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Il regime giuridico delle sponsorizzazioni culturali tra diritto pubblico e privato

Il nuovo regime delle erogazioni liberali e delle sponsorizzazioni: il settore dei beni culturali e l'intervento delle fondazioni

di Roberto Chieppa

Sommario: 1. Premessa. - 2. La natura delle Fondazioni bancarie e il regime della loro attività. - 3. Le diverse forme di intervento a favore della collettività delle Fondazioni. - 3.1. Le erogazioni liberali. - 3.1.1. Le modalità di intervento attraverso le erogazioni liberali. - 3.2. Le sponsorizzazioni. - 3.2.1. Le sponsorizzazioni di beni culturali nel nuovo art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici. - 3.2.2. Sponsorizzazioni e Fondazioni bancarie. - 3.3. Altre forme di intervento. - 4. Conclusioni.

The new system of donations and sponsorships: the field of cultural heritage and the foundations' intervention
The paper aims to identify the provisions applicable to cultural heritage donations in favour of public entities, underlining the differences with sponsorship, which has recently been subject to legislative changes (Legislative Decree n. 163/2006, art. 199-bis) and clarifications by the Ministry of Heritage and Cultural Activities (Ministerial Decree of 19th December, 2012).  The topic is treated with specific reference to the role played by Banking Foundations, for which the jurisprudence has now clarified that they are private entities and are not comparable to public administrations or bodies governed by public law. Therefore, Banking Foundations, in carrying out their activities, are not required to comply with public procedures provided for public administrations or for equivalent entities. The paper examines the different forms of a Foundation's intervention in favour of the community and it concludes that the most appropriate way to intervene is by means of donation, which occurs even in those cases in which the Foundation accepts or asks for some kind of acknowledgment of the given donation. Public law does not apply to donations given by Foundations, neither to donations in the form of cash nor whether a Foundation pays for services rendered to public administrations, nor in the case of direct donation of goods (equipment, machinery, motor vehicles) or provision of services and works (with particular regard to some specified activities such as planning which, contrary to what has been held in the past, do not seem to be reserved just for public administrations). The paper juxtaposes donations with sponsorship, describing their nature and reviewing the relevant laws.

L'articolo ha lo scopo di individuare la disciplina applicabile alle erogazioni liberali in favore di soggetti pubblici nel settore dei beni culturali, sottolineando le differenze con l'istituto delle sponsorizzazioni, che è stato oggetto di recenti modifiche legislative (art. 199-bis del d.lgs. n. 163/2006) e di chiarimenti da parte del Ministero per i beni e le attività culturali (d.m. 19 dicembre 2012). L'argomento viene trattato con specifico riferimento al ruolo svolto dalle Fondazioni bancarie e, in relazione a tale profilo, il presupposto è che la giurisprudenza ha ormai definitivamente affermato che le Fondazioni bancarie sono soggetti privati, non equiparabili alle pubbliche amministrazioni e non configurabili quali organismi di diritto pubblico e che le stesse non sono tenute, nello svolgimento della loro attività, a rispettare le procedure di evidenza pubblica previste per le pubbliche amministrazioni o per i soggetti equiparati.

Lo scritto esamina le diverse forme di intervento delle Fondazioni a favore della collettività, concludendo che lo strumento più idoneo è quello della erogazione liberale, che ricorre anche in quei casi in cui la Fondazione accetti o chieda una qualche forma di riconoscimento, dell'elargizione accordata.

Le erogazioni liberali da parte delle Fondazioni non sono soggette all'applicazione di discipline pubblicistiche, sia che si tratti di erogazione diretta di somme di denaro, sia nel caso in cui la Fondazione provvede a pagare prestazioni rese a favore delle amministrazioni, sia in presenza di una donazione diretta di beni (attrezzature, macchinari, autoveicoli, ecc.) o di servizi e lavori (con una precisazione per quanto riguarda alcune attività, quali la progettazione, che pure non appaiono riservate alla p.a., come era stato invece affermato nel passato).

Alle erogazioni liberali si affianca la figura della sponsorizzazione, di cui è descritta la natura e la disciplina applicabile.

1. Premessa

L'individuazione della disciplina applicabile alle erogazioni liberali in favore di soggetti pubblici e al rapporto (differenza) con i contratti di sponsorizzazione è stata oggetto di ampio dibattito, non limitato al solo settore dei beni culturali, dove il fenomeno si è maggiormente sviluppato, ma esteso ad altri settori e anche, sotto il profilo soggettivo, alla natura dell'ente che interviene a sostenere un determinato intervento di interesse pubblico.

Il dibattito ha così coinvolto la attività delle Fondazioni bancarie e le diverse forme del loro intervento economico in opere, servizi ed altre utilità destinate all'uso da parte della collettività.

Nel corso di tale dibattito sono intervenute alcune rilevanti modifiche normative, per lo più inerenti il settore dei beni culturali, ma da cui si possono trarre indicazioni di ordine generale.

Nel corso del 2012 è stato modificato l'art. 26 del Codice dei contratti pubblici, che contiene la disciplina generale dei contratti di sponsorizzazione stipulati dalle p.a. ed è stato introdotto, nello stesso Codice, l'art. 199-bis, che disciplina le procedure per la selezione di sponsor per i contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali.

Successivamente con d.m. del Ministero per i beni e le attività culturali del 19 dicembre 2012 (in G.U. n. 60 del 12 marzo 2013) sono state approvate le "Norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate" (di seguito, norme tecniche e linee guida [1]).

In tale decreto sono comprese "norme tecniche di portata precettiva", indicate in quelle attinenti alla tutela del patrimonio culturale (istruzioni volte a dare attuazione a quanto disposto dall'articolo 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio per ciò che attiene alla compatibilità delle sponsorizzazioni con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, nonché alle indicazioni concernenti i requisiti di qualificazione delle imprese affidatarie dei lavori in caso di sponsorizzazione tecnica) e linee guida alle indicazioni aventi ad oggetto l'interpretazione del quadro normativo vigente e l'applicazione delle disposizioni concernenti le modalità di affidamento dei contratti di sponsorizzazione e dei rapporti di carattere affine (atto di indirizzo e di direttiva nei confronti degli uffici del ministero per i Beni e le Attività culturali e atto di contenuto orientativo e interpretativo nei confronti delle altre amministrazioni e, in particolare, nei confronti degli Enti dotati di autonomia).

Non è questa la sede per affrontare l'ammissibilità della introduzione in unico decreto norme tecniche di carattere precettivo e linee guida interpretative, anche se certamente qualche dubbio può sorgere anche in relazione alla mancata adozione dell'iter previsto per gli atti di natura regolamentare per quanto riguarda le norme tecniche.

In ogni caso, le novità sopraindicate riguardano la disciplina che attiene agli obblighi che gravano sulle pubbliche amministrazioni (e soggetti equiparati) e non riguarda il profilo soggettivo di chi decide di intervenire con le proprie risorse in opere, servizi ed altre utilità destinate all'uso da parte della collettività.

In via preliminare è opportuno, con riferimento alla situazione delle Fondazioni bancarie, affrontare quest'ultimo profilo, prima di esaminare le ricadute delle citate modifiche normative.

2. La natura delle Fondazioni bancarie e il regime della loro attività

Per le Fondazioni bancarie si deve partire da quanto affermato dalla Corte costituzionale, secondo cui le fondazioni di origine bancaria sono soggetti dell'organizzazione delle "libertà sociali" e, in quanto persone giuridiche private senza fine di lucro, ricadono nella materia dell'ordinamento civile, che l'art. 117 cost., comma 2 riserva alla competenza esclusiva dello Stato (Corte cost., 29 settembre 2003, n. 300).

Pertanto, l'ulteriore detenzione del controllo ovvero di partecipazioni nelle società bancarie conferitarie da parte delle Fondazioni non costituisce più elemento caratterizzante della natura delle stesse, trasformate dall'evoluzione legislativa in persone giuridiche di diritto privato.

Secondo la Corte, l'evoluzione legislativa ha reciso il vincolo genetico e funzionale che legava l'ente pubblico conferente e la società bancaria, mutando la natura giuridica del primo in persona giuridica privata senza scopo di lucro, ed incidendo pertanto sulla rispettiva collocazione nel riparto materiale delle competenze legislative stabilito dall'art. 117 cost. Anche alla luce della disposizione contenuta nell'art. 118 comma, 4 comma, Cost., le fondazioni di origine bancaria devono essere inquadrate fra i soggetti dell'organizzazione delle libertà sociali, e non delle funzioni pubbliche, in virtù sia della definizione di esse quali persone giuridiche private provviste di piena autonomia statutaria e gestionale, sia del riconoscimento del carattere di utilità sociale agli scopi dalle stesse perseguiti.

Le conseguenze della natura privata delle Fondazioni di origine bancaria era stata, tuttavia, attenuate da quelle tesi che riconoscevano la sussistenza nelle Fondazioni degli indici dell'istituto dell'organismo di diritto pubblico.

Tale tesi è stata in passato condivisa da qualche isolata pronuncia della giurisprudenza amministrativa di primo grado, che ha appunto qualificato le Fondazioni bancarie come organismo di diritto pubblico (Tar Lazio, I, 31 luglio 2007, n. 7283; Tar Emilia-Romagna, 6 ottobre 2009, n. 1757; entrambe non confermate sul punto dal Consiglio di Stato).

Tale tesi non può assolutamente essere condivisa, non sussistendo in capo alle Fondazioni uno dei requisiti necessari per l'inclusione nella categoria dell'organismo di diritto pubblico: l'essere sottoposte ad una influenza pubblica.

Infatti, le Fondazioni bancarie non sono finanziate da soggetti pubblici; non sono - all'esito del processo di trasformazione avvenuto negli scorsi anni - sottoposte nella gestione a controlli pubblicistici; non hanno organi di amministrazione designati in maggioranza da soggetti pubblici, essendo rimessa agli Statuti la scelta sulla composizione di tali organi (l'eventuale presenza di rappresentanti di enti pubblici deriva quindi dalla stessa volontà della Fondazione).

La questione della non configurabilità delle Fondazioni bancarie quali organismi di diritto pubblico deve ormai intendersi definitivamente risolta a seguito di una pronuncia del Consiglio di Stato, che - pronunciandosi in un giudizio di materia di accesso - ha appunto affermato che le Fondazioni bancarie non risultano fruire di alcun finanziamento pubblico; che né lo Stato, né altri enti di diritto pubblico, esercitano, sulle stesse, alcun controllo sulla gestione (controllo che, in base ai principi comunitari, è l'unico che consenta di esercitare un effettiva influenza decisionale in seno agli organismi coinvolti), né risulta che gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza debbano essere costituititi da soggetti designati dalla mano pubblica in misura pari ad almeno metà dei componenti (Cons. Stato, VI, 3 marzo 2010, n. 1255, che ha richiamato il disposto di cui all'art. 1, comma 10-ter, del d.l. n. 162 del 23 ottobre 2008 - comma inserito dalla legge di conversione 22 dicembre 2008, n. 201, in base al quale: "ai fini della applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture").

In realtà, la qualificazione di un soggetto come organismo di diritto pubblico non dipende da una libera scelta dei legislatori degli stati membri, ma deriva dalla verifica della sussistenza, o meno, dei tradizionali indici che devono concorrere per tale qualificazione.

Per questo motivo, il Consiglio di Stato ha fondato la motivazione della decisione non solo sul richiamo della citata disposizione, ma anche sulla non sussistenza del requisito della sottoposizione ad una influenza pubblica dominante, aggiungendo che le Fondazioni bancarie rientrano tra i soggetti dell'organizzazione delle libertà sociali e non svolgono funzioni pubbliche (Corte cost., n. 300/2003; n. 301/2003) e che ad esse va riconosciuto carattere di utilità sociale agli scopi dalle stesse perseguiti, ma tale carattere non può essere confuso con la "attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario" espletata da "soggetti di diritto privato", di cui all'art. 2, comma 1, del d.p.r. n. 184/2006.

Le Fondazioni bancarie sono, quindi, soggetti privati, non equiparabili alle pubbliche amministrazioni e non configurabili quali organismi di diritto pubblico. Ne consegue che le stesse non sono tenute, nello svolgimento della loro attività, a rispettare le procedure di evidenza pubblica previste per le pubbliche amministrazioni o per i soggetti equiparati.

L'assoggettabilità alle procedure di evidenza pubblica può solo dipendere da peculiari circostanze, espressamente regolate da specifiche disposizioni normative, come l'art. 32, comma 1, lett. d) e e) del d.lgs. n. 163/2006, che stabilisce l'assoggettabilità alle procedura di evidenza pubblica di lavori o servizi che, benché affidati da soggetti privati, abbiano un contributo pubblico superiore al 50%.

In tutti gli altri casi le Fondazioni non sono tenute a seguire procedure di evidenza pubblica per la scelta del soggetto che fornirà il bene, realizzerà il servizio o una determinata opera.

Ciò premesso, ci si deve chiedere quale sia l'esatto significato dell'inciso finale della previsione di cui all'art. 1, comma 10-ter, del d.l. n. 162/2008, che esclude che le fondazioni possano essere qualificate come organismo di diritto pubblico e che fa salve "le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture".

Considerato che la norma è diretta ad escludere la qualificazione delle Fondazioni bancarie come organismo di diritto pubblico e la altrimenti conseguente assoggettabilità alle procedure di evidenza pubblica, sarebbe irragionevole e contraddittorio ritenere che tale ultimo inciso possa nella sostanza vanificare la finalità della norma e comportare che vi debbano essere bandi o avvisi preventivi rispetto all'affidamento di lavori, servizi e forniture; il che vorrebbe dire assoggettare comunque le Fondazioni a procedure di evidenza pubblica.

La ratio dell'inciso finale va, invece, individuata in finalità di mera trasparenza sull'attività svolta dalle Fondazioni e l'obbligo di trasparenza può essere assolto, pubblicando ex post gli esiti degli appalti di lavori, servizi e forniture, con indicazione di quanto affidato e dei soggetti prescelti.

Resta fermo che quando nella prassi le fondazioni pubblicano degli avvisi, dei bandi per la scelta del contraente, si tratta di una libera scelta di autolimitazione che non determina alcuna conseguenza sul piano dell'applicabilità delle regole dell'evidenza pubblica (e in tal caso è opportuno che sia chiarito nelle premesse che non si sta seguendo una procedura di evidenza pubblica, ma che per libera scelta si decide di utilizzare lo strumento del bando).

Si potrebbe porre il problema della contestabilità dell'esito di tali gare informali da parte dei soggetti non individuati come contraenti e, premesso che in questo caso la giurisdizione sarebbe del giudice ordinario, si potrebbe ipotizzare solo una eventuale responsabilità precontrattuale in caso di violazione delle regole di buona fede che disciplinano le trattative tra privati.

3. Le diverse forme di intervento a favore della collettività delle Fondazioni

Gli interventi a favore della collettività delle Fondazioni possono essere realizzati con forme diverse, che in termini generali possono essere ricondotte alle:

a) erogazioni liberali o donazioni;

b) sponsorizzazioni;

c) altre forme di collaborazione tra le Fondazioni e soggetti pubblici.

Ad ogni forma di intervento corrispondono differenti regole e modalità applicative, specie per le pubbliche amministrazioni e, di conseguenza, appare opportuno distinguere le varie fattispecie.

3.1. Le erogazioni liberali

La modalità principale di intervento delle Fondazioni va ricondotta all'erogazione liberale, che costituisce lo strumento che meglio si adatta agli scopi perseguiti dalle Fondazioni.

Infatti, se lo sponsor - impresa privata è alla ricerca di un ritorno commerciale derivante dalla sponsorizzazione, ciò non vale per le fondazioni bancarie, le quali, sebbene possano ritenere rilevante che emerga la paternità del finanziamento erogato, certo non hanno come scopo quello di promuovere la loro immagine o il proprio nome a fini commerciali [2].

A volte la linea di confine tra erogazione liberale e sponsorizzazione può essere incerta, nel senso che si è molto spesso fatto ricorso, o almeno si è utilizzato il nomen iuris della sponsorizzazione anche per tipi di rapporti che in realtà della vera e propria natura corrispettiva del rapporto di sponsorizzazione poco avevano. La Cassazione in alcuni casi ha tracciato la differenza tra l'erogazione liberale e la sponsorizzazione, chiarendo che il cosiddetto contratto di sponsorizzazione comprende una serie di ipotesi nella quali un soggetto, detto sponsorizzato, si obbliga a consentire ad altri l'uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo. Tale contratto non ha ad oggetto lo svolgimento di un attività in comune e, dunque, non assume le caratteristiche di un contratto associativo, ma ha ad oggetto lo scambio di prestazioni. Rispetto alla sponsorizzazione, l'accordo di patrocinio si distingue per il fatto che il soggetto, pubblico o privato, il quale consente che l'attività di altri si svolga sotto il suo patrocinio, non è un imprenditore commerciale, sicché quand'anche egli si impegni a finanziare in qualche misura l'attività, tale obbligazione non trova corrispettivo nel vantaggio atteso dalla pubblicizzazione della sua figura di patrocinatore. il contratto, dunque, si atteggia piuttosto come una donazione modale, che come un contratto a prestazioni corrispettive. (Cassazione civile, sez. III, 21 maggio 1998, n. 5086).

Le sopravvenienze normative richiamate in premessa, seppur riferite ai contratti di sponsorizzazione, sono utili anche per marcare la differenza tra tali contratti e il diverso istituto delle erogazioni liberali.

In particolare, nelle richiamate norme tecniche e linee guida, approvate con il d.m. 19 dicembre 2012, un paragrafo (I.3.1.) è dedicato alla distinzione tra sponsorizzazioni ed erogazioni liberali.

Nel ribadire che gli elementi caratterizzanti il contratto di sponsorizzazione sono l'onerosità e la corrispettività delle prestazioni, nel decreto si sottolinea che tali caratteri che valgono a differenziare il negozio in esame dalle ipotesi di cd. erogazioni o elargizioni liberali (o mecenatismo o patrocinio o patronage).

Rispetto alla sponsorizzazione, tali fattispecie si distinguono per il fatto che il soggetto, pubblico o privato, il quale consente che l'attività di altri si svolga sotto il suo patrocinio, non trova corrispettivo nel vantaggio atteso dalla pubblicizzazione della sua figura di patrocinatore (Cass. Civ. 21 maggio 1998, n. 5086). Il contratto, dunque, non rientra nella categoria dei negozi a prestazioni corrispettive, ma, a seconda del concreto atteggiarsi della fattispecie, può risultare riconducibile nello schema della donazione modale, ovvero in quello della c.d. "sponsorizzazione interna", intendendosi per tale - secondo quanto chiarito dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con la già citata determinazione n. 24 del 2001 - un negozio gratuito modale che, "a differenza del contratto di donazione, è sempre caratterizzato, e quindi giustificato causalmente, da un interesse patrimoniale anche mediato, purché giuridicamente rilevante, di chi si obbliga o trasferisce".

In tal caso - prosegue il decreto - il ritorno pubblicitario ha carattere del tutto indiretto e non dipende da una controprestazione posta a carico del soggetto beneficiato; conseguentemente il contratto, pur non essendo oneroso, non presenta tuttavia carattere di liberalità.

Si osserva come la definizione di "sponsorizzazione interna" possa indurre in equivoci, trattandosi di fattispecie cui non è applicabile la disciplina delle sponsorizzazioni ed appare più corretto distinguere all'interno delle erogazioni liberali due figure, entrambe non assoggettabili alla disciplina delle sponsorizzazioni:

a) la donazione modale, che potrà essere perlopiù riscontrata nel caso in cui il soggetto erogante sia una persona fisica, che presumibilmente trarrà dalla prestazione un vantaggio meramente morale;

b) il negozio gratuito modale, rinvenibile nei casi un cui il soggetto erogante è una persona giuridica.

Nelle linee guida si evidenzia come l'anzidetta distinzione, pur rilevante dal punto di vista civilistico, non comporta alcuna differenza di trattamento ai fini del regime amministrativo e fiscale delle due fattispecie. In entrambi i casi, infatti, è esclusa in radice la qualificabilità del rapporto come sponsorizzazione e, quindi l'applicabilità delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, mentre è pacifica la possibilità di beneficiare delle previste agevolazioni fiscali (nel decreto, di conseguenza, le espressioni "erogazione liberale", "elargizione liberale", "mecenatismo", "patrocino" o "patronage" sono impiegate per riferirsi indifferentemente a entrambe le ipotesi, ritenute del tutto assimilabili).

L'elemento di distinzione tra erogazioni liberali e sponsorizzazioni è, quindi, costituito dalla presenza (sponsorizzazione) o dall'assenza (erogazione liberale o gratuita) di un "corrispettivo".

Quest'ultimo va correttamente inteso nel senso giuridico di causa tipica ed essenziale dell'operazione economico-giuridica, non già nel senso di motivo personale e soggettivo che spinge all'elargizione, il quale non rileva, come tale, ai fini della predetta qualificazione.

Chi scrive in passato aveva sostenuto che "il fatto che si dia notizia che il padiglione o l'apparecchiatura medica o altro tipo di bene sia donato dalla Fondazione, questo non vuol dire che si instauri un rapporto di sponsorizzazione" [3] e tale tesi è oggi confermata dalle linee guida ministeriali.

In queste ultime, infatti, è chiarito che deve considerarsi errata ogni automatica esclusione della possibilità di ricondurre un conferimento in danaro o opere entro lo schema dell'elargizione liberale o patrocinio, per una sua qualificazione in termini di sponsorizzazione, sol perché il benefattore accetti o chieda una qualche forma di riconoscimento, soprattutto morale e ideale (o comunque inerente a un interesse patrimoniale che non trova diretta corrispettività in un obbligo posto a carico dell'amministrazione), dell'elargizione accordata.

I rapporti di mecenatismo ben possono trovare attuazione e svolgimento in appositi accordi accessori - riversati in atti convenzionali - aventi ad oggetto la disciplina della partnership che, comunque, si va ad instaurare, in un rapporto di durata tra mecenate e amministrazione competente all'intervento di restauro (o altro). Tale rapporto è generato dall'atto di disposizione del mecenate e riguarda, oltre che le modalità esecutive, le forme, i modi e i tempi di realizzazione degli interventi, il controllo e monitoraggio del rispetto delle condizioni e del modus apposto all'atto negoziale liberale o gratuito, nonché le possibili forme di riconoscimento non economico ed essenzialmente morale richiesto dal mecenate. Questi accordi e atti convenzionali devono però essere tenuti ben distinti dai contratti di sponsorizzazione, poiché essi costituiscono tuttora un'area interamente libera da condizioni e procedure di tipo concorrenziale (sempre secondo le citate linee guida, par. I.3.1).

La ratio è chiara: poiché l'amministrazione, in sostanza, non dà nulla in cambio, non vi è alcun dovere di concorrenzialità da osservare nella scelta del benefattore. Le amministrazioni, dunque, potranno e dovranno senz'altro continuare ad avvalersi dei contributi derivanti dalle elargizioni liberali, senza particolari formalità procedurali, con una trattativa diretta e libera con il mecenate, senza bisogno di fare in alcun modo applicazione dell'articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici.

Viene anche precisato che neppure può costituire motivo ostativo all'accettazione di atti di liberalità il fatto che l'attività cui si riferisce l'elargizione sia già stata inclusa nell'apposito elenco degli interventi per i quali sollecitare offerte di sponsorizzazione, ci cui verrà detto oltre.

Un ultimo argomento utilizzato nelle citate linee guida è tratto dal d.m. 3 ottobre 2002, attuativo dell'articolo 38 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante la prima disciplina delle agevolazioni fiscali in favore delle erogazioni liberali, il quale ha precisato, all'articolo 5, comma 3, che possono considerarsi erogazioni liberali anche le elargizioni che diano luogo ad un "pubblico ringraziamento" del beneficiario al mecenate. La disposizione richiamata stabilisce, infatti, che: "Ai fini del presente decreto, sono considerate erogazioni liberali anche le elargizioni di denaro per le quali il beneficiario formula pubblico ringraziamento al soggetto erogante". La previsione normativa risolve, sia pur implicitamente, il problema della distinzione tra mecenatismo e sponsorizzazioni, lasciando intendere che quest'ultima figura può dirsi ricorrente solo qualora la promozione del nome, dell'immagine, del marchio, dell'attività, dei prodotti dello sponsor sia oggetto di un preciso obbligo giuridico gravante in capo al soggetto sponsorizzato, obbligo che costituisce la controprestazione del finanziamento erogato dallo sponsor. Qualora, invece, l'erogazione dello sponsor sia sorretta da spirito di liberalità o abbia comunque carattere di gratuità (ancorché eventualmente corrisponda a un interesse di rilevanza patrimoniale dell'erogante), e non sia accompagnata da alcun obbligo posto a carico dello sponsee, si è al di fuori dello schema della sponsorizzazione, rientrandosi, invece, in quello del mecenatismo, e ciò anche qualora il soggetto finanziatore benefici comunque di un ritorno di immagine per effetto del comportamento spontaneo, di pubblico ringraziamento, posto in essere dallo sponsorizzato.

Si afferma anche che la stessa disciplina fiscale non esclude, pertanto, la natura di erogazione liberale dell'atto allorquando lo stesso sia accompagnato da forme di riconoscimento essenzialmente morale, non trasmodante in una forma di promozione dell'azienda o dei suoi prodotti. D'altra parte, se è vero che, di regola, l'elargizione liberale è lo strumento adoperato dalle persone fisiche e dalle persone giuridiche non perseguenti fini di lucro, esso non è perciò precluso alle persone giuridiche lucrative e alle imprese commerciali in generale. In tali casi l'amministrazione procedente dovrà prestare un'attenzione particolare a che il riconoscimento morale attribuito al donatore impresa commerciale non travalichi i limiti suoi propri per assumere la consistenza di una vera e propria sponsorizzazione (con i connessi regimi di selezione concorrenziale e tributario suoi propri).

In definitiva, la novella legislativa del 2012 ha inteso rafforzare le formalità procedurali proprie delle sponsorizzazioni, estendendole anche alla sponsorizzazione pura (v. oltre) e nello stesso tempo ha tacitamente confermato la legittimità della stipula di accordi di mecenatismo al di fuori di qualsivoglia forma di evidenza pubblica, trattandosi, per l'appunto, di atti di liberalità o comunque di negozi gratuiti, e non invece di contratti a titolo oneroso con prestazioni corrispettive.

3.1.1. Le modalità di intervento attraverso le erogazioni liberali

La erogazione liberale può avvenire in diverso modo e possiamo ipotizzare quanto meno tre diverse modalità, che poi possono anche essere modalità attuative del rapporto di sponsorizzazione:

1) la elargizione di una somma di denaro finalizzata ad un determinato scopo, una sorta di donazione modale della somma di denaro che la Fondazione offre al soggetto pubblico, che poi realizzerà, a propria cura, quello che è lo scopo della donazione;

2) la elargizione diretta, che può essere del bene, del servizio, del lavoro da effettuare, potendo la donazione avere anche ad oggetto un rapporto obbligatorio;

3) la elargizione di una somma di denaro che però si realizza non attraverso il pagamento diretto da parte della Fondazione al soggetto pubblico, ma attraverso una sorta di accollo di debito, cioè il pagamento delle fatture per prestazioni che sono state rese nei confronti del soggetto pubblico.

Queste sono le tre modalità di attuazione della donazione, che possono essere comuni anche alla sponsorizzazione, la cui caratteristica distintiva è - come già detto - la corrispettività del rapporto.

La prima ipotesi, quella della donazione modale (erogazione diretta di denaro finalizzata ad un determinato scopo), che è disciplinata dall'art. 793 del codice civile, non pone problemi interpretativi, nel senso che si stipula generalmente una convenzione, per atto pubblico, per disciplinare appunto le finalità della donazione, senza che sorgano particolari problemi sotto il versante degli adempimenti a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni, che poi nell'utilizzo delle somme ricevute saranno tenute a rispettare le procedure di evidenza pubblica.

Il problema può essere quello della verifica che il denaro abbia la destinazione per cui è stato erogato e si potrebbe ipotizzare di fissare dei limiti temporali per le pubbliche amministrazioni per utilizzare i fondi ricevuti, così come avviene per i finanziamenti comunitari.

Altro profilo, esaminato in seguito, è quello attinente al come individuare il soggetto a cui donare.

La seconda ipotesi è quella che può creare qualche aspetto problema in più: la donazione può consistere nell'assunzione di una obbligazione di fare che può riguardare la fornitura di un bene, o la prestazione di un servizio, o l'esecuzione dei lavori (art. 769 c.c.).

Qui siamo proprio nel campo del codice dei contratti pubblici e la peculiarità consiste nel fatto che la fornitura dei beni, il servizio e i lavori vengono effettuati, svolti dalla Fondazione, e non dalla pubblica amministrazione.

La terza ipotesi è in sostanza una variante della prima, con la differenza che il pagamento della somma oggetto della donazione non viene fatto direttamente nei confronti del soggetto pubblico, dell'ente pubblico, ma viene fatto attraverso un accollo di debito, disciplinato da convenzione.

Su questo ci fu un parere favorevole del Consiglio di Stato del 1999, che si espresse su richiesta di un soggetto pubblico, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che sottopose due schemi di convenzione con la Compagnia San Paolo di Torino, con cui sostanzialmente si prevedeva il pagamento diretto da parte della Compagnia San Paolo di alcune fatture per prestazioni rese, attinenti ai Beni Culturali in favore del Ministero (Cons. Stato, I, 25-8-1999, n. 1451/99).

Su entrambi gli schemi di convenzione, il Consiglio di Stato si espresse favorevolmente, richiamando l'istituto dell'accollo di debito, anche se nel sintetico parere viene citato l'accollo di debito "da parte dello sponsor". Ciò conferma la difficoltà (quanto meno all'epoca) di distinguere l'erogazione liberale dalla sponsorizzazione; in realtà gli schemi di convenzione, su cui si è espresso il Consiglio di Stato, espressamente prevedevano che l'intervento effettuato dalla Compagnia San Paolo si configurava come erogazione liberale, quindi si era all'interno dello strumento "donazione - erogazione liberale", non della sponsorizzazione.

Sta di fatto che comunque su questa terza modalità vi è un parere del Consiglio di Stato che può essere invocato sia che si utilizzi lo strumento della donazione, sia che si utilizzi la sponsorizzazione.

Ora, per quanto riguarda la seconda modalità, quella più problematica, cioè quando la Fondazione provvede direttamente allo svolgimento del servizio, all'acquisizione del bene o all'esecuzione dei lavori in luogo del soggetto pubblico, si deve fare una distinzione a seconda dei tre settori, che sono i tre settori tipici del codice degli appalti.

Per la fornitura di beni, i problemi sono sicuramente minori: la Fondazione acquista un bene che può essere ad esempio l'apparecchiatura medica e poi lo dona al soggetto pubblico. In tal caso non ci sono particolari profili di incompatibilità con il codice degli appalti, cioè non sussistono particolari profili per cui si possa invocare l'applicazione del codice degli appalti, o quanto meno di procedure di evidenza pubblica.

Per quanto riguarda i servizi, fermo restando che le elargizioni o le donazioni possono avere ad oggetto anche obbligazioni di fare, si deve prestare qualche attenzione in più, in quanto anche la prestazione di servizi può costituire oggetto di una donazione, ma se vi è corrispettività nel rapporto è preferibile utilizzare il modello della sponsorizzazione.

Per quanto concerne i lavori, che sono effettuati su immobili, suoli, terreni di proprietà non della Fondazione, ma del soggetto pubblico, sorge il problema se qualsiasi attività può essere oggetto di una elargizione liberale.

In un caso il Consiglio di Stato ha escluso che l'attività di progettazione di una opera pubblica possa essere svolta da un soggetto privato (Cons. Stato, VI, n. 1008/2008), anche se va rilevato che l'articolo 26 del codice dei contratti pubblici al comma secondo prevede che l'amministrazione aggiudicatrice, beneficiaria delle opere oggetto di lavoro di servizi o delle forniture, impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, nonché alla direzione, esecuzione del contratto, lasciando intendere che anche la progettazione può essere fatta da qualcun altro nell'ambito di un rapporto di sponsorizzazione, restando in capo al soggetto pubblico i poteri di vigilanza.

I dubbi sulla validità della soluzione adottata dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 1008/2006 sono stati rafforzati dalla normativa sopravvenuta, che ha definitivamente confermato l'ammissibilità di interventi in cui la progettazione avviene a cura di un soggetto privato (sponsor, ma il principio vale anche per le erogazioni liberali; v. l'art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici, ma il principio vale anche al di fuori del settore dei beni culturali).

La tesi secondo cui determinate attività, tra cui la progettazione, sarebbero riservate alla p.a., che le realizza direttamente o tramite soggetto scelto con gara, si pone in contrasto con l'art. 26 del Codice dei contratti pubblici, che espressamente prevede che i lavori possano essere realizzati a cura dello sponsor, facendo poi riferimento al necessario rispetto dei requisiti di qualificazione dei progettisti (con ammissione implicita che la progettazione possa essere svolta dallo sponsor).

Inoltre, anche l'art. 199-bis prevede che la sponsorizzazione tecnica consista in una forma di partenariato estesa "alla progettazione" e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor e in questi casi gli obblighi di evidenza pubblica sussistono solo per la scelta dello sponsor, non per l'attività successiva a cura dello sponsor.

Anche le linee guida precisano che in caso di sponsorizzazione tecnica, lo sponsor può essere diretto esecutore dei lavori oppure può avvalersi di imprese terze, avendo come unico obbligo in questo secondo caso di scegliere imprese (o progettisti) che siano in possesso degli stessi requisiti che sarebbero richiesti se i lavori fossero affidati direttamente dall'amministrazione.

Le linee guida sono, quindi, chiare nell'affermare che "non è possibile rinvenire nell'ordinamento alcuna norma specifica che prescriva un obbligo da parte dello sponsor di selezionare mediante procedura ad evidenza pubblica le imprese che eseguiranno le lavorazioni, posto che ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lett. d), del Codice degli appalti l'obbligo di rispettare le norme codicistiche sussiste solo nelle ipotesi in cui l'amministrazione finanzi per più del 50% la realizzazione delle opere. È, pertanto, da ritenere che l'individuazione dell'impresa esecutrice sia rimessa all'autonoma scelta dello sponsor, salvo il necessario controllo da parte dell'amministrazione in merito alla sussistenza dei necessari requisiti di qualificazione".

Ovviamente analoghi principi non possono che valere a maggior ragione in presenza di una erogazione liberale, che avvenga attraverso l'assunzione di una obbligazione di fare, sia che essa concerna l'esecuzione di lavori, sia che venga estesa alla progettazione.

Resta fermo che se l'amministrazione non intende rinunciare all'esecuzione o progettazione diretta dei lavori, può sempre accettare solo un tipo di sponsorizzazione o di erogazione liberale "pura" o, comunque, non estesa come obbligazione di facere ad alcuni aspetti, come ad esempio quello della progettazione.

Altro profilo, che va tenuto distinto, è quello della modalità attraverso cui le Fondazioni individuano il soggetto che beneficia della donazione.

Partendo sempre dal presupposto, che ormai possiamo dare per pacifico (cioè che le Fondazioni non sono organismo di diritto pubblico), ne consegue che vi è piena libertà nell'individuazione dei soggetti beneficiari delle donazioni da parte della Fondazione.

Mentre in caso di esecuzione di opere, fornitura di beni o servizi, direttamente da parte delle Fondazioni, resta fermo quanto già detto in precedenza circa l'assenza di un obbligo di seguire procedure di evidenza pubblica, che eventualmente possono essere svolte solo su base volontaria da soggetto che non sono tenuti per legge.

3.2. Le sponsorizzazioni

Si può ora passare ad affrontare l'altra forma di intervento economico in opere, servizi ed altre utilità destinate all'uso da parte della collettività: la sponsorizzazione.

Il contratto di sponsorizzazione costituisce una figura non specificamente disciplinata dalla legge, in cui un soggetto, c.d. sponsee o sponsorizzato, assume, normalmente verso corrispettivo, l'obbligo di associare a proprie attività il nome o il segno distintivo di altro soggetto, detto sponsor o sponsorizzatore, divulgandone così l'immagine o il marchio presso il pubblico.

Le sponsorizzazioni per la pubblica amministrazione sono un istituto relativamente nuovo: è un rapporto di natura patrimoniale, un contratto atipico, come precisato dalla giurisprudenza, in cui vi è una corrispettività di obbligazioni tra le parti.

Sono ormai stati superati i dubbi sulla possibilità di utilizzo da parte della pubblica amministrazione di sponsorizzazioni; dopo l'entrata in vigore di una prima norma, che riguardava in realtà le donazioni, cioè erogazioni liberali (art. 3 della l. 2 agosto 1982, n. 512, con cui era stata prevista la deducibilità degli oneri sostenuti dai privati per le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche nel campo della cultura), un intervento organico sull'utilizzo delle sponsorizzazioni da parte delle p.a. si è avuto solo con l'art. 43 della l. 27 dicembre 1997, n. 449, con cui è stato previsto che le pubbliche amministrazioni possano stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile (v. successivamente per gli enti locali, l'art. 119 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

Sono poi intervenute alcune norme specifiche, con cui è stata potenziata la possibilità di utilizzare il contratto di sponsorizzazione [4].

Il contratto di sponsorizzazione resta fuori dall'ambito della disciplina degli appalti pubblici nazionale o comunitaria, però non si deve prescindere dall'obbligo di utilizzare come esecutori soggetti qualificati, quindi tutte le normative in materia di qualificazione (in tal senso vi è un parere dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici del 5 dicembre 2001, n. 24, in cui si afferma che l'attività di progettazione può essere oggetto di contratto di sponsorizzazione purché gli esecutori siano qualificati ai sensi della normativa sui lavori pubblici).

Quindi oggi l'istituto della sponsorizzazione è pienamente utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni, come avviene in particolare per i beni culturali e il problema che ha esaminato la giurisprudenza è quello delle modalità con cui le pubbliche amministrazioni debbono scegliere lo sponsor.

Prima ancora dell'entrata in vigore del codice degli appalti, la giurisprudenza ha affermato che le pubbliche amministrazioni sono tenute a una procedura trasparente e non discriminatoria per individuare lo sponsor; non proprio le tipiche procedure dell'appalto, ma una procedura comunque di evidenza pubblica anche informale per individuare lo sponsor.

Del resto, non si può escludere che vi possano esservi più soggetti che possono avere interesse a sponsorizzare una determinata amministrazione.

Il codice degli appalti ha inserito il contratto di sponsorizzazione tra i contratti esclusi dall'applicazione del codice nell'articolo 26, ma lo stesso articolo 26 prevede che comunque per questi contratti, tra cui anche i contratti di sponsorizzazione, debbano essere rispettati i principi generali del trattato, tra cui quello di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento, e quindi quando possibile, stiamo sempre parlando della pubblica amministrazione che cerca lo sponsor, si devono invitare almeno cinque soggetti, in modo da seguire una procedura aperta.

L'articolo 26 afferma espressamente che la sponsorizzazione può riguardare lavori, servizi e forniture acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor, quindi fa intendere che lo sponsor può realizzare direttamente, può acquisire direttamente il bene, può realizzare direttamente l'opera pubblica, può svolgere direttamente il servizio.

Con il decreto legge n. 5 del 2012 è stato modificato il comma 1 del citato articolo 26 del Codice dei contratti pubblici, mediante la fissazione di una soglia di rilevanza di 40.000 euro, in precedenza non prevista.

Va precisato che le c.d. sponsorizzazioni pure (in cui lo sponsor si impegna unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione) non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 26 e, conseguentemente, dell'art. 27, in quanto l'ambito di applicazione è limitato ai lavori, ai servizi, alle forniture che "sono acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor".

Le sponsorizzazioni pure hanno, invece, una espressa disciplina per le sponsorizzazione dei beni culturali (v. oltre).

L'applicazione dei principi del Trattato per i contratti esclusi, come disciplinata dall'art. 27, non si applica quindi:

a) ai contratti di sponsorizzazione di importo inferiore alla soglia di 40.000 euro;

b) ai contratti di sponsorizzazione pura di lavori di qualunque importo, ad eccetto di quelli relativi ai beni culturali, per i quale si applica l'art. 199-bis;

c) alle sponsorizzazioni pure di servizi e/o forniture di qualunque importo, relativi anche a beni culturali, purché non accessori a lavori (v. oltre).

In questi casi, ferma restando la necessità dei requisiti di qualificazione, il contratto di sponsorizzazione può essere stipulato mediante procedura negoziata, senza la necessità di nessuna formalità amministrativa (diversa dalla normale delibera a contrattare e dagli altri adempimenti contabili del caso).

Tuttavia, dalle stesse linee guida, si ricava un principio da seguire anche al di fuori del settore dei beni culturali, secondo cui in questi casi operano unicamente i principi di legalità, buon andamento e trasparenza dell'azione amministrativa imposti dalle norme di contabilità. Ciò implica la non operatività dell'obbligo (stabilito dall'articolo 27 del Codice c.p.) di invitare almeno cinque concorrenti e la possibilità dell'amministrazione di individuare il contraente senza particolari formalità, purché in modo trasparente, imparziale e non discriminatorio. Si reputa, in particolare, che tali obblighi possano ritenersi adeguatamente assolti ove venga pubblicata sul sito web dell'amministrazione una scheda dell'intervento da finanziare e l'amministrazione stessa si determini a negoziare direttamente con il primo operatore che manifesti interesse al riguardo.

3.2.1. Le sponsorizzazioni di beni culturali nel nuovo art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici

Le sponsorizzazioni dei beni culturali avevano già una disciplina specifica, contenuta nell'art. 120 del d.lgs. n. 42/2004; norma collocata nell'ambito delle disposizioni specificamente dedicate alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Il comma 1 del citato articolo 120 fornisce, tuttavia, un'ampia nozione della sponsorizzazione di beni culturali, non limitata alla sola valorizzazione, che include "ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante (...)". Il comma 2 del medesimo articolo 120 specifica poi che "la promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione".

Finalità propria della sponsorizzazione è, pertanto, il perseguimento di finalità di tutela e valorizzazione dei beni culturali mediante l'apporto di soggetti privati, i quali trovano la propria remunerazione nell'associazione tra il proprio nome, prodotto o attività e l'iniziativa sponsorizzata attraverso un contratto a prestazioni corrispettive, per il quale valgono le considerazioni già svolte in precedenza.

Le linee guida distinguono tre diversi tipi di contratti di sponsorizzazione di interventi su beni culturali:

- la sponsorizzazione "tecnica", consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor delle prestazioni richieste (oltre a lavori, le prestazioni rese dallo sponsor potranno consistere, come si vedrà, anche in servizi e forniture strumentali ai primi - ad es., servizi di installazione e montaggio di attrezzature e impianti, forniture degli arredi da collocare nei locali - o in servizi e forniture autonomi, ad esempio servizi necessari all'organizzazione di mostre all'interno di istituti della cultura pubblici);

- la sponsorizzazione "pura", in cui lo sponsor si impegna unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione;

- la sponsorizzazione "mista" (ossia risultante dalla combinazione delle prime due) in cui lo sponsor può - per esempio - curare direttamente e fornire la sola progettazione, limitandosi ad erogare il finanziamento per le lavorazioni previste.

Ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali si applicano le disposizioni di cui agli artt. 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici (nei limiti indicati in seguito) e si applicano "altresì" le disposizioni dell'articolo 199-bis dello stesso codice.

La disciplina introdotta dall'art. 199-bis si aggiunge alle previsioni di carattere generale previste per tutte le sponsorizzazioni dall'art. 26 del Codice dei contratti pubblici.

Si ricorda che ai sensi degli articoli 26 e 27, i contratti di sponsorizzazione sono soggetti:

- alle norme che fissano i requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, ovvero i requisiti di capacità tecnica e professionale per i primi, e di possesso dell'attestazione SOA per i secondi;

- al controllo e alle prescrizioni impartite dall'amministrazione aggiudicatrice o da altro ente aggiudicatore, beneficiari delle opere, dei lavori, dei servizi, delle forniture, per tutto quanto attiene alla progettazione, alla direzione e all'esecuzione del contratto;

- e inoltre, al di sopra della soglia di 40.000 euro, ad apposita disciplina per quanto attiene alla scelta dello sponsor, nel senso che questa deve sempre avvenire a conclusione di una procedura concorsuale, anche se semplificata, e comunque nel rispetto dei principi di economicità, efficienza, efficacia, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità.

In applicazione di tali principi, l'articolo 199-bis del Codice c.p. detta le modalità procedurali per la selezione dello sponsor per gli interventi relativi ai beni culturali. Le novità introdotte dall'art. 199-bis possono essere così sintetizzate:

- necessità per le amministrazioni aggiudicatrici di integrare il programma triennale dei lavori con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture relative ai beni culturali in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il finanziamento o la realizzazione degli interventi, con predisposizione dei relativi studi di fattibilità, anche semplificati, o dei progetti preliminari;

- la ricerca dello sponsor deve avvenire mediante bando pubblicato sul sito istituzionale dell'amministrazione procedente per almeno trenta giorni. Di detta pubblicazione è dato avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché per contratti di importo superiore alle soglie di cui all'articolo 28, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea;

- l'avviso contiene una sommaria descrizione di ciascun intervento, con l'indicazione del valore di massima e dei tempi di realizzazione, con la richiesta di offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato. Nell'avviso è altresì specificato se si intende acquisire una sponsorizzazione di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione (c.d. sponsorizzazione pura), ovvero una sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor;

- in caso di sponsorizzazione tecnica, scattano ulteriori adempimenti: nel bando sono indicati gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte, tenuto conto che è previsto che l'amministrazione proceda alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l'offerta realizzativa giudicata migliore, in caso di sponsorizzazione tecnica;

- nel caso in cui non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, ovvero tutte le offerte presentate siano irregolari ovvero inammissibili, o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura, la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica.

L'art. 199-bis disciplina anche la sponsorizzazione pura, che, come già detto, non rientra nell'ambito di applicazione degli artt. 26 e 27 del Codice e ha un ambito di applicazione che per coerenza va individuato sempre al di sopra della soglia dei 40.000, fissata dall'art. 26.

In caso di sponsorizzazione mista, secondo le linee guida dovrà applicarsi, per ciascuna parte, il regime proprio della sponsorizzazione tecnica e di quella pura; al riguardo, si osserva che sarebbe stato forse preferibile indicare il criterio della prevalenza (o far prevalere sempre la disciplina della sponsorizzazione tecnica).

Nelle linee guida l'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 199-bis viene limitato ai soli contratti relativi ai lavori sui beni culturali, oltre che, naturalmente, alle prestazioni di servizi e di forniture in essi inglobati e ad essi strumentali. Ne consegue che la sponsorizzazione tecnica di beni e/o servizi, non strumentali alla realizzazione di lavori (come potrebbe avvenire, per l'appunto, per il mero allestimento di mostre ed eventi), sarà soggetta - al di sopra della soglia di rilevanza minima di 40.000 euro - unicamente alle disposizioni dell'articolo 26 del Codice c.p., e non anche a quelle dell'articolo 199-bis.

Conseguentemente, l'osservanza dei principi del Trattato potrà essere assicurata mediante la mera pubblicazione sul sito dell'amministrazione dell'interesse a sollecitare sponsorship, con assegnazione di un termine minimo ragionevole di risposta e di candidatura (trenta giorni, salvi i casi di urgenza) e la successiva acquisizione di un numero ragionevole di preventivi (o di offerte) presso imprese potenzialmente interessate, senza la necessità di fare applicazione dell'articolo 199-bis Codice c.p.

Quanto, invece, alla sponsorizzazione pura di beni e/o servizi non accessori a lavori, di qualunque importo, è da ritenere che, come già anticipato, la stessa non ricada né nell'ambito applicativo dell'articolo 26 del Codice c.p., né in quello dell'articolo 199-bis del medesimo Codice, fermo restando quanto detto in precedenza circa i principi che deve comunque seguire la pubblica amministrazione.

Nelle linee guida viene affermato che la necessaria applicazione delle procedure previste dall'articolo 199-bis debba essere senz'altro esclusa ove ricorrano particolari ragioni di urgenza, tali da non consentire lo svolgimento di alcun tipo di procedura selettiva. In tali ipotesi l'amministrazione potrà pertanto individuare lo sponsor mediante negoziazione diretta, senza alcuna formalità.

Si tratta di una affermazione fatta derivare dall'articolo 57, comma 2, lett. c), del Codice c.p. prevede infatti la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara "nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara".

Va, tuttavia, ricordato che, come prevede la stessa disposizione, "Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti.".

La giurisprudenza ha dato una interpretazione restrittiva circa tali ragioni di urgenza; certamente, una volta che ricorrono i presupposti di urgenza, sarebbe irragionevole ritenere che non si possa poi derogare alle procedure di cui all'articolo 199-bis del Codice c.p. per l'individuazione dello sponsor che realizzi a propria cura l'intervento o ne assuma l'onere economico.

Infine, nelle linee guida è ricordato che le procedure di selezione degli sponsor sono soggette alle prescrizioni in materia di pubblicità recentemente introdotte dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione". In particolare, dalle previsioni di cui all'articolo 1, comma 15 e comma 16, lettera b), della legge in argomento discende l'obbligo per le amministrazioni di pubblicare sui propri siti istituzionali le informazioni relative alle procedure di "scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture o servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta (...)". In base al successivo comma 27, le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 15 e 16 sono trasmesse in via telematica alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni.

3.2.2. Sponsorizzazioni e Fondazioni bancarie

È già stato evidenziato come le erogazioni liberali siano lo strumento che meglio si battagliagli interventi delle Fondazioni bancarie a favore della collettività.

La sponsorizzazione è una modalità di intervento residuale e alternativa, che può essere utilizzata laddove ci può essere il dubbio che la prestazione del servizio oggetto della forma di intervento delle Fondazioni possa determinare anche una corrispettività per la Fondazione, nel senso indicato in precedenza.

Si tratta di una modalità alternativa alla elargizione liberale, che presuppone che il beneficiario della sponsorizzazione non debba essere individuato direttamente dalla fondazione ma l'iniziativa deve partire dalla p.a. con la procedura di cui all'art. 199-bis per i beni culturali e, negli altri casi, con una sorta di procedura informale aperta, in cui si verifica in modo snello l'eventuale presenza di altri aspiranti sponsor (secondo i principi dell'art. 27 del Codice in caso di sponsorizzazione tecnica)

Ciò in quanto se la Fondazione di propria iniziativa individua il soggetto pubblico da sponsorizzare, si pone poi il problema che tale soggetto a sua volta dovrebbe fare una gara, in sostanza già vincolata dalla scelta della Fondazione. A meno che non si ipotizzi che dopo l'individuazione del soggetto pubblico, l'amministrazione tramite un avviso non verifichi l'eventuale disponibilità di altri soggetti a intervenire come sponsor al posto della Fondazione e avvii eventualmente tra questi una procedura informale di scelta (ciò comunque nei settori diversi da quello dei beni culturali).

In termini generali, possiamo dire che se il contratto deve essere di sponsorizzazione, l'iniziativa non deve partire dalla Fondazioni, ma dal soggetto pubblico.

Vi è un utilissimo studio che fece il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Presidenza del Consiglio, pubblicato sul sito della Presidenza, dal titolo "Guida operativa alle sponsorizzazioni nelle amministrazioni pubbliche", in cui sono esposti una serie di esempi di contratti di sponsorizzazioni; alcuni (Idropark di Milano, il Palalottomatica, la Carta Verde delle Ferrovie dello Stato) si differenziano dal tipico intervento delle Fondazioni, ma altri sono più vicini, come nel caso del rapporto tra Comune di Siena e Fondazione Monte Paschi articolato in una serie di servizi con il logo della Fondazione sulle carte dei servizi e inquadrato come rapporto di sponsorizzazione [5]. In quello studio, si fa riferimento anche ai problemi fiscali, nel senso che si indicano le risposte che diede l'amministrazione fiscale a seguito di alcuni quesiti, a seguito dei quali le operazioni, oggetto di contratto di sponsorizzazione della pubblica amministrazione, sono state ritenute assoggettate ad Iva.

Va comunque precisato che in alcuni casi le sponsorizzazioni si possono inserire in operazioni più complesse, in cui intervengono anche altri atti (ad es. di compravendita) e in quei casi la sponsorizzazione può avere un valore solo accessorio rispetto ad altri contratti principali e si deve verificare quali procedure debba seguire la p.a. per detti contratti.

Si deve, infine, fare riferimento al concetto di "adozione di un monumento", citato nelle linee guida, anche se si tratta di una espressione, che non corrisponde sul piano giuridico a un autonomo istituto, ma ha una valenza puramente descrittiva di un fenomeno fattuale, di cui occorre esattamente chiarire la sussumibilità nelle fattispecie normativamente tipizzate.

L'espressione "adozione di un monumento" può essere indifferentemente utilizzata nella prassi tanto con riferimento a ipotesi caratterizzate dall'assenza di qualsivoglia prestazione a carico dell'amministrazione (erogazione liberale), quanto in casi in cui, all'opposto, la c.d. "adozione" trovi la propria contropartita in un ritorno d'immagine particolarmente intenso in favore del privato, in quanto - come detto - realizzato mediante l'associazione del nome dell'erogante non già a un determinato intervento di tutela o valorizzazione, bensì direttamente al bene culturale "preso in cura" (sponsorizzazione, in cui anzi il rapporto di sponsorship assume una valenza "forte", ossia qualificata dalla speciale intensità del rapporto intercorrente con il bene).

Mentre, infatti, ordinariamente il rapporto di sponsorizzazione comporta un'associazione tra lo sponsor e uno specifico intervento di tutela o valorizzazione, invece la c.d. "adozione del monumento" consente al privato di legare direttamente il proprio nome al bene culturale, comportando quindi l'attribuzione di utilità economiche di maggiore e più rilevante entità.

Nelle linee guida si evidenzia che la semplice sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture è da ritenere ordinariamente preferibile, sia perché di regola consente una più appropriata stima del valore economico della controprestazione offerta dall'amministrazione, sia - soprattutto - perché pone minori problemi di compatibilità rispetto alle esigenze di tutela e valorizzazione del bene culturale interessato, in quanto non realizza un'associazione tra lo sponsor e il bene destinata a protrarsi nel tempo.

3.3. Altre forme di intervento

Un accenno finale sulle altre forme di intervento: vi sono altri tipi di operazioni che nulla hanno a che vedere né con la sponsorizzazione né con la erogazione liberale.

Quando le amministrazioni ottengono, parzialmente o totalmente, le risorse economiche necessarie per finanziare l'opera pubblica ed il soggetto promotore è contemporaneamente finanziatore, realizzatore e gestore dell'opera pubblica si rientra nelle operazioni di project financing, istituto ora disciplinato dagli articoli 152 e ss. del d.lgs. n. 163/2006 - Codice dei contratti pubblici; la ratio è la medesima di quella della sponsorizzazione, anche se il finanziamento, tipico del project financing, comporta un ruolo attivo del privato e, di conseguenza, l'applicabilità di specifiche disposizioni, del tutto diverse da quelle applicabili alle sponsorizzazioni.

Ciò è confermato nelle linee guida, dove si sottolinea che nel project financing il rapporto economico si presenta più complesso, posto che il soggetto promotore/finanziatore, non solo si occupa della realizzazione, ma anche della gestione dell'opera pubblica e con il flusso di cassa generato ottiene la remunerazione del capitale investito, secondo lo schema tipico della concessione di costruzione (realizzazione dei lavori di restauro) e gestione (del servizio pubblico erogato dal bene; nel caso di beni culturali, del servizio pubblico di apertura alla pubblica fruizione e di valorizzazione del bene restaurato). Il privato svolge, dunque, un ruolo attivo da cui deriva l'applicabilità di disposizioni del tutto peculiari, anche per ciò che concerne le procedure di affidamento.

Ipotesi affine è quella in cui si tratta di eseguire dei lavori, accompagnati poi dal diritto di gestire l'opera, cioè la vecchia concessione di costruzione e gestione, che oggi è denominata concessione di lavori pubblici, che è anche espressamente disciplinata dal codice degli appalti (artt. 142 e ss. d.lgs. n. 163/2006). Mentre quando vi è esecuzione dei lavori su un bene proprio della Fondazione, anche con una successiva destinazione alla collettività, si è in presenza di un caso che sulla base del presupposto che le Fondazioni non sono soggetto pubblico non determina nessun problema interpretativo ed esula dall'ambito di applicazione di discipline pubblicistiche.

Altra fattispecie, più vicina al mecenatismo, è quella dell'accordo culturale di valorizzazione tra un privato finanziatore e l'amministrazione, avente ad oggetto un più ampio programma o progetto di partnership pubblico-privato (di tipo contrattuale e non istituzionale), riferito al restauro di un bene o di un complesso di beni e articolato anche in attività culturali di vario genere (inerenti direttamente o non alla tutela: dalla documentazione e riproduzione dei lavori e degli interventi di conservazione, alla catalogazione, alla pubblicazione dei risultati delle indagini, e via dicendo).

Secondo le linee guida si tratta di figure complesse, riconducibili anche agli accordi culturali di cui all'articolo 112 del Codice bb.cc. (dove la valorizzazione deve intendersi soprattutto come miglioramento della tutela, ma anche, in prospettiva, come miglioramento delle condizioni di pubblica fruizione del bene). Anche questi accordi, che pure possono assumere una notevole complessità e possono contenere la previsione di specifici obblighi di facere dell'amministrazione, se stipulati con istituzioni scientifiche e culturali, anche di diritto privato, italiane o straniere, quali fondazioni culturali o associazioni e altri enti privi di fini di lucro, sono e restano riferibili al mecenatismo e sono e restano, pertanto, liberi da adempimenti burocratici; ad essi non è applicabile l'articolo 199-bis del Codice c.p. ed è e rimane possibile e legittima la negoziazione diretta e la trattativa privata, anche su specifica proposta e iniziativa del mecenate privato.

Secondo le linee guida, nel caso in cui un siffatto accordo di collaborazione di lungo termine, di partenariato pubblico-privato preordinato alla gestione comune e alla collaborazione nella gestione di progetti e iniziative di tutela e valorizzazione di beni culturali, ancorché con connotazione scientifica e di ricerca, siano invece proposti da imprese (società commerciali ed enti perseguenti scopi di lucro), allora gli uffici dovranno prestare la massima attenzione nella disamina e trattazione di tali rapporti, al fine di pervenire ad una corretta e legittima qualificazione giuridica della vicenda, sì da poter conseguentemente fare applicazione della disciplina appropriata e pertinente.

Peraltro, gli accordi con le Fondazioni bancarie sono espressamente previsti dall'art. 121 del Codice dei beni culturali, che stabilisce che il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, ciascuno nel proprio ambito, possono stipulare, anche congiuntamente, protocolli di intesa con le fondazioni conferenti di cui alle disposizioni in materia di ristrutturazione e disciplina del gruppo creditizio, che statutariamente perseguano scopi di utilità sociale nel settore dell'arte e delle attività e beni culturali, al fine di coordinare gli interventi di valorizzazione sul patrimonio culturale e, in tale contesto, garantire l'equilibrato impiego delle risorse finanziarie messe a disposizione.

Viene aggiunto che la parte pubblica può concorrere, con proprie risorse finanziarie, per garantire il perseguimento degli obiettivi dei protocolli di intesa (e, in questo caso, può scattare l'assoggettabilità alle procedure di evidenza pubblica ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. d) e e) del d.lgs. n. 163/2006, che stabilisce tale assoggettabilità per lavori o servizi che, benché affidati da soggetti privati, abbiano un contributo pubblico superiore al 50%.

Sempre secondo le linee guida, sono del tutto esclusi dall'ambito applicativo delle disposizioni di cui agli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice c.p. e del presente Documento e non sottoposti ad alcuna restrizione anche i rapporti di partenariato con soggetti non lucrativi finalizzati allo svolgimento di attività di fund raising, nelle più varie e diverse forme, in favore della realizzazione di interventi conservativi o di valorizzazione di beni culturali.

4. Conclusioni

In conclusione, partendo dal presupposto che le Fondazioni bancarie sono soggetti privati, non inquadrabili come organismi di diritto pubblico, si può ritenere che:

a) sono interamente riservate all'autonomia privata delle Fondazioni le attività contrattuali relative a propri beni e per proprie finalità, quali l'acquisto di beni o servizi, la progettazione e costruzione di immobili, il reclutamento di personale o il conferimento di incarichi professionali, ecc. Anche quando l'esecuzione dei lavori su un bene proprio sia finalizzata alla successiva destinazione alla collettività senza un diretto coinvolgimento dell'amministrazione pubblica non si pone alcun tipo di problema, fermo restando il diverso caso, disciplinato dall'art. 32 del codice appalti, dell'esistenza di un contributo pubblico superiore al 50% dell'importo;

b) le erogazioni liberali da parte delle Fondazioni non creano alcun tipo di problema, né sono soggette all'applicazione di discipline pubblicistiche; tale conclusione vale sia che si tratti di erogazione diretta di somme di denaro, che verranno utilizzate dai destinatari osservando le forme (pubbliche o private) richieste dalla loro natura di soggetti pubblici o privati, sia nel caso in cui la Fondazione provvede a pagare prestazioni rese a favore delle amministrazioni, accollandosi il relativo debito tramite la stipula di apposite convenzioni, sia in presenza di una donazione diretta di beni (attrezzature, macchinari, autoveicoli, ecc.) acquisiti dalla medesima Fondazione e destinati ad un soggetto, sia esso pubblico o privato;

c) in caso di interventi delle Fondazioni che riguardino interventi, relativi allo svolgimento di servizi o alla realizzazione di lavori pubblici, realizzati direttamente dalle medesime (quando cioè la Fondazione non si limita ad erogare la somma di denaro o ad accollarsi il pagamento delle fatture, ma provvede direttamente), i dubbi in precedenza sorti circa la presenza di attività riservate alla pubblica amministrazione (ad es., la progettazione), devono ritenersi ormai superati dalla sopravvenuta normativa, che fa espresso riferimento per le sponsorizzazioni allo svolgimento anche dell'attività di progettazione;

d) alle erogazioni in denaro e alle donazioni dirette si affianca la figura della sponsorizzazione, contratto atipico che presuppone la corrispettività del rapporto, al quale si applicano gli artt. 26 e 27 del Codice dei Contratti pubblici e l'art. 199-bis per il settore dei beni culturali, salvo alcune eccezioni;

e) il nuovo quadro normativo conferma che lo strumento più idoneo agli interventi delle Fondazioni bancarie in favore della collettività è quello delle erogazioni liberali, rientrando in queste anche quei casi in cui la Fondazione accetti o chieda una qualche forma di riconoscimento, soprattutto morale e ideale (o comunque inerente a un interesse patrimoniale che non trova diretta corrispettività in un obbligo posto a carico dell'amministrazione), dell'elargizione accordata;

f) in fattispecie più complesse si può fare ricorso a più articolate forme di partenariato pubblico privato, che non presentano particolari problemi se restano nell'ambito delle elargizioni liberali.

 

Note

[1] Per un commento, vedi F. Di Mauro, Le norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni in materia di sponsorizzazioni di beni culturali: i tratti essenziali, in Aedon, 2012, 3.

[2] In questo senso, F. Mastragostino, Sponsorizzazioni e pubbliche amministrazioni: caratteri generali e fattori di specialità, in Aedon, 2010, 1; G. Fidone, Il ruolo dei privati nella valorizzazione dei beni culturali: dalle sponsorizzazioni alle forme di gestione, in Aedon, 2012, 1-2.

[3] R. Chieppa, Erogazioni liberali e sponsorizzazioni: quali modalità di intervento delle Fondazioni nel settore pubblico, in Aedon, 2010, 1.

[4] Sia consentito rinviare a R. Chieppa, I contratti di sponsorizzazione, in Trattato sui contratti pubblici, I, Milano 2008, pag. 460, in cui sono contenute tutte le indicazioni e i riferimenti.

[5] P. Testa (a cura di), Guida operativa alle sponsorizzazioni nelle amministrazioni pubbliche, in www.funzionepubblica.it.

 

 

 



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