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Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri
per questione di legittimità costituzionale
della l.r. Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16

(depositato in cancelleria il 17 settembre 2002 e iscritto al n. 58 del registro dei ricorsi 2002;
pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 1a serie speciale, n. 43 del 30 ottobre 2002)



Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Finalità di "recupero" nonché programmazione e finanziamento, da parte della Regione, di vari tipi di intervento su edifici e luoghi di interesse storico-artistico (piani di recupero, programmi di integrazione fra risorse e interventi pubblici e privati, ridisegno di piazze, manutenzione, restauro e risanamento conservativo, inserimento di opere d'arte in edifici, eliminazione di opere incongrue, programmazione di interventi urgenti) - Denunciata invasione di competenze statali esclusive e concorrenti in materia, rispettivamente, di "tutela dei beni culturali" e di "valorizzazione dei beni culturali e ambientali" - Mancata considerazione delle competenze delle Soprintendenze per i beni ambientali, architettonici e storici.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, artt. 1 e 2, comma 1, lett. a), b), c), d), g), l), m).

- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo; d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490; d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, artt. da 148 a 155.

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Programma regionale per la promozione della qualità architettonica e paesaggistico-ambientale - Contenuti e finalità - Denunciata invasione di competenze statali.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, art. 3, commi 2 e 3.

- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo; d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490; d.lg. 31 marzo 1998, n. 112.

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Contributi regionali per il finanziamento di interventi su edifici e luoghi di interesse storico-artistico - Prevista presentazione delle relative domande a Regioni, Comuni o Province, anziché ad enti statali - Denunciata lesione di competenze statali.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, art. 5, commi da 1 a 4.

- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo; d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490, artt. 21, commi 1 e 2, da 23 a 29, 151 e 153.

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Assegnazione di contributi regionali per il finanziamento di interventi su edifici e luoghi di interesse storico-artistico - Prevista stipulazione di una convenzione tra proprietario dell'edificio e Comune dove l'edificio è situato - Denunciata omessa considerazione delle competenze dell'Amministrazione statale.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, art. 7.

- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo; d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 45.

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Attribuzione al Sindaco del potere di intimare ai proprietari di edifici la realizzazione di interventi a salvaguardia "del decoro e dell'ornato pubblico - Denunciata invasione delle competenze statali in materia di beni culturali o di "ordinamento civile (a seconda che il potere riguardi o meno edifici qualificati o da qualificare come beni culturali).

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, art. 9.

- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo; d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490, artt. 37 e seguenti.

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Definizione, individuazione ed eliminazione, totale o parziale, delle "opere incongrue" - Possibilità di espropriazione in assenza di accordo con i proprietari - Denunciata invasione della competenza statale in materia di "ordinamento civile".

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, art. 10 (in particolare, commi 4, 5 e 8).

- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettera l).

 

Patrimonio storico e artistico (Tutela del) - Norme della Regione Emilia-Romagna per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio - Disposizioni relative alla "promozione dell'architettura contemporanea e salvaguardia del patrimonio architettonico" e agli "interventi per l'eliminazione di opere incongrue" - Ipotizzata applicabilità ai beni culturali - Violazione di competenze legislative e amministrative statali.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16, artt. 8, 10 e 11.

 

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale - Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri avverso legge regionale - Invito alla Regione a non procedere all'attuazione della legge impugnata in pendenza del giudizio.

- Legge Regione Emilia-Romagna 15 luglio 2002, n. 16.

 

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato;

Nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del suo Presidente della Giunta, avverso la legge regionale 15 luglio 2002, n. 16, intitolata "Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio", pubblicata nel bollettino ufficiale n. 101 del 15 luglio 2002.

La determinazione di proposizione del ricorso è stata approvata dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 30 agosto 2002 (si depositerà estratto del relativo verbale).

La legge regionale in esame contrasta palesemente con l'art. 117, secondo comma, lettera s) nonché - marginalmente - lettera l) Cost., ed anche, per quanto non considera i principi da desumersi dal d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 e le disposizioni - del resto da rielaborare alla luce del predetto secondo comma, lettera s) - contenute negli articoli da 148 a 155 del d.lg. marzo 1998, n. 112, l'art. 117, terzo comma Cost. ("valorizzazione dei beni culturali ed ambientali"). Potrebbe persino dirsi che la legge regionale quasi sistematicamente accantona la competenza legislativa esclusiva e le competenze amministrative dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e dei beni ambientali (tra questi ultimi devono includersi i beni paesaggistici di cui agli artt. 138, 139 e 146 del citato d.lg. n. 490 del 1999); e, quanto alla valorizzazione, sostanzialmente amputa e declassa le "forme di cooperazione ... tra Stato, Regioni ed enti locali" previste dal citato d.lg. n. 112 del 1998, da un lato da esse escludendo gli uffici statali, e d'altro lato accentuando la subalternità degli enti locali. Sembra quasi di poter scorgere una sorta di riserva alla Regione (e forse al suo Istituto IBACN) delle cognizioni e della sensibilità architettoniche storico-artistiche e paesistiche; riserva che si cerca di legittimare attraverso la commissione [leggasi: connessione] con gli strumenti giuridici dell'urbanistica.

Nell'art. 1 della legge in esame è presente due volte la parola "recupero", familiare agli urbanisti; essa tende a porsi come sinonimo di "restauro" o ad assorbire in sé quest'ultima nozione (art. 34 del d.lg. n. 490 del 1999). Ne discende una ambiguità foriera di incertezze e di possibili conflitti. Né va sottovalutato che l'intera legge è finalizzata alla "realizzazione di interventi" (deve ritenersi, edilizi) su edifici e luoghi "di interesse storico-artistico", e non (o quanto meno non soltanto) sul generico patrimonio immobiliare.

L'art. 2 reca al comma 1 una elencazione dei "tipi di intervento".

La lettera a) prevede piani (urbanistici) di recupero; e però - oltre ad usare daccapo la parola "recupero" in accezione non univoca - consente "interventi di integrazione funzionali e spaziali" dei predetti edifici e luoghi.

La lettera b) prevede una "integrazione fra le risorse e gli interventi pubblici e privati", integrazione da attuarsi (cfr. art. 3, commi 4 e 5 della legge) ad opera della Regione e mediante un programma dalla stessa deliberato, salvo eventuali (e non necessari) accordi "con altre amministrazioni pubbliche (non si vuole menzionare lo Stato), con fondazioni bancarie e altri soggetti privati".

La lettera c) si prevede il "ridisegno" di piazze e "complessi insediativi storici" volto a "ricostruire" (?) un rapporto architettonico e urbanistico tra tali spazi e il tessuto edilizio (anche storico-artistico) circostante.

Ancor più manifestamente invasiva delle competenze statali è la disposizione contenuta nella successiva lettera d). Non è chiaro se la disposizione concerna soltanto i beni "compresi (o che avrebbero dovuto essere compresi) negli elenchi" di cui all'art. 5 del d.lg. n. 490 del 1999, od invece anche i beni notificati "appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati all'art. 5, comma 1", come recita l'art. 6 del medesimo decreto legislativo. Comunque è palese che "manutenzione restauro e risanamento conservativo di edifici di interesse storico-architettonico e delle loro aree di pertinenza" sono interventi inerenti alla tutela dei beni culturali e quindi la relativa disciplina è di indubbia competenza statale.

Invasiva anche la lettera g) dell'art. 2, comma 1: l'inserimento di "opere d'arte" (o reputate tali) in edifici di interesse storico-architettonico deve essere valutato ed autorizzato dalla competente autorità statale. Analogo discorso deve farsi per la "eliminazione di opere incongrue" (o ritenute tali), di cui alla successiva lettera m) e sulle quali si tornerà nel prosieguo.

L'art. 149, comma 3, lettera b) del citato d.lg. n. 112 del 1998 riserva univocamente allo Stato "... prescrizioni ... e altri provvedimenti, anche di natura interinale, diretti a garantire la conservazione, l'integrità e la sicurezza" dei beni culturali; e gli articoli dal 37 al 46 (nonché l'art. 27) del d.lg. n. 490 del 1999 attribuiscono allo Stato compiti e responsabilità. L'art. 2 in esame, alla lettera l) prevede che la regione possa programmare autonomamente "interventi urgenti su edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale". Anche quest'ultima disposizione appare, per come è scritta, invasiva.

L'art. 3 della legge regionale, nel comma 2 proclama - con enfasi persino un po’ paradossale - "il programma regionale stabilisce gli obiettivi e le politiche generali per la tutela e valorizzazione dei beni" culturali ed ambientali della (rectius, nella) Regione. Soprattutto (ma non soltanto) per quanto attiene alla tutela di detti beni, la disposizione - come quella contenuta nel successivo comma 3 - invade competenze statali.

L'art. 5 della legge in esame, nei primi suoi quattro commi, prevede la presentazione delle domande di contributo recanti "elementi tecnici" e di regola corredate da studi di fattibilità, alla Regione, al Comune e talvolta anche alla Provincia, non anche - e la cosa non può non stupire - gli organi del Ministero dei beni ed attività culturali, unici titolari di compiti e responsabilità, come stabilito da molteplici disposizioni (ad esempio, art. 21, commi 1 e 2, articoli da 23 a 29, articoli 151 e 153) del d.lg. n. 490 del 1999.

L'art. 7 della legge in esame prevede la stipula di una convenzione tra soggetto privato proprietario di edificio sottoposto ad intervento di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), da un lato, - e il Comune ove l'edificio è situato, parrebbe (salvo ipotizzare convenzione a favore del Comune terzo) - dall'altro lato. Ancora una volta lo "isolazionismo" regionale ha condotto ad ignorare l'amministrazione statale preposta alla tutela dei beni culturali. La disposizione ricalca l'art. 45 del d.lg. n. 490 del 1999, e però non si fa carico né delle prioritarie esigenze di tutela, né dell'ipotesi di un contributo anche statale, e neppure della opportunità empirica di coordinamenti.

Non è chiaro se le disposizioni del titolo II della legge in esame concernano "oggetti" diversi da quelli indicati nell'art. 1. Se così fosse - come pare, malgrado detto art. 1 non faccia parte del titolo I - l'art. 8 non sarebbe costituzionalmente censurabile; diversamente dovrebbero riproporsi le considerazioni dianzi svolte.

Più complesso discorso deve farsi per l'art. 9. Qualora esso fosse applicabile anche per gli uffici qualificati o da qualificarsi beni culturali, si avrebbe invasione della competenza statale in materia, come già osservato con riferimento all'art. 2, comma 1, lettere d) ed l), e cioè con riguardo agli artt. 37 e seguenti del d.lg. n. 490 del 1999. Pertanto, anche qualora l'art. 9 fosse applicabile soltanto ad edifici diversi da quelli beni culturali una questione di legittimità costituzionale sarebbe prospettabile: ivi si prevedono infatti ordinanze del sindaco a salvaguardia non della incolumità (come già previsto dall'ordinamento) ma "del decoro e dell'ornato pubblico", valori questi oltremodo soggettivi ed opinabili. Pare quindi [da] dubitare della compatibilità di una siffatta limitazione delle proprietà pubbliche e private con la competenza esclusivamente dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. ("ordinamento civile").

Analogo dubbio con riferimento a questo parametro può essere prospettato per l'art. 10: anche la nozione di opere incongrue presenta margini di opinabilità, la cui riduzione non pare possa essere devoluta ad un atto amministrativo regionale di indirizzo e coordinamento indirizzato ai commi. I commi 4 e 5 prevedono la "eliminazione totale o parziale delle opere incongrue"; ed il comma 8 consente l'espropriazione in assenza di un accordo con i soggetti proprietari. Si pone quindi il problema se una legge regionale possa, nel caso considerato e senza l'avallo di una legge statale, prevedere l'espropriazione.

Inoltre, anche per l'art. 10 (e per l'art. 11) si pone il problema interpretativo se le disposizioni del titolo III della legge in esame concernano "oggetti" diversi da quelli indicati nell'art. 1.

Se così non fosse, se cioè esse si applicassero ai beni culturali, dovrebbe muoversi anche all'art. 10 la censura della omessa considerazione delle competenze legislativa ed amministrative dello Stato.

Nel complesso, l'intera legge risulta invasiva di ambienti di competenza statale, e in particolare singolarmente priva di qualsivoglia considerazione dei compiti e delle responsabilità attribuiti alla soprintendenze. E ciò per quanto attiene sia agli interventi sugli edifici sia agli interventi sul paesaggio.

P.Q.M.

Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimità costituzionale della legge sottoposta a giudizio, con ogni conseguenziale pronuncia e con invito alla regione a non procedere alla attuazione della legge stessa in pendenza del giudizio.

 

Roma, addì 10 settembre 2002

Il vice Avvocato generale dello Stato: Franco Favara

 

 

 



 

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