testata
numerocorrentehome../indice../risorse%20web

Territori e patrimonio culturale

Tutela e conservazione dei beni culturali nei Piani di gestione Unesco: i casi di Vicenza e Verona [*]

di Antonio Cassatella

Sommario: 1. Osservazioni introduttive: la protezione dei beni culturali, dal diritto ultrastatuale al diritto dei singoli Stati e ritorno. - 2. Protezione e tutela dei pani culturali nel Piano di gestione del comune di Vicenza e delle ville palladiane. - 3. Protezione e tutela dei beni culturali nel Piano di gestione del comune di Verona. - 4. L'amministrazione locale di standard globali nei Piani di gestione Unesco: implicazioni e prospettive.

Preservation of Cultural Property in Unesco Management Plans: Vicenza and Verona Cases
This article analyses the Unesco management plans for the World Heritage sites of the Italian cities of Vicenza and Verona; it evaluates their content and effects, in addition to their impact on local land planning and management. The analysis is carried out in a global administrative law perspective, as it tries to verify whether, and to what extent, the activity of an international organization like Unesco can effectively influence the exercise of administrative functions traditionally reserved to the State. The basic assumption is that through Unesco management plans States get to administer global standards and are involved in the exercise of global administrative functions.


Bisogna saper scegliere con rigore: la conservazione consiste in un'alternativa intelligente di difese e rinunce.
(G. Piovene, "Viaggio in Italia", 1956)

1. Osservazioni introduttive: la protezione dei beni culturali, dal diritto ultrastatuale al diritto dei singoli Stati e ritorno

Nell'attuale contesto storico-giuridico, tutela, conservazione e protezione dei beni culturali non sono affidate alla cura delle sole amministrazioni nazionali, ma anche ad organismi sopranazionali, fra cui spicca soprattutto l'Unesco [1].

Attraverso il sistema di interventi programmato nell'ambito della Convenzione internazionale per la tutela del patrimonio mondiale, naturale e culturale del 16 novembre 1972 [2], resa esecutiva in Italia nel 1977 [3], l'Unesco ha favorito la creazione di un sistema protezione transnazionale dei beni culturali, qualificati come beni suscettibili di particolare tutela in quanto appartenenti al patrimonio stesso del genere umano [4].

Il fenomeno può essere colto dal giurista non solo con riferimento alla dimensione propriamente transnazionale della protezione dei beni culturali, mediante un'analisi della struttura giuridica dell'Unesco e dei rapporti dell'organizzazione con i singoli Stati che ad essa afferiscono, ma anche con riguardo all'impatto del fenomeno sul funzionamento dell'amministrazione domestica, cogliendo le interrelazioni sussistenti fra la tutela dei beni culturali nello "spazio giuridico globale" - per utilizzare una fortunata locuzione di Sabino Cassese - e nei singoli ordinamenti nazionali [5].

Delimitando in tal senso il campo d'indagine, la rilevanza giuridica del fenomeno può essere colta verificando in quali termini l'azione globale dell'Unesco condizioni l'esercizio di funzioni amministrative statali e locali, ed in quali termini la stessa attività amministrativa interna incida sulla complessiva efficacia della protezione programmata a livello globale, nell'ambito di un modello che potrebbe definirsi di "amministrazione nazionale di standard e principi di tutela globale" [6].

I Piani di gestione Unesco rappresentano uno dei possibili esempi dell'evidenziato modello relazionale, la cui effettiva tenuta può essere verificata prendendo in esame le concrete vicende relative ai Siti di Vicenza e Verona, realtà facilmente comparabili per vicinanza territoriale, storica e culturale [7].

Prima di procedere nell'indagine, sembra opportuno chiarire in cosa consistano i Piani di gestione Unesco e quale sia la loro disciplina poSitiva.

Va rammentato, sul punto, come attraverso la c.d. dichiarazione di Budaspest del 2002, il World Heritage Commitee dell'Unesco abbia invitato gli Stati membri dell'Organizzazione a rafforzare le iniziative a tutela del patrimonio culturale mondiale, incentivando l'effettiva protezione dei singoli beni già iscritti (o di cui si auspica l'iscrizione) nella World Heritage List, in modo da garantire un equilibrato bilanciamento degli interessi sottesi alla conservazione e fruizione dei vari Siti, rilevanti non solo sul Piano culturale, ma anche economico e sociale [8].

In aderenza agli obiettivi della dichiarazione di Budapest, le linee guida relative al procedimento di iscrizione di un determinato Sito nella World Heritage List prevedono espressamente che l'istanza debba essere corredata da un Piano di gestione, la cui concreta attuazione va garantita da parte degli organismi proponenti, predisponendo a questo scopo tutti gli strumenti per un'efficace protezione dell'area, e pubblicando dei rapporti periodici sul grado di protezione ed implementazione delle tutele delle singole aree inserite nella lista dell'Unesco [9].

Con la legge 20 febbraio 2006, n. 77 l'Italia ha previsto che l'elaborazione del Piano di gestione del Sito non sia necessaria solamente ai fini dell'iscrizione nella World Heritage List, ma costituisca anche una dotazione obbligatoria dei Siti che abbiano già ottenuto tale riconoscimento da parte dell'Unesco, nell'ottica di garantire una protezione e tutela continua di tali beni ed elevare gli stessi standard di tutela alle indicazioni contenute nella dichiarazione di Budapest [10].

I Piani di gestione hanno funzioni programmatorie e di coordinamento, stabilendo la Pianificazione degli interventi a tutela del patrimonio culturale ed coordinando tutti gli interessi afferenti ai Siti [11]. Si tratta, al contempo, di Piani di settore, che integrano la disciplina urbanistico-paesaggistica del territorio e ne condizionano la fruizione, subordinandola al rispetto di regole dettate nell'interesse pubblico [12].

Si pongono così in essere differenti livelli di protezione dei beni ricompresi nel patrimonio mondiale dell'umanità, ciascuno dei quali corrisponde ad un differente ordine di interessi tutelati dall'Unesco, dai singoli Stati, e da enti territoriali substatali: l'Unesco detta standard generali di protezione del Sito; gli standard sono implementati dal legislatore statale, che conferisce ad essi rilevanza giuridica cogente imponendo determinate misure amministrative a protezione del bene; le amministrazioni statali e substatali esercitano le funzioni amministrative di attuazione della legislazione statuale attuativa dei principi globali, i cui risultati sono soggette a controllo sia da parte dello Stato che dell'Unesco.

I singoli Siti sono protetti attraverso meccanismi di gestione e controllo strutturati secondo una logica che combina dinamiche "top-down" (dagli standard Unesco al legislatore ed alle amministrazioni statali e locali) e dinamiche "bottom-up" (dalle amministrazioni locali e statali all'Unesco), ed il cui perno è costituito, nel caso in esame, dai singoli Piani di gestione.

L'organismo sopranazionale che fissa lo standard, in difetto di strutture proprie, deve necessariamente ricorrere alle amministrazioni statali e substatali per realizzare delle efficaci politiche di protezione dei singoli Siti e tutelare gli interessi di riferimento; le amministrazioni statali e substatali che attuano le singole misure esercitano i relativi poteri all'interno di una cornice di valori ed interessi espressi a livello sopranazionale, ed adottano decisioni caratterizzate da una rilevanza giuridica che trascende l'ambito territoriale di riferimento e produce i suoi effetti giuridici a livello sopranazionale [13].

Se si volessero seguire le teorizzazioni romaniane sul pluralismo degli ordinamenti giuridici, si tratterebbe di un caso in cui due ordinamenti reciprocamente indipendenti influenzano a vicenda la loro attività mediante la fissazione di standard e la loro implementazione: rispetto all'ordinamento statuale, si tratta di misure amministrative a tutela di un interesse pubblico riconosciuto come rilevante dal legislatore e dalle singole amministrazioni territoriali interessate; rispetto al contesto giuridico globale, si tratta di strumenti di implementazione degli standard dettati dall'Unesco e di parametri di riferimento utili a verificare l'effettiva rispondenza delle misure adottate in ambito statuale agli interessi pubblici di rilievo transnazionale perseguiti dall'Organizzazione.

Esemplificando i termini del discorso: i Piani del traffico veicolare dei comuni di Vicenza e Verona costituiscono, secondo le categorie tradizionali del giurista interno, misure amministrative di rilevanza esclusivamente locale; a seguito dell'inclusione dei centri storici delle due città nella World Heritage List, esse acquisiscono una rilevanza giuridica sopranazionale, nella parte in cui la gestione dei flussi veicolari in zone di assoluto pregio storico-artistico è indicatore della protezione accordata al Sito protetto dall'Unesco. Vengono così ridefiniti i poteri di governo del territorio e dell'economia locale, le responsabilità degli organi titolari di funzioni amministrative direttamente o indirettamente connesse alla protezione del Sito, una trasformazione della stessa discrezionalità amministrativa, che non può ignorare la variabile rappresentata dall'esigenza di proteggere, attraverso poteri amministrativi statuali, interessi pubblici ultrastatuali, e l'interesse diffuso dell'intera popolazione mondiale alla conservazione dei valori espressi dal bene culturale.

Le modalità di questa reciproca influenza possono essere comprese solo partendo dalla prassi, su cui va ora concentrata l'indagine.

2. Protezione e tutela dei beni culturali nel Piano di gestione del comune di Vicenza e delle ville palladiane

La città di Vicenza è stata iscritta nella World Heritage List nel 1994, con estensione di tale status alle più rilevanti testimonianze dell'architettura palladiana dislocate nelle restanti parti del territorio veneto nel 1996 [14], in considerazione del loro rilevanza storico architettonica, tale da soddisfare i criteri i) e ii) stabiliti dalle linee guida della Convezione del 1972 [15].

Il Sito si sviluppa su un territorio vasto e disomogeneo, costituto dal capoluogo vicentino e da una serie di aree situate in altre province venete (Treviso, Padova, Verona, Rovigo), presso le quali si trovano esempi notevoli dell'architettura palladiana. Il tratto unitario del territorio deve rinvenirsi nell'uniformità storico-artistica dei beni culturali soggetti a protezione, espressiva del peculiare linguaggio architettonico di Palladio e del legame sussistente fra le sue creazioni e l'originario paesaggio, urbano e campestre, della pianura e collina veneta.

Sul Piano prettamente giuridico, appare di immediata evidenza come il Sito debba essere cogestito non solo dall'Amministrazione comunale vicentina e dalla competente Soprintendenza, ma anche dalle altre Amministrazioni provinciali e comunali nel cui suolo risultano ubicate le varie ville soggette a tutela, ponendo peculiari problematiche di programmazione e coordinamento fra gli interessi pubblici curati dalle singole Amministrazioni e gli interessi dei privati connessi alla fruizione dei vari immobili.

Il procedimento di approvazione del Piano di gestione del Sito è stato avviato nel 2004 mediante la preventiva elaborazione e sottoscrizione di un protocollo d'intesa fra il comune di Vicenza e le altre Amministrazioni coinvolte nella sua elaborazione ed attuazione, assegnando alla regione Veneto funzioni di coordinamento generale in ordine alla definizione delle finalità e degli obiettivi dell'intesa [16].

La varietà degli interessi coinvolti spiega anche la specifica genesi del Piano ed i riflessi organizzativi connessi alla sua elaborazione, avvenuta ad opera di Commissione di "pilotaggio" e vari gruppi di lavoro, composti, tra gli altri, da rappresentanti dei comuni, della Province, delle Soprintendenze provinciali e dalla Soprintendenza per i beni architettonici, dall'Istituto Regionale delle Ville Venete [17], dal Centro internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio" [18], dalla Diocesi di Vicenza, con l'apporto di organismi privati come l'Associazione Ville Venete [19].

La parte III del Piano di gestione è espressamente dedicata alla tutela e conservazione del Sito e dei beni culturali identificati al suo interno, rispecchiando, anche sotto tale profilo, il carattere multiforme dei beni rientranti nella zona e l'esigenza di strumenti di una tutela differenziata in relazione ai vari interessi pubblici in gioco [20].

La protezione impressa al Sito dal Piano di gestione si articola in due differenti direttrici: da un lato, si ritiene indispensabile una tutela diretta dei beni di specifica rilevanza culturale inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco; dall'altro, si afferma la necessità di una tutela dell'ambiente immediatamente circostante i vari monumenti, comprensivo dell'intero contesto urbano di Vicenza e dei vari contesti paesistici in cui si inseriscono le restanti ville venete, realizzati per la maggior parte in aree agricole, interessate nella seconda metà del XX secolo da fenomeni di massiccia urbanizzazione [21].

Le attività a protezione dei beni culturali sono prefissate dal Piano in funzione delle aree e dei luoghi di intervento, distinguendo le attività effettuate nella città di Vicenza, dalle attività effettuate nelle restanti aree del Sito. E' possibile procedere all'analisi delle varie attività separando: a) gli interventi a tutela e protezione della città palladiana; b) gli interventi a tutela degli altri Siti; c) le attività residue a tutela dell'intero patrimonio palladiano, indipendentemente dalla sua localizzazione.

a) Per quanto concerne gli interventi a tutela e protezione della città di Vicenza, il Piano di gestione si articola in una serie di Piani settoriali dedicati a specifiche forme di tutela del patrimonio.

E' stato elaborato, innanzitutto, un Piano settoriale di manutenzione e recupero degli edifici esistenti, attraverso cui vengono programmate e coordinate le attività direttamente concernenti il patrimonio edilizio palladiano situato nel centro città, suddivise in vari ambiti territoriali di intervento [22].

Il Piano disciplina gli interventi di restauro e risanamento degli edifici palladiani di maggiore importanza, e programma interventi mirati ad un maggior raccordo fra i vari monumenti nell'ambito di percorsi culturali ad uso prettamente turistico [23].

Viene inoltre stabilita una manutenzione periodica dell'intero patrimonio culturale del capoluogo vicentino, sulla base di un modello di tutela e "protezione continua e preventiva" delle varie strutture edilizie situate nel centro della città [24]. Nell'ambito degli interventi di manutenzione continua viene programmata anche una più ampia riqualificazione delle strutture viarie, delle piazze e dei giardini più importanti del centro storico cittadino, restituite alla loro dimensione di originario tessuto connettivo fra i vari monumenti dislocati nella città [25].

Al Piano di manutenzione e recupero si accompagna un ulteriore Piano di protezione degli edifici palladiani, che prevede forme di tutela "statica" e vincolistica dei vari beni, ed una tutela "dinamica", volta a garantire un equilibrato sviluppo urbano nelle aree immediatamente adiacenti ai predetti beni immobili [26].

I vari vincoli impressi sulle opere palladiane sono caratterizzati, secondo gli stessi estensori del Piano di gestione, da una particolare disomogeneità, che ne impone la revisione e razionalizzazione, su iniziativa della Soprintendenza dei Beni Culturali. La revisione dei predetti vincoli appare funzionale, nell'ottica del Piano, alla creazione di una c.d. buffer zone (zona tampone) a tutela dei singoli edifici [27], nell'ambito della quale la proprietà urbana sarà conformata alle esigenze del Sito, limitando lo jus aedificandi e rafforzando la conservazione di aree verdi o non ancora edificate, anche mediante una razionalizzazione dei flussi di traffico.

Un terzo intervento riguarda la revisione degli strumenti urbanistici vigenti nel comune di Vicenza, da coordinare con le esigenze di protezione del territorio comunale impresse dal riconoscimento dello status di Sito Unesco e con la sopravvenuta disciplina urbanistica regionale del Veneto (l.r. n. 11/2004), in modo da incentivare la vocazione turistica e culturale della città [28].

I Piani urbanistici costituiscono il principale strumento di protezione dell'intero contesto entro il quale si situano i beni di maggior pregio storico-architettonico, non solo mediante scelte vincolistiche e conformative [29] ma anche attraverso la programmata adozione di misure volte a rivitalizzare il centro cittadino [30] ed interventi a tutela dei corsi fluviali che attraversano la città, oltre che mediante la difesa del paesaggio agricolo situato nella zona collinare del capoluogo, in cui sono situate alcune delle principali opere palladiane.

b) Anche la tutela e protezione delle ville venete dislocate oltre il contesto urbano del capoluogo viene perseguita attraverso vari Piani settoriali, volti alla protezione diretta degli immobili o alla loro protezione indiretta mediante interventi più generali sulle aree circostanti.

Si tratta di Piani similari a quelli elaborati con riferimento alla città, che ne costituiscono il modello. Si tratta, al contempo, di strumenti di dettaglio, attuativi delle linee guida contenute nel Piano di gestione, cui fanno rinvio per la definizione delle linee generali di intervento sul patrimonio palladiano.

Il Piano degli interventi sulle singole strutture contiene un'analitica indicazione delle attività di restauro, recupero e riqualificazione delle varie ville, indicando per ciascuna di esse le caratteristiche dell'intervento, le correlate destinazioni funzionali, il ruolo eventualmente assunto dalle singole Amministrazioni locali, o da soggetti privati, come proprietari, finanziatori o fruitori dell'intervento [31].

Analogo contenuto presenta il Piano degli interventi di manutenzione e recupero delle ville, relativamente al quale si distinguono le attività effettuate su beni di patrimonio pubblico o su edifici privati, soggetti a minore controllo in ordine alle tempistiche ed alle modalità degli interventi. Nell'ambito di questo Piano settoriale la protezione delle ville viene effettuata anche mediante l'adozione di specifiche misure Pianificatorie comunali preordinate alla tutela dei residui dintorni rurali in cui sono inseriti gli edifici, lasciate comunque alla discrezionalità tecnico urbanistica delle singole Amministrazioni locali [32].

In puntuale parallelismo con le scelte effettuate per la tutela del capoluogo, sussiste anche un Piano delle protezioni delle varie ville, che si sviluppa nel solco già tracciato dal Piano relativo al centro di Vicenza, mediante una revisione dei vincoli gravanti sui singoli beni immobili e degli strumenti di Piano alla luce della sopravvenuta disciplina urbanistica regionale, oltre che attraverso l'individuazione di buffer zone attorno ai singoli edifici [33].

Sempre con riferimento alle strategie di protezione delle ville palladiane, il Piano di gestione richiama anche il progetto strategico "Le ville di Andrea Palladio", elaborato a sensi dell'art. 26 della l.r. 11/04 ed approvato con delibera della Giunta regionale n. 2214/06 [34], che stabilisce specifiche misure di salvaguardia attorno a ciascuna villa, la ricomposizione dell'immagine ambientale dei contesti entro cui sono ubicati i singoli edifici, la previsione di eventuali aggiornamenti della disciplina urbanistica vigente mediante il ricorso ad accordi di programma.

Il progetto appare significativo non tanto per le tipologie di tutela assicurate alle singole ville - che lo stesso Piano di gestione ritiene sufficientemente determinate dalla vigente legislazione urbanistica e dei beni culturali - quanto per la rilevanza accordata alla "metodologia" di elaborazione delle predette tutele, da formarsi in maniera concordata ed organica, stabilendo livelli minimi ed obiettivi di protezione uniforme dei vari immobili dislocati nell'intero territorio regionale. Secondo le indicazioni del Piano di gestione, il progetto è predisposto da un gruppo di lavoro che rispecchia, sul Piano organizzativo, il carattere compoSito degli interessi sottesi alla realizzazione dei segnalati obiettivi di tutela, rappresentati dalla Segreteria Regionale dell'Ambiente e del Territorio, con la partecipazione dell'Istituto Regionale delle Ville Venete e del ministero dei Beni culturali.

c) Il Piano di gestione prevede, infine, ulteriori forme di tutela del Sito Unesco, che si articolano attraverso la definizione di strategie culturali di medio-lungo periodo volte ad un coinvolgimento attivo della popolazione, in un'ottica di "sussidiarietà orizzontale", nella gestione e fruizione dei vari immobili, preordinata alla conservazione dei beni ed alla più ampia formazione culturale della cittadinanza [35].

Tali obiettivi vengono perseguiti mediante il Piano settoriale della ricerca scientifica e tecnologica, avente ad oggetto la figura di Andrea Palladio e dei suoi allievi, funzionale ad accrescere non solo la specifica conoscenza delle vicende storico-artistiche e tecniche connesse alla creazione dell'architettura palladiana, ma anche ad aumentare la coscienza del significato universale del Sito stesso [36].

Sono inoltre previste forme di coinvolgimento della popolazione locale nella conoscenza e fruizione delle ville, incentivando la consapevolezza dello specifico valore dal patrimonio culturale locale, inteso come un bene da conservare e tutelare, sia perché costituisce un valore in sé ed un tratto caratterizzante il paesaggio e l'ambiente veneto, sia perché rappresenta un fattore di promozione turistica del territorio.

E' previsto anche il diretto coinvolgimento della popolazione locale nella gestione del patrimonio di proprietà pubblica, sia a scopi formativi che al fine di promuovere la diretta assunzione delle responsabilità della cittadinanza nella cura e tutela continua del bene culturale, sottraendolo alla dimensione puramente museale e restituendolo alla fruizione collettiva [37].

3. Protezione e tutela dei beni culturali nel Piano di gestione del comune di Verona

La città di Verona è stata iscritta nella World Heritage List il 30 novembre del 2000, sulla base dei criteri ii) e iv) [38], trattandosi di una città che si è sviluppata progressivamente e ininterrottamente nel corso di duemila anni, mediante l'integrazione di elementi artistici di qualità rilevante, stratificati nei diversi periodi storici ed attualmente compresenti nella sua struttura urbana, che rappresenta una delle più importanti testimonianze storiche di "città fortificata" [39].

L'intera città rientra nel patrimonio Unesco, richiedendo forme di tutela e protezione che vanno oltre la specifica conservazione di determinati edifici od elementi del territorio, ed impongono alle amministrazioni competenti la definizione di strategie e programmi di particolare ampiezza. Si è quindi proceduto, negli anni successivi al riconoscimento del Sito, all'elaborazione di un Piano di gestione che funge da cornice dei vari interventi da realizzare a protezione del contesto urbano e dei singoli beni che lo compongono.

Il Piano di gestione del Sito è stato approvato nel 2005, sulla base delle linee guida precedentemente elaborate in sede ministeriale e contenute nelle circolari del ministero dei Beni culturali nn. 115 e 176/2004 e delle indicazioni emerse nell'ambito di un seminario tecnico organizzato dallo stesso ministero, al quale hanno partecipato i rappresentati delle amministrazioni competenti per i Siti del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia e dell'Emilia-Romagna [40].

L'elaborazione del Piano è avvenuta ad opera di un gruppo di lavoro composto da vari membri dell'Amministrazione comunale (assessori alla Cultura, alle Politiche del Territorio, al Turismo, all'Ambiente, allo Spettacolo, alla Valorizzazione delle Tradizioni Popolari, Commissione consiliare per la valorizzazione dell'architettura militare), della Soprintendenza e della Direzione dell'Ufficio Beni culturali ed Ecclesiastici della Curia locale [41].

Tutela e la conservazione della città di Verona si sviluppano in una duplice direttiva: il bene viene infatti protetto sia come un valore in sé che come il fattore più rilevante del possibile sviluppo economico locale, fondato sul c.d. "prodotto culturale" della città di Verona [42]. Se la Vicenza palladiana è stata il prodotto di un genio isolato e dei suoi allievi, attivi nel territorio per un breve lasso di tempo, Verona sarebbe il prodotto della persistenza di usi, costumi e tradizioni popolari in una specifica porzione del territorio veneto [43].

In tale ottica, il Piano di gestione non mira a proteggere unicamente determinati beni, di pur inestimabile rilevanza storico artistica, ma a tutelare e conservare il più ampio ed onnicomprensivo patrimonio culturale cittadino, dato dall'integrazione di "cultura materiale" (composta dall'insieme di fattori naturali, urbani, ambientali, storico artistici e museali, oltre che dall'artigianato e dai prodotti tipici della città) e "cultura intangibile" (composta da eventi e produzioni culturali, usi e costumi locali) [44].

Tutela e conservazione di un patrimonio culturale così variegato non possono essere garantite da meccanismi giuridici tradizionalmente diffusi nell'ordinamento nazionale, quali la Pianificazione urbanistica o il regime vincolistico e di destinazione impresso ai beni culturali, quanto con la programmazione integrata di più ampie attività da sviluppare e rinnovare in periodi pluriennali. Si tratta di iniziative che possono essere realizzate ricorrendo ad uno strumentario complesso, funzionale al raggiungimento dei molteplici obiettivi del Piano di gestione ed al coordinamento di una pluralità di interessi di rilevanza pubblica e privata [45].

Esaminando le previsioni e direttive contenute nel Piano di gestione emerge come i segnalati obiettivi possano essere raggiunti attraverso varie categorie di strumenti, che si ritiene di aver individuato in: a) forme "dirette" di tutela e conservazione di beni immobili di specifica rilevanza culturale; b) forme "dirette" di tutela e conservazione di beni mobili di specifica rilevanza culturale; c) forme di tutela e conservazione dell'intero sistema urbano, che incidono solamente in via "indiretta" su beni di rilevanza culturale; d) forme "indirette" di protezione e tutela dei beni culturali mediante l'apporto finanziario di soggetti privati.

a) La forma di tutela "diretta" dei beni immobili di rilevanza culturale, e tali da caratterizzare l'intero panorama urbano veronese in forza delle relative peculiarità archeologiche, storiche ed architettoniche, costituisce il principale mezzo di intervento dell'Amministrazione, che fissa una pluralità di iniziative volte alla materiale conservazione di determinati edifici o alla realizzazione di opere funzionali ad un più ampio disegno di riqualificazione dell'area cittadina. Sembra dunque emergere la consapevolezza della scarsa efficacia di interventi di conservazione e manutenzione del patrimonio storico-artistico esistente, aventi cadenza episodica e disgiunti da un più vasto disegno di recupero dei valori storico-artistici della città, come invece programmato dal Piano di gestione.

La tutela si articola in Piani annuali e triennali di opere pubbliche inerenti il Sito [46], ed in specifici interventi che interessano monumenti o luoghi dotati di particolare rilevanza archeologica o storico-artistica [47]. La concreta realizzazione di tali interventi è gestita, nell'ambito delle rispettive competenze, dall'Amministrazione comunale di Verona e dalla soprintendenza dei Beni culturali, mediante l'indizione di procedure di pubblica evidenza e l'affidamento di contratti d'appalto, i cui costi sono sostenuti dall'amministrazione locale, ed in parte ammortizzati mediante il ricorso a contratti di sponsorizzazione [48] e finanziamenti disposti dalla regione Veneto [49].

b) La tutela e conservazione "diretta" dei beni mobili si sviluppa secondo logiche parzialmente analoghe a quella dei beni immobili, mediante il restauro, la catalogazione e conservazione di opere d'arte, disegni, stampe, miniature, tessili, reperti archeologici rinvenuti nel territorio comunale o espressivi dell'arte, dell'artigianato e dell'industria locali [50].

A differenza della tutela dei beni immobili, avente ad oggetto sia edifici o strutture di particolare rilevanza archeologica, storica e culturale che edifici soggetti a tutela per il solo fatto di rientrare nel tessuto cittadino, la tutela dei beni mobili riguarda unicamente opere di specifico pregio culturale, in funzione della loro possibile fruizione in ambito museale od espoSitivo. Gli interventi a tutela di questi beni sono stati affidati all'Assessorato alla Cultura del comune ed alla Soprintendenza, con l'apporto di altri organismi pubblici e soggetti privati non solo locali, che finanziano taluni interventi di restauro e conservazione [51] o partecipano alle spese di intervento sulla base di accordi con gli enti culturali e museali presso i quali sono ospitate le varie opere [52], nell'ambito di una gestione convenzionata e coordinata di questi beni.

c) Il Piano di gestione prevede una serie di interventi di recupero, riqualificazione, restauro e ristrutturazione di immobili situati nel contesto cittadino ed adibiti ad uso collettivo, privi di uno specifico pregio culturale, ma soggetti a tutela e protezione per il fatto di contribuire a definire il tessuto urbano locale, come pure la realizzazione di opere pubbliche funzionali ad una più efficace fruizione degli spazi pubblici ed alla ridefinizione dell'immagine cittadina, valorizzata principalmente a fini turistici [53].

Incidendo sulle infrastrutture cittadine, tali interventi determinano indirettamente un'ulteriore tutela e protezione dei beni culturali di maggior pregio, facendo sì che l'equilibrio estetico della città non risulti compromesso, quantomeno nelle aree del centro storico ed immediatamente limitrofe, dalla presenza di strutture fatiscenti o dalla assenza di idonee opere di urbanizzazione.

I predetti obiettivi vengono realizzati, su un Piano più ampio e distinto da quello attinente alla realizzazione di opere pubbliche o di interventi edilizi, mediante attività volte al recupero e la protezione del Sito: possono richiamarsi le iniziative attinenti al risparmio energetico ed alla riduzione di emissioni di anidride carbonica; alla protezione del suolo mediante una più razionale gestione dei rifiuti urbani; al controllo della viabilità e del traffico nel centro cittadino ricorrendo al sistema delle targhe alterne ed al controllo elettronico degli accessi in zone a traffico limitato; alla realizzazione di piste ciclabili ed al correlato incentivo all'utilizzo di biciclette a noleggio; alla creazione di itinerari guidati al c.d. "parco dell'Adige"; all'elaborazione e revisione dei principali strumenti urbanistici di gestione del territorio, come il Piano stralcio di gestione del rischio idraulico, il Piano di assetto del territorio, i Piani di riqualificazione urbanistica di vaste aree comunali; all'adesione al progetto "Agenda 21", mediante la sottoscrizione della Carta di Aalborg e la Carta di Ferrara [54].

La categoria degli interventi "indiretti" a tutela del Sito Unesco così delineata appare idonea a comprendere un insieme atipico e residuale di strumenti giuridici, elaborati dall'Amministrazione comunale e da tutti gli enti pubblici eventualmente coinvolti nella gestione del territorio veronese (Provincia, regione, comuni limitrofi), il cui contenuto risulta variabile ed indeterminabile a priori, distinguendosi tuttavia per l'alto tasso di discrezionalità e politicità delle scelte riservate ai vari organismi competenti.

Mentre la tutela "diretta" del bene culturale e del contesto urbano evidenziata nelle precedenti categorie a) e b) risulta essenzialmente connotata da un incisivo tasso di discrezionalità tecnica, attinente all'individuazione del grado di tutela e delle modalità di intervento a protezione di un singolo bene o del contesto urbano, gli strumenti di tutela indiretta, sovente qualificabili secondo le usuali categorie di diritto interno come atti amministrativi generali, risultano connotati da una notevole discrezionalità amministrativa, obbligando le Amministrazioni competenti ad effettuare adeguati bilanciamenti in cui tenere conto delle esigenze di tutela del Sito Unesco e di eventuali interessi, pubblici e privati, che possono ostare alla realizzazione di determinate iniziative, o comunque obbligare gli organi agenti a rimeditare i loro possibili effetti sulla collettività residente [55].

d) L'ultima forma di tutela e protezione dei beni culturali nell'ambito del Piano di gestione del comune di Verona è data dall'intervento di privati, come finanziatori di opere pubbliche o di attività di restauro, recupero, ripristino di beni immobili [56], o come organizzatori di attività culturali correlate alla fruizione di beni mobili di rilevanza culturale o alla realizzazione di ulteriori iniziative economico culturali [57].

Si tratta di fenomeni correlabili, alternativamente, a forme di sussidiarietà orizzontale nell'esercizio di attività di rilevanza collettiva, o a forme di emersione giuridica della società civile e delle formazioni sociali che ne sono espressione nel contesto locale veronese, strutturate secondo il modello delle fondazioni, delle accademie, delle Onlus o delle associazioni [58].

4. L'amministrazione locale di standard globali nei Piani di gestione Unesco: implicazioni e prospettive

I limiti e l'oggetto di questo lavoro non permettono di formulare alcuna valutazione circa l'efficacia degli strumenti utilizzati per la protezione dei Siti palladiani e della città di Verona, rispetto alla quale il giudizio del giurista non sembra né opportuno, né desiderabile, in difetto di espresse conoscenze tecniche e di strumenti sufficientemente adeguati a comprendere il fenomeno.

Possono tuttavia effettuarsi alcune considerazioni di sintesi attinenti: a) alle caratteristiche degli interventi, e b) alle problematiche giuridiche sollevate da queste iniziative.

a) Per quanto concerne, innanzitutto, le caratteristiche degli interventi, va osservato come i Piani di gestione siano dei contenitori di iniziative settoriali di vario genere, presentando una sostanziale atipicità: una comparazione "orizzontale" fra gli interventi programmati a tutela di Vicenza e delle ville palladiane e gli interventi a tutela della città di Verona potrebbe essere indicativa delle diverse modalità di intervento delle singole Amministrazioni, ancorché finalizzate alla protezione di interessi astrattamente omogenei.

Gli strumenti divergono in quanto sono diversi i beni oggetto di tutela: una pluralità di beni immobili nel caso di Vicenza e ville palladiane, intesi come prodotto culturale isolato nel tempo e facilmente individuabile nello spazio; un insieme di beni materiali ed immateriali nel caso della città di Verona, intesa come sintesi stessa di un fenomeno culturale millenario.

Altro aspetto caratteristico degli interventi è quello della pluralità di interessi contenuti nel Piano di settore: nella premessa dell'indagine si è visto come l'iniziativa si iscriva in un contesto giuridico globalizzato, e dipenda dalle iniziative di protezione dell'Unesco; va tuttavia segnalato come le esigenze di protezione del patrimonio culturale dell'umanità costituiscano la premessa, e lo sfondo politico-giuridico, per l'adozione di una serie di decisioni di immediata rilevanza economico-sociale, che incide sul territorio locale e ne condiziona lo stesso sviluppo immediato. Si consideri, a fini puramente esemplificativi, l'impatto del Piano di gestione sulla disciplina urbanistica ed edilizia del territorio, o sulla gestione di appalti di opere pubbliche, o di servizi e forniture correlati alla conservazione dei singoli beni.

L'interdipendenza fra il livello sopranazionale ed il livello statuale e locale di governo del bene culturale opera, quindi, su due livelli: ad un primo livello, Stati ed enti territoriali sono i garanti dell'attuazione delle politiche stabilite dall'Unesco; ad un secondo livello, le politiche dell'Unesco sono un fattore di trasformazione della realtà locale, incidendo sugli stessi sviluppi dell'economia e della società di determinate porzioni del territorio.

Il fenomeno presenta maggior interesse sul Piano socio-economico e politologico, più che su quello giuridico; è tuttavia indicativo della riduzione della discrezionalità amministrativa delle Amministrazioni territoriali, condizionata nei presupposti e nelle finalità da una cornice normativa o da vincoli istituzionali resi più intensi dall'inclusione di determinati Siti nella World Heritage List. Quest'ultima osservazione conduce all'esame del secondo profilo di interesse.

b) La disciplina dei Piani di gestione esaminati lascia aperti alcuni interrogativi circa le implicazioni operative dei Piani di gestione Unesco e le prospettive connesse all'applicazione di tali strumenti Pianificatori nell'ordinamento italiano, suscettibili di alcune precisazioni conclusive.

Una prima implicazione riguarda la natura giuridica di tali strumenti, che non risulta definita in maniera soddisfacente dalla legge, né viene meglio chiarita dai singoli Piani: si potrebbe ritenere, da un lato, che i Piani di gestione siano propriamente atti a contenuto politico-amministrativo, volti a definire in maniera generica i programmi di protezione dei singoli Siti, e facendo rinvio, per ogni altro profilo operativo, alla disciplina urbanistica, paesaggistica, culturale, ambientale ed alle competenti Amministrazioni. Spetterebbe a queste ultime, in definitiva, la graduazione degli interessi meritevoli di concreta tutela e l'adozione delle misure maggiormente idonee ad una adeguata protezione dei vari beni.

Privi di autentica efficacia precettiva, i Piani di gestione potrebbero considerarsi come delle dichiarazioni di intento funzionali all'adempimento "formale" degli oneri derivanti dall'appartenenza di un Sito alla World Heritage List, senza che a ciò corrisponda un effettivo contenuto giuridico. Ciò sembra confermato dal rilievo per cui tali strumenti contengono una descrizione analitica dell'esistente ed una indicazione di massima delle opere o attività da realizzare, con riserva di attuazione dei relativi procedimenti ad opera degli organi competenti, ma non contengono disposizioni prescrittive, o parti normative propriamente intese: il continuo rinvio a Piani di settore o ad iniziative future nei due Piani presi in esame sembra indicativo di questa tendenza.

I Piani di gestione non sarebbero allora qualificabili neppure come "fonte sovraordinata" di ulteriori strumenti Pianificatori, né uno strumento di imposizione di specifici vincoli a carico delle proprietà incluse nei singoli Siti, per i quali continuano ad operare le disposizioni vigenti, e non avrebbero una reale forza "novativa" della disciplina del territorio e degli interessi ad esso pertinenti.

Gli stessi Piani di gestione non potrebbero essere quindi utilizzabili come parametri di legittimità dei singoli interventi, ai fini del sindacato giurisdizionale di ulteriori strumenti Pianificatori, o di atti impoSitivi di determinati vincoli a carico di beni di rilevanza culturale; essi avrebbero, tutt'al più, una residua rilevanza ai fini di una più generale ricostruzione della disciplina di un determinato territorio e delle relative tutele, nell'ambito del quale il contrasto con le previsioni del Piano di gestione possa costituire eventuale sintomo di eccesso di potere.

La prospettiva sembra tuttavia mutare se il ruolo e le funzioni dei Piani di gestione vengono ripensati con riferimento al contesto giuridico globale in cui essi operano ed al rapporto sussistente fra enti territoriali, Stati ed Unesco, nell'ambito della logica top-down e bottom-up cui si è fatto cenno in precedenza.

In questo caso, la rilevanza giuridica dei Piani appare di maggior evidenza: i Piani di gestione potrebbero essere qualificabili come strumento di programmazione delle attività di tutela dei Siti Unesco ed, al contempo, come parametro di riferimento per l'efficacia delle misure normative ed amministrative adottate dagli Stati e dalle Amministrazioni territoriali, utilizzabile nella stesura dei rapporti periodici sullo stato di conservazione e tutela del Sito. Il mancato rispetto delle previsioni e dei programmi del Piano, o l'omesso raggiungimento degli obiettivi prestabiliti, determinerebbero, conseguentemente, l'inadempimento degli oneri stabiliti dalla disciplina globale di tutela del Sito.

Uno strumento che, secondo le categorie tradizionali del diritto interno, costituisce un atto politico-programmatico, verrebbe ad essere riqualificato, secondo le categorie del pluralismo degli ordinamenti, come atto giuridico posto in essere nell'adempimento di obblighi imposti agli Stati ed agli enti substatali da un'Amministrazione sovrastatuale, all'interno di una relazione istituzionale di "interdipendenza" fra livello amministrativo territoriale, statale e globale. La stessa discrezionalità di cui gode normalmente l'Amministrazione nella predisposizione degli strumenti di Piano o di interventi a favore del territorio o dei beni culturali verrebbe ad essere compressa - secondo la prospettiva del pluralismo ordinamentale - da una serie di condizionamenti "eteronomi", indotti dalla partecipazione dello Stato ad organizzazioni internazionali, e, soprattutto, dai programmi di intervento amministrativo elaborati in ambito sovrastatuale.

Una seconda e correlata implicazione, derivante dalla peculiare rilevanza giuridica dei Piani nell'ambito sovrastatuale, attiene alla ripartizione delle responsabilità derivanti dall'omesso raggiungimento degli obiettivi stabiliti dai Piani stessi: esso dipende, in parte non secondaria, dall'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa di enti territoriali dotati di peculiari forme di autonomia normativa ed amministrativa nella gestione del territorio di riferimento, come regioni, Province e soprattutto comuni. Si tratta di enti privi di rapporti diretti con l'Unesco, la quale si relaziona in parte preponderante con lo Stato italiano, al quale andrebbero imputate le eventuali inadempienze rispetto agli obblighi derivanti dall'adesione alla Convenzione del 1972 e della correlata disciplina attuativa.

Vista nel filtro del contesto giuridico globale, la responsabilità dello Stato per il mancato raggiungimento dei parametri di tutela stabiliti dall'Unesco assumerebbe i connotati di una responsabilità per fatto altrui (nella specie: regioni, Province, comuni, oltre a soggetti privati coinvolti nella gestione del Sito), non bilanciata adeguatamente, nel diritto interno, da forme di controllo ed intervento sostitutivo dell'Amministrazione statale nei confronti degli enti substatali che non diano piena attuazione alle indicazioni contenute nel Piano, sottraendosi ad esse, in un'ottica di puro diritto interno, a fronte dell'asserita efficacia programmatica o politico-amministrativa dello strumento.

Anche in questo caso, la prospettiva del pluralismo degli ordinamenti giuridici sembra arricchire l'analisi del fenomeno: se, dal punto di vista del diritto interno, i Piani di gestione Unesco sono strumenti di raccordo che fanno salve le competenze speciali delle singole Amministrazioni coinvolte nella gestione del territorio e del bene culturale, giustificando la frammentazione di competenze e rimedi, dal punto di vista soprastatuale la frammentazione interna di competenze e funzioni diventa tendenzialmente irrilevante, ferma restando l'imputazione di eventuali responsabilità o inadempimenti degli obblighi derivanti dalla partecipazione a programmi ed attività globali allo Stato, inteso sia come apparato governativo che come ordinamento proprio ed autonomo. Nel diritto interno, ciò pone tuttavia il problema dell'elaborazione di strumenti di controllo attraverso cui lo Stato possa garantire l'effettiva implementazione di standard e principi globali, eventualmente intensificando i poteri di controllo e coordinamento sull'operato delle amministrazioni territoriali.

Le ravvisate problematiche sembrano pertanto indicative di due tendenze di fondo connesse al mutato ruolo della funzione (normativa e) amministrativa dello Stato e degli enti substatali: le loro funzioni non attengono più unicamente alla soddisfazione e tutela di interessi pubblici fissati dal legislatore nazionale per conto della generalità dei cittadini o di determinati gruppi socio economici, ma risultano preordinate, come esemplificato dalla vicenda esaminata, alla soddisfazione e tutela di interessi pubblici "globali"; gli strumenti giuridici di diritto interno attraverso i quali si esercitavano funzioni (normative e) amministrative statuali diventano, in tale quadro, strumenti di realizzazione dell'interesse pubblico globale, soggetti ad un sindacato di legittimità delle corti nazionali nei limiti della disciplina giuridica vigente, e ad un "sindacato di efficacia" che coinvolge, in ultima analisi, istituzioni sovrastatuali come la stessa Unesco.

Ciò potrebbe comportare, in prospettiva, l'esigenza di una profonda revisione delle competenze e delle funzioni delle Amministrazioni territoriali e locali nella protezione dei singoli Siti, rivedendo l'estensione della loro stessa autonomia organizzativa e funzionale ed i rapporti con le Amministrazioni statali e sovrastatali. Lo stesso fenomeno dei Piani di gestione potrebbe rappresentare, in questa prospettiva, la breccia per concepire la tutela di determinati Siti e territori come una funzione "delegata" (da Stato ed) organismi sovrastatuali, anziché come l'espressione originaria di autonomie territoriali che - nel nuovo ordine globale - risultano erose da fenomeni di eteronormazione [59].

Se "la conservazione consiste in un'alternativa intelligente di difese e rinunce", non si può quindi escludere che la difesa di Siti che appartengono al patrimonio dell'umanità implichi una rinuncia all'autonomia decisionale di Stati, e, soprattutto, degli enti che governano un territorio su cui convergono interessi sovrazionali. Restano da verificare modi, tempi e costi del fenomeno.

 

Note

[*] Il presente contributo si inserisce nell'ambito della ricerca su "I beni culturali e la globalizzazione", promossa dall'Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione (Irpa) e sostenuta dalla Fondazione Vodafone Italia, i cui principali risultati sono pubblicati nel volume La globalizzazione dei beni culturali, a cura di L. Casini, Bologna, Il Mulino, 2010 e in questa Rivista, n. 1/2010. Ringrazio il prof. Casini per i commenti alle precedenti versioni dello scritto, oltre ai funzionari competenti presso i comuni di Vicenza e Verona (in particolare il dott. Domenico Zugliani) per aver cortesemente fornito documentazione e materiali indispensabili ai fini della ricerca.

[1] Sull'Unesco e la sua struttura organizzativa, cfr. A. Albanesi, Le organizzazioni internazionali per la protezione del patrimonio culturale, in L. Casini, La globalizzazione dei beni culturali, cit., 29 ss. Nella letteratura internazionalistica, cfr. i contributi di G. Canino, Il ruolo svolto dall'Unesco nella tutela del patrimonio mondiale culturale e naturale, in La protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, a cura di M.C. Ciciriello, Napoli, 1997; F. Francioni, World Cultural Heritage List and National Sovereignity, in Humanitärites Völkerrecht, 1993, 195 ss.

[2] Cfr. http://whc.unesco.org/archive/convention-en.pdf.

[3] Legge 184/1977, in Gazzetta Ufficiale n. 129 del 13 maggio del 1977.

[4] Per un'analisi del sistema di protezione transanzionale dei beni culturali, oltre alla già segnalata opera curata da L. Casini, La globalizzazione dei beni culturali, cit., passim, cfr. S. Battini, The Procedural Side of Legal Globalization: The Case Of World Heritage Convention (2010), L. Casini, "Italian Hours". The Globalization of Cultural Property Law, (2010), entrambi presentati e discussi al seminario della New York University-Jean Monnet "The New Public Law in a Global (Dis-)Order. A Perspective from Italy" (New York, 19/20 settembre 2009); cfr. anche T. Voon, Cultural Products and the World Trade Organization, Cambridge, 2007; D. Zacharias, The Unesco Regime for the Protection of World Heritage as Prototype of an Autonomy-Gaining International Institution, 9 German Law Journal (2008) 1833.

[5] Il fenomeno si interseca con le più ampie vicende del c.d. diritto amministrativo globale, oggetto di crescenti indagini, nel corso degli ultimi anni, di una nutrita dottrina, anche italiana: sul punto, senza pretese esaustive, cfr. almeno A.C. Aman, The Limits of Globalization and the Future of Administrative Law: from Government to Governance, in Indiana Journal of Global Legal Studies, 2001, 379 ss.; id. Administrative Law in a Global Era, in Admin. Law. Review, 2002, 409 ss.; id. Globalization, Democracy and the Need for a New Administrative Law, in Indiana Journal of Global Legal Studies, 2003, 125 ss.; S. Battini, Amministrazioni senza Stato. Profili di diritto amministrativo internazionale, Milano, 2003; L. Casini, Diritto amministrativo globale, in S. Cassese, a cura di, Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, ad vocem; S. Cassese, La crisi dello Stato, Roma - Bari, 2002; id., Lo spazio giuridico globale, Roma - Bari, 2003; id. Gamberetti, tartarughe e procedure. Standars globali per i diritti amministrativi nazionali, in Riv. trim. dir. pub., 2004, 657 ss.; id. Global Standards for National Administrative Procedure, in Law and Contemporary Problems, 2005, nn. 3 - 4, 100 ss.; id., Il diritto globale, Torino, 2009; G. Della Cananea, Beyond the State: the Europeanization and the Globalization of Procedural Administrative Law, in E.P.L., 2003, 563 ss.; id. I pubblici poteri nello spazio giuridico globale, in Riv. trim. dir. pub., 2003, 1 ss.; id., Al di là dei confini statuali. Principi generali di diritto pubblico globale, Bologna, 2009; D. Dyzenhaus, The Rule of (Administrative) Law in International Law, in Law and Contemporary Problems, 2005, nn. 3 - 4, 127 ss.; G. Falcon, Internalization of Administrative Law: Actors, Fields and Techniques of Internalization - Impact of International Law on National Administrative Law, in E.R.P.L., 2006, 217 ss.; C. Harlow, Global Administrative Law: The Quest for Principles and Values, in European Journal of International Law, 2006, 187 ss.; B. Kingsbury, N. Krisch, R.B. Stewart, The Emergence of Global Administrative Law, in Law and Contemporary Problems, 2005, nn. 3 - 4, 63 ss.; J. McLean, Divergent Legal Conceptions of the State: Implications for Global Administrative Law, in Law and Contemporary Problems, 2005, nn. 3 - 4, 167 ss.; B. Kingsbury, The concept of "Law" in Global Administrative Law, 20 European Journal of International Law, 2009; N. Krisch, Global Administrative Law and the Constitutional Ambition, LSE Legal Studies Working Paper, n. 10/2009.

[6] Su tale modello, sia consentito rinviare ad A. Cassatella, La regolazione globale del mercato dei valori mobiliari: la International Organization of Securities Commissions (Iosco), in S. Battini, a cura, di, La regolazione globale dei mercati finanziari, Milano, 2007, specie 89 ss.

[7] Su i Piani di gestione Unesco, cfr. anche l'inquadramento di C. Vitale, La fruizione dei beni culturali tra ordinamento internazionale ed europeo, sempre in L. Casini, a cura di, La globalizzazione dei beni culturali, cit. specie 177 ss.

[8] La World Heritage List è consultabile on line all'indirizzo http://whc.unesco.org/en/list.

[9] Cfr. l'art. 132, paragrafo 5, e l'all. VII delle Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention: si tratta di linee guida periodicamente soggette a revisione, sulla base delle quali l'Unesco valuta la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento delle istanze di inserimento di determinati edifici o aree nel patrimonio mondiale dell'umanità, a sensi della Convezione del 1972.

[10] L. 77/2006, recante "Misure speciali di tutela e fruizione dei Siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella "lista del patrimonio mondiale, posti sotto la tutela dell'Unesco", in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2006.

[11] Cfr. art. 3, comma 2, della legge 77/2006.

[12] Sulla Pianificazione settoriale ed i suoi rapporti con la Pianificazione urbanistica, cfr. G. Pagliari, Corso di diritto urbanistico, Milano, 2007, 877 ss.

[13] Si fa riferimento a S. Romano, L'ordinamento giuridico, Pisa, 1918, 167.

[14] Cfr. le decisioni e i documenti correlati in http://whc.unesco.org/archive/repcom94.htm#712.

[15] Cfr. The Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, cit..

[16] Cfr. la Premessa al Piano di gestione, 5.

[17] L'Istituto Regionale delle Ville Venete deriva dalla trasformazione dell'originario Ente per le Ville Venete istituito con legge 243/1958, consorzio delle Amministrazioni provinciali avente funzioni di finanziamento degli interventi a tutela del patrimonio architettonico, oltre che in materia di espropriazione e misure di salvaguardia delle ville. La trasformazione dell'Ente in Istituto regionale è avvenuta con l.r. n. 63/1979, con l'attribuzione di funzioni inerenti al consolidamento, al restauro, alla promozione ed alla miglior utilizzazione, anche mediante studi e ricerche, delle ville venete rientranti nel patrimonio culturale. Nel consiglio d'amministrazione dell'Istituto sono un Presidente e tre membri eletti dal Consiglio regionale, un membro designato dalla regione Friuli-Venezia Giulia (la cui architettura è storicamente condizionata dal modello veneto, anche a fronte della comune appartenenza alla Serenissima Repubblica di Venezia), un membro designato dalla sezione veneta dell'Anci d'intesa con la regione Friuli-Venezia Giulia (appartenente ad un comune in cui sia ubicata almeno una villa veneta), un rappresentante dei proprietari delle ville.

[18] Il Centro è un istituto di ricerca fondato nel 1958 dalla regione Veneto, dalla Provincia di Vicenza, dal Comune di Vicenza, dalla Camera di Commercio di Vicenza e dall'Accademia Olimpica di Vicenza, ed è volto alla promozione di studi, pubblicazioni, attività scientifiche e culturali incentrate sulla figura di Andrea Palladio e sull'influenza della sua opera nella storia dell'architettura e dell'urbanistica.

[19] L'associazione, istituita nel 1979, è un ente senza fini di lucro composta da proprietari e sostenitori delle ville storiche del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, con lo scopo di contribuire alla tutela del patrimonio culturale delle ville, alla valorizzazione e alla maggior conoscenza di tali immobili e dell'ambiente naturale che le circonda mediante la promozione di iniziative dirette nei confronti delle Istituzioni locali e dell'opinione pubblica. All'associazione possono aderire anche i proprietari pubblici delle ville.

[20] Cfr. la Parte III del Piano, 472 ss., specie laddove si osserva come il Sito sia composto da una porzione prettamente urbana, data dal perimetro comunale di Vicenza, e da una dimensione "territoriale", comprensiva delle varie ville situate nella provincia veneta.

[21] Cfr. per tali criteri direttivi la Parte III del Piano, 473.

[22] Cfr. Parte III del Piano, 500 ss.

[23] Cfr., ad esempio, gli interventi programmati ed effettuati sulla Basilica palladiana, sulla Loggia del Capitaniato, sulla Loggetta Valmarana, sul Teatro Olimpico, su Palazzo Chiericati, sul complesso convenutale S. Corona, sulla Cattedrale di Vicenza, sulla cinta muraria cittadina.

[24] Mentre alcuni interventi di manutenzione hanno carattere straordinario (Palazzo Trissino, Palazzo del Territorio, Arco delle Scalette del Palladio), la maggior parte degli interventi programmabili ha carattere ordinario, e si riferisce a tutta la classe dei beni culturali del Sito.

[25] Cfr., con riferimento alle piazze cittadine, gli interventi programmati nella Piazza dei Signori, sulla quale si affaccia la Basilica palladiana; con riferimento ai parchi cittadini, di particolare rilievo sono soprattutto gli interventi programmati presso il Campo Marzio, vasta area prativa di collegamento fra il centro storico e la stazione ferroviaria del capoluogo, interessato negli anni da opere di pedonalizzazione e ripristino ambientale. Analoghi interventi sono programmati per il Parco Querini, situato nel pieno centro della città.

[26] Cfr. Parte III del Piano, 534 ss.

[27] Cfr. in argomento T. Kono, The Significance of a Buffer Zone under the World Heritage Convention, in Art, Antiquity and Law, 2000, 177 ss.

[28] Cfr. Parte III del Piano, 537 ss.

[29] Fra le quali vanno annoverati, a titolo esemplificativo, i vincoli di non edificabilità, i vincoli di rispetto archeologico, ma anche azioni negoziali, come la conclusione di accordi con privati per la ricomposizione figurativa dei fronti inglobati in edifici civili.

[30] Le misure annoverano, ad esempio, incentivi per attività di commercio al dettaglio, ridefinizione degli spazi urbani mediante pedonalizzazione e regolazione del traffico, rinnovamento degli arredi urbani.

[31] Cfr. Parte III del Piano, 542 ss.

[32] Cfr. Parte III del Piano, 546 ss.

[33] Cfr. Parte III del Piano, 551 ss.

[34] Cfr. Parte III del Piano, 583 s.

[35] Per un'analisi giuridica del fenomeno della c.d. "sussidiarietà orizzontale" e della partecipazione dei privati cittadini alla gestione della cosa pubblica ed alla realizzazione di interessi di rilevanza collettiva, cfr. il saggio di G. Arena, Cittadinanza attiva, Roma-Bari, 2007, mentre, per quanto riguarda i profili di rilevanza giuridica della società civile e delle organizzazioni che ne sono espressione, cfr. gli ampi studi di L. Violini, La società civile e la sua emersione giuridica, Bari, 2009, nonché P. De Carli, L'emersione giuridica della società civile con particolare riguardo alle azioni di sviluppo economico e ai servizi alla persona, Milano, 2006.

[36] Cfr. Parte IV del Piano, 593 ss., dedicata al coinvolgimento della popolazione locale nelle strategie di gestione del Sito, ma, implicitamente, ad ulteriori forme di tutela indiretta dei beni culturali che lo contraddistinguono.

[37] Cfr. Parte IV del Piano, 607 ss. Alcuni locali delle ville appartenenti ai vari comuni vengono utilizzate come sedi di locali associazioni culturali o di volontariato, onerando tuttavia i beneficiari delle attività di vigilanza e manutenzione ordinaria dei vari ambienti.

[38] Cfr. sempre The Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, cit.

[39] Cfr. la decisione ed i documenti ad essa correlati in http://whc.unesco.org/en/list/797/documents.

[40] Cfr. l'Introduzione al Piano, 15 ss.

[41] Cfr. l'Introduzione al Piano, ibidem.

[42] Cfr. l'Introduzione al Piano,16.

[43] Netto il rilievo anche in G. Piovene, Viaggio in Italia, Milano, 2003, 78.

[44] Cfr. la Parte seconda - Sistema informativo territoriale del Piano, 101 ss., nella quale vengono analiticamente descritti e cenSiti il patrimonio culturale, naturale e del paesaggio della città di Verona, le tradizioni popolari, il sistema naturalistico e paesistico, le risorse naturali ed ambientali del territorio.

[45] Per un'analisi dei meccanismi decisionali aperti alla partecipazione diretta del cittadino, cfr. per tutti M. Bombardelli, Decisioni e pubblica amministrazione: la determinazione procedimentale dell'interesse pubblico, Torino, 1996.

[46] Fra gli interventi programmati rientrano, a titolo esemplificativo, opere pubbliche di importanza strategica per la gestione della viabilità urbana e del tranSito pedonale nel centro storico e nelle aree immediatamente limitrofe ad esso, fra i quali possono menzionarsi: la riqualificazione della piazza Cittadella mediante la realizzazione di un nuovo parcheggio interrato; progetti di realizzazione di marciapiedi nelle vie del centro storico, manutenzione straordinaria dell'arredo urbano delle vie e delle piazze del centro storico.

[47] Nei segnalati interventi rientrano essenzialmente opere edili di restauro e risanamento conservativo, quali: l'estensione della fruibilità pubblica degli spazi museali di Castelvecchio, mediante ampliamento e messa in sicurezza dei camminamenti di ronda situati sulle mura della struttura; il restauro conservativo della Porta Vescovo mediante ripristino della copertura a falde dell'edificio; il consolidamento statico e restauro conservativo del Palazzo della Ragione; restauro dell'anfiteatro Arena; recupero del complesso architettonico della Biblioteca Civica.

[48] La sponsorizzazione ha permesso, ad esempio, il restauro del paramento murario e lapideo esterno degli arcovoli dell'Arena, per un importo complessivo superiore al milione di euro.

[49] Sono stati finanziati dalla regione ulteriori interventi di restauro delle murature dell'Arena, anche in tal caso per un importo complessivo superiore al milione di euro.

[50] Fra gli interventi più significativi, può farsi menzione alla catalogazione ed al riordino delle collezioni contenute nella locale Pinacoteca medievale e moderna, e ad altri interventi analoghi effettuati presso il Gabinetto dei disegni e stampe del Museo di Castelvecchio, la galleria d'arte moderna di Palazzo Forti, il Museo Civico di Storia Naturale.

[51] Fra i soggetti finanziatori rientrano infatti non solo Legambiente di Verona o il Rettorato della locale Università degli Studi, ma anche enti situati al di fuori del Veneto, seppur in zone limitrofe al territorio veronese, come il Museo di Arte Moderna e Contemporanea (Mart) di Rovereto.

[52] Significativo risulta, al riguardo, la ripulitura di una statua appartenente alla galleria d'arte moderna di Palazzo Forti, finanziata dall'archivio "Emilio Greco" di Roma, che ne ha a propria volta fruito per un'esposizione nella Capitale.

[53] Si pensi alla riqualificazione di edifici pubblici non aventi una diretta rilevanza culturale, al rifacimento di determinate arterie viarie, alla manutenzione di aree verdi, parchi e giardini.

[54]"Agenda 21" è un programma delle Nazioni Unite avente ad oggetto la realizzazione di iniziative volte alla salvaguardia dell'ambiente e del suo sviluppo sostenibile, sviluppato a livello globale, statale e locale. Cfr. http://www.un.org/esa/dsd/agenda21/.

[55] Si pensi, a titolo esemplificativo, alle scelte attinenti alla limitazione della circolazione mediante il ricorso al sistema delle targhe alterne, all'espansione delle zone a traffico limitato, alla creazione di parcheggi a pagamento che disincentivino l'ingresso in città con automezzi privati, non compensati da una razionalizzazione della circolazione dei mezzi di trasporto pubblico urbano ed extraurbano. Osservazioni analoghe potrebbero essere peraltro formulate con riferimento a qualunque scelta strategica effettuata dall'Amministrazione comunale, provinciale e regionale nella formazione di strumenti di Pianificazione generale e settoriale.

[56] Si tratta di attività attinenti al restauro di edifici sacri, civili, di proprietà pubblica, di interesse artistico generale, di ricerca, restauro e valorizzazione in campo archeologico, di interventi conservativi su beni mobili.

[57] Si pensi soprattutto alle iniziative nell'acquisto di opere d'arte o nell'organizzazione di mostre, attività museali o nel settore editoriale, mediante la pubblicazione di studi monografici in materia storico artistica.

[58] Fra i soggetti privati coinvolti in tali attività possono menzionarsi la Fondazione Cariverona, la Fondazione Arena di Verona, l'Accademia Agricoltura Scienze e Lettere, l'associazione Amici di Palazzo Forti, la "Società Amici della Musica", la "Società Letteraria", mentre, fra i soggetti legati alla realtà religiosa locale, deve farsi riferimento alla Diocesi di Verona ed alle parrocchie presso le quali sono situate le chiese di maggior pregio storico-artistico del centro cittadino.

[59] Cfr. A.M. Slaughter, A New World Order, Princeton, 2005.

 



copyright 2011 by Società editrice il Mulino
Licenza d'uso


inizio pagina