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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

a cura di Roberto Chieppa

Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.

1. Beni culturali

Cons. Stato, VI, 6 marzo 2009, n. 1332, Pres. Ruoppolo, Est. Giovagnoli. Sul sindacato sugli atti di imposizione di vincolo archeologico.

Le valutazioni in ordine all'esistenza di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l'apposizione dei relativi vincoli, sono espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità "tecnica", sia momenti di propria discrezionalità amministrativa. Tale valutazione è prerogativa esclusiva dell'Amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnica-discrezionale compiuta.

Per il ricorrente non è sufficiente evidenziare l'intrinseca opinabilità delle conclusioni cui giunge l'Amministrazione, contrapponendo ad esse una propria valutazione altrettanto opinabile, in quanto, ove emergano in giudizio più soluzioni tutte opinabili, ma al tempo stesso tutte attendibili, deve certamente essere mantenuta la scelta compiuta dall'Amministrazione perché è a questa che l'ordinamento attribuisce in prima battuta la cura dell'interesse pubblico e, quindi, il potere di vagliare la sussistenza dei presupposti per l'apposizione dei vincoli archeologico e storico-artistico. Diversamente si assisterebbe, infatti, ad una inammissibile sostituzione del giudice all'amministrazione.

Cons. Stato, VI, 17 giugno 2009, n. 3962, Pres. Varrone, Est. Fera. Sui presupposti per l'adozione di un vincolo archeologico.

Presupposto per l'imposizione del vincolo diretto di cui agli articoli n. 1 e 3 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 è la dimostrata effettiva esistenza delle cose da tutelare, con la conseguenza che il relativo decreto si deve considerare illegittimo per carenza o errore nei presupposti ove si dimostri che nella zona vincolata in realtà non esiste alcun bene archeologico suscettibile di protezione". Tuttavia, tale principio non può essere inteso in senso assoluto; infatti, l'imposizione del vincolo stesso non presuppone necessariamente che i reperti archeologici debbano essere materialmente trovati e portati alla luce e che su tutte le aree interessate siano avvenuti ritrovamenti di carattere archeologico o paleontologico, essendo sufficiente che l'amministrazione, sulla base dei dati in suo possesso, pervenga alla ragionevole conclusione che il sottosuolo contenga reperti non ancora portati alla luce.

E', quindi, legittima la sottoposizione a vincolo archeologico di un'intera zona, considerata come parco o complesso archeologico, anche se i reperti riportati alla luce siano stati rinvenuti soltanto in alcuni terreni vincolati, purché dalla motivazione del provvedimento di vincolo emergano le specifiche ragioni che giustificano una valutazione unitaria della zona di pregio archeologico e sia indicata specificamente l'ubicazione dei singoli reperti nelle varie particelle catastali della zona vincolata.

Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 28 agosto 2009, n. 690, Pres. Virgilio, Est. Ciani. Sul vincolo apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva.

Il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo (nella specie, archeologico) è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva.

2. Beni paesaggistici

Cons. Stato, IV, 5 marzo 2009, n. 1322, Pres. Cossu, Est. Potenza. Sul diniego di compatibilità paesaggistica.

Ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, è legittimo il parere negativo reso dalla Commissione edilizia comunale integrata sulla compatibilità paesaggistica di un intervento, quando la Commissione, dopo aver accertato l'utilizzo di materiali di scarsissima qualità, ha ritenuto che i medesimi, per le caratteristiche costruttive esterne che conferiscono al manufatto, contrastano oggettivamente con la bellezza d'insieme tutelata dal vincolo.

Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 25 marzo 2009, n. 185, Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani. Sul rapporto tra pianificazione urbanistica e paesistica.

La pianificazione urbanistica risponde ad esigenze e a interessi pubblici distinti da quelli che sono alla base della tutela del paesaggio e si pone in posizione autonoma, ma subordinata rispetto alla pianificazione paesistica nel senso che deve escludersi che le scelte urbanistiche possano condizionare gli obiettivi della tutela del paesaggio, anche in considerazione del rilievo costituzionale di quest'ultima (art. 9 Cost.).

Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009, n. 1464, Pres. Pozzi, Est. Greco. Sulla sanzione pecuniaria per abusi paesaggistici.

L'indennità prevista dall'art. 15 legge 1497/1939 in caso di violazione degli obblighi in materia di tutela del paesaggio integra una vera e propria sanzione amministrativa e non una forma di risarcimento del danno ambientale, essendo dovuta anche nel caso in cui l'opera non sia produttiva di danno ambientale; con la conseguenza che la prescrizione inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza dell'abuso, che cessa con il rilascio della concessione in sanatoria, e il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere.

Cons. Stato, VI, 16 marzo 2009, n. 1531, Pres. Barbagallo, Est. Contessa. Sulla natura non recettizia del provvedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.

Il provvedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica non ha natura di atto recettizio, con la conseguenza che entro il termine perentorio di sessanta giorni deve essere esercitato il potere di annullamento, ma non anche effettuata la comunicazione o la notificazione ai destinatari del provvedimento stesso.

Cons. Stato, VI, 21 maggio 2009, n. 3140, Pres. Ruoppolo, Est. Colombati. Sulla non immediata applicabilità del divieto assoluto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

L'art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che nella sua versione originaria antecedente la modifica del 2006 prevedeva il divieto assoluto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, costituisce norma a regime, non applicabile nel periodo transitorio, di cui all'art. 159 dello stesso Codice, durante il quale non è quindi vigente tale divieto.

Cons. Stato, VI, 9 giugno 2009, n. 3557, Pres. Varrone, Est. Vigotti. Sui presupposti per l'esercizio del potere di annullamento di autorizzazioni paesaggistiche.

In sede di valutazione delle determinazioni che attengono alla tutela di un bene vincolato, quale quello che interessa la zona dove sorge il manufatto in questione, l'amministrazione statale ben può (e deve) indagare se l'ente locale abbia o meno tenuto in conto tutti gli aspetti della concreta fattispecie, pronunciando il proprio giudizio in modo non solo motivato, ma anche con motivazione scevra da difetti, in particolare con adeguata considerazione del vincolo e degli aspetti paesaggistici da tutelare e della loro compatibilità con l'intervento edilizio considerato. Una tale valutazione non può ritenersi violativa delle competenze comunali, in quanto, lungi dal sovrapporre un apprezzamento di merito, attiene alla legittimità del giudizio sottoposto al controllo, indagandone le condizioni di legittimità, tra le quali, appunto, lo svolgimento di una compiuta motivazione in fatto, che dia conto, all'esito di una esaustiva istruttoria, delle concrete caratteristiche dell'opera edilizia, dei valori ambientali e paesistici espressi nell'area, e della compatibilità delle prime con i secondi.

La presenza, nell'area interessata dall'intervento, di altre costruzioni asseritamene omogenee a quella da valutare paesaggisticamente, non può tradursi in vizio del provvedimento di annullamento dell'autorizzazione, sia perché ogni manufatto è diverso per consistenza, ubicazione, periodo di realizzazione, sia perché un pregresso comportamento illegittimo dell'amministrazione non può valere a sanare una ulteriore illegittimità.

 



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