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I beni musicali: una categoria in cerca di autonomia

di Annalisa Gualdani


Sommario: 1. I beni musicali e la necessità di una nozione. - 2. Gli spartiti musicali come nuova tipologia di beni culturali. - 3. I requisiti della rarità e del pregio artistico e storico. - 4. La gestione del patrimonio della musica tramite Archivio digitale della musica. - 5. Considerazioni conclusive.



1. I beni musicali e la necessità di una nozione

Da tempo musicologi ed esperti del settore musicale reclamano l'indispensabilità di un'autonoma nozione di beni musicali e di una loro specifica disciplina distinta dalla normativa generale sui beni culturali. La ragione di ciò risiede nell'ampiezza contenutistica del termine bene musicale comprendente non solo gli spartiti musicali (oggi espressamente disciplinati dall'art. 2, c, 2 lett. d) del d.lg. n. 490/99), ma, altresì, gli stessi strumenti, gli accessori di questi ultimi (si pensi ad archetti, ance, bocchini) e l'altra oggettistica "pertinente" all'attività esecutiva (leggii, metronomi, sgabelli dei pianoforti), aventi i requisiti della rarità e del pregio artistico o storico.

Se, da un lato, va rilevata l'importanza dell'attività dei redattori del t.u., il quale ha sottoposto a tutela gli spartiti musicali rari e di pregio artistico storico, dall'altro va evidenziato la portata limitativa con cui il legislatore del d.lg. n. 490/99 qualifica i medesimi, non assurgendo gli spartiti a categoria autonoma, ma rappresentando sic et simpliciter una delle tante species di beni librari.

Non v'è chi non veda come la protezione assegnata agli spartiti musicali abbia un circoscritto ambito di applicazione, essendo riferita unicamente al materiale d'uso destinato all'esecuzione, escludendo gli strumenti tutte quelle res prima descritte che andrebbero a comporre una definizione ampia di bene musicale.

In tempi relativamente recenti lo scarso interesse dedicato ai beni musicali in campo legislativo e la frammentarietà degli interventi pubblici finora attuati nei confronti di questo importante settore dei beni culturali ha spinto l'Istituto storico Austriaco di Roma, in collaborazione con la Società Italiana di musicologia, a rivolgere un appello scritto al ministro per i Beni e le Attività culturali, affinché, in attesa di un auspicabile intervento legislativo ad hoc, consideri l'opportunità dell'istituzione di una Direzione Generale per i Beni Musicali o di un Istituto speciale per i Beni musicali con compiti di studio, ricerca, sperimentazione e documentazione e per la promozione di un piano organico di interventi relativi al recupero, alla tutela, alla conservazione, al restauro, alla catalogazione, alla valorizzazione ed alla fruizione delle diverse tipologie di beni musicali presenti in Italia, intendendo tra questi - sia nel pubblico, sia nel privato — gli archivi musicali, le biblioteche musicali, le raccolte di manoscritti e stampe musicali, gli archivi sonori e audiovisivi, le collezioni e i musei di strumenti musicali, gli organi storici, le testimonianze iconografico-musicali e la documentazione di interesse etnomusicologico.

Altra questione che sta emergendo è quella se gli edifici dedicati alla musica, quali gli auditorium, le sale di ascolto, ecc. possano ricondursi nella costituenda categoria dei beni musicali. A riguardo è opportuno evidenziare che, i medesimi, essendo beni immobili (pur di interesse musicale) per essere sottoposti alla disciplina dei beni culturali devono, ovviamente, possedere i requisiti espressamente richiesti dall'art. 2, comma, 1 lett. a) del d.lg. n. 490/99, e cioè "l'interesse artistico, storico, archeologico o demo-etno-antropologico". In realtà molti sono i contenitori fisico architettonici del bene musicale che, pur essendo importanti luoghi di divulgazione e veicoli per la formazione musicale della persona restano privi di adeguata tutela per la mancanza dei suddetti requisiti.

Tale lacuna potrebbe, tuttavia, essere colmata ampliando la portata dell'art. 2, comma 1, lett. b) del t.u., in base al quale "sono beni culturali le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, rivestono un interesse particolarmente importante", aggiungendo, espressamente, alla citata fattispecie il riferimento alla storia della musica. Il legislatore nella formulazione della nascente categoria dei beni musicali potrebbe operare una classificazione in seno ad essa distinguendo, i beni culturali musicali mobili ed immobili suscettibili di protezione non solo per la loro rilevanza storico-artistica ecc., ma, altresì, per il loro interesse musicale particolarmente importante e per l'aver rivestito un ruolo per la storia musicale del Paese.

 

2. Gli spartiti musicali come nuova tipologia di beni culturali

Come in precedenza ricordato una delle novità più rilevanti in materia introdotte dal testo unico è rappresentata dall'inserimento tra i beni librari della sottocategoria degli spartiti musicali. La sensibilità dei redattori del testo unico per il materiale d'uso degli esecutori va, senz'altro, ricondotta alla presa di coscienza dell'importanza della musica nella formazione culturale dei singoli [1], oltreché della funzione e sociale [2] da essa svolta e dal conseguente interessamento che il legislatore, a partire dal 1997, ha dimostrato nel settore.

Anteriormente al d.lg. n. 112/98 ed al testo unico è dato riscontrare che né la legge n. 1089/39, né la Commissione Franceschini, avevano mai parlato di musica come bene culturale, né tantomeno avevano fatto cenno agli spartiti come beni oggetto di autonoma protezione. Una svolta notevole, in tal senso, fu apportata con l'art. 1 del disegno di legge A.S. 2719, presentato il 4 luglio 1997 [3], dall'allora ministro per i Beni culturali Veltroni, il quale, nell'affermare che "la musica quale mezzo di espressione artistica e di promozione culturale, costituisce, in tutti i suoi generi e manifestazioni, aspetto fondamentale della cultura nazionale ed è bene culturale di insostituibile valore sociale e formativo della persona umana", stigmatizzava, per la prima volta, in un testo di legge, l'applicazione del concetto bene culturale alla musica.

Nel progetto la musica venne concepita come un bene culturale indispensabile per la formazione della persona, la cui fruizione non doveva essere privilegio di pochi, ma, piuttosto, parte integrante del diritto all'istruzione che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini. Affermava l'art. 1 del d.d.l. che la musica in quanto "bene materiale a fruizione collettiva" appartiene al patrimonio della Nazione e che, pertanto, andava tutelata e promossa da parte delle istituzioni pubbliche, le quali devono attivarsi per attuare il principio costituzionale che garantisce la musica quale forma di arte. L'art. 2 del disegno di legge, ai sensi del quale "lo Stato, le regioni e gli enti locali riconoscono le attività musicali, ... ne promuovono lo sviluppo, ... favoriscono la formazione professionale, ... assicurano la conservazione del patrimonio storico della musica", accennava, poi, alla necessità di proteggere il patrimonio musicale non entrando, tuttavia, nel merito e non definendo il contenuto da assegnare al concetto di "patrimonio storico della musica" [4]. Il corpo del progetto non favorì, infatti, una definizione di patrimonio storico della musica, suscitando una serie di interrogativi che indussero a chiedersi se oggetto di tutela fossero i beni materiali, gli spartiti, gli strumenti, i dischi, o il patrimonio intellettuale (edizione critica di una partitura) o il patrimonio estetico (l'opera lirica cantata in teatro). E' da escludere che la protezione si rivolgesse al bene materiale, poiché il legislatore ometteva qualsivoglia riferimento alle biblioteche, agli archivi musicali, alle discoteche storiche, agli strumenti musicali riducendo al minimo l'oggetto della stessa, avendo, senz'altro, il progetto di legge riguardo specifico alla musica come bene culturale attività, piuttosto che alla tutela dei supporti contenenti quest'ultima.

Con il testo unico sui beni culturali ed ambientali gli spartiti musicali vengono, per la prima volta, previsti e tutelati nel nostro ordinamento giuridico, come sottocategoria dei beni librari. Nel parere della VII Commissione della Camera dei Deputati, sullo schema di decreto legislativo, riguardante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali, reso il 26 maggio 1999, si evidenziava la necessità di prendere in considerazione (al pari dei beni librari), ai fini della tutela, gli spartiti musicali nella loro totalità ed organicità, prescindendo dal subordinare la tutela stessa alla sussistenza di ulteriori requisiti, quali la rarità ed il pregio storico-artistico. Il parere della Commissione sosteneva, inoltre, che i beni librari e gli spartiti musicali dovessero essere inclusi nel novero dei beni da tutelare in quanto tali ed in particolare, come previsto dall'art. 822 c.c., le raccolte delle biblioteche che, spesso, contengono anche gli spartiti musicali, da considerarsi questi ultimi come beni demaniali da tutelare da parte dello Stato, delle Province e dei Comuni. Trascurare i beni librari nella loro organicità, significava, infatti, non tenere conto dei materiali in deposito legale ed eludere il problema dei diversi generi di supporto su cui vengono registrati note, testi ed immagini.

Se, tuttavia, il t.u. all'art. 2 lett. d) afferma che sono beni culturali, disciplinati a norma del titolo I, gli spartiti musicali, tuttavia, subordina la qualificazione di questi ultimi come beni culturali e la relativa tutela alla sussistenza dei requisiti della rarità e del pregio artistico e storico. Ora, dobbiamo ricordare che l'editoria musicale nasce come materiale d'uso, cioè finalizzato all'impiego degli spartiti e delle partiture da parte dei musicisti ai fini dell'esecuzione, non come materiale da biblioteca, destinato per vocazione alla conservazione. Gli stessi supporti contenenti le composizioni musicali sono, perciò, caratterizzati dalla deteriorabilità del materiale che lo compongono, dal fatto che non sono "confezionati" in modo durevole, stante proprio la loro funzionalizzazione all'uso.

A riguardo si manifesta l'opportunità di rispondere ad un interrogativo: quando uno spartito musicale può considerarsi raro o di pregio e quindi da sottoporre a tutela? In primis, dobbiamo ricordare che esiste, per la musica, un repertorio internazionale, il c.d. Risma (repertorio internazionale dei fondi musicali), che raccoglie gli esemplari di spartiti e partiture di tutto il mondo e che conferisce al materiale musicale, quasi per antonomasia, il carattere della rarità, per il solo fatto di custodirne un esemplare. Ma perché il requisito della rarità è così rilevante per lo spartito? Per il materiale musicale la rarità è importante perché, in quanto materiale d'uso, non è suscettibile di prolungata conservazione, essendo, pertanto, destinato a scomparire. Inoltre, perché la musica è un linguaggio in continua evoluzione ed il documento musicale cristallizza, insieme alla creatività del compositore, anche tecniche compositive, armoniche; fotografa, insomma, un pezzo di storia della musica.

In Italia, rispetto agli altri Paesi, vi è la tendenza, tra gli addetti ai lavori, ad ampliare eccessivamente l'area degli spartiti oggetto di tutela, dichiarando ad libitum di particolare rarità e di pregio storico un vasto numero di beni musicali; e ciò può essere considerato sia in senso positivo, sia negativo: spesse volte, infatti, l'eccessiva protezione e tutela rischia di portare al risultato opposto e di vanificare il risultato.

Tornando al dettato di cui all'art. 2, lett. d), t.u. il legislatore, a parere di chi scrive, avrebbe dovuto meglio specificare l'accezione da conferire ai termini di rarità e pregio per meglio consentire l'individuazione degli spartiti musicali da sottoporre a tutela. D'altro canto, la genericità dell'enunciazione normativa demanda in toto tale individuazione alla discrezionalità dei tecnici deputati alla dichiarazione e, se è vero che melius abundare quam deficere, in caso di ampliamento dei beni da ricondurre a tutela, quid nel caso di utilizzazione di criteri eccessivamente restrittivi? Al di là dei rilievi critici sopra svolti, ai redattori del t.u. va riconosciuto comunque il merito di aver avuto una felice intuizione nel prevedere autonomamente gli spartiti musicali, come categoria ex se, anche se la loro ubicazione accanto alle carte geografiche induce a chiedersi quale sia il fondamento di tale accostamento ed inoltre, se separando, a livello sistematico, gli spartiti musicali dai beni librari, il d.lg. n. 490/99, abbia, implicitamente, voluto assegnare al materiale musicale un'attenzione particolare, mai riservata prima.

In conclusione, il t.u. costituisce e dovrà costituire esempio e spinta per il legislatore a creare una disciplina ad hoc per gli spartiti musicali, estesa magari alle funzioni delle Biblioteche dei Conservatori, in modo che si tuteli e disciplini organicamente e definitivamente il materiale musicale.

 

3. I requisiti della rarità e del pregio artistico e storico

Il testo unico sottopone all'ambito di applicazione della propria fattispecie gli spartiti musicali in possesso del carattere della rarità e del pregio artistico o storico. Per gli spartiti musicali, come per gli altri beni librari, tuttavia, non sembrerebbe richiesta la contestuale compresenza dei due requisiti: è stato, infatti, impiegato il medesimo costrutto sintattico grammaticale, inserendo la congiunzione "e".

Un profilo di novità si rileva, invece, nell'aver specificato la natura del pregio; così l'art. 2, comma 2, lett. d), t.u. ha cura di precisare che su una medesima cosa possono ben coesistere sia il pregio artistico, sia quello storico. Premesso che non è dato conoscere il grado di consapevolezza con la quale il legislatore ha posto i suddetti epiteti accanto al pregio, la presente analisi presuppone la non casualità di dette attribuzioni e si limita a formulare delle mere ipotesi suscettibili di essere confutate. La prospettiva muta a seconda che dei beni di cui alla lett. d) si evidenzi il solo valore documentale (del supporto) o anche il loro essere testimonianza avente valore di civiltà ed allora è possibile formulare più interpretazioni:

1) nella lett. d) il pregio artistico o storico va inteso nell'accezione di valore artistico storico, valore riferito non tanto al supporto di per sé, quanto, piuttosto, all'elasticità o storicità insite in ciò che il supporto esprime, cioè in quanto artisticità o storicità del valore civilizzante;

2) avendo riguardo propriamente al supporto, essendo sia gli spartiti musicali sia le carte geografiche materiale d'uso, è evidente che esistono una molteplicità di esemplari. Per cui, mentre è semplice individuare un oggetto raro degno di essere tutelato, definire quando esso sia pregevole risulta estremamente difficoltoso. Pertanto, aggettivare tale requisito con i caratteri della artisticità e storicità consente una delimitazione dei beni da proteggere.

3) non potendo distinguere, come per i beni della prima parte della lett. c) (documenti notevoli, incunaboli) tra beni unici per antonomasia (manoscritti, autografi, carteggi, documenti notevoli) ed "antichi" (incunaboli) e gli altri che devono possedere carattere di rarità e di pregio sic et simpliciter (libri, stampe, incisioni), i redattori del t.u. hanno dovuto aggiungere un quid pluris alla rarità e al pregio, quasi come se il riferimento alla storicità volesse sussumere la celata antichità presente nella prima parte dell'art. 2, comma 2, lett. c).

Autorevole dottrina ha affermato che il termine "interesse" coinciderebbe con il termine "valore", pertanto, l'aggettivo artistico si connoterebbe per "la sua funzione genericamente specificante tra il complesso di quelle cose che possono dirsi risultato di una attività creativa qualificata da una tecnica particolare (arte)" [5]. Per tale orientamento, nell'espressione di "interesse artistico", di cui alla legge n. 1089/39, filtrato ora nel t.u., sarebbe estranea una valutazione di ordine puramente estetico, poiché essa implicherebbe, invece, un giudizio sul valore della cosa non già estetico, ma storico, di diversa gradazione: eccezionale, notevole ..., che l'opera abbia nello svolgimento della storia, della scienza e della storia dell'arte. "Non che un giudizio di valore estetico non sussista, ma esso entra solo come componente di un complesso giuridico storico-scientifico, in quanto solo attraverso una valutazione del genere, il bene potrà considerarsi rispondere o meno alla funzione strumentale delle cose menzionate dalla legge" [6].

Di diverso avviso altra parte della dottrina, la quale rileva che, se pur l'opera d'arte contenga sempre un momento documentale (riproduttivo) dell'ambiente del tempo in cui essa è sorta, la sua connotazione determinante, tuttavia, si individua in un giudizio di valore estetico che, concettualmente, la discrimina dalle categorie dello storico [7].

Esaminando le qualificazioni del pregio, si evidenzia che quello artistico si connota per essere intrinseco e diretto, mentre quello storico si caratterizza per il suo carattere estrinseco ed indiretto, avendo riguardo al riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere. Il pregio artistico è suscettibile di identificazione in base a dati di ordine obiettivo, che prescindono dall'identità dell'autore ed è altresì da ricordare che l'assolutezza di esso, pur ammettendo una notevole articolazione di intensità, non possa ridursi a valori puramente documentari [8].

La giurisprudenza, formatasi intorno al pregio, di cui alla legge n. 1089/39, aveva affermato che nel caso del vincolo su un bene di pregio artistico, oggetto di tutela è il valore intrinseco della cosa determinato dal collegamento con determinati fatti e vicende della storia o dell'arte [9]. Il t.u., rispetto alla legge n. 1089/39, ha ampliato i confini dell'interesse storico, riconducendo, così. nell'elencazione nuove tipologie di beni.

Dopo questa digressione, tornando alla disciplina dei beni di cui all'art. 2, comma 2, lett. d), t.u. va rilevato che l'epiteto artistico, posto accanto al termine pregio, causa confusione e commistione tra pregio del bene musicale, in quanto bene culturale materiale, e pregio del bene musicale-attività, poiché ritengo che il pregio artistico sia insito nei righi del pentagramma e celato tra le sinuosità del fraseggio musicale che, proprio perché suscettibile di essere riprodotto dagli esecutori e fruito dagli ascoltatori, diviene linguaggio universale che trascende l'immanenza nella res, materialmente intesa. Il pregio artistico, infatti, non si ferma al momento storico in cui viene fotografato o stampato nel materiale cartaceo, esso appartiene certamente all'opera dell'autore, ma si rarefà e si universalizza con l'esecuzione. Pertanto, il pregio artistico andrebbe riferito più che allo spartito, all'esecuzione musicale che riproduce l'arte del compositore e, quindi, al bene culturale attività, più che al bene materiale, poiché il pregio artistico appartiene al mondo dell'astrazione e della percezione e non al dato sensibile.

Più agevole è, invece, individuare il pregio storico, perché più attinente allo spartito come documento che testimonia un periodo storico, un'epoca che inserisce l'autore in un contesto musicale determinato (si pensi ad esempio alle pergamene contenenti la notazione neumatica medioevale tramandataci dal lavoro dei monaci amanuensi).

 

4. La gestione del patrimonio della musica tramite Archivio digitale della musica

Il materiale musicale, sin dalle origini della SBN (anni 80), è stato oggetto di particolare attenzione nell'ambito dell'Istituto Centrale per i beni librari.

Negli anni novanta tale interessamento venne intensificato grazie anche alla sollecitazione proveniente dall'Unione Europea che invitava alla valorizzazione dei contenuti culturali dei beni musicali. Tale processo di sensibilizzazione è sfociato nella creazione dell'archivio informatico della musica, un progetto di interesse rilevante che vede coinvolti tre organismi ricchi di documentazione musicale: la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, la Biblioteca Nazionale Universale di Torino e la Discoteca di Stato di Roma. L'obiettivo perseguito da questi istituti è stato quello di catalogare e digitalizzare gran parte del repertorio da essi posseduto (Torino, le composizioni di Antonio Vivaldi, Venezia quelle dei Fratelli Marcello, Roma prevalentemente la musica sacra). Le biblioteche di Torino e Venezia e la Discoteca di Stato, sin dagli inizi, cercarono di individuare un comune filone musicale da mettere in rete, identificando nella musica veneta del 700 il materiale su cui effettuare la sperimentazione, perché copioso e perché posseduto in uguale misura dalle tre istituzioni.

Attraverso l'archivio digitale della musica, oggi, è possibile effettuare la ricerca, la consultazione ed accedere ai documenti di musica notata custoditi nelle tre Biblioteche. La digitalizzazione ha riguardato sia i manoscritti, sia gli spartiti a stampa e consente all'utente perfino l'ascolto, tramite riproduzione sonora, della melodia dello spartito di cui si prende visione in rete.

 

5. Considerazioni conclusive

L'avvento di nuove tecnologie ha interessato direttamente il campo musicale. Molte sono, infatti, le forme musicali che ricorrono all'utilizzo dei moderni strumenti messi a disposizione dall'informatica e dall'elettronica: musica elettronica, musica concreta, musica elettroacustica, musica sperimentale, musica acusmatica, musica informatica ecc. Questi nuovi generi, insieme agli strumenti necessari per la loro riproduzione vanno a costituire un'ulteriore speciem: quella dei beni musicali elettronici, venendo, così, ad ampliare il genus dei beni musicali.

Non v'è chi non veda come una disciplina specifica, distinta da quella generale sui beni culturali, che tuteli la materia sia, oggi come non mai, indispensabile, attese le numerose problematiche relative alla conservazione che interessano i supporti di queste nuove forme musicali. La conservazione di tali materiali pone, infatti, problematiche diverse rispetto a quelle imposte dalle opere musicali del passato, poiché il supporto di memorizzazione è solo in parte cartaceo, essendo nella maggioranza dei casi magnetico e pertanto molto labile [10]. Non solo, la preferenza per i supporti elettronici sta portando alla produzione di un materiale cartaceo di qualità scadente che probabilmente non consentirà di preservare per i posteri le opere musicali ivi impresse. Tale stato dell'arte deve pertanto sollecitare le coscienze del legislatore e delle istituzioni stimolandoli a dar vita alla creazione di una legge sistematica che tuteli i beni e le attività musicali, preservando l'ingente patrimonio musicale passato ed attuale in possesso del paese del "bel canto".

 



Note

[1] Nel pensiero di Platone, sia nel Fedro, sia nel Simposio, la musica è concepita come "Sophia" e si potrebbe aggiungere che per il filosofo bellezza e sapienza si ricongiungono sino alla completa identificazione al livello più alto proprio nella musica. Cfr. in tal senso, E. Fubini, L'estetica della musica dall'antichità al settecento, Torino, 1990, 16.

[2] Damone, anticipando la Catarsi Aristotelica affermava la funzione allopatica ed omeopatica della musica; essa, infatti, non solo corregge l'animo, ma anche corregge specificamente le sue cattive inclinazioni.

[3] Il progetto di legge n. 2619 è stato approvato in testo unificato al Senato in data 20 settembre 2000.

[4] L. Bianconi, La musica come bene culturale, in Economia della cultura, II, 1999, 274, ha affermato che il patrimonio storico della musica è dopo l'art. 2 un desaparecido.

[5] G. Piva, Cose d'arte, Milano, 1956, 93.

[6] G. Piva, op. ult. cit., 94.

[7] Cfr. H. Kuhn, Essenza e vita dell'opera d'arte, trad. it. Torino, 1970.

[8] Tale argomentazione è sostenuta da T. Alibrandi e P.G. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 2002, 180.

[9] Cons. Stato, sez. VI, 26 ottobre 1971, n. 815, in Foro Amm., 1971, I, 1164; Cons. Stato, sez. VI, 13 marzo 1973, n. 199, in Foro Amm., 1973, I, 2, 224.

[10] A. Vidolin, Conservazione e restauro dei beni informatici elettronici, paper, 1.

 



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