace di richiamare l'attenzione di turisti, pellegrini, parrocchie. Quanto sopra è stato possibile grazie all'attivazione di partnership a livello locale. A partire dal 2015 è attivo un comitato di scopo, che viene rinnovato annualmente, finalizzato alla valorizzazione culturale di città e provincia e che vede tra i soggetti firmatari le principali istituzioni cittadine in particolare il comune di Piacenza, la diocesi di Piacenza-Bobbio, la fondazione di Piacenza e Vigevano, la camera di commercio di Piacenza. Questo ha consentito il reperimento di adeguate risorse economiche per la realizzazione dei musei e degli eventi.

Riassumendo possiamo dire che l'offerta culturale complessiva della diocesi di Piacenza-Bobbio si caratterizza per la presenza di tre importanti musei, uno a Piacenza e due a Bobbio (questi unificati in un unico plesso) oltre ai musei minori e agli istituti culturali sopra detti e a un vasto patrimonio diffuso di edifici di culto e beni mobili in gran parte raccordati tra loro dai principali tracciati di pellegrinaggio. Questo patrimonio culturale è stato censito a partire dal '98 ed oggi integralmente presente sul portale BeWeb.

3. Un primo modello sperimentale di governance

Se da un lato si procedeva alla messa a regime di questi percorsi espositivi, dall'altro maturava la preoccupazione di una loro gestione consapevole e sostenibile: una modalità efficace, capace di garantire adeguati servizi al pubblico ed anche favorire una visione diocesana complessiva includendo gli altri istituti culturali.

A fronte dell'impossibilità di implementazione dell'organico di curia, si è preso in esame l'opportunità di esternalizzare la gestione, pur con l'attenzione di un coordinamento progettuale e di metodo da parte della diocesi.

La soluzione si è trovata nella cooperativa che gestiva già dal 2005 il museo dell'abbazia di San Colombano in Bobbio. Dopo molteplici incontri si è compreso e definito il modello gestionale più idoneo con la consapevolezza che lo stesso avrebbe potuto subire più rettifiche negli anni a seguire, per adeguarlo al meglio ai bisogni emergenti, ai contesti specifici, al riscontro sul territorio.

La cooperativa a fronte dell'affidamento dei tre musei e di una collaborazione con la libreria diocesana ha ampliato il proprio organico da tre ad undici soci differenziati per competenze in modo da offrire una vasta gamma di servizi. Attualmente la cooperativa si occupa di apertura e gestione dei musei, didattica, restauri, servizi di vendita, comunicazione e grafica, progettazione di itinerari e percorsi tematici, organizzazione di eventi, oltre a fornire il personale necessario alla gestione di mostre e eventi organizzati dalla diocesi.

Per quanto concerne la governance la diocesi ha scelto di avvalersi di due soggetti operativi. Da un lato l'ufficio per i beni culturali che coordina l'attività dei musei, degli istituti culturali e della cooperativa, capace di una visione complessiva del patrimonio diocesano. Dall'altra l'Opera di Preservazione della Fede (soggetto di adeguata natura giuridica) per le problematiche di carattere amministrativo, con la creazione di un nuovo ramo aziendale dedicato ai servizi culturali. Il consiglio dell'Opera è formato da cinque membri, il presidente coincide con l'economo diocesano e tra i consiglieri è presente il direttore dell'ufficio beni culturali, quale figura di raccordo.

Il primo passo è stato quello di formalizzare specifici contratti di gestione tra l'Opera e i soggetti detentori dei luoghi sede di musei (es. per il museo della cattedrale con il Capitolo dei Canonici).

In secondo luogo attraverso opportuna convenzione l'Opera ne ha affidato la gestione alla cooperativa. I proventi derivanti dalla gestione dei musei vengono introitati dall'Opera che per quanto concerne gli ingressi ha scelto di attivare una biglietteria elettronica. A cadenza periodica mensile la cooperativa fattura all'Opera tutti i servizi erogati.

La diocesi ha ritenuto di favorire la fase di start-up del progetto riversando integralmente alla cooperativa tutte le entrate per i primi tre anni di attività. La cooperativa sostiene tutti i costi derivanti dalla gestione del personale, piccoli oneri di manutenzione ordinaria, spese di funzionamento. La diocesi non ha richiesto alla cooperativa un rapporto esclusivo lasciando la libertà di stipulare eventuali accordi con altri soggetti pubblici o privati, rientranti in determinate categorie specificate nella convenzione.

Ad oggi le uscite per il personale ammontano all'82% dei costi complessivi di funzionamento della cooperativa, questo in ragione del fatto che tutte le spese di manutenzione straordinaria e d'investimento sono sostenute dalla diocesi ed Opera con l'aiuto di soggetti pubblici e privati. Per il solo museo Kronos il primo anno di apertura (2015) sono stati registrati circa 800 ingressi, il 2019 si è chiuso con 7500. Prevalentemente visitano il museo gruppi organizzati provenienti dal nord Italia ma anche da altri paesi europei (soprattutto Svizzera, Francia, Germania). Le spese che affronta l'Opera per la gestione ordinaria sono estremamente ridotte e dal terzo anno di attività potranno essere assorbite dagli utili di gestione che potranno essere impiegati anche per restauri ed organizzazione di eventi.

Oggi il lavoro dell'ufficio beni culturali, quello degli istituti culturali diocesani e della cooperativa è sempre più armonico con l'obiettivo di giungere ad una valorizzazione integrata e sostenibile del patrimonio diocesano. Mensilmente l'ufficio convoca il consiglio di amministrazione della cooperativa per una riunione di coordinamento di tutte le attività e iniziative, durante la quale si espongono le criticità e si cercano soluzioni per migliorare il servizio e l'offerta complessiva.

La progettazione avviene in maniera sincronica e può contare su una molteplicità di competenze.

Oltre a questo la cooperativa è affiancata da un sacerdote per la formazione dei soci sulle tematiche arte e fede, al fine di predisporre percorsi di catechesi per parrocchie e catechisti. Dal 2019, dopo un primo periodo di sperimentazione, l'ufficio e la cooperativa hanno progettato un calendario di iniziative con particolare concentrazione delle attività nei momenti più significati dell'anno liturgico.

Tutto questo consente una valorizzazione integrata di più siti mediante visite guidate, laboratori per ogni età, eventi musicali, esperienze multimediali legate al patrimonio storico-artistico.

4. Conclusioni

Le ricadute di questo percorso sono tangibili già a distanza di pochi anni. Oltre al raggiungimento degli obiettivi in premessa, sono indubbie le ricadute sociali ed economiche: la diocesi concorre a rendere più ricettivo il territorio e sostiene l'impiego occupazionale di giovani in attività pertinenti al loro percorso di studi. Attraverso la valorizzazione cresce la conoscenza e la consapevolezza dei luoghi e questo ne facilita la conservazione e la comunità locale riconosce oggi alla diocesi un ruolo nuovo di soggetto trainante della vita culturale.

Quanto esposto vuole essere una prima fase di un percorso di valorizzazione che ha radici dal basso, che origina dallo stesso ascolto del territorio.

Non è mancato in questi anni uno sforzo per esplorare e comprendere altre buone pratiche di gestione, pur consapevoli che ogni realtà rappresenta un fatto a sé con dinamiche sempre diverse ma alla fine sempre riconducibili a fattor comune.

Riteniamo comunque che l'esperienza maturata nella diocesi di Piacenza-Bobbio sia significativa anche perché rappresentativa della gran parte dei territori del nostro Paese, con una molteplicità di siti estremamente interessanti purtroppo scarsamente conosciuti e promossi. Se qui sarà possibile proseguire negli anni con risultati questa esperienza, probabilmente sarà possibile farlo anche altrove purché si realizzino all'interno delle diocesi le imprescindibili condizioni di cui si è cercato di dare sommariamente conto.

 

Note

[1] W. Benjamin, L'opera d'arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica (1935-36), Milano, Bompiani, 2017.

[2] Cfr. Via Pulchritudinis, Cammino di evangelizzazione e dialogo, Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che si è tenuta dal 27 al 28 marzo 2006.

[3] R. Tagliaferri, Saggi di architettura ed iconografia dello spazio sacro, Padova, 2011.

[4] Cfr. D. Benati (a cura di), Guercino tra sacro e profano, catalogo della mostra di Piacenza, Milano, 2017.

[5] I misteri della cattedrale. Meraviglie nel labirinto de sapere, catalogo della mostra di Piacenza, Milano, 2018.

 

 



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