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La politica culturale europea nel periodo di riflessione sul futuro dell'Unione

di Isolde Quadranti

Sommario: 1. Premessa: dalle consultazioni referendarie alla pausa di riflessione per il rilancio del progetto europeo. - 2. L'azione della Comunità in ambito culturale: aspetti critici emersi dai lavori della Convenzione. - 3. Dialogo culturale e dimensione sociale della cultura nell'attuale dibattito sul futuro dell'Unione. - 4. La nuova comunicazione della Commissione sulla cultura.

1. Premessa: dalle consultazioni referendarie alla pausa di riflessione per il rilancio del progetto europeo

Con il "no" al trattato costituzionale firmato a Roma il 29 ottobre 2004, i cittadini francesi e olandesi hanno espresso insoddisfazione per le scelte condotte sul piano interno dai loro governi e, al contempo, manifestato perdita di fiducia e di identità in un'Unione europea che pare non sufficientemente in grado di rispondere alle sfide che si trova ad affrontare sul piano interno e in un'ottica di globalizzazione. Tra le ragioni principali del rifiuto, anche la preoccupazione per l'avvio dei negoziati con la Turchia [1], argomento strumentalmente associato al dibattito sulle istituzioni nonostante il negoziato di adesione si presenti quantomeno ancora lungo e incerto [2], la scarsa conoscenza del trattato costituzionale, testo in effetti di non facile lettura e a tratti farraginoso, ed infine, ma non da ultimo, motivazioni socioeconomiche, come il timore per conseguenze di dumping sociale a seguito dell'allargamento e perplessità per il carattere troppo liberistico della parte terza sulle politiche [3].

Se ha prevalso l'Europa dell'inquietudine, il rifiuto è stato altresì espressione dell'urgenza di un'Unione più forte sulla scena internazionale, dotata di una politica estera e di difesa comuni, e al contempo più democratica, espressione della voce dei popoli e non solo dei governi. Definito trattato costituzionale, pur essendo di fatto un'ulteriore revisione dei trattati istitutivi, il testo in questione non pare invece fare passi importanti verso un assetto dell'Unione di tipo federale [4].

Di fronte a una tale situazione di stallo e di crisi istituzionale-politica, il Consiglio europeo di Bruxelles del 16-17 giugno 2005 ha ritenuto necessario rinviare la discussione sul futuro del trattato costituzionale, senza per questo interrompere il processo delle ratifiche, e indire una pausa di riflessione volta a dare nuovo slancio al processo di integrazione promuovendo un dialogo con la società europea basato sulla trasparenza, sull'informazione e sul principio della condivisione delle scelte [5].

La Commissione ha inteso contribuire in tal senso con il lancio del "piano D" per la democrazia, il dialogo, il dibattito (COM(2005)494 def. del 13 ottobre 2005) [6], punto di partenza di un "processo di riforma democratica" a lungo termine, e con l'elaborazione di un'agenda politica (COM(2006)211 def. del 10 maggio 2006) che, in risposta alle aspettative dei cittadini, enuncia un impegno più incisivo, concreto e coerente delle istituzioni in settori di comune interesse.

Nel maggio 2006 i ministri degli Esteri riuniti a Klosterneuburg hanno prolungato di un altro anno la pausa di riflessione [7]. Ciò però non toglie che la ricerca di una soluzione istituzionale resti una condizione imprescindibile per il futuro dell'Unione e che essa debba essere considerata all'interno di un progetto politico rinnovato in grado di sostenere anche i futuri allargamenti, a partire dall'adesione di Romania e Bulgaria il prossimo primo gennaio [8]. Se non si può dimenticare come la maggior parte degli Stati membri si siano espressi a favore della Costituzione europea, allo stato attuale la rinegoziazione per un nuovo trattato pare la soluzione più probabile [9]. Il peso politico del rifiuto francese non lascia infatti spazio ad una dichiarazione di compromesso come quella elaborata per l'esito negativo del referendum in Danimarca al trattato di Maastricht, o per il no dell'Irlanda a Nizza.

Le istituzioni comunitarie, in particolare la Commissione e il Parlamento [10], hanno ancora di recente ribadito la necessità di una riforma istituzionale che salvaguardi il capisaldi del trattato costituzionale. Nel "core Treaty" rientrerebbero la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che, incorporata nella seconda parte del testo senza variazioni di rilievo, assume valore vincolante [11], e le innovazioni più significative contenute nella parte prima; tra queste, la maggiore attenzione rivolta alle istanze democratiche dei parlamenti nazionali, l'estensione della votazione a maggioranza qualificata elevata a regola di votazione (art. I-23, par. 3), l'abolizione, a partire dal primo gennaio 2009, della ponderazione dei voti a favore di un sistema semplice e flessibile basato sulla doppia maggioranza degli Stati e dei popoli (art. I-25) e l'istituzione del ministro degli Affari esteri (art. I-28).

Iniziative concrete per una soluzione istituzionale dovrebbero essere prese al più tardi entro la prossima elezione del Parlamento europeo del 2009 [12]. Spetterà nel frattempo al Vertice straordinario di Berlino previsto per il 25 marzo 2007, cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, il compito di adottare una dichiarazione politica dalla quale ci si auspica possa discendere, così come è avvenuto a Messina nel 1955 [13], un impegno comune nel rilancio della costruzione europea.

2. L'azione della Comunità in ambito culturale: aspetti critici emersi dai lavori della Convenzione

Nella campagna referendaria in Francia e Olanda, i sostenitori del "no" hanno sottolineato come un'Unione europea che non ha chiari neppure i sui futuri confini e in cui le diversità culturali sono sempre più accentuate costituisca un pericolo per le identità nazionali. La necessità di stabilire un limite geografico per l'Europa e di affrontare il tema dell'identità non viene d'altra parte negata neppure da coloro, come il Vicepresidente della Commissione Franco Frattini [14], che si dichiarano favorevoli alla prosecuzione dei negoziati di adesione con la Turchia e la Croazia.

Nel testo costituzionale il rispetto e la promozione della diversità culturale e linguistica, così come la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio culturale comune, sono riconosciuti tra gli obiettivi perseguiti dall'Unione (art. I-3) e tra i diritti fondamentali da essa difesi (art. II-82) [15]. Il giudizio dell'opinione pubblica rivela però come l'affermazione di un'identità propriamente europea, fondata sulle eredità culturali, religiose e umanistiche, sulle specificità linguistico-culturali, ovvero su quei valori che contraddistinguono la diversità insita nella stessa natura dell'Unione, non sia nella pratica un fatto acquisito [16].

Fondamentale è il ruolo che la cultura può esercitare sia per il costituirsi di un'identità europea basata sui valori condivisi dalla società europea (art. I-2) e sulla ricchezza delle differenze nazionali e regionali dei popoli dell'Unione [17] sia per lo sviluppo di una cittadinanza europea attiva e aperta al mondo. Non a caso, secondo l'ex presidente della Commissione Jacques Delors proprio l'arricchimento della diversità culturale costituisce uno dei principali obiettivi a cui l'Unione deve attendere per uscire dal periodo di crisi e poter ad affrontare le sfide del ventunesimo secolo [18].

Il trattato costituzionale non apporta modifiche sostanziali alle disposizioni contenute nel titolo sulla cultura aggiunto da Maastricht al trattato CE [19] ma contiene precisazioni e aggiustamenti che chiariscono definitivamente il tipo di competenza esercitato dall'Unione, riducono rigidi vincoli procedurali, quali il raggiungimento dell'unanimità in seno al Consiglio per l'adozione di atti normativi vincolanti (art. III-280), e sottolineano la volontà di legittimare una "cultura delle differenze" in Europa [20].

Rientrando nella nuova categoria delle competenze di sostegno (art. I-17) [21], la cultura resta uno di quei settori in cui l'Unione non persegue la strada dell'armonizzazione ma interviene esclusivamente per sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati [22].

Pur condividendo tale soluzione, diversi esponenti del Gruppo di contatto con la società civile (CONV 120/02 del 19 giugno 2002) hanno evidenziato in sede di Convenzione come in un'Unione allargata sia fondamentale realizzare un vero "spazio culturale europeo" e come ciò implichi un superamento degli ostacoli alla cooperazione culturale derivanti da un'"interpretazione prevalentemente amministrativa" del principio di sussidiarietà, basata cioè sul rigido criterio della non ingerenza tra livello comunitario e livelli nazionali" [23].

Riguardo all'erogazione di aiuti pubblici destinati a promuovere la cultura, in particolare le opere audiovisive, il cinema e i libri, il testo costituzionale (art. III-167, par. 3, lett. d) ripropone senza variazioni il contenuto dell'art. 87, par. 3 [24], affermando che tali aiuti possono essere ritenuti compatibili con il mercato interno solo quando non alterano "le condizioni degli scambi e della concorrenza dell'Unione in misura contraria all'interesse comune". Tale scelta è stata criticata da più parti della società civile poiché comporta che gli aiuti nei settori in questione siano considerati un'eccezione ai principi generali della libera concorrenza, da concedere, perciò, a condizioni restrittive e limitate nel tempo [25].

Prive di seguito sono state anche le proposte presentate dal Gruppo di contatto con la società civile a sostegno delle industrie culturali che chiedevano l'aggiunta di un riferimento alla promozione della diversità culturale nelle disposizioni sui servizi di interesse economico generale (art. III-122) e la classificazione degli aiuti di Stato destinati a promuovere la cultura tra quelli compatibili de jure (art. III-167, par. 2) così da affermare a chiare lettere la specificità dei beni e dei servizi culturali.

Riguardo infine alla negoziazione e alla conclusione di accordi sui servizi culturali e audiovisivi, in sede di Convenzione si era verificata una spaccatura tra i sostenitori del mantenimento dell'unanimità e i fautori del passaggio alla maggioranza qualificata anche in tali settori [26]. Il testo costituzionale (art. III-315, par. 4, lett. a) mantiene la regola dell'unanimità, voluta dalla Francia e dalla Germania, solo quando tali accordi "rischino di arrecare pregiudizio alla diversità culturale e linguistica dell'Unione".

3. Dialogo culturale e dimensione sociale della cultura nell'attuale dibattito sul futuro dell'Unione

La diversità culturale e il dialogo interculturale trovano nel trattato costituzionale maggiore risalto quali elementi strutturali delle politiche interne dell'Unione e delle sue relazioni con l'esterno [27]. Indipendentemente però dall'entrata in vigore della Costituzione europea, si può osservare come già in questi ultimi due anni tali temi figurino tra gli aspetti ricorrenti e caratterizzanti la produzione normativa e le azioni di sostegno promosse della Comunità in materia culturale.

Tra i più significativi esempi in proposito ricordiamo la prima comunicazione presentata dall'Esecutivo sul multilinguismo (COM(2005) 596 def. del 22 novembre 2006) in cui, nel delineare un nuovo quadro strategico corredato di proposte e di azioni specifiche, si promuove la diversità linguistica a elemento caratterizzante l'Unione in quanto espressione diretta delle culture e fonte del sentimento di identità [28]; la decisione adottata dal Consiglio il 2 maggio 2006 relativa alla conclusione della convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che si auspica possa contribuire a promuovere un'integrazione europea rispettosa della diversità culturale [29]; la comunicazione della Commissione dedicata al rinnovo della politica in materia di turismo (COM(2006) 134 def. del 17 marzo 2006), per il richiamo in essa contenuto al contributo che tale settore può apportare nel "migliorare la comprensione reciproca tra i popoli e a configurare l'identità europea"; infine la proposta di designare il 2008 anno europeo sul dialogo interculturale (COM(2005) 467 def.) [30] e di considerare l'informazione su tale tematica tra le priorità della politica di comunicazione della Commissione per il prossimo anno [31].

Merita un accenno a sé stante il parere sulla dimensione sociale della cultura adottato dal Comitato economico e sociale il 15 marzo 2006 [32] in cui, partendo da una definizione ampia di cultura che pone l'accento sulla conoscenza e comprensione della ricchezza delle "diverse espressioni culturali", si asserisce l'interdipendenza tra cultura e sviluppo sociale e si sostiene che una concezione della cultura che non dissocia gli aspetti economici sociali ed ambientali può, se coerentemente trasposta nelle diverse politiche comunitarie, "affermarsi come elemento unificante dell'Europa che risiede nella sua diversità e nel miglioramento delle condizioni di vita dei suoi concittadini". Il Comitato critica di conseguenza la sottovalutazione del fattore culturale nella strategia di Lisbona, l'insufficiente sostegno fornito alla mobilità dei lavoratori nel settore artistico e culturale e l'assenza di "un'autentica valorizzazione economica dell'immateriale".

Il rispetto della diversità culturale e la promozione del dialogo culturale figurano anche tra i principali obiettivi dei nuovi strumenti di programmazione e di finanziamento proposti dalla Commissione e approvati dal Parlamento lo scorso 24 ottobre: il programma Cultura per il periodo 2007-2013, volto a promuovere la circolazione transnazionale delle opere d'arte e dei prodotti culturali e artistici, a sostenere la mobilità transnazionale delle persone che lavorano nel settore culturale e a favorire il dialogo interculturale attraverso il sostegno a organismi culturali attivi a livello europeo, e il programma MEDIA 2007 che, riunendo in un unico strumento le attuali misure di sostegno a favore dell'industria audiovisiva europea all'interno e all'esterno del territorio comunitario, si prefigge di incentivare la digitalizzazione, rafforzare la competitività del settore, conservare e valorizzare la diversità culturale europea e il suo patrimonio cinematografico. Entrambe le iniziative mirano a favorire cooperazioni multilaterali e, in particolare nel caso del nuovo programma quadro, a considerare il settore culturale nel suo insieme.
4. La nuova comunicazione della Commissione sulla cultura

Il 25 ottobre 2006 la Commissione ha invitato tutte le parti attive nel settore culturale a esprimere il loro punto di vista in merito alla nuova comunicazione sulla cultura che l'Esecutivo intende adottare nel corso del primo trimestre 2007.

Se in questa fase non è possibile dare atto neppure della relazione riassuntiva che la Commissione presenterà sulla base dei contributi ricevuti entro il 5 novembre [33], cercheremo di anticipare gli obiettivi e gli elementi essenziali della comunicazione avvalendoci della scheda introduttiva e del questionario predisposto per la consultazione.

Un'agenda europea per la cultura in cui vengano definite le priorità comuni e promosse nuove forme di dialogo e di cooperazione è l'obbiettivo della Commissione in risposta all'esito del referendum in Francia e in Olanda e al conseguente processo di riavvicinamento delle istituzioni ai cittadini e di questi all'Europa promosso nel periodo di riflessione.

L'Esecutivo riconosce in modo esplicito la necessità di considerare non solo ciò che l'Europa è chiamata a fare per la cultura, vale a dire "il valore aggiunto" dell'azione comunitaria in tale ambito, ma anche il contributo che la cultura può dare al processo di integrazione europeo. In questa duplice ottica, le priorità risultano essere da una parte lo sviluppo di una cittadinanza attiva, il rispetto della diversità culturale, il sostegno al dialogo interculturale e il riconoscimento del ruolo fondamentale della cultura per il costituirsi di un'identità europea, dall'altra una maggiore considerazione dell'importanza economica e sociale rivestita dalle industrie culturali e dalla creazione artistica nella realizzazione degli obiettivi previsti dall'agenda di Lisbona rinnovata.

La stessa ripartizione del questionario in quattro settori tematici di ampia portata - le grandi sfide culturali per l'Europa e il processo d'integrazione, il settore culturale e le politiche comunitarie, la cooperazione con paesi terzi e con organizzazioni internazionali, le modalità di dialogo e la cooperazione a livello europeo - sembra sollecitare una riflessione a tutto tondo sull'azione comunitaria in tale settore e sui valori culturali promossi dall'Unione, a partire dall'accettazione reciproca delle differenze nel rispetto dei diritti fondamentali.

E' d'altra parte proprio in un momento come quello attuale di inquietudine diffusa, dove si fanno breccia coloro che fomentano lo scontro di civiltà, che cresce il bisogno di tradurre i temi della diversità culturale e del dialogo su un piano concreto conferendo loro maggiore efficacia e significato.

 

 

Note

[1] Il 4 ottobre 2005, a seguito di lunghi negoziati, sono iniziate le trattative per l'ingresso della Turchia nell'Unione. Come ha ribadito il Parlamento europeo lo scorso 27 settembre 2006, dal punto di vista dell'Unione l'apertura dei negoziati costituisce il punto di avvio di un processo duraturo e aperto, ma che non porterà automaticamente e a priori all'adesione, dato che "la realizzazione di tale ambizione dipenderà dagli sforzi di entrambe le parti".

[2] Ottemperando a quanto richiesto dal Consiglio europeo di Bruxelles del 15-16 giugno 2006, la Commissione ha presentato l'8 novembre dello stesso anno una strategia per la politica di allargamento che costituisce la base per un rinnovato accordo in materia. I progressi raggiunti da ciascun paese candidato, o potenzialmente candidato all'adesione (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia), sono esaminati in singoli rapporti adottati congiuntamente alla strategia. Per quanto riguarda la Turchia, il rapporto della Commissione evidenzia la mancanza di progressi nei rapporti bilaterali con Cipro, ritardi economici e soprattutto di tipo socio-culturale (come le evidenti restrizioni a trasmissioni televisive in lingua diversa dal turco e il mancato riconoscimento di diritti e libertà alla minoranza curda). Nel documento la Commissione non assume decisioni politiche sui negoziati, ma si riserva di formulare opportune raccomandazioni prima del Consiglio europeo di dicembre se, come ha dichiarato il Presidente Barroso, la Turchia non rispetterà "a pieno gli impegni assunti circa l'attuazione del protocollo di Ankara".

[3] E' quanto risulta da due sondaggi Eurobarometro realizzati in Francia e nei Paesi Bassi nei giorni successivi ai referendum sul trattato costituzionale. Per una valutazione giuridico-istituzionale dell'esito della consultazione referendaria si vedano, tra gli altri, U. Allegretti, Europa che fare?, in Democrazia e diritto, 2005, n. 2, pp. 219-224; U. Draetta, Le lezioni da trarre dai primi "no" ai referendum sulla costituzione europea, in La Comunità internazionale, 2005, pp. 457-469; O. Dubos, M.C. Ponthoreau, Usi e abusi del referendum francese sulla Costituzione europea, in Quaderni Costituzionali, 2005, pp. 659-661; A. Duff, Rinegoziare la Costituzione, in Democrazia e diritto, 2005, n. 3, pp. 26-31; F. Nelli Feroci, L'Unione europea: tra la crisi del Trattato costituzionale e i dilemmi dell'allargamento, in La Comunità internazionale, 2005, pp. 597-606; I. Nicotra, La ratifica del trattato sulla costituzione europea, in, Quaderni costituzionali, 2005, pp. 165-166; T. Padoa Schioppa, Il no all'Europa e il difficile rilancio dell'Unione, in Il Mulino, 2005, pp. 543-551; Id., Non mentire sul no francese, in Il Mulino, 2005, pp. 636-643; M. Panarari, La questione francese, in Il Mulino, 2005, pp. 559-568.

[4] Pur riconoscendo l'opportunità di molte modifiche apportare dal trattato costituzionale sul piano tecnico-istituzionale, parte dalla dottrina ha sottolineato come il testo nel suo complesso non sia così innovativo rispetto al sistema attuale. In tal senso: M.C. Baruffi (a cura di), Breve analisi del testo del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, in Id. (a cura di), La Costituzione europea: quale Europa dopo l'allargamento?, Padova, 2006, pp. 1-30, spec. pp. 23-28; U. Draetta, Le lezioni da trarre dai primi "no" cit.

[5] In argomento si vedano, tra gli altri, R. Cafari Panico, Costituzione europea: un nuovo Trattato per riprendere il cammino delle riforme, in Diritto comunitario e internazionale. Supplemento a Guida al diritto, 2006, n. 4, pp. 9-12; R. Cangelosi, Il futuro dell'Europa: riflessioni sulla "pausa di riflessione", in La Comunità internazionale, 2006, pp. 235-244; F. Frattini, Riparte l'Europa, in La Comunità internazionale, 2006, pp. 433-442.

[6] Dopo il piano di azione per la riorganizzazione delle strutture di comunicazione dell'Esecutivo e la presentazione nell'ottobre 2005 del piano D, il primo febbraio 2006 la Commissione europea ha adottato un libro bianco per migliorare la politica di comunicazione europea, aprirla ai contributi di tutte le parti in causa (le istituzioni, gli Stati membri, le autorità regionali-locali e la società civile) e superare il crescente livello di indifferenza e di scetticismo manifestato dai cittadini nei confronti dell'Unione europea. Il 10 maggio 2006, con la comunicazione sul periodo di riflessione e il piano D (COM(2006) 212 def.), l'Esecutivo ha infine fornito una sintesi dei dibattiti sul futuro dell'Unione promossi a livello nazionale e illustrato le lezione da trarre dal nuovo metodo di coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale europeo.

[7] Con la risoluzione sulla Costituzione europea, adottata lo scorso 14 giugno, il Parlamento europeo ha confermato il suo sostegno al trattato costituzionale ma ha al sollecitato il Consiglio europeo ad abbandonare il periodo di riflessione per procedere, entro la prima metà del 2007, ad un'analisi del processo di ratifica.

[8] Le modifiche che il trattato di Nizza ha introdotto sul piano istituzionale in vista dell'allargamento valgono infatti per un'Unione a 27.

[9] In base alla dichiarazione n. 30 allegata al trattato costituzionale "se al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, i quattro quinti degli stati membri hanno ratificato detto trattato e uno o più Stati membri hanno incontrato difficoltà nella procedura di ratifica, la questione è deferita al Consiglio europeo".

[10] Si veda, in proposito, il discorso tenuto il 18 ottobre 2006 dal Vicepresidente della Commissione, Margot Wallstrom, responsabile per le relazioni istituzionali e la strategia di comunicazione, Plan B. how to rescue the European Constitution. Il 23 gennaio 2006 il Parlamento ha adottato la relazione sul periodo di riflessione confermando il suo impegno per giungere ad una soluzione costituzionale che consolidi la democrazia parlamentare, la trasparenza e lo stato di diritto, sancisca i diritti fondamentali, sviluppi la cittadinanza e rafforzi la capacità dell'Unione allargata di procedere in modo efficace all'interno e all'esterno dei suoi confini. In linea con l'approccio delle istituzioni è la posizione sostenuta, oltre che dall'Italia, dalla Germania, paese cui spetterà la Presidenza del Consiglio nel primo semestre 2007.

[11] Ci sia consentito fare riferimento, per tutti, a M.C. Baruffi, I recenti sviluppi dell'Unione europea, in Id. (a cura di), Il futuro dell'Unione europea. Sviluppi nelle sue politiche, Padova, 2004, pp. IX-XVI; A. Corrado, Valore vincolante per la Carta dei diritti, in Guida al diritto, 2004, n. 10, p. 66; F. Benoit-Rohmre, Valeurs et droits fondamentaux dans la Constitution, in Revue trimestrielle de droit européen, 2005, pp. 261-284; S. Gambino Diritti fondamentali europei e trattato costituzionale, in Politica del diritto, 2005, pp. 3-67; A. Pertici, VII. Le istituzioni giudiziarie e la tutela dei diritti, in Il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, in Foro italiano, 2005, V, cc. 19-22; M.C. Baruffi (a cura di), Breve analisi del testo del trattato cit., pp. 1-30, spec. p. 16; G. Silvestri, Verso uno ius commune europeo dei diritti fondamentali, in Quaderni costituzionali, 2006, n. 1, pp. 7-24.

[12] Cfr. risoluzione sulla Costituzione europea cit.

[13] Paragone esplicitato dalla stessa Presidenza austriaca al Vertice di Bruxelles del giugno 2006.

[14] Si veda in proposito l'opinione espressa da F. Frattini, Riparte l'Europa cit., spec. p. 438.

[15] Già nel preambolo della Carta viene evocata un'Unione che, contribuendo alla salvaguardia e allo sviluppo dei valori universali di dignità, libertà, uguaglianza e solidarietà, rispetta le diversità culturali; più nello specifico le disposizioni della Carta inerenti i diritti culturali "comuni" in Europa vietano discriminazioni culturali e, in positivo, riconoscono la libertà di espressione dell'identità culturale. In proposito: J. Luther, Le frontiere dei diritti culturali in Europa, in G. Zagrebelsky (a cura di), Diritti e Costituzione nell'Unione europea, Bari, 2003, pp. 221-243.

[16] L'identità europea e la diversità culturale sono stati tra i temi affrontati nell'ambito delle discussioni promosse a livello nazionale nel periodo di riflessione (cfr. COM(2006) 212 def. cit).

[17] Tema affrontato in sede di Convenzione nel contributo n. 243 di Cristina Muscardini presentato il 13 febbraio 2003, CONV/554/03. In dottrina si veda, da ultimo, M. Cavino, I valori di una società pluralista, in S. Mangiameli (a cura di), L'ordinamento europeo. I principi dell'Unione, Milano, 2006, pp. 567-584.

[18] Lectio magistralis tenuta a Parma il 5 novembre 2006.

[19] A partire da Maastricht, coerentemente con l'intenzione di progredire verso un'integrazione non solo di tipo economico e di "creare un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa", la Comunità ha acquisito competenze in materia culturale (art. 128, ora 151 Tce). Oltre che come incoraggiamento alla cooperazione multilaterale, l'azione comunitaria in tale ambito deve servire, solo là dove necessario, quale strumento di integrazione e di appoggio alle politiche nazionali. In questo secondo senso essa sottende e applica il principio di sussidiarietà.

[20] Per un'analisi degli obiettivi e dell'azione dell'Unione in materia culturale secondo quanto previsto dal trattato costituzionale: M. Autissier, L'Europe de la culture: Histoire(s) et enjeux, Paris, 2005; A Fantin, La cultura e i beni culturali nell'ordinamento comunitario dopo la Costituzione europea, in Aedon, 3/2005; I. Quadranti, La politica culturale nel trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, in M.C. Baruffi (a cura di), La Costituzione europea cit., pp. 227-246.

[21] Ai fini di una maggiore trasparenza e chiarezza, il trattato costituzionale prevede all'art. I-12 una tripartizione delle competenze in esclusive, concorrenti (competenze delineate in via residuale secondo quanto previsto dall'art. I-15) e di sostegno. In argomento cfr. R. Cafari Panico, L'esercizio delle competenze nel trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, in M.C. Baruffi (a cura di), La Costituzione europea cit., pp. 79-108; Id. Le competenze e le fonti del diritto dell'Unione, in Sud in Europa, novembre-dicembre 2004, pp. 9-11; Id., Competenze: nasce il sistema "tripartito", in Guida al diritto, 2004, n. 10, pp. 60-62; L Azzena, IV. Il sistema delle competenze, in Il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, in Foro italiano, 2005, V, cc. 8-12; A. Barone, IX. Le politiche dell'Unione, ibid., cc. 26-33; R. Mastroianni, Le competenze dell'Unione, in Diritto dell'Unione europea, 2005, pp. 390-416.

[22] L'art. 151 del trattato CE riconosce alla Comunità una competenza complementare in materia culturale al fine di promuovere le "differenze nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune". Sull'art. 151 si vedano, da ultimo, F. Maurus, The culture clause in article 151, par. 4 TCE and its implications for the policies of the European Union, in E. Banus, B. Elio (eds.), Actas del VI Congreso "Cultura Europea" Pamplona 25-28 octubre 2000, Cizur Menor, 2001, pp. 721-725; M. Milgliazza, Art. 151, in F. Pocar, Commentario breve ai Trattati della Comunità e dell'Unione europea, Padova, 2001, pp. 612-614; R. Craufurd Smith, The Development of Cultural Policy, in Id. (ed. by) Culture and European Union Law, Oxford, New York, 2004, pp. 19-78, spec. p. 49 ss.; Id., Article 151 EC and European Identity, in R. Craufurd Smith (ed. by) Culture cit., pp. 277-295; M. Marletta, Art. 151, in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell'Unione europea e della Comunità europea, Milano, 2004, p. 811.

[23] Problema già rilevato dal Parlamento nella risoluzione del 5 settembre 2001 sulla cooperazione culturale, A5-0281/2001.

[24] Disposizione aggiunta dal trattato di Maastricht, in base alla quale la Commissione detiene un potere discrezionale nel valutare gli aiuti di Stato volti a promuovere la conservazione del patrimonio e la cultura.

[25] Si vedano sul punto i rapporti presentati alla Convenzione il 10-18 giugno dal Gruppo di contatto con la società civile, CONV 120/02  del 19 giugno 2002. Per un commento, L. Mayer Robitaille, Le statut ambivalent au regard de la politique communautaire de la concurrence des accords de nature culturelle et des aides d'Etat à la culture, in Revue trimestrielle de droit communautaire, 2004, pp. 477-504, spec. p. 503; M. Autissier, L'Europe de la culture cit., p. 283.

[26] In proposito: J.M. Baer, L'exception culturelle, une règle en qute de contenus, in Cahiers, 2003, n. 11, pp. 28-29.

[27] Sul piano delle relazioni esterne basti ricordare le clausole culturali (promozione delle identità culturali, dialogo interculturale, salvaguardia del patrimonio culturale, produzione e commercio di prodotti e servizi culturali) contenute negli accordi di associazione con i paesi ACP, a partire dalla quarta convenzione di Lomé del 15 dicembre 1989 (tit. IX, artt. 139-155), e nella dichiarazione di Barcellona del 27-28 novembre 1995 (cap. III) che istituisce un partenariato globale euromediterraneo (Euromed). In questo processo di collaborazione tra l'Unione e le regioni del Sud del Mediterraneo, volto a trasformare il Mediterraneo in uno spazio comune di pace, stabilità e prosperità e a realizzare una zona di libero scambio entro il 2010, è riconosciuta l'esigenza di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale e la produzione artistica locale, prevedendo a tal fine anche un apposto programma finanziario (programma MEDA). Tuttavia, posizioni politiche divergenti e difficoltà burocratiche ostacolano non di rado il buon funzionamento di strumenti già previsti a tal fine, come la fondazione euromediterranea per il dialogo culturale "Anna Lindh Foundation", inaugurata ad Alessandria d'Egitto nel 2000. Si veda, in proposito, G. Trupiano, L'Unione europea e gli interventi nel settore della cultura. I Paesi del Sud e del Mediterraneo, in S. Aloisio, C. Rognoni Vercelli (a cura di), L'Europa nel nuovo ordine internazionale, Bari, 2005, pp. 325-353; T. Demmelhuber, The Euro-Mediterranean Space as an Imagined (Geo-)political, Economic and Cultural Entity, in ZEI Discussion Paper, 2006.

[28] A Mattera, La nouvelle stratégie cadre de la Commission pour le multilinguisme, in Revue du Droit de l'Union européenne, 2005, pp. 827-829. Interessante è anche il riconoscimento da parte delle istituzioni del significato che la tutela delle lingue minoritarie riveste sul piano culturale e su quello dell'esercizio dei diritti. Tale importanza è sancita nel trattato costituzionale all'art. II-82 (cfr. M. Stolfo, Le risoluzioni del Parlamento europeo sulla tutela delle lingue minoritarie e la prospettiva costituzionale, in S. Aloisio, C. Rognoni Vercelli (a cura di), L'Europa nel nuovo ordine internazionale, Bari, 2005, pp. 355-375.

[29] Convenzione approvata lo scorso 20 ottobre, nonostante il voto contrario degli USA,nell'ambito della trentatreesima Conferenza Unesco. Primo strumento internazionale interamente dedicato alla tutela della diversità culturale, la Convenzione fa sì che i trenta Stati firmatari siano tenuti a adottare le misure necessarie per promuovere la diversità culturale (art. 5) e a realizzare azioni di sostegno all'economia culturale (art. 6). In caso contrario non è però previsto nessun meccanismo sanzionatorio. Per un'analisi della Convenzione e del ruolo svolto dalla Commissione durante la fase dei negoziati cfr. D. Ferri, Eu partecipation in the Unesco Convention on the protection of the diversity of cultural expressions: some constitutional remarks, in European Diversity and Autonomy Papers, 2005, n. 3; M. Cornu, La Convention pour la protection et la promotion de la diversité des expressions culturelles. Nouvel instrument au service du droit international de la culture, in Journal du droit international, 2006, pp. 929-993.

[30] Il 5 settembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta modificata di decisione relativa all'anno europeo del dialogo interculturale 2008 (COM(2006) 492 def.) che tiene conto degli emendamenti presentati dal Parlamento e dal Consiglio, tra cui un riferimento esplicito alla possibile cooperazione con il Consiglio d'europa e l'Unesco per la realizzazione dell'iniziativa.

[31] E' quanto risulta dal programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 (COM(2006) 629 def. del 24 ottobre 2006). Per il prossimo anno la Commissione ha individuato ventun iniziative prioritarie che saranno al centro del suo lavoro e ha definito altre azioni da adottare entro la prima metà del 2008. Il Comitato economico e sociale nella sua comunicazione sulla dimensione sociale della cultura (cfr. infra, nota 31) si augura che tale iniziativa possa sfociare in una particolareggiata e approfondita analisi "sulla vera ampiezza di tale dialogo, sugli ostacoli nuovi o persistenti che si frappongono al suo svolgimento [...]".

[32] Si tratta, più precisamente, di un supplemento di parere volto a dare seguito a quello espresso dal Comitato sul medesimo tema il 31 marzo 2004 (CESE 517/2004).

[33] I risultati della consultazione pubblica e la relazione riassuntiva saranno pubblicati sul sito della Direzione generale Cultura.

 

 



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