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M. Renna, V.M. Sessa, M. Vismara Missiroli, Codice dei beni
culturali di interesse religioso
(Milano, Giuffrè, 2003)

di Carlo Marzuoli (recensione)



1. Il volume è una raccolta sistematica di disposizioni normative e di atti contenenti discipline giuridicamente rilevanti in tema di beni culturali di interesse religioso e, come ricorda G. Feliciani nella Prefazione, è assai diversa rispetto ad una precedente pubblicazione con il medesimo titolo del 1992, limitata alle disposizioni dell'ordinamento canonico. In effetti, l'opera contiene una parte I, dedicata alle Disposizioni statali e regionali, con un saggio introduttivo di M. Renna (I beni culturali di interesse religioso nel nuovo ordinamento autonomista) ed una Nota tecnica di V.M. Sessa, nonché una parte II, dedicata a La normativa della Chiesa cattolica, con una Introduzione di M. Vismara Missiroli, oltre ad altra apposita breve Nota tecnica.

Le due "note tecniche" ed in particolare la prima, in conseguenza della maggiore ampiezza degli elementi di riferimento, offrono spiegazione ed illustrazione della selezione dei dati e delle loro partizioni, e le due introduzioni dimostrano come l'insieme del lavoro sia stato progettato nella luce del nuovo sistema costituzionale e delle problematiche attuali e di prospettiva.

L'entità presa in considerazione come oggetto catalizzatore delle norme e degli atti da riunire, i "beni culturali di interesse religioso", è, per un verso, di decifrabilità meno agevole di quanto potrebbe far pensare la formulazione dell'art. 19 del testo unico approvato con d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 (si veda, in modo puntuale e sotto più profili il saggio di M. Renna, che conclude per l'impossibilità "di assegnare" all'art. 19 "alcuna reale valenza di classificazione generale dei beni culturali di interesse religioso", a pagina 7); per un altro (e fondamentale) verso, richiama e mantiene vivo il senso e la complessità di un rapporto dove i due protagonisti, i pubblici poteri e le figure giuridiche che vengono in rilievo sul versante del fenomeno religioso (in senso lato), hanno fisionomie profondamente differenti dal punto di vista delle loro proprie articolazioni ("accentramenti", "decentramenti", "pluralismi", ecc.), come bene si indica, sotto aspetti - ovviamente - distinti, nei due saggi introduttivi, e come d'altra parte già messo in luce da altri studi, pur se (all'epoca) in relazione ad un contesto normativo ancora privo del nuovo titolo V (si vedano, ad esempio, gli scritti di A. Cammelli e di S. Bordonali, in tema di Beni ed attività culturali di interesse religioso, in Le competenze nelle materie di interesse ecclesiastico dopo il d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, a cura di R. Botta, Torino, 2001; Margiotta Broglio, Art. 19, in La nuova disciplina dei beni culturali e ambientali, a cura di M. Cammelli, Bologna, 2000). Sono, queste, notazioni generali, ma non improduttive o ininfluenti, perché "si scopre ... che il problema centrale della disciplina dei beni culturali e, in particolare, di quelli di interesse religioso, è forse rappresentato, oggi, nel nuovo ordinamento autonomista della Repubblica, da una crescente esigenza di coordinamento degli interventi, sia di tutela sia di valorizzazione, attivabili da normative spesso tra loro non comunicanti e in grado, quindi, di intersecarsi, sovrapporsi o duplicarsi in modo ingovernabile" (M. Renna, op. cit., pagina 15). Ancora una volta viene alla ribalta, dinanzi all'intrinseca inadeguatezza di astratte architetture di competenze, l'essenzialità delle forme e delle prassi collaborative. Ed è in particolare all'individuazione e alla valorizzazione di previsioni e di materiali del genere che sono conferiti spazio, evidenza ed ordine.

Il Codice, attraverso la ricerca e la ricongiunzione in un medesimo testo di tutti i dati ai vari livelli pertinenti, specie dinanzi alla estrema varietà di centri di produzione giuridica (Stato, regioni, istituzioni religiose) che ne sono la fonte, costituisce un contributo essenziale per ulteriori riflessioni, collegamenti, chiarimenti, conversioni di problematiche, e perciò rappresenta un ausilio determinante al fine di meglio caratterizzare l'oggetto considerato.

 

2. Ma vediamo quali atti sono stati considerati e pubblicati

Nella parte I lo studioso e l'operatore potranno trovare atti normativi, accordi, atti amministrativi, inseriti sotto tre grandi voci (pagine 23-623): Costituzione, disciplina pattizia, beni culturali e di interesse religioso nella normativa statale.

Quest'ultimo capitolo è a sua volta suddiviso in problematiche di genere: funzioni e organizzazione dell'amministrazione dei beni culturali (dove per amministrazione è da intendere non solo l'amministrazione statale); il testo unico sui beni culturali e le normative regolamentari (quelle vecchie, per effetto della mancata emanazione di quelle nuove); altre norme, in cui trovano posto la tutela codicistica, le convenzioni internazionali, la catalogazione, norme su provvedimenti e procedimenti particolarmente rilevanti, controlli in materia edilizia, tutela di particolari aree, norme sulla sicurezza degli edifici e dei beni; norme per il superamento delle barriere architettoniche; normative di sostegno finanziario (secondo uno schema ulteriormente articolato); norme sull'edilizia di culto; norme di ricostruzione e interventi di protezione civile; norme tributarie; beni pubblici.

A tutto questo sono da aggiungere i materiali concernenti l'ambito regionale (le leggi regionali, le intese, accordi con istituzioni locali), che entrano a comporre il CD e che sono elencati nell'indice. E qui è meglio far parlare le cifre: 26 documenti per l'Abruzzo, 19 per la Basilicata, 23 per la Calabria, 25 per la Campania, 18 per l'Emilia-Romagna, 40 per il Friuli-Venezia Giulia, 29 per il Lazio, 16 per la Liguria, 28 per la Lombardia, 33 per le Marche, 10 per il Molise, 26 per il Piemonte, 14 per la Puglia, 14 per la Sardegna, 37 per la Sicilia, 21 per la Toscana, 30 per (nel complesso) per il Trentino-Alto Adige, 24 per l'Umbria, 24 per la Valle d'Aosta, 38 per il Veneto.

Si tratta, come si vede, di una massa ingente di dati (per un primo riscontro si veda il saggio introduttivo, a pagina 9 e seguenti), fra loro molto diversi e di cui sono in specie significativi gli atti di tipo "pattizio", poiché rappresentano una conferma per il già fatto e dei possibili suggerimenti o modelli per il da fare: dalla "Convenzione tra il Comune di Montalcino, la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Siena e l'Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d'Elsa e Montalcino per la costituzione del "Museo civico e diocesano d'arte sacra di Montalcino" alla "Convenzione tra il Comune di Palermo e l'Arcidiocesi di Palermo per l'apertura di chiese dell'Arcidiocesi di Palermo nel Centro storico", alla "Convenzione tra la Provincia di Bergamo e la Diocesi di Bergamo per la promozione e la valorizzazione dei beni culturali mobili del territorio bergamasco", ecc. L'interessante - naturalmente - è poterli avere (e considerare e confrontare) tutti insieme.

Nella parte II si trovano (come detto) gli atti normativi della Chiesa cattolica (pp. 653-901), con molteplici documenti: del Pontefice; delle congregazioni; della pontificia commissione per la Conservazione del patrimonio artistico e storico della Chiesa, dal 1993 pontificia commissione per i Beni culturali della Chiesa; della Conferenza episcopale italiana.

La raccolta pare corrispondere pienamente al "progetto" leggibile nelle introduzioni e nelle note tecniche. E, se è vero che l'oggetto (giuridicamente) esiste solamente se esistono delle norme ad esso relative (o principi giuridici), si può avere definitiva conferma dell'importanza dell'opera proprio in ordine all'identità (giuridica) del fenomeno trattato.

 

3. E' imminente il nuovo "codice dei beni culturali e del paesaggio"; il relativo decreto delegato risulta già approvato. E' da chiedersi come esso incida sul volume di cui stiamo parlando. L'emanando decreto riproduce, salvo modifiche che (parrebbero) formali, la disposizione prima contenuta nell'art. 19 del t.u. approvato con d.lg. n. 490/1999, all'art. 9, sui "beni culturali di interesse religioso": da questo punto di vista non sembrano esservi mutamenti. Su altro piano anche se con gravi limiti, cerca di tradurre le implicazioni (o almeno il linguaggio) del nuovo titolo V Cost. nella materia che interessa; e dunque tenta, con gli articoli 1 e 5, di disegnare uno spazio (anche) per tutti i pubblici poteri che costituiscono la Repubblica (regioni, comuni, ecc.). In questa situazione, il Codice dei beni culturali di interesse religioso di cui ci stiamo occupando cade in un momento quanto mai opportuno: il volume offre gli elementi per meglio intendere ciò che cosa sta dentro il "bene culturale di interesse religioso" in relazione ai nuovi poteri regionali e locali e dunque per meglio interpretare lo stessa nuova disciplina del beni culturali.

 

 



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