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Spettacolo

A proposito del Fondo nazionale per la rievocazione storica

di Marta Picchi

Sommario: 1. Premessa. - 2. La sentenza n. 71/2018 della Corte costituzionale. - 3. Segue: una pronuncia che suscita alcune riflessioni... - 4. Segue: ... e perplessità accentuate dai contenuti dei decreti ministeriali sui criteri di accesso al Fondo nazionale. - 5. Osservazioni conclusive.

About the National Fund for Historical Re-enactment
Recently, the Constitutional Court dealt with the National Fund for the re-enactment. This fund was established to preserve the historical memory. However, on the one hand, the protection of these intangible cultural assets is achievable precisely through the promotion and enhancement of the historical re-enactments, and, on the other hand, their detection requires the necessary contributions of local authorities. Therefore, we have to reflect on the space that should be left to the regional autonomy.

Keywords: Intangible cultural heritage; Protection; Enhancement; Historical re-enactment; Regional autonomy.

1. Premessa

La sentenza n. 71/2018 della Corte costituzionale si è occupata della disposizione che, nella passata legislatura, ha istituito il Fondo nazionale per la rievocazione storica. Tale pronuncia, a una prima lettura, sembra collocarsi nel trend della giurisprudenza costituzionale degli ultimi anni eppure, a una maggiore attenzione, presenta molteplici spunti di riflessione riguardanti sia l'autonomia regionale (e anche degli enti locali) sia gli interventi volti a promuovere, valorizzare e, così facendo, anche tutelare il patrimonio culturale immateriale.

Il Fondo nazionale per la rievocazione storica è stato istituito come misura che avrebbe dovuto anticipare una più ampia disciplina visto che, alla Camera, erano state avanzate alcune proposte di legge [1] confluite nel testo unificato recante Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni, delle rievocazioni e dei giochi storici [2] il cui esame in commissione referente è iniziato nel 2017 sebbene si sia poi arrestato.

Anche in questo caso, l'intervento del legislatore statale è stato compiuto dopo che, soprattutto negli ultimi anni, molte regioni si sono preoccupate in diversa maniera di promuovere, valorizzare e sostenere quei beni culturali intangibili che costituiscono una componente importante del patrimonio culturale perché tengono vive le tradizioni, le radici e rappresentano l'identità socioculturale delle comunità presenti sul territorio. Così facendo, le regioni hanno fornito una forma di protezione, in assenza di una disciplina statale, anche perché questi beni per essere tutelati, conservati e tramandati - oltre a doverne essere dichiarato il valore culturale procedendo alla loro catalogazione e iscrizione in appositi registri [3] - richiedono necessariamente la continuità degli eventi e delle manifestazioni rievocative. In questi casi, cioè, promozione, valorizzazione e tutela non sono attività contigue ma le prime consentono, per certi aspetti, di soddisfare anche le esigenze di preservare detti beni immateriali [4].

2. La sentenza n. 71/2018 della Corte costituzionale

La pronuncia in commento è stata resa dalla Corte costituzionale a seguito di un ricorso proposto dalla regione Veneto, con il quale è stato impugnato, fra le altre disposizioni, il comma 627 dell'art. 1, legge n. 232/2016 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019). Tale disposizione ha istituito, nello stato di previsione del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, il Fondo nazionale per la rievocazione storica, finalizzato alla promozione di eventi, feste e attività nonché alla valorizzazione dei beni culturali attraverso la rievocazione storica, con una dotazione di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019. L'accesso al fondo è consentito alle regioni, ai comuni, alle istituzioni culturali e alle associazioni di rievocazione storica riconosciute attraverso l'iscrizione in appositi albi tenuti presso i comuni o già operanti da almeno dieci anni. La disciplina dei criteri di accesso è demandata a un decreto ministeriale da emanare entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio [5].

La ricorrente non ha inteso censurare tanto la legittimità in sé del Fondo a destinazione vincolata in una materia di potestà legislativa concorrente, quanto il mancato coinvolgimento delle regioni nella definizione dei criteri d'accesso al medesimo (riparto dei fondi, selezione dei progetti da finanziare, modalità di impiego dei finanziamenti, verifiche circa l'attuazione dei progetti, ecc.) poiché, in sede di adozione del decreto ministeriale di attuazione, non era contemplata alcuna intesa [6] con le regioni, in violazione degli artt. 117, co. 3, e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 120 della Costituzione.

La Corte costituzionale, prima di analizzare la censura nel merito, richiama brevemente la passata giurisprudenza mediante la quale è stata affermata la necessità di applicare il principio di leale collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento con vincolo di destinazione, che vada a incidere su materie di competenza regionale residuale o concorrente. In particolare, ricorda la Corte, sono due le situazioni che si possono verificare: la prima è quella in cui la disciplina legislativa di finanziamento si trovi all'incrocio di materie attribuite dalla Costituzione alla potestà legislativa statale e regionale, senza che sia individuabile un ambito materiale che possa considerarsi nettamente prevalente sugli altri. L'altra ipotesi è quella in cui la disciplina del finanziamento sia giustificata dalla cosiddetta attrazione in sussidiarietà da parte dello Stato [7].

Questa premessa ricostruttiva fa comprendere come la Corte abbia scartato la possibilità di considerare la disposizione impugnata introduttiva di un intervento di rilevanza generale sul piano della politica economica, giustificabile ex art. 81, co. 1, Cost. [8], tale da consentire al legislatore statale di introdurre - in deroga ai criteri di riparto della potestà legislativa fra Stato e regioni - misure di politica economica generale finalizzate ad agevolare la ripresa dello sviluppo, specialmente in periodi di crisi [9].

Se analizziamo il percorso argomentativo sviluppato dalla Corte, è proprio nel caso dell'attrazione in sussidiarietà che riconduce la previsione istitutiva di detto Fondo. Difatti, il Giudice costituzionale osserva come gli interventi che possono essere finanziati sono finalizzati alla rievocazione storica, al richiamo alla memoria, alla riproposizione delle vicende e dei contesti del passato allo scopo di conservare, promuovere e valorizzare la memoria storica quale componente del patrimonio culturale immateriale.

Detto finanziamento riguarda perciò materie che rientrano nella potestà legislativa concorrente [10]. A questo punto, la Corte ricorda come abbia già affrontato situazioni analoghe - in particolare a proposito del finanziamento dell'attività culturale cinematografica - riconoscendo l'esistenza di un interesse unitario da tutelare, ma subordinando l'esercizio dei poteri normativi e programmatori da parte dello Stato al necessario coinvolgimento delle regioni [11].

Proprio il richiamo a quest'ultima pronuncia fa comprendere come la Corte ritenga, senza esplicitarlo (e quasi come una conseguenza logica), che anche il Fondo per la rievocazione storica rientri in un'ipotesi di attrazione in sussidiarietà giacché non sono interessate materie di legislazione esclusiva statale [12] e, di conseguenza, vi sia la necessità di assicurare il più ampio coinvolgimento delle regioni nel processo decisionale di determinazione dei criteri d'accesso alle risorse del Fondo, attraverso la concertazione paritaria - quindi per mezzo di un'intesa - tra il ministro dei Beni e delle Attività culturali e la Conferenza Stato/regioni.

3. Segue: una pronuncia che suscita alcune riflessioni...

La pronuncia del 2005 e l'indirizzo oramai consolidato della giurisprudenza costituzionale in materia di fondi a contenuto vincolato hanno condotto a un esito che sembra scontato: in tal senso, è possibile spiegare il fatto che la ricorrente non abbia contestato la lesione della propria potestà legislativa né l'assenza dei presupposti necessari ai fini dell'attrazione in sussidiarietà (interesse unitario da perseguire, valutazione proporzionata e non irragionevole alla stregua di uno stretto scrutinio di costituzionalità dello stesso, esplicitazione del titolo del legiferare) [13]. Nello stesso senso può essere inteso il fatto che lo Stato non abbia in alcun modo giustificato, neppure innanzi alla Corte, i motivi del proprio intervento chiarendo il contenuto dell'interesse pubblico unitario sottostante.

Secondo la ricostruzione della Corte costituzionale, l'interesse unitario perseguito dal legislatore statale è dato dalla conservazione, promozione e valorizzazione della memoria storica, quale componente del patrimonio culturale immateriale. Nel caso delle molteplici attività finalizzate alla rievocazione storica, però, è ancora più evidente quanto osservato in dottrina e, cioè, il fatto che "il patrimonio culturale italiano è una somma di patrimoni regionali e locali: la memoria che esso preserva è la memoria delle tante e diverse culture regionali e locali che il processo di omologazione tende a cancellare" [14] e soltanto il sentimento che li lega con la comunità territoriale consente di preservarli e tramandarli nel tempo. In questa prospettiva, sorgono delle perplessità sul fatto che le attività volte a promuovere e conservare la memoria storica non possano essere sufficientemente garantite da un'opportuna individuazione dei principi fondamentali in materia da parte del legislatore statale e necessitino, addirittura, dell'istituzione di un Fondo nazionale e dell'attrazione delle relative funzioni amministrative e regolamentari.

I cortei in costume, le rievocazioni e i giochi storici costituiscono un'antica e nobile tradizione delle strade e delle piazze italiane, ove si svolge la vita sociale e culturale delle comunità [15], e sono anche strumento di aggregazione accrescendo un senso di appartenenza e di integrazione. Inoltre, consentono la trasmissione di saperi, conoscenze e valori di generazione in generazione. Infine, queste espressioni del patrimonio culturale immateriale favoriscono il rispetto per la diversità culturale e lo sviluppo sostenibile. Vi è perciò un particolare interesse a coltivarli perché sono elementi di memoria collettiva e di identità locale [16]: pur non avendo un rilievo per l'arte e la storia nazionale, rappresentano e custodiscono la memoria di comunità più piccole nelle dimensioni, rispetto alle quali gli enti territoriali si pongono quali enti-esponenziali [17]. Perciò, attraverso la promozione e la valorizzazione di questi beni e attività è perseguito l'obiettivo di tutelare e conservare anche beni, luoghi e tradizioni che non hanno un rilievo nazionale ma che si contraddistinguono per il carattere dell'"affectio" [18] per le comunità di riferimento perché con essi hanno uno stretto legame dal momento che ne esprimono i profili identitari e le origini.

In questa prospettiva, però, diviene difficile sostenere che l'assunzione in sussidiarietà operata in nome dell'interesse unitario rispetti i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza, proprio perché lo strettissimo legame col territorio evidenzia come le competenze delle regioni, in quanto enti esponenziali delle comunità di riferimento, non possano essere recessive, anzi debbano essere il più possibile valorizzate. Infatti, la regione, per la sua prossimità, è in grado di avere una completa conoscenza delle molteplici manifestazioni sul territorio, promuovendole, valorizzandole e, in questa maniera, favorendo anche l'integrazione.

Questa convinzione si rafforza se si guarda all'entità delle risorse messe a disposizione: due milioni l'anno, nell'arco temporale 2017-2019. L'ammontare non è elevato rispetto allo scopo unitario ricostruito dalla Corte costituzionale.

L'inadeguatezza è confermata se si tiene conto anche degli altri interessi che possono essere perseguiti attraverso la promozione delle rievocazioni storiche. Infatti, queste manifestazioni costituiscono anche un'attrattiva verso l'esterno e possono, perciò, invogliare il turismo e, di conseguenza, favorire lo sviluppo economico del territorio interessato e l'occupazione [19].

Ma vi è di più. I soggetti che possono accedere al Fondo sono non solo le istituzioni culturali e le associazioni di rievocazione storica, ma anche le regioni e i comuni. L'individuazione dei primi destinatari è in attuazione del principio di sussidiarietà, ex art. 118, co. 4, Cost., e trova la sua ratio nel fatto che le depositarie delle tradizioni sono principalmente le pro loco o, comunque, associazioni spontanee e fondazioni che hanno come fine la promozione e lo sviluppo del territorio custodendo la propria identità e alimentando iniziative che ne possano tramandare i contenuti e i valori. Fra i destinatari ci sono però anche le regioni e i comuni. La disposizione de qua opera, cioè, una commistione fra i fini da perseguire tanto da rendere complicata la ricostruzione della ratio. In particolare, diviene difficile sostenere lo scopo di favorire la convergenza degli interessi di istituzioni (pubbliche e private) e associazioni con gli enti territoriali di riferimento: ossia, non si comprende come un tale fine possa essere perseguito contemplando un concorso nell'accesso a risorse fra tutti questi soggetti.

4. Segue: ... e perplessità accentuate dai contenuti dei decreti ministeriali sui criteri di accesso al Fondo nazionale

Le esposte perplessità sono rafforzate se si tiene conto dei decreti attuativi e dell'esito dell'assegnazione dei contributi per l'anno 2017 e per il 2018.

Il ministero competente è intervenuto per la prima volta col d.m. del settembre 2017, nel quale ha rilevato, anzitutto, "l'esigenza di individuare, per ciascuna annualità, fino ad un massimo di n. 40 [...] progetti da finanziare, al fine di favorire forme di aggregazione territoriale" [20].

Tale limitazione - poi venuta meno nel d.m. del 2018 [21] - può essere spiegata come un correttivo della previsione legislativa per ovviare all'irrazionalità appena evidenziata: ossia, avrebbe voluto essere un modo per spingere le istituzioni culturali, le associazioni e gli enti territoriali a presentare progetti congiunti che fossero competitivi e funzionali non solo alla conservazione delle tradizioni e della memoria, ma anche volti a favorire lo sviluppo economico. In tal senso, può essere intesa anche la finalità, espressa sia nel d.m. del 2017 sia in quello del 2018, di sostenere progetti pluridisciplinari e di rete a carattere innovativo nei territori regionali o interregionali, favorendo forme avanzate di aggregazione e l'integrazione, anche finanziaria, con gli altri sistemi territoriali nonché le connessioni con il patrimonio culturale presente sui territori di riferimento [22].

Rimane il fatto che l'integrazione a livello territoriale e la collaborazione fra istituzioni culturali, associazioni ed enti territoriali è realizzabile solo con un'adeguata responsabilizzazione di questi ultimi e non attraverso diminuzioni dell'autonomia (soprattutto regionale).

Guardando all'esito del primo bando, soltanto 31 progetti hanno ricevuto un contributo [23]: fra i beneficiari non vi è alcuna regione, mentre ci sono 12 comuni. I restanti assegnatari sono molto vari: ci sono pro loco, associazioni, comitati, una biblioteca comunale e altri organismi, fra i quali la Fondazione Banco di Napoli. Complessivamente sono stati concessi contributi per un importo di poco superiore a un decimo delle risorse a disposizione [24]: le somme assegnate a ciascun beneficiario sono piuttosto contenute e si va da un minimo di 150 euro per l'Associazione Dies nel comune di Olevano Romano, fino ad arrivare a 20.000 euro per la Fondazione Banco di Napoli e 22.861 euro per il Comitato per la celebrazione delle Pasque Veronesi. Ciò conferma che, solitamente, le manifestazioni rievocative hanno un'elevata capacità di autofinanziamento e, dunque, non sono ingenti le risorse necessarie alla piena copertura dei costi: questo è un ulteriore motivo contrario a una gestione statale per questa capillare distribuzione delle risorse.

Invece, la graduatoria [25] approvata in forza del secondo bando consente il finanziamento di 70 iniziative per complessivi due milioni di euro. Fra i beneficiari vi sono la regione Calabria, l'Unione Montana dei Monti Azzurri, 32 comuni e, poi, un gruppo di soggetti molto eterogeneo composto da varie associazioni, pro loco, comitati, enti autonomi e contrade. Per quanto riguarda le somme assegnate, si va da un minimo di 400 euro a beneficio dell'Associazione Dama Castellana nel comune di Conegliano in Veneto, fino a 108.000 euro al comune di Brindisi Montagna e 112.350 euro alla Pro Loco Teggiano. Nel complesso, vengono assegnati anche contributi di una certa importanza: rimane però il fatto che un sistema così articolato assume più un significato "premiante" di un numero comunque contenuto di iniziative, anziché di promozione uniforme sul territorio in vista di una compiuta realizzazione sia delle finalità culturali sia di quelle economiche che, in questo caso, vista la profonda eterogeneità e molteplicità di iniziative, potrebbero essere incentivate e anche adeguatamente apprezzate in sede di valutazione dei progetti soltanto da soggetti in una posizione di prossimità rispetto ai richiedenti.

Secondo quanto previsto nel decreto ministeriale del 2017 [26], il contributo era concesso dal direttore generale competente sulla base di un parere espresso da un'apposita commissione composta da un esperto in materia di patrimonio culturale immateriale (in qualità di presidente), da un rappresentante del Segretariato generale, da un rappresentante della direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, da un rappresentante della direzione generale Spettacolo e da un rappresentante della direzione generale Turismo. Il d.m. del 2018 non contempla più il rappresentante della direzione generale Turismo - dato che le competenze in materia di turismo non sono più del ministero per i Beni e le Attività culturali ma, dal 2018, del ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali - e prevede l'aggiunta di due componenti designati dalla Conferenza delle regioni e province autonome [27]. Dunque, la commissione è composta in prevalenza, se non totalmente, da funzionari o dirigenti ministeriali, posto che l'esperto in materia di patrimonio culturale immateriale potrebbe essere anche un soggetto esterno [28]. Più opportunamente, invece, nella proposta contenuta nel testo unificato, si prevedeva un comitato scientifico di nomina ministeriale, previa intesa con la Conferenza unificata, composto da un funzionario del ministero per i Beni e le Attività culturali, un funzionario del ministero dell'Economia e delle Finanze e da professori universitari competenti nelle materie della storia, dell'archivistica, della biblioteconomia, della storia dell'arte, dell'urbanistica, dell'architettura, dell'antropologia culturale o della conservazione dei beni culturali [29].

Secondo il d.m. del 2017, la commissione doveva esprimere un parere attribuendo ai progetti un punteggio sulla base di due criteri: anzitutto, occorreva guardare alla qualità culturale del progetto unitamente alle ricadute socio-economiche sul territorio anche in termini turistici e alla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, potendo attribuire fino a 70 punti. In secondo luogo, la commissione doveva valutare la sostenibilità e congruità economica del progetto - in relazione alla proposta artistica, alla capacità di integrazione finanziaria con gli altri enti territoriali e con i privati - o la partecipazione ad azioni speciali internazionali, potendo attribuire fino a 30 punti [30]. Anche se il d.m. del 2018 non pone più alcuna distinzione sotto il profilo dell'incidenza delle singole voci sul punteggio complessivo [31], limitandosi a stabilire che i criteri da valutare devono essere la qualità culturale del progetto presentato, le ricadute sul territorio anche in termini turistici, la valorizzazione del patrimonio culturale, la sostenibilità economica considerata anche la quota partecipativa finanziaria assicurata dall'organismo proponente del progetto, l'attenzione rivolta alla promozione e valorizzazione del patrimonio culturale è però sempre strettamente congiunta alle conseguenze e ai benefici sul piano economico [32].

Nondimeno, l'introduzione di questo ulteriore fondo straordinario di finanziamento di attività culturali e di forme di spettacolo accentua la polverizzazione delle risorse destinate a queste finalità con il rischio che alcune manifestazioni possano attingere a una pluralità di canali di finanziamento, mentre altre potrebbero non ottenere alcun contributo (ad esempio, perché non hanno significative ricadute economiche sul territorio). Difatti, la previsione secondo la quale il progetto presentato non deve riguardare attività già finanziate ad altro titolo dal ministero per i Beni e le Attività culturali nell'anno di riferimento [33], non impedisce che un beneficiario possa ottenere contributi anche da uno o più enti territoriali, anche perché alle regioni non è preclusa la possibilità (neppure nei progetti di legge pendenti) di continuare nella loro attività di promozione e sostegno verso le attività di rievocazione storica.

In altre parole, occorre chiedersi se questo nuovo intervento del legislatore statale - mediante il quale, ancora una volta, è compiuta un'appropriazione di settori che hanno già ricevuto l'attenzione da parte di alcune regioni [34] - non corra il rischio di diventare uno strumento per politiche demagogiche.

5. Osservazioni conclusive

Alla luce di queste considerazioni, rimangono delle perplessità in merito alla congruità della disciplina in vigore e delle proposte di legge pendenti rispetto alle previsioni costituzionali in materia di autonomia regionale (nei molteplici aspetti).

La conservazione, la promozione e la valorizzazione della memoria storica possono essere realizzate solo considerando le peculiarità che contraddistinguono l'identità delle singole comunità: perciò, la tutela assume necessariamente connotati strettamente collegati alle particolarità delle singole manifestazioni. Nel Paese dei mille comuni e Borghi, ai fini della stessa individuazione degli eventi rievocativi è imprescindibile una prospettiva soggettiva che tenga conto delle visioni identitarie della singola collettività che vive in quel territorio poiché gli interessi identitari e particolari costituiscono e determinano il valore culturale del bene immateriale. Questo significa che per il loro riconoscimento non è possibile assumere soluzioni che non contemplino un coinvolgimento degli enti territoriali: il loro contributo è imprescindibile e neppure può essere esclusa la possibilità per le regioni di esercitare direttamente le relative funzioni, conservando lo Stato poteri d'indirizzo. Perciò, bisognerebbe che il legislatore statale introducesse un'opportuna disciplina in materia ponendo indicazioni articolate in merito alla tenuta degli elenchi ove iscrivere gli eventi di rievocazione storica e alla loro definizione, prevedendo l'istituzione di albi delle istituzioni e associazioni rievocative e precisando i requisiti necessari per la registrazione, lasciando però spazio alle regioni nella definizione e attuazione degli interventi promozionali.

Inoltre, guardando esclusivamente al valore culturale del patrimonio intangibile di cui stiamo trattando, rimane la questione del rispetto della "verità storica" [35], cioè della fedeltà delle rievocazioni alla storia o alla verosimiglianza storica. Ossia, bisogna impedire che vengano agevolate forme di "invenzione della tradizione" o ricostruzioni ipotetiche per strumentalizzazioni retoriche o ideologiche, oppure per suscitare una maggiore attrattiva nel pubblico e nei turisti.

Questo problema, però, non giustifica ancora una volta l'assunzione della materia da parte dello Stato perché, in ogni caso, per il rispetto della verità storica è essenziale una compiuta conoscenza dell'evento oggetto di rievocazione, rintracciabile solo a livello territoriale. Per di più, sono necessari quei sentimenti di affectio e rispetto che solo le comunità di riferimento possono avere verso questi beni che sono espressioni del loro essere. Occorre perciò che il legislatore statale ponga requisiti precisi per la registrazione delle associazioni negli appositi albi e che le regioni vi prestino la debita attenzione.

 

Note

[1] Si tratta delle proposte di legge: C. 66 (Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici), presentata il 15 marzo 2013; C. 3804 (Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica), presentata il 4 maggio 2016; C. 4085 (Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica), presentata il 12 ottobre 2016; C. 4402 (Disposizioni per la promozione, la valorizzazione e il sostegno della musica popolare e amatoriale), presentata il 31 marzo 2017. Occorre dire che l'abbinamento di quest'ultima proposta di legge è poi stato revocato nella seduta della commissione del 26 luglio 2017. Nella presente legislatura sono state avanzate nuove proposte di legge presso la Camera dei Deputati. La C. 247, presentata il 23 marzo 2018, e la C. 437, presentata il 29 marzo 2018, hanno un contenuto identico perché entrambe riproducono la proposta C. 66 della scorsa legislatura non tenendo conto, però, della sentenza in commento e neppure dei miglioramenti presenti nel testo unificato. Difatti, entrambe prevedono, all'art. 3, che un decreto del ministro dei Beni e delle Attività culturali debba determinare le categorie delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi, i requisiti per l'iscrizione all'Albo nazionale delle manifestazioni, rievocazioni e giochi e le modalità per l'iscrizione e per l'aggiornamento annuale dell'Albo, senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento degli enti territoriali, a differenza del testo unificato che contemplava la previa intesa con la Conferenza unificata. Inoltre, sempre un decreto ministeriale deve stabilire i criteri e le modalità di utilizzazione delle risorse del Fondo, sentita la Conferenza Stato/regioni: dunque, si tratta soltanto di un parere e non di un'intesa come richiesto dalla Corte costituzionale nella pronuncia in commento. Inoltre, alla Camera sono state avanzate altre due proposte di legge: C. 648 (Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica), presentata il 21 maggio 2018, e C. 1645 (Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni in abiti storici, dei giochi storici, in particolare con la partecipazione di cavalli o asini, e delle rievocazioni storiche, anche di carattere religioso), presentata il 5 marzo 2019. Al Senato è stato proposto, il 29 marzo 2018, il progetto di legge S. 206, recante Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica, che riproduce, in sostanza, la proposta C. 3804 della passata legislatura contemplando il coinvolgimento degli enti territoriali attraverso la Conferenza unificata e l'utilizzo dello strumento dell'intesa.

[2] Valutazioni positive sul testo unificato sono state espresse da A. Gualdani, Primi passi verso una disciplina di settore dei beni immateriali. Il caso del disegno di legge sulle manifestazioni, rievocazioni e giochi storici, in Aedon, 2017, 3. In particolare, l'Autrice ritiene che questo testo unificato abbia il merito di aver aperto la strada verso una disciplina del patrimonio intangibile e di aver accolto una nozione ampia e dinamica di tutela, cioè comprensiva dei concetti di valorizzazione e di promozione. Sulla improcrastinabilità di una normativa generale sui beni immateriali, si veda, della stessa Autrice, I beni immateriali: una categoria in cerca di autonomia, in Aedon, 2019, 1.

[3] Cfr. A. Gualdani, I beni culturali immateriali: ancora senza ali?, in Aedon, 2014, 1.

[4] In generale, sulla natura unitaria e la contiguità delle funzioni di tutela e di valorizzazione, alla luce delle ricostruzioni operate dalla Corte costituzionale (spec. sentt. nn. 194/2013 e 140/2015), si veda G. Sciullo, Corte costituzionale e nuovi scenari per la disciplina del patrimonio culturale, in Aedon, 2017, 1.

[5] Il ministro competente ha provveduto con il decreto del 25 settembre 2017, rep. n. 418, recante Criteri di accesso al Fondo nazionale per la rievocazione storica. In seguito, ottemperando alla sentenza in commento, è stato adottato un nuovo d.m. (decreto del 3 agosto 2018, rep. n. 345) sulla base dell'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 1° agosto 2018. Quest'ultimo d.m. riproduce, salvo alcune differenze che saranno evidenziate più avanti, i contenuti del d.m. del 2017, a dimostrazione della tesi di fondo del presente contributo, ossia del fatto che le finalità che si intendono perseguire attraverso la promozione delle rievocazioni storiche esigono che l'attuazione e la gestione degli interventi siano svolte necessariamente a livello territoriale (infra, §§ 4 e 5).

[6] Cfr. cons. dir. p.to 3.

[7] Cfr. cons. dir. p.to 3.

[8] V. Corte cost., sent. n. 61/2018, nella quale sono enumerati, a titolo meramente esemplificativo, alcuni criteri per verificare l'adeguato bilanciamento tra, da un lato, le esigenze di coordinamento e la regia delle manovre strutturali di politica economica e, dall'altro lato, la tutela delle autonomie territoriali (cons. dir. p.to 2.1.).

[9] Cfr. G. D'Auria, Misure di politica economica generale, attrazione in sussidiarietà di funzioni regionali da parte dello Stato, leale collaborazione fra Stato e autonomie, in Foro it., 2018, 10, I, pag. 3010 ss.

[10] La Corte costituzionale avvalora così la riconduzione delle rievocazioni storiche nell'ambito delle attività di spettacolo e, di conseguenza, nel relativo riparto di competenze fra Stato e regioni. In questa maniera, la Corte recepisce la ricostruzione operata da una buona parte degli interventi normativi compiuti dalle regioni in materia (v., infra, nota n. 35), che è poi la medesima che ha determinato la scelta di affidare la gestione del Fondo in oggetto alla direzione generale Spettacolo dal Vivo. Questa ricostruzione è peraltro confermata dallo stesso legislatore nella legge n. 175/2017, contenente Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia. Il relativo progetto di legge (S. 2287-BIS) nasce come stralcio dell'art. 34 della proposta di legge S. 2287 (approvata come legge n. 220/2016, Disciplina del cinema e dell'audiovisivo), che ha poi assorbito anche i progetti S. 459, presentato il 10 aprile 2013, e S. 1116, presentato il 16 ottobre 2013. Infatti, in seguito all'approvazione in commissione di alcuni emendamenti, i carnevali storici e le rievocazioni storiche sono stati ricondotti fra le attività di spettacolo (art. 1, co. 2, lett. c) ed è stata conferita la delega al Governo ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di attività lirico-sinfonica e nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, mediante la redazione di un Testo unico denominato Codice dello spettacolo. La delega non ha avuto seguito: tuttavia, il 29 maggio 2019, il Governo ha presentato il disegno di legge S. 1312 (Deleghe al Governo per il riordino della disciplina in materia di spettacolo e per la modifica del codice dei beni culturali e del paesaggio), collegato alla manovra di finanza pubblica, contenente una nuova delega finalizzata anche all'adozione di un Codice di riordino della disciplina in materia di spettacolo. Tale progetto ha un respiro più ampio rispetto alla legge del 2017 e prevede anche un termine di due anni. In ogni caso, la delega ivi contenuta si pone nel contesto di quella precedente, tanto è vero che richiama i principi posti nell'art. 1, legge n. 175/2017, e conferma la riconduzione delle rievocazioni storiche nell'ambito delle attività di spettacolo.

[11] Cfr. Corte cost., sent. n. 285/2005.

[12] Cfr. cons. dir. p.to 5.

[13] Corte cost., sent. n. 303/2003, cons. dir. p.to 4.1.

[14] G. Corso, Articolo 1 - I principi, in Il codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M. Cammelli, Bologna, Il Mulino, 2004, pag. 71. Nello stesso senso, si veda anche M.C. Cavallaro, Patrimonio culturale e dinamiche economiche. I beni culturali: tra tutela e valorizzazione economica, in Aedon, 2018, 3.

[15] Cfr. Relazione alla proposta di legge C. 66.

[16] Cfr. C. Crosetti, Governo del territorio e tutela del patrimonio culturale: un difficile percorso di integrazione, in Riv. giur. ed., 2018, 2, pag. 81 ss.

[17] Cfr. F. Salvia, Spunti di riflessione per una teoria sui beni culturali urbanistici, in Riv. giur. ed., 2018, 2, pag. 129 ss., a proposito della possibilità riconosciuta ai comuni, attraverso gli strumenti urbanistici, di svolgere la cosiddetta tutela delle identità minori. Quest'ultima espressione è ripresa da G. De Giorgi Cezzi, Il diritto all'identità minore. Beni culturali e tutela degli status, in Scritti in onore di Leopoldo Mazzarolli. Regolazione, finanza, beni, (a cura di) A. Romano, E. Casetta, F.G. Scoca, Padova, Cedam, 2007, vol. III, pag. 219 ss.

[18] F. Salvia, Spunti di riflessione per una teoria sui beni culturali urbanistici, cit.

[19] Cfr. Relazione, cit.

[20] Preambolo al d.m. 25 settembre 2017, rep. n. 418. A mio modo di vedere, il d.m. del 2017 ha un contenuto proprio degli atti regolamentari, nel senso che ha un carattere integrativo e innovativo rispetto alla previsione del legislatore. Quest'ultima è scarna poiché è funzionale alla sola "occupazione" di uno spazio normativo: perciò, il d.m. si preoccupa (nel preambolo e all'art. 1) di definire le finalità da perseguire e di correggere la contraddizione relativa al fatto che i possibili fruitori possono essere sia gli enti territoriali che i privati. Tanto è vero che il d.m. individua l'esigenza di "promuovere l'integrazione territoriale e le connessioni con il patrimonio culturale presente sui territori di riferimento" e, per favorire forme di aggregazione territoriale, stabilisce appunto di limitare i progetti finanziabili in ciascuno dei tre anni ad un massimo di quaranta. In altri termini, il d.m. del 2017 riempie di contenuti e dà un senso al comma 627 dell'art. 1, legge n. 232/2016: fornisce una ratio e delle finalità a un intervento in bianco del legislatore. Le stesse considerazioni, sebbene sia stato tolto il tetto massimo dei progetti finanziabili, possono essere rivolte al d.m. del 2018.

[21] La previsione del numero massimo dei progetti da finanziarie è stata tolta perché, probabilmente, si è visto che, di per sé, non favorisce le forme di aggregazione territoriale, mentre può contribuire a ciò l'assunzione di tale obiettivo quale criterio di valutazione nell'assegnazione del punteggio ai progetti proposti.

[22] Cfr. art. 1, co. 4, d.m. 25 settembre 2017 e art. 1, co. 2, d.m. 3 agosto 2018.

[23] Cfr. decreto del 9 marzo 2018, rep. n. 68, del direttore generale del Servizio II - Attività Liriche e Musicali, presso la direzione generale Spettacolo.

[24] L'ammontare complessivo dei contributi assegnati è pari a euro 231.996,27.

[25] Cfr. decreto del 27 giugno 2019, rep. n. 931, del direttore generale del Servizio II - Attività Liriche e Musicali, presso la direzione generale Spettacolo.

[26] Cfr. art. 4, d.m. 25 settembre 2017.

[27] Cfr. art. 4, co. 2, d.m. 3 agosto 2018. Inoltre, la medesima Conferenza è chiamata ad esprimere un parere sulla graduatoria dei progetti ammessi al contributo (co. 4).

[28] Quale esperto in materia di patrimonio culturale immateriale - sia nella commissione istituita nel 2018 (decreto del segretario generale del 29 gennaio 2018, rep. n. 18) sia nella commissione istituita all'inizio di quest'anno (decreto del segretario generale del 21 gennaio 2019, rep. n. 15) in base al nuovo d.m. - è sempre stata individuata una figura dirigenziale del ministero.

[29] Cfr. art. 5, testo unificato.

[30] Cfr. art. 4, co. 3, d.m. 25 settembre 2017.

[31] Spetta dunque alla commissione procedere alla necessaria articolazione dei criteri di valutazione dei progetti definendo anche il punteggio massimo da attribuire (cfr. verbale n. 2 del 19 febbraio 2019). Preme osservare che la commissione, nell'ultima procedura, ha riscontrato la genericità dell'espressione "rievocazioni storiche" e ha ritenuto necessario procedere a una classificazione delle tipologie di eventi riconducibili a tale concetto (cfr. Allegato al verbale n. 2), soprattutto in assenza di indicazioni da parte del legislatore.

[32] Cfr. art. 4, co. 3, d.m. 3 agosto 2018.

[33] Cfr. art. 5, co. 3, d.m. 25 settembre 2017 e, ora, art. 5, co. 1, d.m. 3 agosto 2018.

[34] Le regioni hanno rivolto l'attenzione alla promozione e al sostegno delle manifestazioni e rievocazioni storiche già da alcuni anni. Talune si sono limitate a disciplinare gli eventi legati a figure o accadimenti storici significativi per la relativa comunità: basti pensare alla Puglia con la l.r. 28 novembre 2011, n. 31, sulla Valorizzazione e divulgazione dei luoghi e delle storie relativi alla Battaglia di Canne, e al Friuli-Venezia Giulia con la l.r. 29 dicembre 2016, n. 22, a proposito della Valorizzazione della memoria delle Portatrici Carniche e del ruolo della donna nelle due guerre. Altre regioni sono intervenute con previsioni abbastanza sommarie: ad esempio, l'Abruzzo con l'art. 30 (Promozione e valorizzazione delle manifestazioni, rievocazioni e giochi storici) della l.r. 13 gennaio 2014, n. 7, recante Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale e pluriennale 2014-2016 della regione Abruzzo (Legge Finanziaria regionale 2014), il Molise con la l.r. 26 marzo 2015, n. 5, sulle Manifestazioni storico-culturali e tutela del benessere animale, e il Piemonte con l'art. 36 (Attività di promozione culturale) della l.r. 1° agosto 2018, n. 11, recante Disposizioni coordinate in materia di cultura. Vi sono poi interventi più articolati, attraverso i quali le regioni riconoscono l'importanza delle rievocazioni storiche come strumenti che consentono di valorizzare le identità culturali del territorio regionale favorendo l'aggregazione e la coesione sociale e offrendo spettacoli che svolgono, al contempo, una funzione di promozione culturale, sociale e turistica con importanti ripercussioni per le collettività anche dal punto di vista economico. Al riguardo, l'Umbria è fra le prime regioni ad essere intervenuta con la l.r. 29 luglio 2009, n. 16, contenente la Disciplina delle manifestazioni storiche, e successivamente con la l.r. 25 gennaio 2012, n. 1, relativamente al Riconoscimento della Festa dei Ceri di Gubbio come espressione culturale dell'identità regionale. Dopodiché, si sono attivate altre regioni: le Marche con una pluralità di interventi a partire dalla l.r. 9 febbraio 2010, n. 4, contenente Norme in materia di beni e attività culturali, fino ad arrivare alla l.r. 23 luglio 2018, n. 29, su Valorizzazione e sostegno delle manifestazioni di rievocazione storica; il Veneto con la l.r. 8 novembre 2010, n. 22, recante Interventi per la valorizzazione delle manifestazioni storiche e palii; il Lazio con la l.r. 29 dicembre 2014, n. 15, Disposizioni in materia di spettacoli dal vivo e di promozione culturale. La regione Toscana è intervenuta, in un primo momento, con la l.r. 25 febbraio 2010, n. 21, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di beni, istituti e attività culturali, e successivamente con la l.r. 14 febbraio 2012, n. 5, sulla Valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione e ricostruzione storica della Toscana. Modifiche alla legge regionale 25 febbraio 2010, n. 21. Testo unico delle disposizioni in materia di beni, istituti e attività culturali. Quest'ultima legge pone una disciplina molto articolata dando definizioni puntuali su cosa si debba intendere per ricostruzione storica, manifestazione, associazioni e gruppi di rievocazione, prevedendo l'istituzione di appositi elenchi e subordinando la relativa iscrizione a precisi requisiti. Anche la regione Emilia-Romagna, con la l.r. del 6 marzo 2017, n. 3, sulla Valorizzazione delle manifestazioni storiche dell'Emilia-Romagna, ha seguito l'esempio della disciplina toscana. Fra l'altro, l'Emilia-Romagna era già intervenuta in materia con discipline che presentavano però una minore organicità: la l.r. 27 luglio 2007, n. 19, sulla Partecipazione della regione Emilia-Romagna all'Associazione dell'Emilia-Romagna delle rievocazioni storiche (AERRS), e la l.r. 3 marzo 2016, n. 3, recante Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna.

[35] V. U. Moscatelli (a cura di), Rievocazione e diffusione del sapere: un'intervista a Franco Cardini, in Il capitale culturale, 2013, pag. 193 ss. (spec. pag. 195 ss.).

 

 



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