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Rating e patrimonio culturale

Agenzie di rating e patrimonio culturale

di Lorenzo Castellani

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Le agenzie di rating e i giudici nel mondo. - 2.1. La decisione della Federal Court of Australia. - 2.2. L'azione dello U.S. Federal Justice Department. - 3. Le agenzie di rating e i giudici in Italia. - 3.1. L'istruttoria della Corte dei Conti. - 3.2. L'indagine penale della Procura della Repubblica di Trani. - 4. Il problema giuridico della valutazione del patrimonio culturale nel rating. - 5. Dalle Corti al Code of conduct della IOSCO. - 6. Conclusioni.

The Rating Agencies and the Cultural Heritage
The article deals with the relationship between the rating and the cultural heritage. Reference is made to the relation of the Procura della Corte dei Conti Lazio with which it raised the problem of the lack of consideration of cultural heritage in the judgments of the Italian public debt rating. The relationship between the rating agencies and the courts of law in several states are considered and it is showed the lack of coordination between the supranational and national legislation. Then, it is analyzed the problem of consideration and quantification of the cultural heritage and the criticalities of the same supranational legislation. It is settled the amending the IOSCO Code of Conduct, the choice of common parameters for the quantification of the cultural heritage and the introduction of internal rules for the inclusion of it in the rating calculation.

Keywords: Rating - IOSCO- Cultural heritage; Public Finance.

1. Introduzione

La relazione introduttiva del Procuratore della Corte dei Conti del Lazio 2012 [1] ha, per la prima volta, sollevato il problema del rapporto tra rating e patrimonio culturale. La relazione sottolinea, infatti, come nell'elaborazione del giudizio relativo all'affidabilità del debito pubblico italiano le agenzie di rating abbiano omesso di considerare il valore del patrimonio culturale con ripercussioni gravi per la finanza pubblica italiana dovute al declassamento del rating stesso negli anni 2011-2012. La Procura della Corte dei Conti del Lazio ha aperto un'istruttoria nei confronti delle principali agenzie di rating e dei loro dirigenti italiani prospettando l'ipotesi di un risarcimento per danni al bilancio dello Stato italiano stimato, secondo quanto si apprende da fonti giornalistiche, in 234 miliardi di euro [2]. Si è così introdotto un aspetto spesso trascurato dalle corti, dalle trattazioni giuridiche e dal legislatore relativamente alla quantificazione del patrimonio culturale e alla necessità di ancorare il giudizio di rating a parametri normativi stabiliti dal diritto interno oggi assenti. L'iniziativa della Procura della Corte dei Conti del Lazio apre tre filoni di riflessioni che vengono sviluppati nella trattazione: il principale si concentra sul rapporto tra rating e patrimonio culturale, mentre il secondo e il terzo attengono alla relazione tra le corti di diritto interno di diversi Stati sovrani e le agenzie di rating e alle criticità della regolazione internazionale in sede IOSCO.

Negli ultimi anni si è molto discusso delle Agenzie del Rating e dell'influenza che queste hanno acquisito nell'esprimere valutazioni sui debiti sovrani degli Stati e nel giudicare la situazione debitoria delle società di capitali che operano nel mercato dei titoli tanto che le stesse sono state spesso indicate tra i principali "colpevoli" della crisi finanziaria globale esplosa nel 2008 e tuttora ancora in corso [3]. In termini giuridici, l'attività di tali imprese si sarebbe dovuta conformare a una disciplina di origine sovranazionale: la rete transnazionale IOSCO, infatti, ha redatto, nel 2004, un codice di condotta per le agenzie, sottoposto a revisione con il primo manifestarsi della crisi dei mutui subprime nel 2008. Prima di affrontare il rapporto tra le corti giudiziarie e il rating sono qui necessarie alcune premesse riguardanti il funzionamento delle agenzie e l'influenza crescente da queste rivestita nella comunità finanziaria e i principali problemi da queste posti.

Le agenzie sono imprese private che forniscono pareri indipendenti (il rating) rispetto l'affidabilità finanziaria di un emittente in un dato momento [4]. In particolare, si tratta di una stima sulla probabilità di insolvenza di emittenti di titoli obbligazionari, di qualunque genere: industrie o banche, ma anche enti pubblici o Stati.

Negli ultimi anni, una parte sempre più preponderante delle agenzie di rating è stata costituita dalla valutazione degli strumenti finanziari strutturati. Il rating viene espresso attraverso un voto in lettere: scendendo nella scala adottata, che varia tra le diverse agenzie, aumenta il rischio d'insolvenza. Il numero delle agenzie è limitato: le principali e maggiormente conosciute sono tre, Standard & Poor's, Moody's e Fitch, la cui quota di mercato nel tempo si è conservata in modo piuttosto stabile. Per quanto riguarda la funzione delle Agenzie quella principale è di fornire informazione agli investitori. Informazioni che, nella cornice di un mercato finanziario che negli ultimi decenni è stato sempre più complesso e sofisticato, hanno assunto un'importanza fondamentale [5]. Tuttavia, il giudizio di cui è portatore il rating non costituisce, come riconosciuto dalla IOSCO, una raccomandazione d'investimento [6].

Per quanto concerne, invece, le problematiche connesse alla complessa attività delle agenzie di rating i nodi critici sono conosciuti e dibattuti ormai da molto tempo. I rating vengono remunerati dagli stessi emittenti che sono oggetto di esame con un modello issuer payers contrariamente a quanto avveniva precedentemente con un sistema investor payers: si determinano così rischi consistenti sulla obiettività della valutazione [7]. Un secondo problema deriva dal fatto che l'elaborazione dei rating non costituisce la sola attività delle agenzie [8]. Infatti, vengono da queste prestati anche servizi ausiliari, con la conseguenza che le stesse possono indicare ad una emittente come strutturare, ad esempio, un derivato finanziario per ottenere un rating migliore, e, successivamente provvedere a valutare quella situazione patrimoniale.

Come è facile comprendere le attività delle agenzie producono conflitti d'interesse, che sono poi aggravati dal rinvio ai rating a fini regolamentari alimentando una richiesta di valutazioni elevate da parte dei committenti del giudizio [9]. Queste criticità sono state sollevate dalle corti di diversi Stati che hanno posto in rilievo problemi ulteriori come la brevità dall'arco temporale in cui avviene la valutazione e l'irrilevanza di alcuni indicatori di potenzialità economica nei giudizi relativi al debito pubblico degli Stati sovrani di cui sarebbe opportuno tener conto.

2. Le agenzie di rating e i giudici nel mondo

Negli ultimi due anni, per la prima volta, le principali agenzie di rating sono state coinvolte in procedimenti giurisdizionali civili e penali di fronte alle corti nazionali. Tre sono stati i Paesi che hanno aperto procedimenti nei confronti delle Agenzie di rating: Australia, Stati Uniti d'America, Italia.

2.1. La decisione della Federal Court of Australia

Nel novembre 2012 la Federal Court of Australia ha condannato in sede civile la società di rating Standard&Poor's a risarcire 24 milioni di euro a dodici governi locali, che, facendo affidamento su rating poi considerati inesatti, hanno investito su prodotti finanziari strutturati che hanno successivamente perso gran parte del loro valore [10]. Standard&Poor's non avrebbe valutato accuratamente il valore della volatilità delle obbligazioni (tipologia CPDO, Constant Proportion Debt Obligation) derivate sottoscritte dai governi locali australiani. La negligenza della società di rating è stata fatta risiedere nell'eccessiva fiducia verso la società incaricata di collocare sul mercato il prodotto finanziario senza predisporre un adeguato modello d'indagine che valutasse l'alta volatilità del valore delle obbligazioni. Nel 2006 lo strumento finanziario in questione venne valutato con un rating AAA, nonostante i numerosi fattori di rischio d'investimento ad esso relativi. Solo nel febbraio 2008, dopo due anni dalla sottoscrizione, le CPDO furono declassate a BBB+, ma allora avevano già perso oltre il 40% del proprio valore con gravi ripercussioni sulla finanza pubblica degli enti locali australiani. La perdita stimata dalla Federal Court è stata di 16 milioni di dollari australiani. Tanto Standard&Poor's quanto la società venditrice sono state condannate civilmente al risarcimento del danno verso il Servizio Finanziario degli enti locali australiani.

2.2. L'azione dello U.S. Federal Justice Department

Negli Stati Uniti d'America nel febbraio 2013 lo U.S. Federal Justice Department ha avviato, per la prima volta nella storia della finanza americana, una causa civile nei confronti della società di rating Standard & Poor's, richiedendo un risarcimento di 5 miliardi di dollari. L'accusa è quella di aver gonfiato le valutazioni e sottostimato i rischi relativi alla sicurezza dei mutui nel periodo 2004-2007 frodando le istituzioni americane coinvolte a livello finanziario. Il governo statunitense imputa la frode all'agenzia per aver falsamente sostenuto l'obiettività dei propri rating. La causa solleva, inoltre, un problema di rilevanza costituzionale: si era infatti sempre considerato il rating come protetto dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, quello relativo alla libertà di espressione (free speech), così da evitare eventuali responsabilità per l'espressione di valutazioni a carattere economico finanziario. Tuttavia, in questo caso, la procedura aperta dallo US Department of Justice indica come riferimento legislativo una regolamento (statue) relativi alle frodi finanziarie (FIRREA) [11] che fonda la responsabilità giuridica derivante dalla violazione delle disposizioni proprio a seguito dell'espressione di valutazioni a carattere economico-finanziario. Questo regolamento copre la frode che affligge le istituzioni finanziarie assicurate dal governo federale e per queste s'intendono non solo le istituzioni pubbliche ma anche branche o agenzie di banche straniere, le banche i cui depositi si trovano presso Federal Deposit Insurance Corporation e i cui conti siano assicurati dal National Credit Union Share Insurance Fund.

3. Le agenzie di rating e i giudici in Italia

Per quanto riguarda i casi giudiziari italiani che coinvolgono le Agenzie di rating è opportuno distinguere tra l'inchiesta della Corte dei Conti relativa alla valutazione delle società di rating rispetto al debito pubblico italiano e l'inchiesta penale per aggiotaggio iniziata dalla Procura di Trani.

3.1. L'istruttoria della Corte dei Conti

La relazione introduttiva dell'anno 2012 [12] tenuta del Procuratore della Corte dei Conti del Lazio Raffaele De Dominicis ha evidenziato l'apertura di un filone istruttoria da parte della Corte nei confronti delle Agenzie di Rating. La relazione enuncia le motivazioni dell'indagine: "Sul filo delle preoccupazioni per la tenuta dell'euro, (...) questa Procura regionale ha iniziato una serie di indagini istruttorie in consonanza con le inchieste giudiziarie portate avanti dalla magistratura penale ordinaria, interessata a fenomeni di aggiotaggio internazionale e ad ipotesi di illeciti commessi in pregiudizio del corretto esercizio della funzione pubblica dello Stato e degli organi costituzionali che lo compongono. In vista di ciò sono state iniziate audizioni informali delle rappresentanze italiane delle agenzie di rating, Moody's, Standard & Poor's e Fitch, agenzie americane che hanno declassato, sul piano economico la solvibilità dello Stato italiano in campo internazionale" [13].

La relazione si concentra poi sugli effetti dei giudizi di rating sostenendo che questi "ove non formati correttamente, a fini di equità e sulla scorta di atti pubblici ufficiali, possono costituire fonte di discredito, alimentare la confusione ed influenzare negativamente i protagonisti della finanza pubblica, a tutti i livelli, quindi anche a livello europeo. Il che, com'è risaputo, ha prodotto da noi una riduzione della spesa pubblica, un inasprimento della leva tributaria ed una rincorsa alle privatizzazioni del patrimonio pubblico degli italiani, con gravissimi effetti recessivi e con il pericolo di revival dei ben noti intrecci affaristico-malavitosi" [14].

Il Procuratore regionale del Lazio è tornato sull'argomento del rating nella relazione introduttiva all'anno giudiziario 2014 [15] sottolineando come il Procuratore Generale della Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato del 2012 abbia condiviso le stesse preoccupazioni e perplessità per i giudizi espressi dalle società di rating rispetto al declassamento del debito pubblico italiano e gli effetti sulla finanza pubblica da questo derivanti.

Nell'ultima parte della relazione, inoltre, il Procuratore Regionale del Lazio espone il protocollo di collaborazione del 2013 tra la Corte dei Conti del Lazio e la Procura della Repubblica di Trani relativamente al problema delle Agenzie di rating. Entrambe, infatti, hanno aperto due filoni d'indagine paralleli: uno amministrativo curato dalla Procura della Corte dei Conti del Lazio e l'altro penale curato dalla Procure della Repubblica di Trani. L'oggetto dell'indagine riguarda il "declassamento del debito sovrano italiano e le violazioni dei contratti di servizio oltre che delle disposizioni del regolamento UE in materia" [16].

Mentre la Procura di Trani contesta il reato di aggiotaggio per la manipolazione del mercato [17], la Procura della Corte dei Conti laziale agisce "per presunta responsabilità erariale a causa degli effetti consequenziali discendenti dai giudizi di rating reputati ingiusti, errati, ed, altresì, inattendibili" [18]. Secondo quanto rivelato ai media dalle Agenzie di rating coinvolte nelle indagini, l'istruttoria della Procura della Corte dei Conti avrebbe ipotizzato un danno erariale dell'ordine di 234 miliardi di euro per le errate valutazioni di tali società rispetto alla finanza pubblica italiana [19].

3.2. L'indagine penale della Procura della Repubblica di Trani

Il 12 gennaio 2012 la Procura di Trani ha concluso l'indagine sulle tre principali Agenzie di Rating internazionali (Moody's, Fitch, Standard&Poor) e ha disposto il rinvio a giudizio per i manager di due delle tre società. Secondo l'ipotesi accusatoria, hanno violato le regole rivelando a più riprese l'imminente declassamento del rating dell'Italia e, con questi annunci, hanno abusato di informazioni privilegiate. Le ipotesi di reato contestate sono la manipolazione del mercato azionario e delle merci con giudizi falsati, con l'aggravante per Fitch di avere un rapporto contrattuale con lo Stato italiano. Nei prossimi mesi il Gup di Trani si pronuncerà sulle richieste di rinvio a giudizio presentate dal pm per i manager e gli analisti accusati di manipolazione del mercato aggravata dalla "rilevante offensività", perché il reato è commesso ai danni dello Stato sovrano italiano, e dalla rilevantissima gravità del danno patrimoniale provocato. Come si ricorderà la procura tranese ha contestato ai nove manager indagati di aver diffuso, tra maggio 2011 e gennaio 2012, quattro report contenenti informazioni tendenziose e distorte sull'affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e di rilancio economico adottate dal governo. L'ultimo report sotto accusa è quello con cui S&P, il 13 gennaio 2012, decretò il declassamento del rating dell'Italia da A a BBB+. Per Fitch, i tre imputati sono accusati di aver rilanciato, dal 10 al 18 gennaio 2012, "indebiti annunci preventivi di imminente declassamento" dell'Italia, mai decretato ufficialmente dell'agenzia Fitch fino al 27 gennaio 2012, creando una potenziale alterazione del prezzo dei prodotti finanziari.

4. Il problema giuridico della valutazione del patrimonio culturale nel rating

Secondo quanto indicato dalla Procura della Corte dei Conti del Lazio nell'istruttoria a carico delle Agenzie di rating del 2012 tra i motivi di errore nella valutazione, e nel declassamento, del debito pubblico italiano vi sarebbe la mancata considerazione, tra gli indicatori economici ai fini del rating, dell'alto valore del patrimonio artistico-culturale italiano. Un enorme patrimonio, quello dello stato italiano, che non sarebbe stato "messo a bilancio" nel giudizio di rating appesantendo eccessivamente il già pesante passivo della finanza pubblica italiana negli anni 2011-2012.

Il Codice di condotta elaborato dallo IOSCO [20] fissa gli standard internazionali a cui le agenzie di rating sono tenute ad uniformarsi nell'elaborazione del proprio giudizio. Quelle del Code of Conduct sono prescrizioni generali articolate in quattro paragrafi: la qualità e l'integrità del processo di rating, l'indipendenza delle agenzie e la prevenzione dei conflitti d'interesse, la responsabilità delle agenzie di rating verso gli investitori pubblici e privati, la disclosure del codice di condotta e le comunicazioni agli attori del mercato. Contestualizzando, il danno erariale identificato dall'istruttoria della Procura della Corte dei Conti del Lazio è possibile rintracciare nel Code of Conduct le disposizioni a fondamento di questo genere d'indagine. In questo senso, il paragrafo 1.1 del Codice dispone chiaramente che "The CRA should adopt, implement and enforce written procedures to ensure that the opinions it disseminates are based on a thorough analysis of all information known to the CRA that is relevant to its analysis according to the CRA's published rating methodology" [21].

Come si nota le agenzie di rating sono tenute ad adottare, implementare e rafforzare le procedure scritte che assicurano la conoscenza e l'assunzione di tutte le informazioni disponibili nell'analisi che conduce alla formazione del giudizio di rating. In questo paragrafo, dunque, può iscriversi il fondamento giuridico del danno erariale ipotizzato dalla Corte dei Conti verso alcune agenzie di rating: la mancata assunzione e conoscenza di tutte le informazioni relative all'oggetto della valutazione.

Le agenzie, secondo quanto si apprende dai comunicati stampa da queste emessi e dalle relazioni della Procura della Corte dei Conti del Lazio, avrebbero trascurato il valore economico del patrimonio artistico-culturale italiano e le potenzialità di questo in termini di finanza pubblica. Il paragrafo 1.1 può essere letto in coerenza con quanto stabilito dal paragrafo seguente (1.2) che enuncia un principio di validazione empirica del giudizio di rating "The CRA should use rating methodologies that are rigorous, systematic, and, where possible, result in ratings that can be subjected to some form of objective validation based on historical experience" [22]. Le agenzie di rating sono tenute, secondo l'articolo, ad utilizzare metodologie sistematiche e rigorose che possono essere assoggettate a qualche forma di validazione oggettiva basata sull'esperienza storica.

Come in precedenza riportato, vi sono state posizioni critiche in dottrina verso l'utilizzo di serie storiche troppo brevi nella valutazione e scarsa verificabilità empirica delle metodologie utilizzate dalle agenzie di rating [23].

Così il codice IOSCO esplicita un diretto riferimento non solo alla completezza d'informazione espressa nel paragrafo 1.1 ma anche alla metodologie e alle conseguenti corroborazioni empiriche nella formazione del giudizio. A queste due disposizioni centrate sull'elaborazione del rating e rientranti nel capitolo sull'integrità e la qualità del rating si accompagnano tutte le altre parti del Code of Conduct che riguardano l'indipendenza delle agenzie e la prevenzione dei conflitti d'interesse, la responsabilità delle agenzie di rating e dei propri dipendenti verso gli investitori pubblici e privati, la disclosure del codice di condotta e le comunicazioni agli attori del mercato.

Si potrebbe qui auspicare, vista la generalità delle norme espresse dal testo fornito dalla IOSCO, ad una precisa scelta di politica legislativa che inserisca nel Code of Conduct dei parametri precisi, come considerare il patrimonio artistico-culturale nelle valutazioni sul debito sovrano, a cui le Agenzie di Rating siano tenute a far riferimento nell'elaborazione del giudizio.

Tuttavia, le disposizioni del Codice oggi esplicano pienamente i loro effetti giuridici negli Stati membri dell'Unione Europea dato che queste sono state introdotte negli ordinamenti interni a seguito del regolamento CE n. 1060/2009 [24]. Con l'introduzione all'interno degli ordinamenti nazionali di sistemi di registrazione delle agenzie, la disciplina di origine sovranazionale diviene cogente, sottoposta alle giurisdizioni nazionali e può essere rafforzata da un sistema di enforcement affidato alla legislazione dei vari Stati membri. E', pertanto, possibile implementare la legislazione del Codice IOSCO con strumenti di diritto interno, agendo sulla specificità delle disposizioni e garantendo un maggiore controllo sull'operato delle agenzie. In questo contesto, per via legislativa interna, sarebbe possibile inserire una serie di norme che stabiliscano ulteriormente i parametri a cui devono attenersi le agenzie di rating quando emettono valutazioni inerenti alla finanza pubblica degli Stati, così da colmare la vaghezza e l'estrema generalità della normativa transnazionale.

Tuttavia, i rilievi posti in essere dalla procura della Corte dei Conti del Lazio in merito alla valutazione del patrimonio culturale italiano aprono uno spazio di riflessione sul concetto stesso di rating. Laddove tale patrimonio non rientri nel bilancio dello Stato, e quindi non sia da considerarsi nella contingenza come patrimonio realizzabile, è opportuno interrogarsi se le potenzialità esprimibili da uno Stato sovrano possano essere sintetizzate da un algoritmo matematico come quelli utilizzati per l'elaborazione del rating.

Considerate le possibilità, come nel caso italiano, legate allo sfruttamento di un patrimonio economico potenzialmente enorme come quello culturale italiano vi è da chiedersi se sia davvero ineludibile il legame tra il giudizio che le Agenzie emettono per quel dato momento sull'affidabilità del debito pubblico dello Stato e le ripercussioni che tali valutazioni hanno in termini di finanza pubblica. Pur senza valutare opzioni di policy estreme di costrizione dei meccanismi di funzionamento del mercato finanziario come il divieto del rating sulla finanza pubblica, si potrebbe certo considerare la possibilità d'introdurre norme che incentivino valutazioni di lungo periodo da parte delle Agenzie.

Questo perché esistono elementi di potenzialità economica inespressi, come il patrimonio artistico-culturale, che necessitano di scelte politiche i cui effetti in termini di finanza pubblica sarebbero tangibili solo dopo qualche anno. Una modifica del Codice IOSCO e contestualmente un enforcement tramite le legislazioni nazionali in tal senso potrebbe affievolire due problematiche che comportano notevoli distorsioni nel processo di rating: lo short-term, ovvero una valutazione legata solamente allo status finanziario del momento, e l'irrilevanza nella valutazione di fattori economici potenziali, tangibili, ma ancora inespressi. Una soluzione di questo genere allevierebbe, probabilmente, situazioni gravi come i declassamenti di rating sul debito pubblico sovrano che hanno determinato ripercussioni tanto sul sistema politico quanto, soprattutto, sul sistema economico di quei Paesi, come l'Italia, che pur avendo un'elevata ricchezza patrimoniale pubblica e privata, si sono visti costretti a manovre di finanza pubblica eccezionali ed estremamente gravose per la collettività.

5. Dalle Corti al Code of conduct della IOSCO

Come si è visto la regolazione delle Agenzie di rating pone numerose problematicità legate alle modalità di finanziamento delle stesse, al rapporto tra la regolazione internazionale e le corti interne, all'influenza dei rating sulla finanza pubblica. E' qui necessario, per completare una trattazione che focalizzi adeguatamente tali criticità, concentrarsi sulla regolazione internazionale posta dal Code of Conduct per poi passare a considerazioni generali. Il primo, e probabilmente il maggiore, dei problemi posti dall'attività di rating è quello inerente alla regolazione dei conflitti d'interesse.

Negli anni il tema è stato oggetto di riflessione tanto della scienza economica quanto di quella giuridica. Ad inizio secolo è prevalso l'orientamento contrario all'introduzione di una regolazione delle società di rating. La principale argomentazione degli studiosi era quella per cui "reputation can be a substitute for regulation" [25]: l'incentivo a mantenere il proprio "buon nome", e quindi preservare i propri investitori, avrebbe indotto le Agenzie a mantenere una valutazione indipendente.

Un'altra teoria sosteneva che il controllo da parte dei regolatori pubblici avrebbe determinato il venire meno dell'indipendenza delle Agenzie (accountability paradox) [26]. Lo scandalo Enron [27], nei primi anni 2000, aveva posto le condizioni per lo sviluppo del dibattito sulla regolazione internazionale.

Nel 2006, il Credit Rating Reform Act, ha introdotto un sistema di registrazione delle agenzie, si propone di evitare i conflitti d'interesse favorendo la concorrenza tra società di rating e introducendo specifici obblighi di trasparenza [28].

Nella stessa cornice del dibattito a seguito degli scandali finanziari si pongono le iniziative avanzate dalla IOSCO. A seguito di un dettagliato rapporto del 2003 sulle attività delle agenzie, la rete transnazionale ha pubblicato dei principi generali in materia centrati su principi che ancora oggi fungono da perno nella regolazione dell'attività di rating: qualità ed integrità del procedimento, indipendenza e trasparenza [29]. Nel 2004 viene redatto il primo Codice di Condotta, che si compone di oltre 50 disposizioni che mirano a specificare dettagliatamente i principi sovra menzionati.

Il Codice stabilisce che le società di rating non debbano intraprendere alcuna azione i cui effetti possano ripercuotersi su di un emittente o di un investitore e che non debbano essere influenzate dai rapporti economici sussistenti con tali soggetti. Disposizione centrale è quella che stabilisce a carico delle Agenzie la predisposizione di procedure interne finalizzate ad identificare i rischi di conflitto d'interesse [30]. Per garantire non solo l'indipendenza, ma anche la qualità del rating, il Codice prevede poi che le agenzie devono pubblicare il metodo in base al quale esprimono valutazioni sull'emittente, che debbano conservare la documentazione utilizzata per un ragionevole periodo temporale e che debbano sempre motivare le proprie valutazioni, indicando le informazioni su cui esse si basano [31].

Il Codice riserva, inoltre, una particolare attenzione al personale delle Agenzie di rating che deve essere dotato di certe competenze tecniche, deve possedere requisiti d'integrità e deve essere strutturato in modo tale da evitare i conflitti d'interesse [32]. Per prevenire conflitti d'interesse tra l'attività valutativa delle agenzie e quella di consulenza il Codice del 2004 non introduce un divieto, ma un obbligo di separazione operativa e legale tra i due tipi di attività. Anche qui si prevede che le Agenzie di rating debbano porre in essere le procedure necessarie per evitare l'insorgenza di conflitti d'interesse [33].

Nella sua prima formulazione, dunque, il Code of Conduct si presenta composto da misure estremamente generali e flessibili. L'impostazione della IOSCO verte intorno a due principi guida nella stesura del codice: da un lato spingere le Agenzie a porre in essere procedure interne preventive rispetto ai conflitti d'interesse, dall'altro imporre degli obblighi procedurali e di trasparenza. E' un modello che riprende la stessa filosofia compilativa presente nello statunitense CRACA e che è stata oggetto di osservazioni critiche: con questa formulazione il Codex non riusciva a temperare la tendenza ad elevare le valutazioni e ad evitare il downgrading da parte delle Agenzie, un trend probabilmente alimentato anche dal modello issue payers attraverso cui le società di rating svolgono le proprie attività e da cui dipende il proprio rendimento economico.

Con l'inizio della crisi economica ancora in corso nel 2007 si è avuta una prima forte battuta d'arresto riguardo l'affidabilità delle agenzie di rating che avevano attribuito alte valutazioni tanto ai derivati finanziari poi considerati titoli-spazzatura quanto ad istituti di credito, come Lehman Borthers, e agenzie, come Fannie e Freddie Mac, poi fallite pochi mesi dopo.

Le ragioni da attribuire a questi errori valutativi sono molteplici e complesse.

Da un lato si può osservare che l'incentivo al mantenimento della reputazione, valido per una data agenzia nel suo insieme, può non esserlo per un singolo analista, o una squadra di essi, che potrebbe lavorare sul referto affidatogli considerando diversi tipi d'incentivi o motivazioni. Questo incentivo all'innalzamento dei rating appare particolarmente evidente nel caso dei derivati finanziari: quando titoli diffusi appartengono ad un ampio numero di risparmiatori, ma sono stati emessi da banche d'investimento da cui deriva oltre la metà del fatturato delle Agenzie, le motivazioni per falsificare l'affidabilità del titolo divengono molto maggiori. Inoltre, come rilevato anche dalle varie corti di diritto interno, i rating emessi sui prodotti finanziari sono stati considerati inadeguati a causa dei metodi di valutazione utilizzati dalle agenzie poiché si servivano di strumenti statistici basati su serie storiche troppo brevi e non abbastanza rappresentative [34].

A seguito di questa situazione d'incertezza e dannosità nei confronti del sistema finanziario globale, la IOSCO ha avviato un'immediata ristrutturazione del Codice dopo lo scoppio della crisi dei mutui subprime, revisione che è stata immediatamente approvata dall'FSB.

Le innovazioni di maggior rilievo si sono concentrate sui rating relativi ai prodotti di finanza strutturata dove gli strumenti utilizzati dalle agenzie si sono dimostrati maggiormente deficitari. Le nuove misure comprendono l'apposizione di un simbolo aggiuntivi per i rating relativi a tale tipologia di prodotti, così da distinguerli rispetto ai rating tradizionali, con un obbligo di disclosure quando l'agenzia riceve oltre il 10% del proprio fatturato dall'emittente del titolo sottoposto a valutazione. Viene altresì previsto che qualora un determinato prodotto finanziario sia troppo complesso o i dati siano del tutto insufficienti, le agenzie devono evitare di emettere il rating [35].

Non viene introdotto il divieto di prestare consulenze finanziarie tuttavia è stato predisposto un meccanismo volto ad evitare conflitti d'interesse: è fatto divieto di prestare consulenza sulla costruzione di un prodotto finanziario che sarà successivamente oggetto di rating da parte di quella agenzia [36].

In ogni caso, l'impostazione di fondo del codice non è stata modificata, ma continua a fondarsi su obblighi di disclosure e trasparenza, mentre si è proceduto all'integrazione per gli aspetti maggiormente critici come i derivati finanziari.

Dall'altro lato il modello di applicazione del codice è cambiato radicalmente con la modifica del 2008. Prima della seconda edizione, infatti, l'adesione al Codice di Condotta IOSCO era del tutto volontaria per le agenzie. In seguito, invece, le previsioni del codice vengono specificate, come già visto precedentemente, sia nello statunitense Dodd-Frank Act [37] che nel regolamento CE n. 1060/2009. Così la legislazione predisposta a livello sovranazionale dalla IOSCO viene trasposta all'interno degli ordinamenti nazionali, diviene cogente ed è assistita da procedure di enforcement affidate alle autorità nazionali [38]. Il codice della IOSCO costituisce uno standard minimo cui le norme nazionali tendono ad uniformarsi, nello specificare le linee guida possono poi emergere differenze nazionali.

Da questo punto di vista è interessante notare, anche in riferimento alle decisioni delle corti, le differenze tra la legislazione europea e quella statunitense. Il regolamento comunitario, impone alle agenzie di astenersi dall'emettere un rating in assenza d'informazioni affidabili o nel caso in cui sia eccessiva la complessità intrinseca dello strumento finanziario, ma non prevede un'apposita sanzione a riguardo.

Il Dodd-Frank Act prevede, invece, che la revoca o la sospensione della registrazione possono essere comminate laddove le agenzie non abbiano le risorse necessarie per rilasciare i rating con integrità, e che, ai fini di tale valutazione, le autorità di vigilanza debbano tener conto dell'accuratezza dei rating prodotti delle agenzie per un certo periodo di tempo. Stabilendo la possibilità di comminare la sanzione alla performance delle agenzie, la riforma statunitense della vigilanza stabilisce applicazione normativa ad un orientamento, da tempo diffuso in dottrina, favorevole a ricollegare la sospensione delle agenzie ad un default rate delle stesse [39]. Nel caso delle agenzie di rating, dunque, l'efficacia della regolazione, e le conseguenti decisioni delle corti, sembrano dipendere in gran parte proprio dalle scelte delle autorità nazionali.

6. Conclusioni

L'intervento della Corte dei Conti italiana sul rating ha dunque sollevato sia una serie di problemi legati alla regolazione internazionale delle attività delle agenzie sia evidenziato la centralità della valutazione del patrimonio culturale nella valutazione relativa all'affidabilità della finanza pubblica degli Stati sovrani.

Il primo elemento da sottolineare è che la Procura della Corte dei Conti del Lazio ha sollevato il problema di tale patrimonio, ma senza fornire elementi ulteriori. La quantificazione in 234 miliardi di euro di risarcimento per la mancata considerazione di tale patrimonio nel giudizio di rating viene appresa, infatti, dagli uffici stampa delle Agenzie stesse mentre non compare alcun calcolo in termini monetari nella relazione del Procuratore della Corte dei Conti del Lazio né indicazioni metodologiche nella considerazione economica dello stesso.

Nell'ultimo rapporto disponibile, risalente al 2012, elaborato dalla Ragioneria generale dello Stato e denominato "Il Patrimonio dello Stato" [40] i beni immobili e mobili italiani di valore culturale sono quantificati in 179 miliardi di euro. All'interno di questa cifra, 158,7 miliardi corrispondono al valore degli "oggetti d'arte". A cui si aggiungono 20,3 miliardi relativi agli immobili. Alle stime ufficiali dello Stato italiano se ne aggiungono altre eseguite da società di consulenza internazionali che indicano valori totali sostanzialmente differenti derivanti dall'applicazione di metodi di calcolo differenti.

Va sottolineata dunque la mancanza di criteri uniformi da applicarsi alla valutazione del patrimonio culturale italiano per soggetti pubblici e privati così da armonizzare e avvalorare le stime prodotte. Così, ad esempio, argomentava l'ISTAT nel 2008 individuando nei principi contabili e criteri di calcolo internazionali come l'IPSAS 31 e lo IAS 38 il benchmark per valutare il patrimonio culturale [41].

Come suggerito, considerato che l'implementazione della regolazione delle agenzie a livello internazionale ed europeo, è lasciata agli stati nazionali un'idea potrebbe essere quella d'inserire una disposizione legislativa che stabilisca tanto di considerare obbligatoriamente il patrimonio artistico - culturale nel rating quanto di applicare criteri universalmente riconosciuti nelle stime di tale patrimonio.

Da un lato, dunque, è auspicabile una riforma del Codice IOSCO a livello di regolazione internazionale soprattutto per quanto attiene ai conflitti d'interesse nel rating e ai modelli di valutazione applicati dalle agenzie, dall'altro un intervento del legislatore che inserisca nella regolazione del rating l'obbligatorietà di considerare un elemento economico fondamentale nella finanza pubblica come il valore del patrimonio artistico - culturale stabilendo criteri uniformi per la stima dello stesso.

Bibliografia

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E. Cavalieri, Le Agenzie di rating e i giudici, in Notizie, Riv. trim. dir. pubbl., Giuffrè Editore, 2013, 2.

 

Note

[1] Procura Regionale della Corte dei Conti per il Lazio, Adunanza per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012.

[2] Si vedano qui le notizie sul tema riportate dai principali organi di stampa italiani: La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Sole 24 Ore.

[3] Si veda IOSCO, Code of Conduct Fundamentals for Credit Rating Agencies, maggio 2008.

[4] Secondo la definizione della IOSCO, il rating è una "opinion regarding the crediworthiness of an entity, a credit commitement, a debt or a debt-like security or an issuer of such obligations, expressed using an established and defined ranking system", IOSCO, Code of Conduct, 2008, pag. 3.

[5] Si veda: Bond rating agencies and the new global finance, pag. 281.

[6] Si veda IOSCO, Code of Conduct, 2008, pag. 3.

[7] Le critiche a questo modello sono frequenti: T.J. Sinclair, Private Makers of Public Policy: Bond Rating Agencies and the New Global Finance, in Common Goods: reinventing european and international governance, Cornell University Press, 2005, pag. 286; R. Cantor e F. Packer, The Credit Rating Industry, in Federal Reserve Bank of New York Quarterly Review, 1994, pag. 4.

[8] Come evidenzia M. De Bellis, Le regole, La regolazione dei mercati finanziari, Giuffrè Editore, 2012.

[9] Si veda ad esempio H.E. Jackson, The Role of Credit Rating Agencies in the Establishment of Capital Standards for Financial Institutions in a Global Economy, 2000, disponibile all'indirizzo http://ssrn.com/abstract=250166, pag. 1 ss.

[10] La sentenza è disponibile presso l'indirizzo www.judgments.fedcourt.gov.au/judgments/judgments/fca/single/2012/2012fca1200.

[11 Il testo del FIRREA è disponibile a questo indirizzo: https://www.fdic.gov/regulations/laws/rules/8000-3100.html.

[12] Le relazioni introduttive del Procuratore della Corte dei Conti del Lazio sono disponibili all'indirizzo http://www.corteconti.it/sezioni_regionali/lazio/procura/tutte_relazioni.

[13] Procura Regionale della Corte dei Conti per il Lazio, Adunanza per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012.

[14] Ibidem.

[15] Procura Regionale della Corte dei Conti per il Lazio, Adunanza per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014.

[16] Ibidem.

[17] L'articolo in questione è il 185 TUF (d.lg. 24 febbraio 1998, n. 58): Manipolazione del mercato "1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni. 2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo".

[18] Ibidem nota 14.

[19] Queste le notizie, cifra compresa, fornite dai comunicati stampa delle Agenzie di Rating coinvolte nell'istruttoria della Procura della Corte dei Conti del Lazio. Per maggiore completezza si veda la nota 2.

[20] Si veda IOSCO, Code of Conduct, maggio 2008.

[21] Trad. it. "L'Agenzia di Rating sul Credito dovrebbe adottare, applicare e far rispettare le procedure scritte per garantire che i pareri diffusi si basano su un'analisi approfondita di tutte le informazioni note all'Agenzia di Rating sul Credito che è rilevante per la sua analisi secondo la metodologia di rating pubblicato dall'Agenzia di Rating sul Credito." IOSCO, Code of Conduct Fundamentals for Credit Rating Agencies, 2008, pag. 3.

[22] Trad. it. "L'Agenzia di Rating sul Credito deve utilizzare metodologie di rating rigorose, sistematiche, e, se possibile, portare a valutazioni che possono essere sottoposte a qualche forma di validazione oggettiva sulla base dell'esperienza storica." IOSCO, Code of Conduct, 2008, pag. 3.

[23] Si veda sul punto T.J. Sinclair, Private Makers of Public Policy, cit.; R. Cantor e F. Packer, The Credit Rating Industry, cit.

[24] Regolamento (CE) 1060/2009 del 16 settembre 2009, relativo alle agenzie di rating del credito, in GUCE l. 302 17 novembre 2009, pag. 1 ss., successivamente modificato dal Regolamento (UE) n. 513/2011.

[25] Per tale orientamento si veda S.L. Schwarz, Private Ordering of Public Markets: the Rating Agencies Paradox, in University of Illinois Law Review, 2002, n. 1. Questa impostazione è condivisa anche dai regolatori come si può notare ad esempio nel Technical Commitee's Report on the Activities of Credit Rating Agencies, IOSCO, 2003, disponibile presso www.iosco.org.

[26] Si veda M.R. Das Gupta, The External Accountabilty Gap of Private Regulators: Accountabilty Paradoxes and Mitigation Strategies. The Case of Credit Rating Agencies, in International Public Policy Review, 2005.

[27] Fino a quattro giorni prima della clamorosa bancarotta la società Enron vantava un rating molto alto.

[28] La concorrenza tra le agenzie viene favorita individuando, per la prima volta, i criteri della Nationally Recognised Statistical Rating Organization. Si veda M. Richardson e L.J. White, The Rating Agencies, is the regulation the answer?, in Restoring Financial Stabilites: How to repaired a Failed System, New York University Stern School of Business, 2009, pag. 103.

[29] Si veda IOSCO, Statement of Principles Regarding the activities of Credit Rating Agencies, 2003, disponibile presso www.iosco.org.

[30] IOSCO, Code of Conduct, parr 2.6.

[31] IOSCO, Code of Conduct, parr. 1.1, 1.4, 1.5, 3.2, 3.5, 3.6.

[32] Ivi, parr. 1.4, 1.8, 1.13, 2.11.

[33] IOSCO, Code of Conduct Fundamentals for Credit Rating Agencies, dicembre 2004, parr. 2.5.

[34] Per una critica alle metodologie utilizzate si veda CGFS, Rating in structured finance: what were wrong and what can be done to address the shortcoming?, Bank for International Settlements, 2008, pag. 5.

[35] IOSCO, Code of Conduct, 2008, parr 3.5, 1.7. 1.7-3.

[36] Ivi, parr 1.14-1 e 2.5.

[37] Il testo del Dodd-Frank Act è disponibile presso https://www.sec.gov/about/laws/wallstreetreform-cpa.pdf.

[38] Per un confronto tra la disciplina comunitaria e le disposizioni del Code of Conduct si veda M. De Bellis, La nuova disciplina europea delle Agenzie di Rating, in Giorn. dir. amm., 2010, pag. 453 ss.

[39] J.C. Coffee, The mortgage Meltdown And Gatekeeper Failure, in New York Law Journal, 2007, pag. 5.

[40] Ragioneria generale dello Stato, Il Patrimonio dello Stato, 2012.

[41] ISTAT, 2008, disponibile presso www.istat.it/it/files/2014/03/51-70.pdf.

 

 



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