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Patrimonio culturale e discrezionalità degli organi di tutela

Valutazione paesaggistica e discrezionalità tecnica: il Consiglio di Stato pone alcuni punti fermi

di Giammarco Sigismondi

Sommario: 1. La questione decisa. - 2. Le problematiche specifiche e quelle di ordine generale. - 3. Una sentenza sulla nozione di discrezionalità amministrativa. - 4. Una sentenza sui contenti della discrezionalità tecnica. - 5. Una sentenza sulla consistenza del procedimento amministrativo. - 6. Conclusioni.

Landscape evaluation and Technical discretion: the Consiglio di Stato sets out some of the mainstays
The Consiglio di Stato, in deciding a dispute relating to the exercise of the ministerial competence in landscape evaluation, sets out some of the mainstays of administrative law, such as administrative discretion and technical discretion.

Keywords: Landscape Evaluation; Technical Discretion; Administrative Discretion.

1. La questione decisa

La vicenda oggetto delle riflessioni che seguono è articolata, e trova origine nelle contestazioni sorte attorno agli atti della procedura autorizzatoria relativa alla realizzazione di un elettrodotto per iniziativa di Terna s.p.a. (società incaricata della gestione della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica) il cui tracciato doveva attraversare una zona sottoposta a tutela paesaggistica ai sensi degli artt. 136 e 142 comma 1, lett. c) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

In particolare, la questione più rilevante sulla quale si è sviluppato il contenzioso e vi è stata una radicale divergenza tra le decisioni espresse dal tribunale amministrativo regionale in primo grado [1] e dal Consiglio di Stato in sede d'appello [2] ha riguardato le valutazioni di compatibilità paesaggistica rese dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e dal ministero per i Beni e le Attività culturali. Tali valutazioni sono state espresse nell'ambito del procedimento autorizzatorio disciplinato dall'art. 1-sexies d.l. 29 agosto 2003, n. 239 (conv. dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290), che prevede il rilascio di un'autorizzazione unica all'esito di un procedimento che coinvolge tutte le amministrazioni competenti a pronunciarsi su aspetti rilevanti per la realizzazione dell'intervento e i soggetti interessati e che nel caso specifico comprendeva anche la valutazione di impatto ambientale.

Nel caso specifico la soprintendenza aveva dato parere contrario alla realizzazione dell'opera, rilevando che l'intervento progettato non sarebbe stato compatibile con le esigenze di tutela paesaggistica della zona sottoposta a tutela, sia per l'impatto visivo in aree attraversate da corsi d'acqua, sia per gli interventi di disboscamento richiesti.

Conseguentemente, era stato proposto l'interramento dell'elettrodotto nei tratti di percorso compresi nelle zone tutelate.

A seguito delle richieste, Terna s.p.a. aveva rappresentato le ragioni per le quali riteneva tecnicamente impossibile attuare la soluzione proposta.

Tenuto conto degli argomenti presentati e dopo un confronto con la società, al momento di esprimere il proprio parere il ministero per i Beni e le Attività culturali si pronunciava invece favorevolmente, superando le posizioni espresse dalla soprintendenza e ponendo quale unica condizione uno spostamento dell'elettrodotto all'esterno della fascia di elevato valore paesaggistico.

L'assenso era motivato con il richiamo alle ragioni tecniche che avrebbero reso impossibile soddisfare le condizioni imposte dalla soprintendenza (ovvero l'interramento parziale della tratta) - e conseguentemente la realizzazione dell'opera - ed è stato concesso sul presupposto che "i pareri pervenuti da parte delle (...) Soprintendenze e delle afferenti direzioni generali, consentono una esaustiva ed ampia valutazione per l'espressione dei pareri di competenza". Anche sulla base di tale parere favorevole, la valutazione di impatto ambientale si risolveva positivamente e l'autorizzazione alla realizzazione dell'intervento veniva alla fine rilasciata.

Contro tale valutazione (e conseguentemente contro il provvedimento autorizzatorio) è stato proposto ricorso da alcuni soggetti privati e amministrazioni locali contrari alla realizzazione dell'elettrodotto deducendo il vizio di eccesso di potere nei termini della contraddittorietà, difetto di motivazione e sviamento di potere, perché il ministero avrebbe fondato la propria decisione di sovvertire il parere della soprintendenza sulle sole ragioni tecniche opposte da Terna s.p.a. e sulla necessità di garantire la realizzazione dell'opera, subordinando quindi a questo interesse secondario (per quanto rilevante) l'interesse primario alla cui tutela il ministero è preposto nell'ambito dell'esercizio del potere di valutazione della compatibilità paesaggistica dell'intervento.

Tale ordine di censure è stato ritenuto infondato dal tribunale amministrativo regionale, dal momento che "la valutazione finale del Mibac viene resa all'esito di una quadro istruttorio appositamente integrato che, come documentalmente dimostrato e sopra chiarito, è stato apprezzato e valutato pervenendo ad un giudizio che, in quanto carente di manifeste irrazionalità o illogicità, sfugge al sindacato di questo giudice con accessiva infondatezza della doglianza".

Il Consiglio di Stato, riformando la sentenza di primo grado, ha invece ritenuto fondato il motivo di ricorso.

Alla base della decisione vi sono tre ordini di argomenti:

a) innanzi tutto il Consiglio di Stato ha ribadito che "alla tutela del paesaggio (che il MIBAC esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell'ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione", con la conseguenza che "il parere del MIBAC in ordine alla compatibilità paesaggistica non può che essere un atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica". Tale conclusione è stata ricondotta direttamente all'art. 9 Cost., che tutelando al massimo livello possibile il paesaggio (così come il patrimonio artistico e storico della Nazione) richiede alle amministrazioni preposte l'espressione di valutazioni tecnico-professionali e non comparative d'interessi;

b) in secondo luogo è stato rilevato come nell'esprimere la sua valutazione il ministero abbia invece "illegittimamente compiuto una non consentita attività di comparazione e di bilanciamento dell'interesse affidato alle sue cure (la tutela del paesaggio) con interessi pubblici di altra natura e spettanza (essenzialmente quelli sottesi alla realizzazione dell'elettrodotto e, dunque, al trasporto dell'energia elettrica)". Tale circostanza è stata dedotta dal fatto che il ministero "fonda il mutamento di giudizio esclusivamente sulla "considerata impossibilità di realizzare l'elettrodotto in cavo [sotterraneo]": con ciò muovendo dalla considerazione non già dello stretto interesse paesaggistico, ma dall'interesse, da esso stesso fatto superiore, alla realizzazione dell'opera: cosa che non è di sua cura". Questo ordine di giustificazioni ha fatto ritenere fondato il vizio di sviamento di potere;

c) infine si è osservato che il precedente parere negativo dato dalla soprintendenza è stato sostanzialmente revocato senza che sia stato formulato alcun rilievo o contestazione sulle ragioni di fatto che ne costituivano il fondamento e che il ministero non ha esplicitato le ragioni della sua diversa valutazione, limitandosi a recepire le obiezioni sollevate da Terna s.p.a. Inoltre, sia lo sviamento di potere, sia il difetto d'istruttoria si riflettevano sulla corretta rappresentazione delle posizioni del ministero dei beni e delle attività culturali e ambientali nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale dell'intervento, che risultava pertanto a sua volta viziata.

Sulla base della sentenza del Consiglio di Stato sono state quindi emanate due circolari [3] con le quali il ministero dei beni e delle attività culturali ha ribadito alle Soprintendenze per i beni archeologici, le belle arti e il paesaggio i caratteri del potere di valutazione loro riconosciuto.

2. Le problematiche specifiche e quelle di ordine generale

La conclusione della vicenda pone diverse questioni di ordine sostanziale riguardo ai contenuti del potere tecnico-discrezionale di valutazione della compatibilità paesaggistica: quale valore costituzionale si possa realmente attribuire all'interesse paesaggistico (in particolare dopo che la Corte costituzionale con la sentenza n. 196 del 2004 [4] ha precisato che il rilievo costituzionale di un interesse non ne determina la prevalenza assoluta e incondizionata, ma comporta la necessità che tale interesse sia sempre preso in considerazione nei possibili bilanciamenti compiuti dal legislatore o dalle pubbliche amministrazioni, così che "la "primarietà" degli interessi che assurgono alla qualifica di "valori costituzionali" non può che implicare l'esigenza di una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte politiche o amministrative"); come possano essere concretamente definiti i confini tra discrezionalità tecnica e amministrativa rispetto all'ambito dei beni culturali e, in particolare, rispetto all'opera delle Soprintendenze, soprattutto ora che l'attualità di tali categorie pare essere confermata dalla sentenza e ribadita dalle circolari ministeriali; quale nozione di bene paesaggistico deve prendere in considerazione la soprintendenza quando compie le proprie valutazioni.

Al di là di questi aspetti, pur centrali e strettamente connessi all'argomento specifico e sui quali è già stata avviata la riflessione, a me pare tuttavia che la sentenza del Consiglio di Stato possa essere letta anche in una prospettiva più generale. La decisione, infatti, pone alcuni punti fermi importanti rispetto a concetti fondamentali del diritto amministrativo.

In particolare, le argomentazioni si sviluppano in tre direzioni principali:

a) la decisione può essere letta innanzi tutto come una decisione sulla consistenza delle nozioni di discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica;

b) le decisione può inoltre essere considerata un punto di riferimento per quanto riguarda la definizione dei caratteri e dei contenuti della discrezionalità tecnica stessa;

c) la decisione offre infine alcune indicazioni rilevanti sul ruolo del procedimento amministrativo nella formazione delle decisioni complesse che coinvolgono competenze di diversi soggetti istituzionali e sulle condizioni alle quali è possibile procedere alla revisione delle posizioni precedentemente espresse.

3. Una sentenza sulla nozione di discrezionalità amministrativa

Sotto il primo punto di vista il Consiglio di Stato aderisce in modo netto alla ricostruzione della discrezionalità amministrativa come attività caratterizzata dalla comparazione tra i diversi interessi coinvolti dall'azione amministrativa e - specularmente - della discrezionalità tecnica come ambito strutturalmente distinto dalla prima.

È noto che secondo un approccio diffuso (ma recessivo nell'ambito del dibattito scientifico che si è sviluppato in Italia) la discrezionalità sarebbe invece riconducibile a una questione di interpretazione e applicazione delle norme, caratterizzata dal fatto che la relazione tra disposizioni di legge, fattispecie concreta e provvedimento finale, pur con l'applicazione di criteri ermeneutici comunemente accolti, si può configurare in modi diversi, tutti potenzialmente accettabili.

Il problema della discrezionalità, in questa diversa prospettiva, diventa quindi stabilire quando i risultati siano effettivamente accettabili ed è risolto attraverso l'individuazione, sulla base dei principi ermeneutici, dei diversi significati che possono essere assunti dai criteri e dai concetti giuridici utilizzati dalla norma attributiva del potere di provvedere, distinguendo tra due estremi corrispondenti, rispettivamente, ad un ambito di significati sicuramente conforme alla norma, un ambito sicuramente difforme e uno spazio intermedio entro cui le diverse soluzioni possibili sono ugualmente valide.

Seguendo questa prospettiva nel definire i contenuti della sua azione discrezionale l'amministrazione sarebbe guidata, oltre che dalle regole dell'ermeneutica e dalle regole procedimentali, dal divieto di fornire soluzioni arbitrarie o irrazionali. Divieto a sua volta riconducibile all'obbligo giuridico generale imposto all'amministrazione di agire per il perseguimento dell'interesse pubblico.

Questa concezione della discrezionalità ha alcune implicazioni importanti: innanzi tutto, il fatto di ricondurre ogni azione dell'amministrazione a un ambito conoscitivo e interpretativo comporta il venir meno delle distinzioni qualitative tra i diversi tipi di discrezionalità (in particolare, non troverebbe spazio la nozione di discrezionalità tecnica come nozione autonoma - e per di più riconducibile, nella prospettiva alternativa, a un ambito di attività amministrativa di carattere vincolato), perché non vi sarebbero differenze in ciò che l'amministrazione fa in concreto (ovvero adottare un provvedimento specifico entro gli spazi lasciati aperti dalla norma attributiva del potere di provvedere e sulla base dei possibili significati di questa). La differenza, al più, potrebbe essere quantitativa, e dipendere dall'ampiezza maggiore o minore di tali spazi, eventualmente in funzione di criteri direttivi stabiliti dalla norma attributiva del potere di provvedere o di criteri d'azione desumibili dall'ordinamento; in secondo luogo tale concezione garantisce - almeno dal punto di vista formale - una stretta correlazione con la norma attributiva del potere: se l'esercizio della discrezionalità è riducibile ai possibili significati di questa, infatti, la sua eventuale patologia non può essere altro che il risultato di un errore nell'individuazione di tali significati. E questa idea è del tutto coerente con una concezione rigorosa del principio di legalità, che vede nella norma attributiva del potere di provvedere l'unica fonte di legittimazione del potere discrezionale e il principale termine di riferimento per valutarne la correttezza nell'esercizio. Anche l'eventuale integrazione della norma attributiva del potere con altre fonti o con massime di esperienza comune in questa prospettiva appare del tutto normale, perché tale operazione rientra nella comune tecnica interpretativa.

Da questa impostazione emergono però anche dei profili problematici. Il principale, in termini di coerenza sistematica, dipende dalla necessità di giustificare uno spazio riservato all'amministrazione nell'applicazione della norma che attribuisce un potere discrezionale; uno spazio, quindi, che non preveda la possibilità di sostituire l'attuazione della norma compiuta dall'amministrazione e che limiti il sindacato sulla stessa ai casi in cui sia ravvisabile - sempre sulla base di criteri ermeneutici - uno sconfinamento nell'area dei significati sicuramente non conformi alla legge. Se l'attività svolta dall'amministrazione nell'attuazione della norma che attribuisce un potere discrezionale non è qualitativamente diversa da quella svolta da chi è tenuto a valutare la correttezza (o se si preferisce la legittimità) delle conclusioni raggiunte, perché ha comunque carattere interpretativo, infatti, non risulta immediatamente evidente la ragione che giustifica un limite al sindacato sul provvedimento assunto dall'amministrazione, e non è immediatamente evidente neppure la ragione per cui l'interpretazione fornita dal giudice non si possa sostituire a quella dell'amministrazione. Il richiamo al principio di separazione dei poteri in questa prospettiva non sembra sufficiente, perché l'attività svolta è omogenea (e quindi potenzialmente fungibile).

Le spiegazioni più convincenti, a questo riguardo, si fondano sui profili di responsabilità che assistono normalmente l'attività amministrativa (sia come apparato, sia per quanto riguarda i singoli funzionari, si pensi all'art. 28 Cost.) e che - almeno nell'ordinamento italiano - non riguardano invece i giudici, sulla scelta di attribuzione di competenza compiuta dalla norma attributiva del potere di provvedere (che individua nell'organo amministrativo il soggetto titolare della specifica funzione) e nella possibilità di individuare rispetto all'amministrazione un fattore di legittimazione democratica che rispetto all'autorità giurisdizionale risulta invece assente.

Resta però il fatto che - in modo per certi versi coerente rispetto all'impostazione seguita e alle sue implicazioni - l'opinione che in Italia ha più fermamente sostenuto che la discrezionalità amministrativa fosse riconducibile a una vicenda di interpretazione e attuazione della norma attributiva del potere di provvedere [5] ha ritenuto di poter spiegare i limiti alla pienezza del sindacato sulla discrezionalità amministrativa e alla fungibilità dell'attuazione della norma decisa dall'amministrazione o con argomenti legati alla struttura del processo (in particolare per quanto riguarda la limitata possibilità - ora comunque decisamente ridimensionata - per il giudice amministrativo di aver accesso a una ricostruzione completa e diretta a tutti gli elementi di fatto che caratterizzano la fattispecie), o con una scelta espressa del legislatore di preservare l'autonomia delle autorità amministrative (scelta che peraltro non appare del tutto evidente): argomenti legati a ragioni contingenti quindi, e non a ragioni intrinseche.

Questa prospettiva, pur suggestiva, pare quindi destinata a essere definitivamente abbandonata, nonostante si tratti di una linea interpretativa seguita in altri ordinamenti, anche con riguardo al tema della valutazione di compatibilità paesaggistica degli interventi. Da questo punto di vista, pertanto, sono ribadite le peculiarità del sistema concettuale che caratterizza l'ordinamento italiano ed è chiesto alle amministrazioni competenti di operare in accordo con esso.

4. Una sentenza sui contenti della discrezionalità tecnica

Allo stesso tempo, definendo la discrezionalità tecnica come ambito di attività cui la comparazione di interessi deve rimanere estranea la decisione del Consiglio di Stato sembra chiudere in modo altrettanto netto la possibilità che si affermino letture differenti.

Anche in questo caso è noto come sia invece ravvisabile un orientamento recente (espresso peraltro secondo linee di pensiero articolate) che ha proposto una revisione radicale delle conclusioni tradizionali, recuperando l'idea della discrezionalità tecnica come categoria concettuale autonoma, nell'ambito della quale fosse ravvisabile uno spazio di valutazione dell'interesse pubblico da parte dell'amministrazione tale da rendere la materia simile in alcuni aspetti alla discrezionalità amministrativa: sia per quanto riguarda l'esistenza di una riserva a favore dell'amministrazione, sia (e conseguentemente) per quanto riguarda i limiti al sindacato cui sottoporre i risultati raggiunti.

La conclusione è stata spiegata in termini generali considerando l'attività tecnico discrezionale come attività di valutazione della sussistenza in concreto dell'interesse pubblico tutelato dalla norma, che si traduce in una valutazione sul merito dell'azione amministrativa o cui si correlano situazioni soggettive tutelate come interessi legittimi [6].

Secondo una diversa opinione e in una prospettiva più ristretta, invece, la riserva a favore dell'amministrazione è stata considerata una conseguenza della sempre più frequente commistione tra il momento della valutazione tecnica opinabile e quello della scelta discrezionale, tale da rendere la seconda direttamente influenzata dalla prima. Questa situazione sarebbe il risultato della crescente importanza assunta dalla tecnica nella realtà contemporanea, affiancata dalla (o dovuta alla, sull'esistenza di un preciso nesso di implicazione le teorie non sono concordi) tendenziale rinuncia della legge a svolgere il ruolo di selezione degli interessi rilevanti [7]. Così, secondo questo punto di vista, per esempio, lo sviluppo delle autorità amministrative indipendenti (soggetti la cui progressiva affermazione nell'ordinamento ha ravvivato il dibattito sulla discrezionalità tecnica, i suoi presupposti, i suoi contenuti e i possibili limiti al sindacato giurisdizionale) non si spiegherebbe solo con le esigenze contingenti legate alla transizione verso un nuovo modello economico, ma avrebbe radici più profonde e sarebbe collegato alla scelta (o alla necessità) di demandare la selezione degli interessi giuridicamente rilevanti ad autorità amministrative dotate di particolari poteri e competenze e supportate nello svolgimento di tale compito dall'applicazione di conoscenze tecniche e scientifiche.

Le implicazioni dei due punti di vista sono evidenti: il primo è in grado di giustificare una riserva generale; il secondo offre invece una lettura variabile, che si articola in funzione delle materie e delle autorità amministrative coinvolte. Secondo questa ricostruzione, infatti, la crisi del principio di legalità sarebbe asimmetrica, perché in alcuni casi la legge fornirebbe comunque indicazioni rispetto al criterio secondo cui compiere la valutazione; conseguentemente sarebbe variabile il limite entro cui il giudice è ammesso a sindacare ed eventualmente a sostituire le conclusioni raggiunte [8]. Un quadro sistematico di questo genere contribuisce quindi a enfatizzare il ruolo del giudice nell'individuare il punto d'equilibrio tra interessi in gioco ed esigenza di offrire un livello di tutela adeguato [9].

Si tenga presente, tra l'altro, che questa specifica interpretazione è stata espressamente seguita (pur se in un precedente non recente) anche con riguardo alla qualificazione del potere che sta alla base delle valutazioni che presiedono al rilascio dell'autorizzazione a compiere interventi su beni sottoposti a vincolo idrogeologico: nell'occasione (riguardante la richiesta di autorizzazione a effettuare un intervento di disboscamento a fini edificatori su un terreno sottoposto a un vincolo idrogeologico) si era infatti sostenuta una lettura variabile dell'ambito di valutazione riservato all'amministrazione, ritenendo che il profilo della valutazione di ordine tecnico e quello della scelta discrezionale non siano sempre identificabili con precisione e che, anzi, in alcune fattispecie possano coesistere [10]. In casi del genere - ritenuti sempre più frequenti in conseguenza dello "sviluppo della tecnica e d[e]i mutamenti organizzativi e funzionali dell'azione amministrativa" e spesso connessi alla presenza di interessi di rilevanza costituzionale - era stata tra l'altro confermata la presenza di uno spazio di valutazione riservato all'amministrazione ed era stata invece esclusa la possibilità di una sostituzione da parte del giudice delle valutazioni compiute dall'amministrazione procedente.

Anche in altre occasioni la giurisprudenza ha seguito questa impostazione rispetto al settore specifico delle valutazioni di compatibilità paesaggistica, tanto che l'orientamento ha assunto una certa consistenza [11].

La tendenza più recente, tuttavia, segue la lettura che restringe l'ambito della discrezionalità tecnica all'apprezzamento dei presupposti di fatto per l'esercizio del potere fondato sulla valutazione di fatti complessi, senza coinvolgere eventuali interessi secondari [12]. Tendenza che sembra ora destinata a consolidarsi.

5. Una sentenza sulla consistenza del procedimento amministrativo

Il Consiglio di Stato ribadisce infine che il procedimento unico disciplinato dall'art. 1-sexies d.l. n. 239/2003 non può determinare un'attenuazione della tutela paesaggistica e che affinché tale tutela sia correttamente assicurata occorre che il contributo di tutti i soggetti sia corretto, dal momento che "[p]erché un confronto dialettico - come quello della conferenza di servizi - possa essere corretto e attendibile (...) occorre che ciascuna delle parti amministrative chiamate a parteciparvi si riferisca in partenza a quanto per legge di propria competenza" [13].

Anche il modo seguito dal ministero per superare il precedente parere favorevole reso dalla soprintendenza è stato considerato illegittimo, perché non è maturato sulla base di un'adeguata motivazione: in altre occasioni, d'altra parte, la giurisprudenza aveva rilevato che "affinché la revoca della precedente determinazione possa (...) ritenersi legittima deve comunque sussistere un congruo corredo motivazionale nel senso che l'amministrazione procedente deve esplicitare compiutamente l'iter logico giuridico che l'ha condotta, in assenza di mutamenti della situazione di fatto (...), a valutare diversamente - questa volta in senso favorevole - la compatibilità dell'opera con il vincolo paesaggistico insistente sull'area" [14]. A differenza dei precedenti in questione, tuttavia, il mutamento di conclusioni sull'autorizzazione paesaggistica non riguarda due provvedimenti della medesima autorità amministrativa (il ministero dei beni culturali), perché la decisione del ministero supera quella della Sovrintendenza.

Si tratta comunque di rilievi che portano l'attenzione sull'importanza del procedimento amministrativo come sede istituzionale nella quale deve trovare spazio la corretta rappresentazione dei fatti e il confronto dialettico tra gli interessi coinvolti.

6. Conclusioni

Ciò che emerge in modo evidente dalla sentenza del Consiglio di Stato, al di là delle conclusioni raggiunte, è come il percorso argomentativo sia sviluppato in ogni suo passaggio sulla base del riferimento a nozioni e concetti fondamentali del diritto amministrativo: la discrezionalità amministrativa, la discrezionalità tecnica, il procedimento amministrativo come sede dell'emersione e del confronto dei diversi interessi e rappresentazione non falsata dei fatti nel procedimento (e quindi il corretto apporto di ciascun soggetto pubblico o privato coinvolto) come presupposto per l'appropriato svolgimento di tale dialettica. L'illegittimità degli esiti del procedimento, infatti, è risultata dalle ambiguità riscontrate rispetto a questi concetti chiave.

In un periodo sempre più spesso caratterizzato dal ricorso all'argomentazione per principi, all'interpretazione evolutiva, alle contaminazioni con categorie e nozioni maturate in una dimensione sovranazionale e alla deriva verso soluzioni dirette a garantire la giustizia del caso concreto, la sentenza del Consiglio di Stato si presenta quindi come un richiamo forte all'importanza della definizione rigorosa del quadro sistematico e alla chiarezza dei concetti di base.

 

Note

[1] Tar Lazio, sez. II-quater, 11 aprile 2014, nn. 3992, 3993 e 3994, in giustizia-amministrativa.it.

[2] Cons. St., sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652, in in giustizia-amministrativa.it.

[3] Rispettivamente MIBAC, Direzione Generale Archeologia, 30 luglio 2015, n. 19 e MIBAC, Direzione Generale Belle arti e Paesaggio, 31 luglio 2015, n. 34.

[4] Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196, in Foro it., 2005, I, 327, in Riv. giur. urbanistica, 2005, 38, con nota di A. Calegari, Il condono edilizio tra legislazione statale e regionale: osservazioni a margine della sentenza della corte costituzionale 28 giugno 2004, n. 196, in Le Regioni, 2004, pag. 1355, con note di D. Sorace, S. Torricelli, Dal condono selvaggio al condono sostenibile?

[5] Il riferimento è a L. Benvenuti, La discrezionalità amministrativa, Padova, 1986; Id., Interpretazione e dogmatica nel diritto amministrativo, Milano, 2002, e in particolare il secondo saggio, La discrezionalità amministrativa e i suoi interpreti, ivi, spec. pag. 64 ss.

[6] Questo punto di vista è sostenuto in particolare da F. Volpe, Discrezionalità tecnica e presupposti dell'atto amministrativo, in Dir. amm., 2008, pag. 791; Id., Eccesso di potere giurisdizionale e limiti al sindacato della discrezionalità tecnica, in Giur. it., 2013, pag. 694. In termini simili P. Lazzara, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2002, che tuttavia ricostruisce il fondamento della riserva sulla sequenza di produzione degli effetti sostanziali e sulle situazioni giuridiche soggettive, riconoscendo l'esistenza di un interesse legittimo correlato a un potere di valutazione tecnica dell'amministrazione ogni volta che la legge lasci all'amministrazione stessa la responsabilità della produzione degli effetti sostanziali, stabilendo se i presupposti indeterminati previsti dalla fattispecie normativa siano stati integrati nel caso specifico.

[7] Lo sviluppo più compiuto di questa impostazione è offerto da F. Cintioli, Giudice amministrativo, tecnica e mercato. Poteri tecnici e "giurisdizionalizzazione", Milano, 2005; Id., Tecnica e processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, pag. 983. Una parziale adesione, nell'ambito di un'analisi dettagliata che tuttavia non assume una posizione definita sul problema di ordine sostanziale anche in A. Giusti, Contributo allo studio di un concetto ancora indeterminato: la discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, Napoli, 2007, spec. pag. 178 ss.

[8] F. Cintioli, Giudice amministrativo, cit., pag. 251 ss.

[9] Giudice al quale, non a caso, la ricostruzione di F. Cintioli, Giudice amministrativo, cit., pag. 257 ss.; Id., Tecnica e processo, cit., pag. 1017, attribuisce una funzione centrale nella definizione del sistema sulla base di una definizione di principi legati alla specificità del caso concreto, in modo non dissimile da quanto avviene negli ordinamenti di common law.

[10] Cons. St., sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5287, in Foro it., 2002, III, pag. 414, con nota di E. Giardino.

[11] Cons. St., sez. VI, 24 ottobre 2008, n. 5267, in Foro amm.-CdS, 2008, pag. 2802; Tar Liguria, sez. I, 11 dicembre 2007, n. 2053, in Foro amm.-Tar, 2007, pag. 3736, secondo cui l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo deve provvedere motivando l'autorizzazione "in modo tale che emerga l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria", lasciando così intendere sia che una comparazione di interessi può essere effettuata, sia che nello specifico può essere attribuita prevalenza (seppure sulla base di un rigoroso onere motivazionale) a un interesse diverso da quello primario; Tar Sicilia, sez. II, 4 maggio 2007, n. 1252, in Riv. giur. edilizia, 2007, I, pag. 1639, con nota di P. Lombardi, La realizzazione degli impianti di produzione di energia eolica tra ponderazione degli interessi e cooperazione istituzionale, secondo cui il nullaosta paesaggistico "deve operare una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, e non precludere radicalmente l'esercizio di una libertà costituzionalmente tutelata in ossequio alla tutela del solo valore paesaggistico senza operare un effettivo bilanciamento fra tali interessi antagonisti"; Tar Liguria, sez. I, 19 dicembre 2006, n. 1711, ivi, 2007, I, pag. 343; Tar Sicilia, sez. II, 4 febbraio 2005, n. 150, in Foro amm.-Tar, 2005, pag. 540 e in Urbanistica e appalti, 2005, pag. 931 con nota di P. Carpentieri, Paesaggio "contro" ambiente, che ha considerato illegittimo il diniego di nullaosta paesaggistico per la realizzazione di un impianto eolico di produzione di energia elettrica "fondato su una motivazione che tenga conto esclusivamente delle caratteristiche morfologiche del territorio considerato, senza tenere conto, ponendoli in comparazione con i valori paesaggistici, degli interessi antagonisti del soggetto richiedente, che non possono essere compressi senza una preventiva valutazione tecnico-discrezionale di tutti i valori (ambientali, economici e di salute) interessati"; Cons. St., sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 256, in Foro amm.-CdS, 2005, pag. 105; Cons. St., sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3010, in Cons. St., 2000, I, pag. 1331, che riconosce all'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica "l'esistenza di un potere di apprezzamento discrezionale in senso proprio, anche se commisto a valutazioni di carattere tecnico", e considera tale carattere del potere "conforme alla parziale relatività ed alla conseguente soggettività dei giudizi di valore riguardanti l'intensità in concreto rivestita dall'interesse pubblico primario e le connesse modalità di tutela richieste, nonché alla necessità di valutare anche gli interessi secondari coinvolti, al fine di ridurre al massimo il sacrificio del privato".

[12] Cons. St., sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5921, in Foro amm.-CdS, 2011, pag. 3457; Cons. St., sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4823, ivi, 2008, pag. 3443, con nota di R. Morzenti Pellegrini, Impugnabilità dei provvedimenti in materia urbanistico-ambientale tra onere di notifica, obbligo di motivazione e sindacabilità dell'esercizio di discrezionalità tecnica.

[13] Sul ruolo della conferenza di servizi come sede nella quale va cercata la corretta composizione tra i diversi interessi, in applicazione delle norme che disciplinano i rispettivi poteri delle amministrazioni interessate Tar Emilia-Romagna, sez. II, 21 settembre 2012, n. 570, in Ambiente, 2012, pag. 1037, con nota di M. Mazzoleni, Impianti a fonti rinnovabili: autorizzazione paesaggistica, Via e autorizzazione unica. Sui limiti della sindacabilità del parere di compatibilità paesaggistica espresso dalla soprintendenza in sede di conferenza di servizi Cons. St., sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5084, in Foro amm.-CdS, 2013, pag. 2851. Sugli effetti dell'annullamento dell'autorizzazione unica in conseguenza dell'illegittimità riscontrata nel parere reso dal ministero dei beni culturali (effetti che determinano la necessità di rinnovare il procedimento per tutto il tratto preso in considerazione dall'autorizzazione annullata e non del solo tratto sottoposto al vincolo) Cons. St., sez. VI, 20 dicembre 2013, n. 6161, in in giustizia-amministrativa.it.

[14] Tar Molise, 23 dicembre 2011, n. 992, in in giustizia-amministrativa.it; in termini simili Cons. St., sez. VI, 10 giugno 2013, n. 3205, ivi. Nel senso della inammissibilità di un provvedimento di revoca su un atto a efficacia istantanea sulla base di una diversa valutazione dell'identica situazione di fatto (e pur se nell'ambito di una fattispecie procedimentale diversa da quella disciplinata dal d.l. n. 239/2003) Tar Veneto, sez. I, 31 ottobre 2006, n. 3598, in Riv. giur. edilizia, 2007, I, pag. 371; in Rass. giur. energia elettrica, 2006, pag. 449, con nota di M. Oro Nobili.

 

 



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