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La disciplina per la formazione e la trasmissione
dei documenti informatici

di Davide Modena


Sommario: 1. Premessa. - 2. Il quadro legislativo precedente alla l. 59/97. - 3. Formazione del documento informatico e firma digitale. - 4. Duplicazione e trasmissione dei documenti informatici. - 5. Verso un'amministrazione telematica: alcune prospettive di sviluppo.


1. Premessa

Le norme contenute nell'art. 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e le successive disposizioni regolamentari emanate con il decreto del presidente della repubblica 10 novembre 1997, n. 513 [1], hanno prodotto delle conseguenze rilevanti nell'ordinamento giuridico italiano, andando ad innovare profondamente gli strumenti di certezza tipici dei processi di formazione e trasmissione degli atti pubblici e privati, con conseguenze sino a qualche anno fa difficilmente immaginabili.

Per la prima volta il legislatore ha infatti affermato in termini generali il principio della piena validità e rilevanza a tutti gli effetti di legge degli atti, dati e documenti formati, conservati e trasmessi da soggetti privati o da pubbliche amministrazioni con strumenti informatici o telematici, parificando il loro valore ai "normali" documenti cartacei. Questo ha comportato uno sdoppiamento sempre più evidente del regime giuridico che fa riferimento al principio di documentalità [2], reso necessario dalla presenza di una duplice modalità di gestione dei processi di formazione e trasmissione di informazioni e documenti: da un lato quella cartacea tradizionale, destinata comunque a conservare un proprio ambito di legittimazione, dall'altro quella informatica e telematica che rappresenta indubbiamente una sfida fondamentale per lo sviluppo della società. Un'istanza rivolta alla pubblica amministrazione per ottenere l'autorizzazione ad intraprendere un'attività, piuttosto che l'erogazione di un beneficio o l'ammissione ad un determinato servizio, la stipula di un contratto tra due soggetti volto a trasferire la proprietà di un bene o a definire l'assunzione di reciproche obbligazioni, potranno quindi continuare ad essere rappresentati in documenti cartacei, e come tali trasferiti e conservati, oppure, in alternativa, seguire la via della "smaterializzazione", collocandosi in una nuova dimensione dove il computer sostituisce la penna o la macchina da scrivere, l'energia elettrica diventa il nuovo inchiostro, le memorie elettroniche la nuova carta, i bit il nuovo alfabeto di cui servirsi per esprimere qualsiasi opera frutto del proprio intelletto [3].

L'aver definito il quadro normativo entro il quale si inserisce questa nuova dimensione degli strumenti di certezza, da un lato ha fatto sì che vengano finalmente recepite le tendenze e le aspettative da tempo presenti nella società civile ed economica, sempre più propensa all'utilizzo delle nuove tecnologie nella definizione, anche formale, dei propri rapporti giuridicamente rilevanti [4], dall'altro è il risultato di un radicale quanto inevitabile ripensamento degli istituti e degli strumenti (sottoscrizione autografa, timbri, contrassegni, sigilli, etc.) che si sono andati affinando in decenni di amministrazione "cartacea" e ai quali l'ordinamento ha affidato il compito di assicurare il mantenimento del sistema di certezze, pubbliche e private, nonché la sua fissità nel tempo e nello spazio.

Prima di affrontare nel dettaglio la nuova disciplina del documento informatico, può tuttavia essere utile ripercorrere, seppure per brevi cenni, i passaggi principali che hanno segnato nel nostro ordinamento una progressiva crescita di interesse verso le problematiche riguardanti la forma elettronica di atti e documenti.

 

2. Il quadro legislativo precedente alla l. 59/1997

Prima dell'entrata in vigore della l. 59/1997 e del suo regolamento attuativo, la legislazione italiana in materia di documento elettronico e trasmissione elettronica di dati era costituita per lo più da disposizioni frammentarie, e per questo talvolta anche contraddittorie, anche se in qualche caso indubbiamente rilevanti nella loro specificità.

Pur non essendo possibile in questa sede un esame dettagliato delle singole disposizioni, si ritiene comunque utile richiamarne alcune, le più significative, sulla base delle quali proporre quindi delle riflessioni di carattere generale.

Questi richiami legislativi alla validità di particolari documenti predisposti attraverso strumenti informatici, o delle procedure seguite per la loro conservazione ed archiviazione, permettono di evidenziare alcuni profili caratterizzanti la disciplina precedente alla l. 59/1997.

Anzitutto si tratta di disposizioni contenute in leggi speciali, il cui ambito di applicazione è più o meno ristretto a seconda dei casi, e comunque mai abbastanza significativo da poterle elevare ad indicazioni di principio valide per l'intero ordinamento. Questo aspetto ha tra l'altro dato vita anche a notevoli difficoltà nel coordinamento tra norme vigenti, dubbi interpretativi ed applicativi resi ancora più evidenti nel caso di disposizioni appartenenti ad ambiti giuridici differenti, quali ad esempio il settore pubblicistico e privatistico.

In secondo luogo, la varietà terminologica caratterizzante gli stessi testi normativi era sovente sintomo di poca chiarezza in merito ad alcuni punti fondamentali. Tale incertezza sembra sussistere in particolare con riferimento alla distinzione tra documento in forma elettronica e documento elaborato elettronicamente. L'informatizzazione di una certa attività può avvenire infatti a diversi livelli:

  1. il computer può essere utilizzato per predisporre il contenuto di un atto la cui formalizzazione richiede tuttavia necessariamente la successiva trasposizione su supporto cartaceo;
  2. si può in alternativa riconoscere piena evidenza e validità al documento predisposto mediante l'elaboratore così come conservato nella memoria elettronica di quest'ultimo ed eventualmente trasmesso ad altro terminale anche per via telematica;
  3. infine, può essere la stessa macchina, magari con l'ausilio dei cd. sistemi esperti, ad elaborare da sé il testo, attraverso il reperimento e l'associazione logica di dati e norme effettuata in maniera del tutto automatica, senza quindi la necessità di ricorrere all'intervento umano [5].

Posto che non presenta particolari problemi attribuire qualificazione giuridica al documento elettronico inteso in senso ampio [6] (che coincide con il primo caso sopra evidenziato), diverse sono invece le difficoltà da affrontare nel caso del documento elettronico in senso stretto, sia per quanto riguarda il suo profilo dichiarativo (secondo caso), sia per quanto riguarda il profilo più propriamente costitutivo, riguardante cioè le modalità seguite per la sua formazione (terzo caso) [7].

 

3. Formazione del documento informatico e firma digitale

La disciplina introdotta dall'art. 15, comma 2, della l. 59/1997 e successivamente precisata a livello regolamentare con dpr 513/1997, fa perno sui due concetti fondamentali di documento informatico e firma digitale.

Nell'esaminare il profilo di certezza di un qualsivoglia documento (tradizionale o informatico), è infatti necessario assicurarsi anzitutto che sia possibile identificare chiaramente eventuali modifiche allo stesso apportate, in modo accidentale o intenzionale, in un momento successivo a quello della sua formazione, ed in secondo luogo che sia possibile accertarne la provenienza attribuendone la paternità ad un preciso soggetto. Questi due elementi fondamentali, identificabili nell'integrità del documento e nella sua imputabilità, erano tradizionalmente garantiti rispettivamente dalla materialità del supporto utilizzato (normalmente la carta), che permette di mantenere traccia di eventuali alterazioni, e dall'apposizione autografa del proprio nome, che si suppone unica per ogni individuo, in calce allo stesso documento [8]. Nel caso del documento redatto in forma elettronica, venendo meno la consistenza cartacea del supporto e la possibilità si apporre la sottoscrizione autografa, era quindi necessario trovare altri sistemi in grado di garantirne comunque l'integrità e l'imputabilità.

L'art. 1, comma 1, del regolamento in esame precisa anzitutto (lett. a) che per documento informatico è da intendersi "la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti". Fornendo questa definizione il legislatore delegato mostra di non voler quindi abbandonare la tradizionale considerazione del documento come "cosa rappresentativa" [9], seppure ottenuta in tal caso con l'ausilio dell'elaboratore.

L'art. 2, comma 1 del regolamento, riprendendo quanto disposto all'art. 15, comma 2 della l. 59/1997, puntualizza che "il documento informatico da chiunque formato, l'archiviazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge se conformi alle disposizioni del presente regolamento". Infine l'articolo 4, comma 1, precisa che il documento informatico, se munito dei requisiti previsti dal regolamento, "soddisfa il requisito legale della forma scritta".

Dall'insieme di tali previsioni regolamentari e da quanto affermato in linea di principio all'art. 15 della l. 59/1997, derivano alcune conseguenze assai rilevanti sulle quali è bene soffermarsi.

Anzitutto colpisce l'ampiezza della semantica legislativa, che da un lato permette di comprendere nella sfera giuridica del documento anche la rappresentazione informatica di immagini e di suoni ed in generale di qualunque informazione digitalizzabile, dall'altro detta (almeno a livello di principio) un'unica disciplina per gli atti pubblici e privati, consentendo in tal modo di rendere perfettamente interoperabili i sistemi e le applicazioni attraverso cui compiere in forma elettronica le transazioni giuridicamente rilevanti tra soggetti appartenenti al sistema pubblico-amministrativo e soggetti operanti invece nella realtà civile ed economica.

L'analisi dei concetti di "validità e rilevanza a tutti gli effetti di legge" e l'equiparazione a tal fine del documento informatico al documento scritto, necessitano tuttavia, per essere compresi, della presentazione dell'istituto della firma digitale, dal momento che il legislatore subordina gli stessi alla piena osservanza dei requisiti previsti dal regolamento.

Sempre l'art. 1, comma 1, lett. b), del dpr 513/1997 definisce la firma digitale come "il risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici".

Quanto alle modalità tecniche di apposizione della firma elettronica esistono diversi sistemi, più o meno complessi e tra loro combinabili (chiavi crittografiche, badge magnetici con numeri di identificazione personale - Pin, carte a microprocessori, sistemi di identificazione biometrica quali le impronte digitali, vocali e la lettura della retina, etc.), in grado di offrire idonee garanzie sulla autenticità soggettiva ed oggettiva dell'atto [10].

Non essendo possibile in questa sede soffermarsi ulteriormente sui vari sistemi di validazione crittografica e sulle loro diverse funzionalità, basti sottolineare il grande impatto innovativo di tale istituto. Abbandonata la perizia successiva di tipo calligrafico, la garanzia di autenticità di quanto memorizzato per mezzo dell'elaboratore deriva infatti esclusivamente da una procedura di codifica e decodifica del contenuto del documento completamente informatizzata, frutto della combinazione di algoritmi complessi.

A questo punto è chiaro, quindi, anche il disegno complessivo perseguito dal legislatore, quello cioè di far sì che la firma digitale rappresenti il criterio di imputazione del documento informatico, tale da poter risolvere il problema dell'univoca identificazione dell'autore e da consentire l'attribuzione al documento informatico della stessa natura di atto originale e, dunque, della sua piena efficacia giuridica sostanziale e processuale.

Per quanto riguarda in particolare la funzione probatoria, tradizionalmente svolta dalla sottoscrizione autografa (assieme, come visto, alla funzione indicativa e a quella dichiarativa) ed ora affidata alla firma digitale, due sono le ipotesi possibili.

Il documento informatico "confezionato" senza firma digitale ha la stessa efficacia probatoria delle riproduzione meccaniche (fotografiche, cinematografiche, fonografiche, etc.), come precisato dall'art. 5, comma 2, del regolamento. Ai sensi dell'art. 2712 c.c. forma quindi piena prova dei fatti o delle cose rappresentate se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime [11].

Al documento informatico "rafforzato" dall'apposizione della firma digitale - essendo stabilito espressamente il principio di equivalenza tra la sottoscrizione tradizionale su carta e la "sottoscrizione" con firma digitale (art. 10, comma 2, dpr 513/1997), che sostituisce tra l'altro anche l'apposizione di qualsiasi sigillo, punzone, timbro, contrassegno e marchio (art. 16, comma 3) - è invece attribuita la più sostanziale efficacia probatoria della scrittura privata, ai sensi dell'art. 2702 c.c. (art. 5, comma 1). Esso farà quindi piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi ha firmato, se colui contro il quale il documento è prodotto ne riconosce la firma, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta. Sui requisiti necessari affinché la firma sia da considerarsi legalmente riconosciuta il dibattito dottrinale è ancora aperto, osservando alcuni come il documento informatico "sigillato" con firma digitale non ammetta di fatto possibilità di disconoscimento, essendo la firma digitale per sua natura da considerarsi come "riconosciuta" [12], propendendo invece altri per un'interpretazione più restrittiva secondo la quale il legale riconoscimento è limitato ai casi in cui la firma digitale sia autenticata da un notaio o da un altro pubblico ufficiale [13].

Sempre ai fini probatori va inoltre sottolineato come al documento informatico può anche essere attribuita, tramite una procedura cd. di validazione temporale (art. 1, comma 1, lett. i; art. 12, comma 2), anche una data ed un'ora opponibili ai terzi, realizzando in tal modo sostanzialmente l'effetto civilistico della registrazione degli atti svolta normalmente dagli uffici del registro.

Da quanto detto discende chiaramente che il documento informatico soddisfa pienamente il requisito della forma scritta attribuito dal legislatore alla scrittura privata, sia come condizione per la sua validità (forma scritta ad substantiam), sia per quanto riguarda la possibilità di dare piena prova in giudizio (forma scritta ad probationem). Più difficoltoso è invece attribuire altrettanta validità agli atti pubblici redatti in forma elettronica. Gli atti pubblici intesi in senso stretto [14], infatti, secondo quanto disposto dall'art. 2699 c.c., devono essere redatti da un notaio o da un altro pubblico ufficiale con le "richieste formalità", ovvero redatti a stampa, o con scritture a mano o a macchina e sottoscritti (a mano) da parte del notaio o del pubblico ufficiale [15].

Se è vero poi che l'art. 16 del regolamento prevede la possibilità che un notaio o un altro pubblico ufficiale autentichino la firma digitale apposta in loro presenza, è stato osservato che "la disposizione in esame fa esclusivo riferimento all'autenticazione (...) della firma digitale apposta al documento informatico confezionato dalla parte (o dalle parti), ma non prevede che l'atto di notaio (atto pubblico o autenticazione) possa essere rogato con strumenti e procedure informatiche. Una simile previsione comporterebbe, infatti, la quasi totale riscrittura della legge notarile" [16]. D'altra parte, per la conclusione degli atti notarili, l'utilità della firma digitale è comunque indubbiamente minore, dato che la loro conclusione presuppone, a differenza delle scritture private autenticate, la contestuale presenza fisica delle parti davanti al notaio rogante.

Pur escludendo gli atti per la cui validità è richiesta la forma dell'atto pubblico, va comunque sottolineato come la prospettiva di una (quasi) perfetta simmetria tra la documentazione cartacea e quella informatica conduce a delle conseguenze assai rilevanti, potendo essere stipulati in originale ed in forma esclusivamente elettronica (quasi) tutti gli atti giuridici ammessi nel nostro ordinamento.

Infine, per concludere l'esame delle principali disposizioni che il dpr 513/1997 riserva alla formazione del documento informatico e alla firma digitale, va sottolineato come una delle principali differenze tra firma autografa e firma digitale sta nel fatto che la prima, a differenza della seconda, è direttamente riconducibile all'identità di colui che la appone, poiché la calligrafia è un elemento identificativo della persona. Per coprire questa deficienza il regolamento ricorre perciò alla figura dell'autorità di certificazione (art. 1, comma 1, lett. k), il cui compito è in sintesi quello di stabilire, garantire ed assicurare pubblicità all'associazione tra la firma e il soggetto che l'ha apposta, sia esso privato (art. 8) o pubblico (ex art. 17).

 

4. Duplicazione e trasmissione dei documenti informatici

In un sistema basato sul principio di documentalità degli atti pubblici e privati, al momento della loro formazione segue quello, almeno altrettanto importante e delicato, della trasmissione. Alla duplicazione del documento informatico, alla formazione di copie di atti o di estratti, nonché alla loro trasmissione per via telematica il regolamento in esame dedica rispettivamente gli artt. 6, 12, 13 e l'intero capo III (artt. 20-22).

In ordine alle copie dei documenti informatici o alle copie informatiche di documenti formati originariamente su supporto cartaceo, il legislatore delinea una disciplina (art. 6) che si può schematizzare nei seguenti punti:

  1. in linea generale si pone un'equiparazione, a tutti gli effetti di legge, tra l'originale e la copia, duplicato o estratto del documento informatico, anche se riprodotto su diversi tipi di supporto, ponendo come unica condizione che essi siano conformi a quanto previsto dallo stesso regolamento. Si riconosce quindi indirettamente il non senso della distinzione tra originale e copia di un documento informatico;
  2. qualora il documento informatico riproduca atti pubblici o scritture private e documenti rilasciati o spediti da pubblici ufficiali o depositari pubblici, la capacità di far fede come l'originale e di avere la stessa efficacia del documento che si riproduce è condizionata dall'apposizione della firma digitale da parte del soggetto che li rilascia;
  3. le copie su supporto informatico di documenti originariamente formati su supporto cartaceo sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali, purché vi sia la certificazione di conformità all'originale autenticata da un notaio o da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato secondo le modalità indicate con il decreto da emanarsi ai sensi dell'art. 1, comma 3, dello stesso regolamento.

Gli artt. 12 e 13 si occupano invece rispettivamente del problema della validità delle spedizioni di documenti effettuate per via telematica e del necessario rispetto di procedure e standard capaci di assicurare la segretezza della corrispondenza così trasmessa. Tralasciando quest'ultimo profilo, data la vastità dello stesso ed il rinvio effettuato in più occasioni dal legislatore delegato ad ulteriori e più specifiche norme tecniche di attuazione, per quanto riguarda la disciplina della trasmissione del documento informatico per via telematica si precisa anzitutto che il documento si intende inviato e pervenuto al destinatario se trasmesso all'indirizzo elettronico (es. casella di posta elettronica) da questi dichiarato.

Detto in precedenza della possibilità di marcare temporalmente un documento informatico, rimane da ricordare che il comma 3 dell'art. 12 attribuisce l'evidenza giuridica della notificazione per mezzo posta alla trasmissione telematica del documento informatico effettuata con modalità che ne assicurino l'avvenuta consegna (ricezione).

Il capo III del regolamento è invece interamente dedicato allo sviluppo dei sistemi informativi delle pubblica amministrazione. In particolare, tutte le amministrazioni, entro l'anno 2002 (ma il termine è chiaramente ordinatorio), dovranno progettare e realizzare i propri sistemi informativi in conformità alle disposizioni del regolamento in esame, tendendo così alla "totale automazione delle fasi di produzione, gestione, diffusione ed utilizzazione dei propri dati, documenti, procedimenti ed atti" (art. 20, comma 2).

Entro lo scorso 31 dicembre 1998, le stesse amministrazioni avrebbero inoltre dovuto provvedere, laddove possibile ed auspicabile previa un'analisi costi/benefici, alla sostituzione degli archivi documentali cartacei con archivi informatici e alla creazione di un protocollo informatico che consenta a ciascuna amministrazione di acquisire e registrare gli atti in entrata e in uscita nonché la gestione informatizzata dei documenti amministrativi, attraverso la quale sia possibile lo scambio in tempo reale di informazioni fra le diverse amministrazioni e l'accesso agli atti per via telematica da parte dei soggetti privati aventi diritto (art. 21).

Entro la stessa data le amministrazioni avrebbero infine dovuto provvedere a rendere disponibili per via telematica, ad esempio per mezzo dei numerosi siti Internet che ormai proliferano anche in ambito pubblico, moduli e formulari elettronici validi ad ogni effetto di legge per l'interscambio di dati nell'ambito della rete unitaria e con i soggetti privati (art. 22).

 

5. Verso un'amministrazione telematica: alcune prospettive di sviluppo

In particolare proprio queste ultime disposizioni - il cui impatto sulle molteplici attività in campo civile, economico e amministrativo sarà direttamente proporzionale al loro grado di diffusione e condivisione - offrono lo spunto per alcune considerazioni conclusive.

L'aver attribuito validità e rilevanza agli atti della pubblica amministrazione e ai negozi privati emanati e stipulati mediante l'utilizzo dei sistemi informatici e telematici, a prescindere dalla loro trasposizione su supporto cartaceo, significa avere posto le basi, in campo privato, ma soprattutto nell'ambito dell'attività amministrativa, per una radicale trasformazione dei modi di produzione, conservazione, duplicazione e trasmissione dei documenti.

Ne consegue che il supporto informatico, andando oltre il suo profilo strettamente tecnico, diviene risorsa strategica dell'agire pubblico (e privato) anzitutto dal punto di vista organizzativo, accrescendone i livelli di efficacia, efficienza ed economicità e fornendo al cittadino nuovi strumenti di conoscenza e partecipazione, a vantaggio di una effettiva e sempre più sostanziale trasparenza dell'azione amministrativa.

Si pensi, ad esempio, alla possibilità per le amministrazioni di organizzare le grandi quantità di dati ed informazioni in loro possesso in "archivi" e "registri" informatici, consultabili in modo semplice, veloce ed economico anche da parte di altri soggetti pubblici (ma anche privati) chiamati ad intervenire nel procedimento amministrativo. Si pensi inoltre alle prospettive riguardanti l'attuazione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, che trasformandosi da accesso cartolare ad accesso informatico potrà godere di strumenti ben più consistenti e di maggiore immediatezza (come del resto auspicato anche dal dpr 352/1992). Ed ancora alle informazioni offerte dai vari sportelli al cittadino o dagli uffici per le relazioni con il pubblico (Urp), disponibili in modo più completo e più rapidamente, grazie anche alla possibilità di monitorare l'iter dei flussi di lavoro conoscendo in qualsiasi momento lo stato di avanzamento di una pratica, il nome e la disponibilità del funzionario responsabile del procedimento, il termine di scadenza dello stesso, gli uffici interessati, etc.

Al riguardo sono di fondamentale importanza due progetti (cd. intersettoriali) avviati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione e che presentano tra loro notevoli punti di connessione: il progetto di rete unitaria della pubblica amministrazione (Rupa) e il progetto di gestione dei flussi documentali (cd. protocollo informatico).

Il ruolo fondamentale della Rupa, prevista anzitutto nella dir.P.C. 5 settembre 1995, è stato più volte richiamato anche dalle normative più recenti quali la l. 59/1997 (art. 15, comma 1) e la legge 15 maggio 1997, n. 127 (art. 17, comma 19). Tale progetto dovrebbe infatti rendere possibile l'interconnessione telematica tra le banche dati delle diverse organizzazioni amministrative (a livello centrale, periferico ed anche internazionale) "per il perseguimento degli obiettivi di efficienza, miglioramento della qualità dei servizi, potenziamento dei supporti conoscitivi e contenimento dei costi dell'azione amministrativa" (art. 1, dir.P.C. 5 settembre 1995). Lo studio di fattibilità elaborato dall'Aipa ha individuato per la rete unitaria un'architettura del tipo "rete di reti": essa sarà infatti un insieme di reti indipendenti, le quali continueranno a funzionare (pur nell'osservanza di determinati standard definiti tramite appositi protocolli) sotto la responsabilità delle singole amministrazioni, garantendo così il pieno rispetto delle autonomie e la salvaguardia (per quanto possibile) degli investimenti pregressi. Le tre tipologie di servizi che verranno attuati tramite la rete unitaria (definiti dallo studio tecnico servizi "di trasporto", "di interoperabilità" e "di cooperazione applicativa") dovrebbero gradualmente realizzare un modello di amministrazione "a rete" grazie al quale le singole amministrazioni potranno tra loro dialogare, trasmettere documenti, condividere archivi, informazioni e persino attivarsi in modo coordinato, efficace ed efficiente, nell'ambito di uno stesso iter procedurale.

L'Aipa ha investito notevoli risorse anche sul tema della gestione automatizzata dei flussi documentali e del protocollo informatico, arrivando alla predisposizione di appositi studi di prefattibilità (denominati Gedoc e Gedoc 2) e all'emanazione di una articolata regolamentazione tecnica che ha dato luogo all'adozione del dpr 20 ottobre 1998, n. 428, recante "norme per la gestione del protocollo informatico da parte delle amministrazioni". Indubbio merito del progetto è l'aver concepito la funzionalità dei sistemi di protocollo non limita alla mera attività di certificazione della corrispondenza in entrata e in uscita, ma come strumento strategico per promuovere un miglioramento complessivo dei flussi documentali - e quindi delle comunicazioni tra unità organizzative facenti parte di una stessa amministrazione (cd. comunicazioni intra-amministrazione), tra amministrazioni diverse (cd. comunicazioni inter-amministrazione) e tra amministrazioni e soggetti privati (cd. comunicazioni extra-amministrazione) - e, più in generale, delle modalità di gestione degli iter procedimentali (tecnicamente analizzabili come workflow).

Da quanto detto appare tuttavia evidente che la realizzazione di progetti di questo tipo non può prescindere dalla "smaterializzazione" dell'attività amministrativa cartacea, e quindi dal riconoscimento della piena validità al documento informatico, nei suoi diversi momenti della formazione, conservazione, duplicazione e trasmissione. In questo senso, dunque, il sistema normativo di disciplina del documento informatico si colloca in un più vasto disegno unitario di amministrazione telematica, i cui effetti sull'azione amministrativa, ed in definitiva sul soddisfacimento dei bisogni dei cittadini (intesi come singoli o in forme organizzative di particolare rilievo come le imprese), potranno rivelarsi davvero consistenti.



Note

[1] Per dare compiutezza al disegno normativo previsto dal legislatore e permettere quindi l'effettiva operatività delle disposizioni in esame, come previsto dall'art. 3 del dpr 513/1997, sono state adottate con dpcm 8 febbraio 1999 (pubbl. in "G.U." 15 aprile 1999, n. 87) specifiche regole tecniche per la formazione, la conservazione, la trasmissione, la duplicazione e la validazione dei documenti informatici. A tali norme ha fatto seguito la recente circolare dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (circ. 26 luglio 1999, n. Aipa/CR22) nella quale sono illustrate le modalità per l'iscrizione nell'elenco pubblico dei certificatori. Il testo del decreto, così come quello della circolare, sono disponibili nel sito Internet della stessa Autorità. Con decreto del ministero delle Finanze si dovranno invece ancora definire gli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici.

[2] Sul principio di documentalità si veda G. Guarino, Atti e poteri amministrativi, Milano 1994, 169 ss.

[3] L'immagine è di R. Borruso, Computer e diritto, Milano 1988, 218.

[4] In tal senso N. Irti, Idola libertatis, Milano 1985, 25 ss., il quale sottolinea l'esistenza di una sempre più evidente crisi della sottoscrizione autografa quale strumento di vincolo tra autore e testo, provocata dal diffondersi dell'utilizzo di strumenti tecnici in grado di produrre documenti non firmati, consentendo tuttavia ugualmente di imputarne la paternità ad un soggetto determinato.

[5] Diversi livelli evidenziati da M. Minerva, L'attività amministrativa in forma elettronica, in "Foro amm.", 1997, 1301 ss.

[6] La distinzione tra documento elettronico in senso ampio e documento elettronico in senso stretto si deve a E. Giannantonio, Manuale di diritto dell'informatica, Padova 1993, 338 ss.

[7] Questa differenza tuttavia, almeno precedentemente alla l. 59/1997, non sembra essere colta dal legislatore in tutte le sue conseguenze. Non essendo possibile in questa sede approfondire i diversi profili legati al possibile ruolo degli elaboratori elettronici nel processo di formazione delle decisioni amministrative, sul punto si rimanda a A. Masucci, L'atto amministrativo informatico, Napoli 1993; A. Usai, Le prospettive di automazione delle decisioni amministrative in un sistema di teleamministrazione, in "Dir. inf.", 1993, 163 ss.; V. Buscema, Discrezionalità amministrativa e reti neurali artificiali, in "Foro amm.", 1993, 620 ss.

[8] Per un approfondimento sul punto cfr. R. Zagami, Riflessioni sul valore giuridico del documento elettronico e sulle nuove prospettive offerte dalle firme digitali basate sulla crittografia asimmetrica .

[9] Sulla nozione di documento, giuridicamente inteso come res dotata di capacità rappresentativa di cose, fatti o atti, si veda F. Carnelutti, Documento - teoria moderna, in "Nov. dig. it.", VI, Torino 1957, 85 ss.; C. Angelici, Documentazione e documento - diritto civile, in "Enc. giur. Trecc"., XI, Roma 1989.

[10] Per un'analisi più approfondita si rimanda a R. Zagami, Firme "digitali", crittografia e validità del documento elettronico; L. Grisostomi Travaglini, Le chiavi asimmetriche e la certificazione ; S. Fadda, L'eletronic data interchange nella normativa italiana e straniera, in "Dir. inf.", 1994, 91.

[11] L'autore che per primo ha sostenuto la possibilità di estensione al documento informatico dell'art. 2712 c.c. è L. Montesano, Sul documento informatico come rappresentazione meccanica nella prova civile, in "Riv. dir. proc.", 1987, 1 ss. Opinione successivamente condivisa anche da R. Zagami, La firma digitale tra soggetti privati nel regolamento concernente "atti, documenti e contratti in forma elettronica", in "Dir. inf.", 1997, 904-905, ed E. Giannantonio, Manuale di diritto dell'informatica, 1997, 378 ss.

[12] In tal senso R. Zagami, La firma digitale, cit., 907-908.

[13] Cfr. F. De Sanctis, Commento al Dpr n. 513/97, in "Corr. giur.", 1998, 392.

[14] Il riferimento è qui unicamente agli atti pubblici intesi in senso stretto, mentre a favore della possibilità di formazione per mezzo dell'elaboratore di atti pubblici in senso ampio (tutti gli atti emessi dagli uffici della pubblica amministrazione, ma anche dagli organi costituzionali e giudiziari) si pone in particolare il già richiamato art. 3 del d.lg. 39/1993.

[15] Formalità prescritte dal combinato disposto della legge 4 gennaio 1968, n. 15 (art. 12) e della legge 16 febbraio 1916, n. 19 (in specie artt. 51-53) che regola le formalità di redazione degli atti notarili.

[16] Così F. De Sanctis, Commento, cit., 390.



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