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Editoriale

Senza steccati

di Girolamo Sciullo

Without fences
The editorial examines the possibility that the discipline Art Law develops in Italy on a similar lines to its development in other countries.

Keywords: Art Law; Art & Law; Art & the Law.

Questo numero accoglie uno scritto di G. Liberati Buccianti. In esso si avanza il seguente quesito: è immaginabile un 'diritto dell'arte', tale intendendosi il "sistematico studio delle... questioni giuridiche che regolano il mondo dell'arte" ovvero un "sistema giuridico complesso", che ha per oggetto i possibili rapporti concernenti l'opera d'arte? La risposta fornita è affermativa. Tuttavia all'Autore - da civilista - preme maggiormente sottolineare l'importanza della "costruzione di un diritto privato dell'arte", in considerazione del fatto che l'"incidenza del diritto privato nell'arte è crescente".

Nello scritto viene rilevata la circostanza che le esperienze della Kunst und Recht e dell'art law proprie di altri Paesi non si siano sviluppate in Italia, dove l'attenzione dei giuristi al dato artistico si è concentrata sui profili pubblicistici della relativa disciplina, come deporrebbe anche il fatto che "il corso sulla legislazione dei beni culturali (o diritto dei beni culturali) venga generalmente ricompreso all'interno del settore disciplinare Jus/10 (Diritto amministrativo)". Pure questa Rivista presenterebbe "carattere più marcatamente pubblicistico".

Le affermazioni appena richiamate offrono lo spunto per taluni riflessioni, a cominciare dalla questione di carattere generale sulla possibilità/opportunità che anche nel nostro Paese prenda corpo un 'diritto dell'arte' o almeno un 'diritto privato dell'arte'.

In proposito le coordinate analitiche più appropriate sembrano ancora quelle che M.S. Giannini nel 1977 [1] formulò a proposito del 'diritto dell'economia' e del 'diritto pubblico dell'economia'. Si danno discipline giuridiche "settoriali" (con autonomia scientifica perché ordinate a settori di formazione positiva costruibili in sistemi, quali il diritto privato, amministrativo, processuale, penale), ma si possono dare anche discipline 'oggettuali' (prive di autonomia scientifica, che studiano istituti positivi per come essi vengono "ordinati in conseguenza del concorrere di più qualificazioni giuridiche"). È il caso del 'diritto sanitario', che studia insieme l'organizzazione e l'attività negli aspetti costituzionali, amministrativi, civili ecc. della sanità ed è quello del 'diritto pubblico dell'economia' che studia gli istituti che appartengono ai settori di normazione tradizionalmente indicati come di diritto pubblico e che sono direttamente volti alla disciplina di eventi specificamente economici. Il Giannini aggiungeva due precisazioni: la delimitazione di questi diritti 'oggettuali' talora ha a che fare con l'ordinamento degli insegnamenti accademici (al 'diritto dell'economia' sfuggono, pur rientrandovi concettualmente, materie quali il lavoro, i tributi, la regolazione della spesa pubblica per tradizione oggetto del diritto del lavoro, del diritto tributario ecc.); in ogni caso a tale delimitazione "non si può assegnare se non una validità stipulatoria". Avvertiva, infine, che la concezione di una disciplina come 'oggettuale' non doveva considerarsi riduttiva, le discipline 'oggettuali' "hanno pur sempre validità scientifica, se e in quanto escano dalla descrittiva istituzionale e applichino elaborati e principi" scientifici.

Quanto richiamato può ben valere per il 'diritto dell'arte', che secondo la nozione fornita da G. Negri-Clementi [2], richiamata dallo stesso Liberati Buccianti, "è un neologismo che vuole indicare un sistema giuridico complesso: si interessa della disciplina di ogni rapporto che abbia a che fare con l'opera d'arte e la sua circolazione o con l'artista o con le varie vicende che possono riguardare tali oggetti o tali soggetti". La sua peculiarità starebbe nell'essere "forse il settore del diritto che più abbraccia la totalità delle discipline giuridiche (civilistiche, commercialistiche, associativistiche, pubblicistiche, tributarie" ecc.

Dunque nessun ostacolo di ordine concettuale o sistemico per un 'diritto dell'arte' di carattere "oggettuale" - così come per la proposta di recente avanzata di un 'diritto del cinema e dell'audiovisivo' [3] - né per una sua declinazione sul versante delle discipline privatistiche come 'diritto privato dell'arte'. Diritto questo che per molti aspetti risulterebbe simmetrico al 'diritto del patrimonio culturale' [4], orientato all'analisi (anche dell'opera d'arte/bene culturale) sul versante pubblicistico e con l'ambizione di rappresentare "un laboratorio d'eccellenza" del diritto amministrativo [5].

Sulla mancanza - fino ad ora - nell'esperienza italiana di un 'diritto dell'arte' o di un 'diritto privato dell'arte' comparabile con discipline presenti in altri ordinamenti, si può convenire con Liberati Buccianti sull'indicazione della causa: in larga misura essa è individuabile nella vicenda storica della legislazione italiana in materia di beni culturali, che ha portato a focalizzare la disciplina sulla garanzia dell'interesse pubblico connesso alla valenza artistica, storica ecc. del bene, con l'effetto di condizionare fortemente l'assetto giuridico di quest'ultimo anche quando in proprietà di privati. Ne è risultato che i profili pubblicistici della disciplina sono parsi quelli maggiormente meritevoli di attenzione analitica.

Nondimeno tre notazioni meritano di essere formulate.

Anzitutto, la legislazione italiana in materia di beni culturali fin dall'origine non ha mancato di prospettare profili di diritto privato di rilievo. Oltre alle note disposizioni, ora confluite nel Codice e richiamate dall'Autore, relative alla circolazione dei beni culturali e al commercio dei diritti su beni culturali, possono menzionarsi le previsioni emanate all'indomani dell'annessione al Regno d'Italia della Provincia romana (e tuttora in vigore) in tema di indivisibilità e inalienabilità delle gallerie, biblioteche e collezioni d'arte e di antichità (leggi nn. 286/1871 e 1461/1883), quelle della Convenzione Unidroit del 1995 (artt. 3 e 4), richiamata dall'art. 87 del Codice, e ponenti una vistosa deroga alla disciplina dell'acquisto a non domino dettata dall'art. 1153 cc. Accanto poi alla retroversione degli utili ex art. 158 legge autore citata nel contributo, può ricordarsi l'introduzione nella stessa legge agli artt. 144 ss. della disciplina del c.d. 'diritto di seguito'.

Ma in termini generali e più significativi va detto che l'emergere della funzione di valorizzazione a proposito dei beni culturali pubblici, le riforme amministrative che nel biennio 2014-2016 hanno investito questi beni e soprattutto l'irrompere nel mondo dell'arte della tecnologia digitale (che ha reso dominanti gli elementi della comunicazione e dell'immagine) hanno fatto emergere nuovi e rilevanti profili di diritto privato nella disciplina giuridica dei beni culturali. Ne è stato investito l'aspetto organizzativo (utilizzo per le istituzioni culturali pubbliche di forme giuridiche quali la fondazione e società per azioni), ma ancor più quello dell'attività. Si è trattato dell'emergere de 'i diritti dei musei' [6] e dell'amplificarsi delle questioni legate ai property and intellectual property right, connessi con la riproduzione, comunicazione al pubblico e distribuzione su supporti specie digitali del bene culturale, nonché delle questioni legate all'utilizzo di banche dati relative alle opere d'arte e ai loro autori.

Con espressione solo in apparenza enfatica si è detto che "il diritto di autore è la legge della cultura" [7]. E altri profili continuano a evidenziarsi, come quello di recente considerato della mediazione nelle controversie sui beni culturali [8].

Non mancano quindi spazi - ed è questa la seconda notazione - perché anche in Italia si sviluppi un 'diritto privato dell'arte'. Ovviamente i pubblicisti non possono che limitarsi a segnalare l'esistenza di questi spazi, rilevando a margine che forse proprio l'assenza finora di siffatta disciplina ha favorito o almeno non contrastato il perpetuarsi della situazione oggetto del seguente rilievo: "La contrattazione immobiliare [delle cose d'arte] è intralciata da regole antichissime - di quasi un secolo -, meccanicamente riprodotte nei testi legislativi avvicendatisi attraverso il tempo e trasfuse nel Codice dei beni culturali, di cui la prassi evidenzia l'incredibile inefficienza" [9].

Da ultimo, ma si tratta della notazione che più preme formulare, va detto che questa Rivista, in forza del progetto culturale che la anima, ha un atteggiamento assolutamente aperto sui temi qui trattati. Nella convinzione che solo un approccio pluridisciplinare sia in grado di cogliere la complessità dei problemi legati ai beni culturali, esprime senza riserve l'auspicio che si dia corpo e si rafforzi un 'diritto privato dell'arte', all'altezza della migliore tradizione della scuola giuridica italiana.

D'altro lato la Rivista, come ha fatto in passato - e basta anche una rapida scorsa degli indici delle sue annate per rendersene conto -, non mancherà in futuro di ospitare, e magari sollecitare, contributi provenienti dai diversi settori disciplinari del diritto, e perciò anche, e in particolare, dal diritto privato.

Continuerà a procedere, quindi, 'senza steccati'.

Da pochi giorni è entrata in vigore la legge n. 130/2018 di conversione del d.l. n. 109 (c.d. Decreto Genova), le cui previsioni hanno valenze anche paesaggistiche. Non sembri strano cogliere l'occasione per ricordare la figura di Giuseppe Galasso, spentosi quest'anno, e il suo straordinario impegno per la salvaguardia del paesaggio del nostro Paese.

 

Note

[1] M.S. Giannini, Diritto pubblico dell'economia, Il Mulino, Bologna, 1977, pagg. 14-17.

[2] G. Negri-Clementi, Presentazione, in Il diritto dell'arte. La circolazione delle opere d'arte, (a cura di) G. Negri-Clementi, S. Stabile, Milano, Skira, 2013, vol. II. In generale sul rapporto fra arte e diritto non può non richiamarsi quanto scritto da J.H. Merryman (ben noto artefice dell'attivazione a Stanford sul finire degli anni Sessanta del corso su Art and the Law) in Thinking about the Elgin Marbles. Critical Essays on Cultural Property, Art and Law, The Netherlands, Kluwer, 2009, II ed., pag. 2: "without the legal system, and the body of nascent law we call ethics, there could be nothing comparable to the abundance, diversity, sophistication and prosperity that art and artists presently enjoy in the West and, icreasingly, in the non-Western world". Al riguardo cfr., anche per ulteriori riferimenti, L. Casini, "The Loneliness of the Comparative Lawyer". In memoria di John Henry Merryman (1920-2015), in Riv. trim. dir. pubbl., 2016, 3, pag. 880 ss.

[3] L. Casini, "Il nastro dei sogni"? Il diritto (pubblico) del cinema e dell'audiovisivo, in questa Rivista, 2017, 3.

[4] M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale: una introduzione, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Il Mulino, Bologna, 2017, pag. 11 s.; F.G. Albisinni, Il diritto del patrimonio culturale: scritti recenti, in Gior. dir. amm., 2017, 5, pag. 687 s.

[5] L. Casini, Una "Revolution in Government"? La riforma amministrativa del patrimonio culturale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 2, pag. 693 ss., in particolare pag. 721.

[6] G. Guerzoni, S. Stabile, I diritti dei musei, Etas, Milano, 2003.

[7] G. Finocchiaro, "Aperture" e "chiusure" nella politica e legislazione culturale, in questa Rivista, 2011, 1, par. 2.

[8] I. Patta, La procedura di mediazione nelle controversie su beni culturali, in Gior. dir. amm., 2018, 5, pag. 569 ss.

[9] G. Alpa, G. Conte, V. Di Gregorio, A. Fusaro e U. Perfetti, Introduzione, in I beni culturali nel diritto, ESI, Napoli, 2010, pag. 13 ss.

 

 



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