../1/98,%20Issn%200000-000../home../indice../risorse%20web

 

Un passaggio chiave del federalismo amministrativo:
il riordino dell'amministrazione periferica dello Stato

di Marco Cammelli


Sommario: 1. Premessa. - 2. Collocazione istituzionale dell'APS. - 3. Gli effetti del d.lg. 112/1998 sull'APS. - 4. L' APS di settore. - 5. La sede a vocazione generale: l'ufficio territoriale del Governo. - 6. Come procedere.


1. Premessa

Queste note muovono dal presupposto che sul merito della amministrazione periferica statale (da ora, APS) oggi sia difficile avanzare proposte per tre ragioni: perché anche il contesto, vale a dire l'amministrazione statale (in generale e per quanto riguarda il centro), è interamente da ripensare; perché il versante regionale-locale del sistema delle autonomie è in via di ampia ridefinizione; perché l'esperienza attuale della APS non offre indicazioni utili per immaginare nuovi modelli in quanto, anche ammesso che un modello di APS storicamente vi sia stato (il che è dubitabile), oggi non resta che una nebulosa di apparati caratterizzati da forti differenze ed elevato tasso di casualità sia in termini di ordinamento che di funzionalità [1].

Questo, comunque, non significa omettere la questione, cui peraltro in sede scientifica sono state dedicate utili riflessioni, ed anzi indica fin d'ora l'importanza cruciale dell'amministrazione periferica, che appare come un vero e proprio passaggio obbligato per l'intera riforma amministrativa risultandone, anche sul piano metodologico, uno dei fattori decisivi.

 

2. Collocazione istituzionale dell'APS

Nella logica della l. 15 marzo 1997, n. 59 (art.12, comma 1) l'APS è composta da organi a vocazione (più che a competenze) generale (prefetture e commissariati del governo, lett. h)) e dalle articolazioni decentrate dei ministeri (lett. l)): in senso più ampio, vi si devono comprendere anche le questioni poste a livello locale dal riordino degli enti pubblici nazionali (art. 11, comma 1, lett. b) e dalla articolazione sulla medesima scala dei servizi pubblici (art. 12, comma 1, lett. i))

In proposito, il primo dato da sottolineare è che l'APS, pur esercitando funzioni relative ad interessi statali, riguarda compiti che per loro natura richiedono un esercizio ravvicinato rispetto ai destinatari finali e il più possibile coordinato con le connesse funzioni riservate al governo locale. L'APS, perciò, resta al di fuori dei conferimenti (art. 1) ma all'interno dei principi cui si ispira la riforma dell'intera amministrazione a livello locale (art. 4, comma 3), cominciando da quello di sussidiarietà. Ne discendono due conseguenze, e cioè che:

Non si può dire che questa sia la strada più diffusa tra quelle praticate dalle diverse bozze di riordino dei ministeri che è dato conoscere in via semi-ufficiosa.

 

3. Gli effetti del d.lg. 112/1998 sull'APS

Il d.lg. 31 marzo 1998, n.112 ha variamente operato sulla APS [2] in parte incidendo sulle funzioni (trasferimento o soppressione), in parte agendo invece sulle strutture, vale a dire sopprimendo uffici o trasferendoli alle regioni o includendoli negli elenchi di quelli da riordinare ai sensi dell'art. 7 (regolamenti di riordino).

Accanto agli interventi "a ridurre", come quelli appena indicati, ne appaiono (o se ne intravedono) altri ispirati alla logica opposta di potenziamento delle articolazioni periferiche proprio in funzione di un maggior decentramento di politiche di settore rimaste in mano allo Stato: è quanto avviene in materia di beni culturali (istituzione delle commissioni regionali paritetiche, prospettiva di maggiore autonomia delle soprintendenze) ed è quanto avverrà nel settore di servizi scolastici, con l'autonomia degli istituti.

Se ne può concludere che, contrariamente ad aspettative diffuse e (probabilmente) anche alle intenzioni originarie della legge delega, l'APS è destinata ad un drastico ridimensionamento solo in alcuni settori, poiché in altri resta stazionaria e in altri si annuncia al contrario un rafforzamento. E' dunque indispensabile che queste dinamiche, e soprattutto le innovazioni apportate dalla l. 59/1997 con i regolamenti dell'art. 7, con i decreti dell'art. 12 e anche quelle già introdotte da provvedimenti di settore, siano ricondotte ad un quadro comune rispettoso dei principi della delega e si ispirino ai medesimi criteri di fondo.

 

4. L'APS di settore

Il quadro della APS di settore, pur se concettualmente distinto, è strettamente connesso alle sedi a vocazione generale e dunque, coerentemente a quanto affermato al precedente punto 2, viene per primo.

Le funzioni non conferite alle autonomie territoriali ma da esercitare a livello periferico sono sostanzialmente di tre tipi:

Quanto alle modalità di esercizio, ed escluse ovviamente, le autonomie funzionali, dunque, il riordino della APS dovrebbe muoversi su tre assi principali:

Applicando i criteri di economicità, responsabilità e unicità degli apparati in conformità ai criteri dell'art. 4, comma 3, l. 59/1997 che, come si è detto in precedenza, vanno considerati principi generali dell'intera amministrazione pubblica operante a livello locale senza distinzioni dovute al soggetto titolare, è inevitabile concludere che per le funzioni statali non soggette a necessaria autonomia la forma cui ricorrere in via preferenziale è quella dell'avvalimento di uffici.

Non solo, infatti, è la soluzione che meglio assicura l'economicità e l'unicità delle responsabilità gestionali, ma è anche quella che nello stesso tempo garantisce il migliore coordinamento con le funzioni interfaccia del sistema regional-locale e alleggerisce l'eterogeneità dei compiti che residuano all'interno dell'UTG.

Il numero degli uffici da accorpare presso la sede a competenza generale è, in ogni caso, notevole per numero e natura: si tratta infatti di apparati estremamente vari facenti capo a Presidenza del Consiglio (ivi compreso il commissariato del Governo), Lavoro, Pubblica Istruzione e Sanità, senza contare gli esiti che si avranno dal riordino dei Trasporti.

In proposito, e in via preliminare, si può osservare che:

E' dunque necessario che il decreto legislativo da emanare, sia pure in termini generali e flessibili, indichi gli anzidetti criteri generali con cui procedere al riordino delle funzioni dell'APS.

 

5. La sede a vocazione generale: l'ufficio territoriale del Governo

Altrettanto complesso è il discorso per quanto attiene all'UTG. Intanto gli organi potenzialmente candidati a tale ruolo sono più di uno (alle prefetture e ai commissariati del Governo potrebbero aggiungersi, se venissero accolti alcuni recenti orientamenti, le articolazioni periferiche del riformato ministero Tesoro-Bilancio, il cui ruolo è in via di forte accrescimento) [4], il che è evidentemente in contrasto con la generalità cui ciascuna aspira, e poi non è affatto chiaro che cosa debba farsi rientrare nel concetto di "vocazione generale" ed anzi non manca chi nega che vi sia necessità di tale funzione a livello locale e che, se esistente, vada riconosciuta ad autorità statali. Ma procediamo con ordine cominciando, come è ovvio, dalle funzioni per poi passare a chi meglio possa svolgerle.

5.1. Ruolo e funzioni

La legge delega sul punto è molto sintetica poiché opera riferimento ad "organi di rappresentanza periferica dello Stato con funzioni di raccordo, supporto e collaborazione con le regioni e gli enti locali" (art. 12, comma 1, lett. h). Si tratta, come si vede, di indicazioni molto sommarie che richiedono, per immaginarne l'attuazione, una complessa valutazione in modo da superarne le incertezze registrabili su più fronti: perché il ruolo di rappresentanza di per sé non presuppone (né, a sua volta, necessariamente sostiene) quello di raccordo e collaborazione; perché comunque queste esigenze possono essere soddisfatte anche per vie alternative (v. raccordi funzionali, come la conferenza di servizi); perché la norma, invece, tace su un altro raccordo, quello interno alle diverse amministrazioni statali periferiche, tradizionale punto debole del ruolo svolto dal prefetto, di per sé necessario e comunque da assumere come ovvio presupposto per l'analogo ruolo da svolgere in ordine al governo locale; perché, infine, si accenna a diversi organi e a diverse scale (regionale e locale), non sciogliendo perciò neppure il nodo della scala territoriale (e, dunque, dell'autorità) a cui tutto ciò debba avvenire.

In realtà, per potere affrontare questi aspetti bisogna sciogliere alcuni nodi preliminari ed è necessario comprendere che questi elementi, pur da precisare, di per sé già escludono soluzioni diverse che pure sarebbero astrattamente prospettabili. L'indicazione di un ruolo di rappresentanza e di raccordo a questi livelli, infatti:

Per quanto queste soluzioni possano rivelarsi utili per singoli casi o in particolari situazioni (come si dirà tra breve), non pare dubbio che la soluzione cui di massima il legislatore ha operato riferimento sia invece quella di un coordinamento sistema statale - sistema locale operato direttamente a livello locale, il che da un lato presuppone la separatezza delle articolazioni periferiche statali e dall'altro la necessità di un'autorità statale (a competenza trasversale) dotata di incisivi poteri di coordinamento sulle articolazioni periferiche dei ministeri.

Considerando che la legge delega e lo stesso d.lg.112/1998 hanno mantenuto entro certi termini la funzione di garanzia del centro a favore degli enti locali nei rapporti con le regioni (cfr. le due conferenze permanenti o il regime dei poteri sostitutivi ex art.5 d.lg.112), va poi aggiunta una funzione (spesso condotta in termini informali) di composizione, riequilibrio e stimolo nelle relazioni tra amministrazioni pubbliche e anche tra queste e la collettività. Si tratta di un ruolo "neutro" che l'esperienza di questi anni sembra convalidare, in sé e nei casi di crisi del sistema politico locale che comportino la paralisi, in tutto o in parte, delle delicate e necessarie relazioni tra le diverse istituzioni operanti sul territorio.

L' UTG dovrebbe dunque necessariamente svolgere le seguenti funzioni:

Possono inoltre aggiungersi funzioni eventuali, da esercitare cioè solo quando ciò sia richiesto dalle peculiarità del contesto e dal consenso degli enti interessati. In proposito, e sulla falsariga di quanto può trarsi da esperienze positive come quella del comitato metropolitano di Milano nel periodo 1988-1991, si può immaginare:

Appare dunque preferibile rifarsi al principio, enunciato all'inizio di queste note, secondo cui tutta l'amministrazione pubblica operante a livello locale è ispirata ai medesimi principi di fondo (art. 4, comma 3, l. 59/1997), indipendentemente da chi ne è il titolare: il che, riferito a questo caso, consiglia di optare per un ruolo distinto (APS) e un apposito comparto contrattuale della "amministrazione locale", articolato in regioni, enti territoriali e altre amministrazioni pubbliche, del quale faccia parte anche il personale della APS [7] indipendentemente dal ministero cui afferisce;

In ogni caso, l'UTG potrà svolgere davvero la sua funzione se non sarà disarmato innanzitutto nei confronti delle altre amministrazioni statali di settore e delle agenzie che operino a livello locale. Tale potenziamento va da un minimo (riservare una percentuale del complesso di risorse annualmente a disposizione della APS per progetti congiunti di innovazione e miglioramento dei servizi: dal recupero di arretrati a iniziative di sperimentazione), ad un massimo (potere di sospendere decisioni di amministrazioni statali o agenzie nazionali che sollevino gravi problemi o conflitti in sede locale, e rinvio ad una decisione definitiva del Consiglio dei Ministri), passando comunque per una qualche possibilità di stimolo e proposta in ordine alla gestione delle risorse.

Un utile collegamento tra quanto previsto in ordine alla razionalizzazione delle risorse e alle economie di scala disposta in sede di riordino degli enti pubblici nazionali, specie per quelli dotati di sedi periferiche ex art. 14, comma 1, lett. e) l. 59/1997 e compiti riconosciuti alla sede a competenza generale, sembra rappresentare un esempio concreto di quanto fin qui si è proposto.

Naturalmente è possibile che alcuni tra gli amministratori regionali e locali vedano la razionalizzazione della APS in chiave antagonistica al loro ruolo. Direi che per un verso la posizione è semplicemente infondata, e tale va considerata; per un verso invece, penso alle aree più avanzate, tale posizione potrebbe nascere dalla capacità e dalla richiesta (insoddisfatta) di un maggiore autogoverno della comunità locale. In questi casi (in virtù del principio di differenziazione) tale esigenza dovrebbe poter trovare accoglimento (in crescendo: organismi paritetici a lato, elettività titolari organi statali, ulteriori conferimenti - territorialmente mirati - di funzioni).

5.2. Scala territoriale

Quanto alla scala territoriale, alla collocazione attuale (prevalentemente provinciale) andrebbe riconosciuto un valore meramente indicativo sia per il fatto che comunque le funzioni da svolgere sono ridotte e diverse rispetto a quelle del passato in ragione dei conferimenti operati dal d.lg. 112/1998, sia perché orientamenti recenti (cfr. riforma dei Beni culturali) optano per una scala regionale, sia, e soprattutto, perché il disegno sotteso al cd. "federalismo amministrativo" della l. 59/1997 è sicuramente nel senso del superamento, almeno in prospettiva, del tradizionale principio del parallelismo e dunque (in conformità all'art. 124 Cost.) a favore di un unico livello (regionale) di direzione della APS.

Se è chiara la fisionomia del sistema "a regime", è altrettanto indubbio che è necessario muoversi in una logica gradualistica, vale a dire puntare sulla scala regionale quando ne sussistano le condizioni, inevitabilmente diversificate in ciascuna regione (e, più in generale, tra centro-nord e mezzogiorno).

L'elemento decisivo, in questa prospettiva, è allora rappresentato da se e quanto sia dato ricorrere alla utilizzazione di uffici regionali e locali, nel senso che quando questa fosse piena si potrà optare per un unico UTG operante a livello regionale mentre negli altri casi, e per un periodo intermedio di durata non predeterminabile, sarà necessario assicurare il complesso delle funzioni accorpate dall'UTG di livello provinciale (le attuali prefetture).

Si tratta, pertanto, di differenziazioni (cui vanno aggiunte quelle consigliate dalla corrispondenza con aree metropolitane) imposte dalla diversità dei contesti su cui si trova ad operare la APS e che il legislatore ha specificamente previsto (art.4, comma 3, lett. h).

Lo strumento per provvedere in questo senso è assicurato dalla distinzione tra regime generale e principi, cui provvede il decreto legislativo da emanare, e i regolamenti ex art. 13 della l. 59/1997, che in ragione di quanto avvenuto sul fronte dell'avvalimento di uffici regionali o locali indicheranno, regione per regione, in quali casi si possa prevedere un unico UTG a livello regionale e quali, invece, siano le ipotesi in cui si rendano necessari UTG anche provinciali.

5.3. Per la identificazione in concreto dell'UTG [8]

A questo proposito, e fatte salve, le possibilità di differenziazione di cui si dirà al punto successivo, vanno sottolineati in via pregiudiziale tre aspetti:

Detto questo, le soluzioni possibili potrebbero essere le seguenti:

Pur rilevando che la questione può porsi in termini diversi a seconda delle diverse realtà regionali e locali, deve riconoscersi che la prima soluzione appare più coerente con il disegno costituzionale, con il sistema amministrativo delineato dalla l. 59/1997 e con le dinamiche in atto nei rapporti tra regione ed enti locali in occasione dell'attuazione del d.lg. 112/1998 (v. istituzione a livello regionale della "camera delle autonomie"), mentre la seconda è in un certo senso quasi imposta se si procede all'accorpamento nelle prefetture delle funzioni ed apparati residui, naturalmente a livello provinciale.

Naturalmente, resta fermo il fatto che nelle zone ove si sia operato un consistente ricorso all'avvalimento sarà sufficiente un unico UTG, quello collocato nel capoluogo della regione.

 

6. Come procedere

Come si è anticipato all'inizio di queste note, al di là della bontà delle singole soluzioni proposte, ciò che sembra determinante è il procedimento da seguire per affrontare il complesso di questioni che si sono accennate.

6.1. Sequenza

Nella redazione definitiva dei decreti ex capo II della legge 59/1997, una sequenza coerente con quanto fin qui osservato potrebbe essere la seguente:

6.2. Fonti e flessibilità

Il secondo profilo da considerare riguarda la veste giuridica da utilizzare nell'azione di riordino. Se è vero che la riforma dell'amministrazione statale (centrale e periferica) è affidata dal capo II della l. 59/1997 ai decreti legislativi previsti dall'art.11, è anche vero che il successivo art. 13 affida ai regolamenti governativi di cui all'art. 17 l. 400/1988 l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei ministeri nonché l'individuazione dei livelli dirigenziali centrali e periferici.

Inoltre, deve considerarsi che le esigenze di flessibilità più volte richiamate sarebbero evidentemente contraddette da un assetto interamente definito con veste legislativa.

Ne consegue che l'assetto dell'APS deve essere delineato dal decreto legislativo solo nelle sue linee di massima (principi generali, UTG e apparati di settore, funzioni, scelte base di carattere organizzativo e abilitazione ad adottare tipologie differenziate nel rispetto dei principi generali, procedure di riallocazione di personale e risorse già appartenenti ad altri uffici, abrogazione delle vigenti disposizioni legislative superate) rinviando il resto, sia "ordinario" (concreto accorpamento degli uffici periferici non autonomi, ordinamento della restante amministrazione prefettizia, ecc.) che "speciale" (scala territoriale diversa, elettività dei titolari di organi decentrati), ad appositi regolamenti governativi.

6.3. Ritocchi procedurali

Dato il rilievo che per le regioni e gli enti territoriali viene ad assumere, nella logica appena indicata, la disciplina regolamentare, si ritiene opportuno integrare la procedura prevista dall'art. 13, comma 2, della l. 59/1997 (parere delle commissioni parlamentari sugli schemi di regolamento) prevedendo il parere della Conferenza Stato/regioni/città.

C'è da aggiungere, semmai, che rispetto alla logica complessiva della l. 59/1997 risulta incongrua, nel caso esaminato, la esclusione della commissione parlamentare di cui all'art. 5 ed il deferimento di schemi ispirati ad un criterio di integrazione alle singole commissioni parlamentari di merito.



Note

[1] Il testo qui pubblicato è parte del lavoro svolto dal gruppo tecnico di esperti, coordinato dall'autore, istituito dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per supportare il processo di attuazione del capo II della l. 59/1997: i suoi contenuti, ovviamente, impegnano solo l'a.

[2] La mappa delle amministrazioni periferiche espressamente incise dal d.lg. 112/1998 è la seguente:

Art. 20, comma 1 - attribuzione alle Camere di Commercio delle funzioni esercitate dagli Uffici metrici provinciali e dagli Uffici provinciali per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato.

Art. 34, comma 1 - delega alle regioni delle funzioni degli Uffici periferici dello Stato relative ai permessi di ricerca ed alle coltivazioni di minerali solidi ed alle risorse geotermiche sulla terraferma;

Art. 34, comma 2 - delega alle regioni delle funzioni di polizia mineraria su terraferma attribuite ai prefetti nonché le funzioni di polizia mineraria relative alle risorse geotermiche su terraferma.

Art. 42, comma 1 - abrogazione della competenza ad irrogare sanzioni pecuniarie esercitata dagli Uffici provinciali per l'ndustria, il Commercio e l'Artigianato..

Art. 50, comma 1 - soppressione degli Uffici metrici provinciali e degli Uffici provinciali per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato nonché degli Uffici periferici già appartenenti all'Agensud

Art. 50, comma 4 - trasferimento di personale e dotazioni tecniche degli Uffici metrici provinciali e degli Uffici provinciali per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato alle Camere di Commercio.

Art. 53, comma 1, lett. e) - soppressione delle funzioni giurisdizionali delle Commissioni regionali di vigilanza per l'edilizia popolare.

Art. 62, comma 1 - inclusione nel riordino ex art. 9, d.lg. 112/1998 della sezione autonoma per l'aedilizia residenziale pubblica della Cassa Depositi e Prestiti.

Art. 92, comma 1, lett. b), c), d) - inclusione nel riordino ex art. 9, d.lg. 112/1998 del magistrato per il Po, l'Ufficio del Genio civile per il Po di Parma, l'Ufficio per il Tevere e l'Agro romano ed il magistrato delle acque di Venezia.

Art. 92, comma 4 - trasferimento alle regioni ed incorporazione nelle strutture operative regionali competenti in materia degli Uffici periferici del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali.

Art. 96, comma 1, lett. f) - inclusione nel riordino ex art. 9, d.lg. 112/1998 dei Provveditorati regionali delle opere pubbliche.

Art. 97, comma 1, lett. q) - soppressione delle funzioni amministrative relative alla costituzione di speciali uffici periferici di vigilanza sulla costruzione di autostrade o sull'esecuzione di lavori eccezionali di cui all'art. 24, comma 2 della l. 59/1961.

Art. 106, comma 1, lett. b) - inclusione nel riordino ex art. 9, d.lg. 112/1998 degli Uffici della Motorizzazione civile e i centri prova autoveicoli.

Art. 144, comma 1, lett. b) - trasferimento alle regioni delle funzioni e dei compiti attualmente svolti dagli organi periferici del ministero della Pubblica istruzione nei confronti degli istituti professionali trasferiti ai sensi del secondo comma della medesima norma.

Art. 154 - Istituzione in ogni regione a statuto ordinario della Commissione per i beni e le attività culturali.

Art. 164, comma 1, lett. d) - abrogazione dell'art. 19, comma 4, dpr 616/1997, nella parte in cui prevede la comunicazione al prefetto ed i poteri di sospensione in capo a quest'ultimo in materia di licenza agli stranieri per mestieri ambulanti, di registrazione per mestieri ambulanti, di licenza di iscrizione per portieri e custodi, fermo restando il dovere di tempestiva comunicazione al prefetto dei provvedimenti adottati.

Art. 164, comma 2 - abrogazione dell'art. 19, comma 5, dpr 616/1997, nella parte in cui si riferisce ai numeri già abrogati dall'art. 164, comma 1, lett. d), d.lg. 112/1998.

(Questa scheda è frutto della ricognizione operata sul d.lg. 112 da Marco Dugato e Roberto Manservisi)

[3] Cfr. nota 1.

[4] L'art. 7 del d.lg. 430/1997, che istituisce i dipartimenti provinciali del tesoro, bilancio e programmazione economica, attribuisce dalla ragioneria provinciale operante presso il dipartimento provinciale avente sede nel capoluogo di regione, tra l'altro, le funzioni del ministero da esercitarsi in sede locale in materia di promozione e di attuazione delle politiche di sviluppo e di coesione, con particolare riguardo alle aree depresse, nonché, a richiesta e d'intesa con le regioni, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, funzioni di collaborazione e di supporto ai predetti soggetti ed enti nelle stesse materie...”

[5] Poiché il centro del sistema istituzionale pubblico a livello sub-costituzionale è ormai visibilmente costituito, oltre che dalla amministrazione statale, dalle sedi di cooperazione con regioni ed enti locali (Conferenze permanenti) e dalle autorità indipendenti.

[6] da notare che la nuova collocazione "super partes" della autorità generale porta come conseguenza necessaria alla piena autonomia, in sede locale, degli uffici della questura che si collocherebbero a latere come quelli del tesoro-bilancio, dei beni culturali, ecc. Inutile sottolineare la delicatezza di questa dinamica, in sé e per i riflessi che ne possono conseguire al centro sull'assetto e le competenze dei ministeri.

[7] che potrebbe risolvere anche la tradizionale necessità di articolare il trattamento economico e normativo del personale della APS a seconda delle aree territoriali in cui opera.

[8] Per la quale, da più parti, si propone la nuova denominazione di "Ufficio del Governo"


copyright 1998 by Società editrice il Mulino


 

inizio articolo