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Gestire i beni culturali

Pompei dieci anni dopo. Ascesa e declino dell'autonomia gestionale [*]

di Paolo Ferri e Luca Zan

Sommario: 1. Introduzione. - 2. L'esperimento dell'autonomia di Pompei. - 2.1. L'introduzione dell'autonomia: la riforma di Pompei nel 1997. - 2.2. La fine dell'autonomia: il commissariamento dell'area archeologica. - 2.3. Nel mezzo: trasformazioni istituzionali dal 1997 al 2008. - 3. Dieci anni dopo: ricostruire e valutare il cambiamento. - 3.1. Le attività svolte sul sito. - 3.2. Risorse umane. - 3.3. Risorse finanziarie. - 4. Discussione. - 4.1. Pompei: un caso di mancata convergenza. - 4.2. Alcune riflessioni sul Grande Progetto Pompei. - Ringraziamenti.

Ten Years After. The Rise and Fall of Managerial Autonomy in Pompei
The aim of this paper is to review the administrative history of the archeological site of Pompeii from 1997 to 2008, investigating the rise and the fall of managerial autonomy. In September 1997 in fact, an ad hoc law gave the archeological site of Pompeii a new status: its previous status as a local branch of the Ministry of Culture was reconfigured as an autonomous entity. Ten years later, in July 2008, the Italian Prime Minister declared a one year state of emergency in Pompeii, appointing a special Commissioner (Commissario straordinario) in order to cope with "the serious critical situation of the archeological area". Under the 'state of emergency', the Prime Minister decided to confiscate Superintendence's resources in order to implement projects decided by a centrally appointed special Commissioner. In short, the autonomy gained in 1997 was lost ten years later, in July 2008. By looking at the mismanagement of one of the most important archaeological sites in the world, the paper sheds lights on the distinctive features of Italian public administration, questioning the existence of a path of international convergence in public sector change. Moreover, the paper offers a critical view of the recent plans for the recovering of the site.

1. Introduzione

E' del 5 aprile la notizia del lancio del Grande Progetto Pompei da parte del governo Monti [1]. L'iniziativa, che segue il decreto legge 31 marzo 2011, n. 34 approvato dal governo Berlusconi dopo il crollo della Schola Armaturarum, è finalizzata ad "arrestare il degrado e riportare il sito archeologico a migliori condizioni di conservazione" e prevede l'investimento di 105 milioni di euro di fondi comunitari per il periodo 2012-2015.

Per perseguire un obiettivo simile, più di 10 anni fa una legge ad hoc aveva conferito in via sperimentale alla soprintendenza di Pompei lo status di soprintendenza autonoma. Il cambiamento permetteva di far affluire nuove risorse a Pompei - introducendo la possibilità di impiegare le entrate della biglietteria direttamente nel sito - e mirava inoltre a rendere i vertici della nuova entità autonoma direttamente responsabili per le operazioni e i risultati. La storia travagliata di questo esperimento, conclusosi, di fatto, con il commissariamento dell'area archeologica nel 2008 (peraltro sempre in nome della lotta al degrado), costituisce l'oggetto principale di questo articolo.

Due sono i principali contributi che l'elaborato si propone di apportare.

Innanzitutto ragionare sul fallimento che sottende la parabola che va dall'introduzione dell'autonomia nel 1997 fino allo stato di emergenza del 2008 può offrire un'occasione per riflettere su quali siano, in prospettiva, le condizioni per il successo del più recente Grande Progetto Pompei, un'iniziativa che non può che essere accolta positivamente, ma rispetto alla quale l'ottimismo iniziale rischia di svanire qualora si consideri l'esito dei precedenti tentativi (ancora nel 2012 lo stesso Grande Progetto muove dalla "consapevolezza dell'emergenza in corso a Pompei").

In secondo luogo, uno studio sulla storia amministrativa di Pompei sarebbe giustificabile anche in virtù del solo interesse retrospettivo per la vicenda. Nella storia amministrativa recente del nostro Paese, Pompei rappresenta infatti un caso di trasformazione gestionale estremamente rilevante. Utilizzando le parole del fautore della riforma, il ministro Veltroni, al tempo della creazione della soprintendenza autonoma, Pompei costituiva una sorta di esperimento amministrativo in vista dell'introduzione di cambiamenti più estesi nella struttura dell'intero ministero, cosa che avverrà successivamente con la creazione delle soprintendenze autonome per la gestione dell'area archeologica autonoma di Roma e dei poli museali di Venezia, Firenze e Napoli. L'esperimento di Pompei si collocava sulla scia di un più generale processo di cambiamento che aveva interessato fin dagli anni '80 le amministrazioni pubbliche anglosassoni per poi approdare nel nostro Paese a partire dagli anni '90. La ricerca di uno stato centrale più leggero e di una pubblica amministrazione più efficace ed efficiente si ponevano come premesse per processi di decentramento amministrativo, comportando la creazione di entità autonome, incaricate dell'implementazione delle policy formulate dai vari ministeri. In parallelo si registrava il trasferimento (o la colonizzazione secondo alcuni) di discorsi e pratiche manageriali dal settore privato al settore pubblico, sotto l'ombrello di quello che è stato definito new public management, tendenza che non ha escluso, tra gli altri, il settore culturale. A causa della pressione verso l'orientamento al mercato, le organizzazioni culturali cominciarono a rivolgere maggiore attenzione al rapporto con il visitatore, in ottica di soddisfazione dei suoi bisogni. Parallelamente, il calo delle risorse, o comunque la richiesta di un loro utilizzo più oculato, poneva alle istituzioni il problema di raggiungere gli obiettivi tenendo conto di quanto disponibile, sia dal punto di vista finanziario che delle risorse umane. Accanto ai criteri e alle pratiche di tipo professionale - che avevano costituito fino a quel momento il punto di riferimento per la gestione del patrimonio - diventavano quindi sempre più rilevanti logiche e discorsi manageriali che ponevano l'accento sulla relazione con il visitatore e sull'utilizzo attento delle risorse [2]. Sotto questa prospettiva, comprendere cosa ne è stato dell'esperimento della Soprintendenza autonoma di Pompei a dieci anni di distanza offre l'opportunità di osservare un processo di managerializzazione in ottica longitudinale, valutando se l'introduzione di un discorso manageriale abbia avuto qualche effetto nella gestione del sito e, più in generale, nella pubblica amministrazione italiana.

Da un punto di vista metodologico il presente articolo è il risultato di 10 anni di continuo interesse per l'evoluzione gestionale del sito archeologico di Pompei [3]. Nel 1998 uno dei due autori analizzò l'assetto della soprintendenza dalla sua creazione nel 1982 fino al conferimento dello status di soprintendenza autonoma [4]. L'obiettivo di quello studio era di comprendere ex ante se la riforma rispondesse ai bisogni della soprintendenza, così come emergevano dall'analisi delle condizioni amministrative pre-riforma. Allo studio iniziale fece seguito nel 2000 una prima analisi sull'impatto della riforma, realizzata attraverso una serie di interviste e l'analisi dei bilanci di esercizio disponibili [5]. L'evoluzione della storia amministrativa di Pompei è stata poi monitorata nel 2008, nel 2009 e nel 2011 attraverso tornate di interviste accompagnate dalla raccolta di documentazione rilevante quali normativa, bilanci di esercizio, documenti relativi alla programmazione della soprintendenza, articoli di giornale, pubblicazioni [6].

Due sono state le aree che hanno attirato la nostra attenzione nel processo di ricostruzione e analisi della storia amministrativa della soprintendenza. Innanzitutto abbiamo studiato l'evoluzione dell'autonomia della soprintendenza, così come delineata dal disegno di riforma iniziale e poi modificata dai successivi interventi normativi. Definendo autonomia come il potere di prendere decisioni indipendenti o di regolare il proprio corso di azioni, abbiamo osservato le caratteristiche e le implicazioni dell'autonomia nella sua fase iniziale - ovvero con l'introduzione della riforma (par. 2.1) - nel suo momento finale - che coincide con il commissariamento dell'area archeologica (par. 2.2) - e nel periodo che intercorre tra questi due principali avvenimenti (par. 2.3). In secondo luogo ci siamo concentrati sull'accountability della soprintendenza. Con l'introduzione dell'autonomia infatti, ci si aspetta che l'ente divenuto autonomo spieghi, giustifichi e si assuma la responsabilità per i progetti implementati e delle risorse utilizzate. Abbiamo quindi analizzato i dati disponibili per dare una rappresentazione di quanto è stato fatto nell'area archeologica in questi 10 anni e per esaminare la qualità delle informazioni prodotte da coloro che sono stati responsabili della gestione del sito archeologico. Analiticamente abbiamo sviluppato tre ricostruzioni: la prima riguarda le attività professionali di tutela del sito e le iniziative per i visitatori (par. 3.1), la seconda è relativa alla gestione delle risorse umane (par. 3.2) e la terza tratta il tema della gestione delle risorse finanziarie (par. 3.3). Infine abbiamo discusso le implicazioni del caso di Pompei per i processi di cambiamento della pubblica amministrazione a livello nazionale e internazionale e in termini di prospettive di sviluppo per il Grande Progetto Pompei (par. 4).

2. L'esperimento dell'autonomia di Pompei

Gli ultimi dieci anni di storia amministrativa di Pompei sono caratterizzati da due principali discontinuità: l'introduzione dell'autonomia - avvenuta nel 1997 attraverso la legge 8 ottobre 1997, n. 352 - e la successiva perdita di questo status - non dal punto di vista legale ma di fatto - nel 2008, quando con la dichiarazione dello stato di emergenza nell'area archeologica il sito veniva posto sotto il diretto controllo del Presidente del consiglio attraverso un commissario delegato. I due cambiamenti rispecchiano delle inversioni di tendenza nella logica amministrativa sottostante: dall'accentramento al decentramento nel 1997 e dal decentramento ad un accentramento ancora più marcato nel 2008. Nel mezzo si osserva una tensione permanente tra l'amministrazione centrale e la nuova entità amministrativa circa l'implementazione dell'autonomia. I principali passaggi dell'evoluzione gestionale della soprintendenza di Pompei vengono analizzati di seguito prestando particolare attenzione alle implicazioni dei cambiamenti introdotti in termini di autonomia e responsabilizzazione.

2.1. L'introduzione dell'autonomia: la riforma di Pompei nel 1997

Alla fine degli anni '90 il sito archeologico di Pompei si trovava in una situazione di forte degrado: erano stati registrati diversi crolli e il deterioramento di affreschi e mosaici aveva raggiunto livelli allarmanti. Gli archeologi e gli architetti della soprintendenza riuscirono in quel periodo a mobilitare l'attenzione dei media e del governo sulle condizioni del sito, anche attraverso la pubblicazione di uno studio - il Piano per Pompei - nel quale venivano presentate le principali problematiche del sito e tracciate delle linee guida per il suo recupero.

In questo clima di rinnovata attenzione per l'area archeologica pompeiana veniva approvata la legge 8 ottobre 1997, n. 352, promossa dall'allora ministro per i Beni culturali Walter Veltroni. La riforma apportava importanti cambiamenti all'assetto della soprintendenza, nello specifico:

1. Veniva introdotta una nuova figura dirigenziale, il cosiddetto city manager, ovvero un direttore amministrativo che, nelle speranze della riforma, avrebbe dovuto introdurre a Pompei competenze manageriali. Il city manager veniva nominato direttamente dal ministro dei Beni e le Attività culturali per un periodo massimo di cinque anni, rinnovabili. In modo abbastanza curioso, la stampa utilizzò il termine inglese city manager per descrivere questa posizione, richiamando la natura manageriale della riforma.

2. Veniva creato un Consiglio di amministrazione, composto da soprintendente, dal city manager e dal funzionario più elevato in grado della soprintendenza al fine di rendere maggiormente condiviso il processo decisionale.

3. Oltre all'autonomia scientifica - ovvero la possibilità di decidere quali interventi implementare nel sito - la soprintendenza veniva dotata di autonomia finanziaria e contabile. Grazie alla riforma, le entrate da biglietteria venivano trattenute a livello locale per finanziare i progetti di restauro e di conservazione approvati dal Cda. In precedenza, e ancora adesso nelle soprintendenze non autonome, le entrate venivano trasferite al ministero, senza che vi fosse alcuna relazione tra le risorse generate dal sito e quelle allocate dal ministero. Poiché prima dell'autonomia i trasferimenti del ministero erano pari a circa un quarto delle entrate da biglietteria, da un punto di vista sostantivo la riforma andava ad incrementare significativamente le risorse per la conservazione del sito. Per quanto riguarda l'autonomia contabile, la soprintendenza diventava titolare di un proprio bilancio, mentre in precedenza l'entità non esisteva nemmeno come centro di costo: quanto era speso entrava direttamente nei sei capitoli di spesa utilizzati dalla rendicontazione ministeriale.

Nonostante l'accoglienza positiva riservata dalla stampa nazionale, la riforma dimostrava fin dall'inizio forti limiti, tanto da essere definita, sulla base del primo studio effettuato tra l'ottobre 1997 e l'aprile 1998, una "riforma zoppa" [7]. Essa era infatti caratterizzata da diverse contraddizioni, tra cui:

a) Una generale ambiguità sul grado di libertà della nuova soprintendenza autonoma: non era ad esempio chiaro se la soprintendenza potesse modificare i prezzi dei biglietti.

b) Una carenza di criteri ben definiti per la selezione del city manager, elemento che avrà serie ripercussioni negli anni a venire.

c) Una debolezza nell'assetto del Cda, sia a causa del limitato numero di componenti - solo tre - sia per le diverse logiche che guidavano la loro selezione: il soprintendente - in quanto rappresentante del ministero - il city manager - teoricamente in base ad un principio performativo - e infine il funzionario più alto in grado - in base ad un criterio di appartenenza.

d) La potenziale presenza di logiche gestionali non lineari e incoerenti a causa della situazione di parziale autonomia. La gestione delle risorse umane rimaneva infatti in capo al ministero e, di conseguenza, il costo del lavoro risultava escluso dai bilanci della nuova entità. Ciò non solo limitava il controllo delle risorse da parte della soprintendenza (il costo del personale, ancora oggi sconosciuto in termini esatti, era pari nel 1997-98 a circa i due terzi delle risorse totali spese nel sito), ma rendeva di fatto impossibile ogni forma di riorganizzazione del lavoro. Se ad esempio il Cda fosse riuscito a trovare soluzioni meno costose ricorrendo all'outsourcing, questo avrebbe avuto una ricaduta positiva sul bilancio del ministero, riducendo il costo del lavoro a livello ministeriale, aumentando però allo stesso tempo i costi della soprintendenza per il nuovo servizio. E' probabile che le conseguenze complessive di una tale norma non siano state colte all'inizio. Certo che poi nulla è stato fatto per riparare l'"errore" iniziale.

e) Una forte resistenza da parte del ministero a garantire quell'autonomia contabile pur resa possibile dalla legge. Nel dar forma al nuovo sistema amministrativo, la soprintendenza autonoma fu obbligata ad accettare un sistema di contabilità finanziaria anziché economica [8]. Questo può apparire a prima vista come un aspetto tecnico di natura marginale (e così lo deve aver interpretato il Cda nell'accettare le pressioni del ministero). Tuttavia, la mancata introduzione della contabilità economica costituisce un passaggio fondamentale per comprendere la resistenza degli apparati ministeriali nei confronti di un sistema coerente di autonomia. Come vedremo in seguito, la rappresentazione contabile in base ad un principio finanziario farà emergere un problema di residui giustificando la confisca delle risorse della soprintendenza nel 2006 e nel 2008, rendendo inoltre più difficile l'introduzione di "normali" strumenti di controllo di gestione.

In definitiva, le contraddizioni elencate sopra mettevano in luce la difficoltà nel definire una riforma dall'assetto maggiormente coerente - sulla scia ad esempio di quella che nello stesso periodo veniva introdotta al British Museum [9] - facendo sorgere dei dubbi circa l'efficacia del cambiamento in atto:

"In conclusione, volendo azzardare una previsione, visto il successo della strategia di comunicazione del Piano per Pompei, quello delle risorse economiche non sarà paradossalmente il problema principale nella difficile strada del rilancio di Pompei. Altre sembrano essere le criticità: le resistenze e le parziali contraddizioni legislative e ministeriali; le resistenze sindacali rispetto a interventi di riorganizzazione della forza lavoro, prima ancora di una sua eventuale riduzione (ove, come nel caso di istanze ambientaliste, il sindacato potrebbe trovarsi talora in una posizione decisamente conservatrice); la capacità del management (soprintendente e direttore amministrativo) di attivare effettivamente processi di qualificazione delle professionalità impiegate e di (ri)definizione delle strutture e delle procedure gestionali. Paradossalmente, dopo aver chiamato a raccolta nuovi finanziamenti, il rischio più grosso è quello dell'incapacità di spesa; il problema prioritario quello dell'organizzazione, del disegno delle condizioni e dei meccanismi organizzativi che consentano di spendere garantendo e controllando la qualità del restauro in tutte le fasi necessarie" [10].

Con tutti i suoi limiti tuttavia, la riforma introduceva comunque un cambiamento radicale nel precedente assetto della soprintendenza, andando nella direzione di un maggiore decentramento amministrativo.

2.2. La fine dell'autonomia: il commissariamento dell'area archeologica

Il 4 luglio del 2008 il Presidente del consiglio, su richiesta del ministro per i Beni e le Attività culturali, il Prefetto di Napoli e la Regione Campania, dichiarava uno stato di emergenza della durata di un anno nell'area archeologica di Pompei poiché "la situazione di grave criticità che caratterizza l'area archeologica di Pompei ha conosciuto un improvviso ed imprevedibile aggravamento determinato dall'insorgenza di nuove problematiche" [11] (enfasi aggiunta). Il decreto non riportava tuttavia alcuna informazione che permettesse di comprendere quale grave criticità fosse in corso nell'area, perché questa fosse improvvisamente peggiorata e a causa di quali nuove problematiche. In una situazione di totale mancanza di trasparenza, il Presidente del consiglio dei ministri nominò pochi giorni dopo un commissario delegato attraverso una specifica ordinanza.

"Considerato che per fronteggiare la grave situazione di criticità che caratterizza l'area archeologica di Pompei si rende necessario ed urgente adottare misure straordinarie atte a scongiurare la paralisi delle attività...; Ritenuto che tale contesto di rischio impone l'assunzione immediata di iniziative di carattere straordinario ed urgente...; Tenuto conto che la straordinarietà della situazione determinatasi nell'area archeologica di Pompei richiede l'adozione di misure urgenti che possono essere assunte soltanto nell'esercizio di poteri in deroga alle vigenti normative... il Prefetto Renato Profili è nominato commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di grave pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei" [12].

La dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina di commissari delegati avviene solitamente qualora si verifichino eventi straordinari quali terremoti, inondazioni o incendi [13]. Poiché la terminologia dell'ordinanza di Pompei non si discosta molto da quella che viene utilizzata per la nomina di commissari nel caso di disastri naturali [14], sorge spontaneo chiedersi se a Pompei nel luglio 2008 si fosse verificato un terremoto, un'eruzione vulcanica o un evento simile. In realtà nei giorni successivi alla dichiarazione dello stato di emergenza il ministro Sandro Bondi dichiarò che la decisione di commissariare l'area era stata presa per far fronte alle denunce apparse sulla stampa nazionale [15], che descriveva una situazione di forte degrado nell'area archeologica in termini di scarsi servizi per i visitatori, furti di reperti, aree del sito chiuse per interminabili restauri [16]. Il soprintendente contestò da subito il commissariamento sottolineando l'incoerenza tra lo strumento di intervento utilizzato - lo stato di emergenza e la nomina del commissario - e le effettive condizioni del sito archeologico [17]. Nei mesi successivi la legittimità stessa dell'intervento fu inoltre criticata nel corso di diverse interrogazioni parlamentari promosse dalle forze di opposizione [18].

Nonostante le proteste, il commissario delegato - l'ex prefetto di Napoli - e il suo team di cinque persone furono incaricati di proporre un piano di intervento finalizzato alla salvaguardia dell'area archeologica, alla manutenzione straordinaria, alla ricerca di sponsorizzazioni, alla rimozione degli insediamenti abusivi e all'affidamento ai privati dei servizi di vigilanza. Per lo svolgimento di queste operazioni l'ordinanza affidava al commissario un budget di 40 milioni di euro. Non si trattava però di fondi aggiuntivi da far confluire su Pompei ma di risorse appartenenti alla soprintendenza che venivano prelevate direttamente dalla cassa dell'ente per essere trasferite al commissario che le avrebbe potute spendere anche in deroga alla normativa ordinaria sugli appalti di gara.

La riforma varata nel 1997 aveva concesso alla soprintendenza l'autorità di scegliere ed implementare la propria strategia per la conservazione del sito, utilizzando le risorse generate dalla biglietteria per raggiungere l'obiettivo. Con la dichiarazione dello stato di emergenza il Presidente del consiglio dava il via libera alla confisca delle risorse della soprintendenza per attuare i progetti proposti da un commissario delegato. Pur conservando legalmente lo status di soprintendenza autonoma, l'autonomia decisionale dell'ente sulla scelta dei progetti e l'utilizzo delle risorse inizialmente garantita dalla riforma veniva irrimediabilmente compromessa dieci anni dopo, in coincidenza con lo stato di emergenza dichiarato nel luglio 2008 [19].

2.3. Nel mezzo: trasformazioni istituzionali dal 1997 al 2008

Cosa è accaduto tra la riforma del 1997 e lo stato di emergenza del 2008? In questa sezione verranno analizzate le trasformazioni istituzionali e amministrative che si sono susseguite durante il periodo in osservazione.

L'autonomia introdotta a Pompei nel 1997 era parte di una coraggiosa strategia per la salvaguardia e il restauro del sito archeologico. Le più importanti innovazioni riguardavano l'introduzione di un Consiglio di amministrazione, la nomina di un direttore amministrativo con più poteri e il trasferimento del controllo sulle risorse generate dal sito dal ministero alla soprintendenza.

Nei dieci anni trascorsi dall'introduzione della riforma, funzionari con competenze manageriali opinabili hanno ricoperto il ruolo di city manager (vedi sezione 3.2). La posizione è stata infine abolita nel marzo 2008 dal ministro Rutelli all'interno di un processo di riduzione dei ruoli dirigenziali del Mibac.

Nel 2006 il ministro Buttiglione decretò un prelievo straordinario di 30 milioni di euro dalle casse della soprintendenza [20]. Le risorse vennero utilizzate per realizzare interventi di conservazione e valorizzazione di monumenti e siti culturali in tutta Italia, senza un diretto collegamento con l'area archeologica pompeiana. Inoltre, lo stesso ministro stabilì che, a partire dal 2006, fino al 30% delle entrate da biglietteria generate da Pompei sarebbero state trasferite al ministero per sostenere altre organizzazioni e attività culturali, in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 2003, n. 240, Regolamento concernente il funzionamento amministrativo-contabile e la disciplina del servizio di cassa delle soprintendenze dotate di autonomia gestionale. La ratio del decreto è quella di trasferire le risorse generate dalle istituzioni più "ricche" - come Pompei ad esempio - alle entità più povere, ovvero a quelle che non si auto-sostengono grazie alle entrate da biglietteria. Tuttavia, come riconosciuto dal soprintendente di Pompei Piero Guzzo, in carica dal periodo precedente alla riforma fino al 2008, se il prelievo di 30 milioni poteva essere considerato uno "scippo", la regola del 30% costituiva l'"abbonamento" annuale al bancomat della soprintendenza. In ogni caso i due interventi andavano ad indebolire la logica dell'autonomia sulle risorse stabilita nel 1997.

Nell'aprile 2008 le soprintendenza di Pompei venne unita con la soprintendenza di Napoli [21]. La fusione fu decisa dal ministero all'interno di un processo di contenimento dei costi perseguito attraverso la riduzione delle posizioni dirigenziali: unendo Napoli con Pompei si poteva infatti risparmiare lo stipendio di un soprintendente. L'unione delle soprintendenze rispondeva però anche ad una motivazione di tipo culturale. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli - precedentemente gestito dalla soprintendenza omonima - conserva infatti i reperti ritrovati nei siti pompeiani. Riportare quindi sotto una stessa amministrazione siti e reperti avrebbe potuto creare delle sinergie a livello di ricerca, conservazione e presentazione per i visitatori. Questo sofisticato ragionamento a livello culturale non fu tuttavia accompagnato da uno sforzo parallelo di pianificazione che chiarisse le implicazioni organizzative dell'unione, sia a livello di procedure (dalla creazione di un budget integrato alla uniformazione dei sistemi di rendicontazione fino alla solo apparentemente banale questione del protocollo) che a livello di risorse: non veniva specificato in che modo l'unione avrebbe modificato il principio in base al quale le risorse generate da Pompei dovevano essere dirette alla conservazione del sito ne' come la fusione avrebbe cambiato le responsabilità delineate dalla riforma del 1997. Ciò che accadde nel periodo successivo all'unione è ben sintetizzato dalle parole di un funzionario di Pompei nel 2011,

"La fusione con Napoli sta incrementando le spese della Soprintendenza di Pompei. Ci stanno fondamentalmente succhiando risorse: non hanno neppure i soldi per la manutenzione degli ascensori. Ci sono ancora due sistemi diversi di rendicontazione della spesa e non c'è ancora un budget per la nuova entità (Soprintendenza di Napoli e Pompei). Stiamo vivendo tempi di totale improvvisazione amministrativa".

Nel luglio 2008, con la dichiarazione dello stato di emergenza la storia dell'autonomia di Pompei raggiunge la sua conclusione. Per affrontare l'"emergenza", il Cda fu sostituito da un commissario delegato nella gestione di 40 milioni di euro appartenenti alla soprintendenza.

Da una situazione iniziale di centralizzazione, passando per una fase di decentralizzazione incompleta fino ad una centralizzazione ancora maggiore (il commissario è nominato dal Presidente del consiglio), la recente storia amministrativa di Pompei rappresenta un esempio singolare all'interno dei processi di trasformazione del settore pubblico. Un'analisi delle attività svolte sul sito e dell'evoluzione nella gestione delle risorse umane e finanziarie aiuterà ad approfondire ulteriormente il processo di cambiamento, permettendo di fare luce sulle responsabilità relative alla gestione dell'area archeologica.

3. Dieci anni dopo: ricostruire e valutare il cambiamento

3.1. Le attività svolte sul sito

Prima del 1997 le condizioni dei siti gestiti dalla soprintendenza di Pompei - Pompei stesso, Ercolano, Stabia, Oplontis e Boscoreale - erano profondamente critiche. Questo sia a causa dei restauri di qualità scadente svolti nel periodo precedente e immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale (effettuati utilizzando cemento o altro materiale improprio) sia per la sostanziale scarsità di risorse che aveva contraddistinto in generale il periodo pre-riforma. I pochi fondi a disposizione permettevano infatti di realizzare solamente interventi di emergenza di natura frammentaria, quando invece i siti avrebbero richiesto una costante e coerente opera di manutenzione. Inoltre, è bene sempre ricordare la fragilità intrinseca delle strutture antiche, esposte da decenni, se non addirittura da secoli, agli agenti atmosferici e ad altri fenomeni naturali, come ad esempio il terremoto del 1980.

Al fine di mettere in atto una strategia di contrasto del degrado, la soprintendenza ha effettuato, dal periodo immediatamente precedente alla riforma in poi, un'analisi estensiva delle condizioni del sito di Pompei, la più estesa delle aree archeologiche gestite dalla soprintendenza. La prima fase dello studio, denominato Piano per Pompei, è datata 1997 e ha portato all'elaborazione di tre mappe che dettagliavano a) le aree aperte ai visitatori; b) la funzione di ogni struttura nella città antica (casa, teatro, edificio pubblico, terme); c) lo stato di conservazione delle strutture [22]. Grazie all'analisi la principale criticità del sito emerse con chiarezza: l'area aperta al pubblico si stava progressivamente riducendo comportando la concentrazione dei visitatori su alcune sezioni del sito, dove il degrado risultava ulteriormente accentuato a causa dell'impatto antropico [23]. Per invertire il circolo vizioso sarebbe stato necessario uno sforzo ingente per incrementare la porzione del sito aperta al pubblico attraverso il restauro e la messa in sicurezza di domus e insulae. Ciò avrebbe permesso di ottenere una migliore distribuzione dei visitatori all'interno dell'area archeologica [24]. Accanto a questa strategia generale, il soprintendente proponeva alcuni ambiti di intervento prioritari per gli anni a venire: l'apertura di un nuovo ingresso nella parte meridionale del sito, una generale riqualificazione della medesima area, la riqualificazione degli edifici non storici presenti nel sito, la creazione di aree di riposo per i visitatori, l'apertura di un percorso extra moenia e il generale miglioramento dei servizi offerti (ristorante, centro espositivo) [25]. Nonostante nelle pagine del piano non fosse riportata alcuna stima delle risorse necessarie per tradurre in realtà le linee guida, secondo la stampa il soprintendente valutava la cifra necessaria nell'ordine dei 250 milioni di euro, da investire nell'arco di dieci anni: questo rappresenterà il nostro punto di riferimento per analizzare i progetti e le iniziative effettuate nell'area archeologica di Pompei nel periodo che intercorre tra l'inizio e la fine dell'autonomia.

I dati riportati in tabella 1 si riferiscono alle risorse assegnate tramite bandi di gara dalla soprintendenza tra 1999 e 2007 (i dati del 1997 e 1998 non sono disponibili e quelli del 2008 erano incompleti al momento della raccolta dati). I bandi di gara assegnati costituiscono un importante ausilio al fine di comprendere quali aree di intervento siano state privilegiate in questo periodo e per provare a ragionare sul grado di raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel piano del 1997 [26].

Tabella 1 - Bandi di gara assegnati dalla Soprintendenza di Pompei, 1999-2007. Valori in milioni di euro

Tipologia di attività

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale

Edilizia (edifici non storici)

0,05

1,77

0,13

0,45

2,78

0,38

4,60

9,23

2,47

21,87

Restauri

0,00

0,71

0,06

0,78

1,08

2,57

1,71

8,20

2,54

17,64

Scavi

0,00

0,00

0,08

0,99

1,54

0,53

1,88

1,94

0,63

7,58

Messa in sicurezza

0,07

0,06

0,00

0,28

0,26

0,36

0,51

0,10

3,26

4,89

Impianti

0,03

0,02

0,20

0,38

0,15

0,05

0,36

0,14

0,26

1,60

Altro

0,38

0,85

0,33

0,54

1,51

1,89

0,77

0,86

0,39

7,51

Totale

0,53

3,41

0,79

3,43

7,31

5,77

9,83

20,47

9,56

61,09

L'andamento del totale delle risorse assegnate tramite bando di gara dal Cda tra il 1999 e il 2007 permette di notare una sorta di fase di avviamento tra 1999 e 2002, durante la quale vengono assegnati un numero esiguo di appalti dal valore medio basso. In quegli anni infatti la soprintendenza si concentrò soprattutto sulla progettazione; pochi progetti avevano infatti raggiunto uno stadio di avanzamento tale da consentirne l'assegnazione. Dal 2003 in avanti il numero e gli importi dei bandi di gara aumentano, raggiungendo un picco nel 2006, in coincidenza con la scadenza per l'utilizzo dei fondi europei del Piano operativo regionale.

In termini di tipologie di attività, i lavori di edilizia su strutture non antiche e i progetti di restauro delle domus rappresentano le principali aree di intervento.

Per quanto riguarda gli interventi sulle strutture non antiche, fin dal 2000 la soprintendenza ha intrapreso dei lavori estensivi di recupero nella fascia sud del sito di Pompei (1,4 milioni di euro), culminati nel 2006 con l'assegnazione dell'appalto per l'apertura di un ingresso da piazza Anfiteatro (3,3 milioni euro). Altri importanti progetti di edilizia hanno riguardato la costruzione di un deposito per i reperti (3,4 milioni nel 2006) e la costruzione di nuovi uffici per l'amministrazione (3,3 milioni nel 2006). In aggiunta a questi progetti maggiori, una costante attenzione è stata dedicata alla copertura delle strutture antiche per preservarle dalla pioggia (42 progetti in 10 anni con un importo medio di 56.000 euro).

Le attività di restauro svolte su edifici antichi sono state continue negli anni in analisi, ad eccezione del 1999 e del 2001. I progetti di conservazione più rilevanti sono stati effettuati lungo via Stabiana, dove 2,1 milioni di euro sono stati investiti per il restauro delle domus e insulae di Marco Lucrezio e di Cecilio Giocondo. In aggiunta, sono stati effettuati diversi lavori minori di consolidamento, puntellamento e impermeabilizzazione.

Infine poche risorse sono state destinate ai progetti di scavo archeologico, almeno fino al 2002. Poi, a seguito della scoperta di palafitte risalenti al 2000 AC nei pressi di Poggiomarino - un sito collocato a 6,5 chilometri da Pompei - la soprintendenza ha assegnato risorse ingenti al progetto di scavo. Secondo il soprintendente infatti, "Poggiomarino è un sito eccezionale. Ci abbiamo investito, non potevamo perdere l'opportunità". E' stato infatti teorizzato che Pompei e Nocera siano state fondate dagli abitanti del villaggio preistorico di Poggiomarino attorno al sesto secolo AC. Oltre a Poggiomarino, solo due scavi sono stati effettuati a Pompei: presso la Casa dei Casti Amanti nel 2003 e le Terme Suburbane nel 2004.

Un confronto preliminare tra le linee guida fissate nel 1997 e gli interventi effettuati negli anni successivi rivela un certo grado di coincidenza. Gli interventi sono stati concentrati soprattutto nella fascia sud, dove l'apertura di un nuovo ingresso ha migliorato la distribuzione dei visitatori nel sito. Mentre nel 1997 l'83,3% dei visitatori entrava da Porta Marina e il 17,6% da Porta Stabia, nel 2008 il 29,1% accede da Porta Marina, il 50,0% da Porta Stabia e il 20,8 dal nuovo ingresso di Piazza Anfiteatro. La porzione visitabile del sito nel 2008 è inoltre pari al 31% della parte scavata mentre nel 1997 la quota si fermava al 14%. Il basso numero di scavi effettuati a Pompei conferma infine la politica dello "stop agli scavi" dichiarata nel Piano per Pompei del 1997 come parte di una strategia finalizzata a sospendere la crescita quantitativa dell'area per concentrare le risorse disponibili sulla conservazione e la riqualificazione delle aree già precedentemente scavate.

Va sottolineato che la ricostruzione presentata finora non è stata ottenuta sintetizzando rapporti già esistenti prodotti dalla soprintendenza. Si tratta al contrario del risultato di un'analisi di una fonte primaria - l'elenco delle gare assegnate dal Cda - integrato con una serie di informazioni raccolte attraverso interviste ai responsabili della soprintendenza. I rendiconti prodotti dalla soprintendenza in questi anni - ovvero i bollettini sulle attività pubblicati annualmente sulla Rivista di Studi Pompeiani e i bilanci di esercizio - restituiscono infatti un'immagine parziale delle attività effettuate nel sito archeologico. La Rivista di Studi Pompeiani è una pubblicazione scientifica dove i direttori di ogni sito archeologico gestito dalla soprintendenza presentano su base annuale le attività svolte in termini di scavo, conservazione, restauro e ricerca. Tuttavia altri importanti progetti non connessi direttamente con la dimensione archeologica - come ad esempio l'apertura del nuovo ingresso e la costruzione del deposito per i reperti [27] - non trovano spazio nelle pagine della rivista. Inoltre ogni quantificazione economica è assente, rendendo difficile una valutazione della rilevanza dei progetti in termini economici e una triangolazione dei dati della rivista con quelli dei bilanci di esercizio o della lista dei bandi di gara. In questo senso i bollettini possono essere definiti una narrazione fatta da archeologi per altri archeologi, dove la dimensione relativa ai servizi per i visitatori e quella inerente all'uso delle risorse sono escluse dal racconto. Similmente, anche i bilanci di esercizio della soprintendenza si sono dimostrati essere una fonte insufficiente per comprenderne le attività. Nei rendiconti le spese sono infatti suddivise in componenti di costo quali manutenzione straordinaria, restauri, attrezzature, progettazione ecc., e risulta quindi impossibile recuperare l'informazione relativa al singolo progetto di restauro o di costruzione. In definitiva, nonostante molto sia stato fatto a Pompei in questi dieci anni, come la nostra inevitabilmente parziale ricostruzione ha provato a dimostrare, ciò che emerge con maggiore forza è un contesto di generale disinteresse per il rendiconto e la presentazione dei risultati raggiunti, aspetto questo che di certo non ha aiutato la soprintendenza nel difficile compito di sostenere il proprio status autonomo nei confronti del ministero.

3.2. Risorse umane

L'analisi della gestione delle risorse umane a Pompei è particolarmente illuminante per comprendere le difficoltà di implementazione della logica dell'autonomia che si presupponeva sarebbe stata introdotta dalla riforma. Tre aspetti meritano di essere approfonditi a) la quantità e la qualità della forza lavoro prima della riforma, b) la mancata inclusione delle risorse umane tra le variabili soggette al cambiamento al momento della riforma, c) l'esperimento - fallito - di nominare il city manager secondo un principio di tipo performativo.

a) La situazione pre-riforma

Già nel 1997-8 ciò che più colpiva analizzando la composizione della forza lavoro a Pompei era il numero marginale di ruoli professionali. Nonostante per legge solo archeologi, architetti e storici dell'arte potessero dirigere i lavori sul sito, tra le 711 persone impiegate dalla soprintendenza solo 16 erano in possesso di questo titolo. Considerando l'estensione e la complessità dei siti archeologici, anche i tecnici (77) e gli operai (87) non risultavano essere particolarmente numerosi. Dall'altro lato si registravano invece numerose posizioni amministrative in senso lato (124, di cui 24 dattilografi) e 423 custodi. L'assetto delle risorse umane riflette sicuramente il risultato di decenni (se non di secoli considerando la scoperta di Ercolano nel 1738 e di Pompei nel 1749) di contrattazione sulle assunzioni nel pubblico impiego in una delle aree a più alto tasso di disoccupazione d'Italia, senza mai riflettere sul bisogno di particolari competenze e abilità.

b) Nessun cambiamento con la riforma

Il dettaglio con cui abbiamo descritto la situazione precedente al 1997 è dovuto al fatto che nulla è stato modificato dalla riforma. La forza lavoro di Pompei è ancora definita da una legge del ministero dei Beni e delle Attività culturali e nessun cambiamento è stato introdotto né in termini numerici né di criteri di gestione del personale. Il primo city manager, una volta arrivato a Pompei, dovette far da subito i conti con il fatto che non avrebbe potuto assumere del personale in possesso di quelle competenze cruciali per supportare il cambiamento in corso (esperti di risorse umane, contabilità e controllo, marketing e comunicazione). L'unica modifica nella pianta organica fu infatti l'aggiunta della sua posizione, quella di city manager. Fortuna maggiore sotto questo punto di vista avrà il commissario, il quale potrà selezionare direttamente i propri cinque collaboratori in virtù del regime straordinario e temporaneo introdotto dall'emergenza.

L'assenza di cambiamento nelle risorse umane a livello ordinario rappresenta forse l'aspetto più stridente della riforma. Sicuramente il fatto che essa sia stata introdotta da parte un governo di centro-sinistra può spiegare la scarsa volontà nell'affrontare la riorganizzazione delle risorse umane, licenziando e assumendo personale in relazione alle effettive necessità del sito. Tuttavia nessuno dei cinque ministri che si sono alternati negli anni successivi - sia di centro-destra che di centro-sinistra - ha fatto dei passi in questa direzione. Il risultato finale è che, a pianta organica non modificata, l'unica differenza tra la situazione del 1997 e quella del 2008 consiste nella presenza di circa 100 posizioni non più coperte a causa dei pensionamenti.

c) Criteri di selezione del city manager

Uno degli aspetti più controversi della riforma è rappresentato dalle modalità di selezione del city manager.

Durante il primo governo Prodi, più precisamente nel 1998, venne nominato city manager Giuseppe Gherpelli. Si trattava di un dirigente con una preparazione in storia dell'arte ed un'esperienza pluriennale nella gestione di organizzazioni culturali sia private che pubbliche. Pur mantenendo la pre-condizione dell'appartenenza politica, in questo caso la scelta sembrò cogliere lo spirito della riforma, cosa che invece non si ripeterà con le successive nomine. Dopo le dimissioni di Gherpelli nel 2001 - "ufficialmente per stanchezza" [28] - il ministro Urbani (governo Berlusconi) nominò infatti un generale dell'aeronautica in pensione - Giovanni Longobardi - per un periodo di tre anni (2001-2004), suscitando non pochi dubbi circa le competenze del nuovo city manager in termini di gestione di organizzazioni culturali. Alla scadenza del mandato di Longobardi, sempre durante il governo Berlusconi, venne nominato un archeologo, Luigi Crimaco (2004-2008). Il Cda si trovò quindi ad essere composto da due archeologi - il soprintendente e il city manager - e un architetto - il funzionario più alto in grado - indebolendo la possibilità di utilizzare il Consiglio come punto di incontro e contaminazione tra diverse prospettive (archeologiche e amministrativo-gestionali). La totale mancanza di fiducia tra i membri del Consiglio portò il soprintendente a minacciare le proprie dimissioni prima nel 2006 [29] e poi nel 2007, quando il nuovo ministro Rutelli (centro-sinistra) propose la nomina di Antonio De Simone, archeologo e professore universitario [30], senza dirette esperienze gestionali e peraltro con la stessa formazione del soprintendente. Infine, nel 2007, la carica di city manager fu definitivamente abolita dal ministro Rutelli all'interno di un processo di riduzione delle posizioni dirigenziali del ministero.

Date le modalità di selezione e nomina dei city manager, è lecito credere che l'abolizione di questa posizione possa avere delle ricadute positive nel funzionamento della soprintendenza, se non altro a livello di clima organizzativo. Tuttavia colpisce il fatto che l'abbandono di una delle principali innovazioni della riforma si avvenuto in assenza di ogni valutazione dell'esperienza, sia in termini di utilità del ruolo che di elementi positivi da preservare.

3.3. Risorse finanziarie

La riforma del 1997 si proponeva di introdurre dei cambiamenti nelle gestione delle risorse finanziarie della soprintendenza, sia a livello di aumento dei fondi disponibili che di procedure di allocazione e rappresentazione contabile. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto tuttavia, l'adozione forzata della contabilità finanziaria ha limitato profondamente il cambiamento complessivo. La contabilità finanziaria rende infatti la rappresentazione contabile particolarmente difficile da comprendere in coincidenza di progetti pluriennali complessi, rendendo i dati contabili sostanzialmente irrilevanti per archeologi e architetti della soprintendenza nelle loro operazioni quotidiane. Come ha affermato il soprintendente,

"Il bilancio è fatto in una maniera che non ho mai capito. Tutto è separato nei vari componenti di costo. E' difficile capire che quei 100 mila euro vanno con gli altri 50 mila. Ad esempio i lavori fatti alla Casa del Fauno non si ritrovano in bilancio."

Inoltre la contabilità finanziaria risulta essere fuorviante sotto un ulteriore punto di vista, forse maggiormente tecnico ma non meno rilevante: essa non distingue tra uscite e rimborsi/prelievi di risorse. Questo significa che quando nel 2006 il ministro si appropriò di 30 milioni di euro, il sistema contabile registrò la transazione come un'uscita anziché come una riduzione delle entrate. Sempre come uscite furono registrati i trasferimenti al ministero dovuti alla norma che prevede che a partire dal 2006 fino al 30% delle entrate da biglietteria di Pompei debbano essere trasferite all'amministrazione centrale (7,0 milioni nel 2006, 5,7 milioni nel 2007, 4 milioni nel 2008).

La tabella 2 riporta una sintesi dei risultati finanziari per la decade 1998-2008, presentando i prelievi del ministero come una riduzione delle entrate - nel caso dell'inoltro al ministero del 30% delle entrate a partire dal 2006 - o come prelievo degli avanzi cumulati - come nei casi dei ritiri di 30 milioni nel 2006 e di 40 milioni nel 2008. I commenti che seguono proveranno a rendere conto delle dinamiche finanziarie della soprintendenza e a sottolinearne le responsabilità retrostanti.

Tabella 2 - Bilanci della Soprintendenza di Pompei, 1998-2008. Valori in milioni di euro

 
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008

Fondi propri (entrate biglietteria)

9,84

9,90

15,06

16,77

19,14

19,78

20,77

22,62

25,02

27,38

23,28

Fondi ministeriali - lavori

2,97

1,49

3,17

3,25

1,66

0,00

0,21

0,05

0,04

0,19

0,04

Fondi ministeriali - dipendenti

2,46

8,22

5,87

4,85

4,89

4,64

4,22

4,69

3,36

2,22

4,74

Fondi regionali valorizzazione

0,00

0,00

1,03

0,00

0,26

1,07

0,01

0,00

0,00

0,00

0,00

Fondi regionali lavori

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,49

0,10

4,15

3,49

12,25

Partite di giro non evidenziate

0,15

0,02

0,27

0,98

0,82

0,88

0,87

0,75

1,05

1,00

7,16

Totale accertamenti "lordi"

15,41

19,63

25,40

25,85

26,77

26,37

26,56

28,21

33,62

34,28

47,47

Trasferimento Commissario

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

5,00

Trasferimento Ministero ex legge 51/2006

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

-7,04

-5,73

-4,04

Totale accertamenti "netti"

15,41

19,63

25,40

25,85

26,77

26,37

26,56

28,21

26,58

28,55

48,44

Spese aggiuntive per il personale

2,73

2,60

5,80

5,17

4,78

5,57

4,93

6,21

3,43

3,19

6,06

Spese per il funzionamento

3,23

3,23

5,59

6,26

7,45

8,04

6,27

7,21

6,66

6,57

7,96

Contributo ENAP

0,00

0,10

0,00

0,00

0,00

0,83

0,07

0,08

0,00

0,00

0,00

Errore di quadratura

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

Totale spese correnti corrette

5,96

5,92

11,39

11,44

12,23

14,44

11,27

13,50

10,09

9,76

14,02

Manutenzione straordinaria

0,23

2,23

3,46

4,41

1,93

1,66

8,88

8,00

13,02

9,35

2,88

Restauri

0,14

1,19

0,67

3,78

0,24

0,52

10,60

3,54

8,23

0,66

1,87

Attrezzature

0,20

0,15

0,16

0,13

0,20

0,28

0,21

0,28

0,11

0,08

0,39

Progettazioni

0,00

0,00

1,00

0,87

1,34

1,50

1,49

2,65

0,70

0,90

0,78

Edifici e terreni

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,60

0,00

0,00

0,00

0,20

Scavi

0,00

0,00

0,03

0,04

1,05

3,20

2,61

4,24

2,27

2,20

0,96

Errore di quadratura

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

-0,09

0,00

0,00

0,00

Totale spese in conto capitale

0,57

3,57

5,31

9,23

4,76

7,17

24,38

18,62

24,33

13,19

7,08

Partite di giro non evidenziate

0,00

0,02

0,27

0,98

0,82

0,88

0,87

0,75

0,93

1,00

7,16

Totale impegni

6,53

9,51

16,98

21,65

17,81

22,48

36,52

32,87

35,35

23,95

28,25

Risultato di gestione

8,88

10,13

8,42

4,21

8,95

3,88

-9,95

-4,66

-8,77

4,59

20,18

Prelievi straordinari

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

-30,0

0,0

-40,0

Risultato di gestione cumulato

8,88

19,01

27,43

31,64

40,59

44,47

34,52

29,86

-8,91

-4,32

-24,1

Accertamenti e impegni sono rappresentati come nei bilanci per gli anni 1998-2005. Le differenze per i rimanenti 3 anni (2006-2008) sono le seguenti:

- Accertamenti: seguendo la logica della contabilità finanziaria, i bilanci riportano il valore degli accertamenti totali lordi (33,6 milioni nel 2006, 34,2 milioni nel 2007 e 47,4 più 5 milioni nel 2008) senza sottrarre la quota delle entrate da biglietteria che è stata annualmente trasferita al Ministero a seguito della legge 51/2006 (7,0; 5,7 e 4,0 milioni di euro nei 3 anni citati).

- Impegni: in parallelo, i bilanci della Soprintendenza per gli anni 2006, 2007 e 2008 includono tra le spese correnti la quota delle entrate da biglietteria trasferite al Ministero e i prelievi straordinari di 30 e 40 milioni di euro avvenuti rispettivamente nel 2006 e nel 2008.

a) Entrate

Le entrate registrate dalla soprintendenza risultano in costante crescita nel periodo sotto osservazione.

- Tra il 1998 e il 2000 le entrate da biglietteria aumentano (da 9,9 milioni di euro fino a 15 milioni) grazie all'introduzione di un sistema di bigliettazione più efficace che riesce a limitare il furto di contante alle casse (il numero di visitatori e il prezzo dei biglietti rimane infatti stabile in questa fase). Le entrate da biglietteria lievitano poi fino a quota 27 milioni nel 2007, grazie all'incremento dei prezzi dei biglietti e all'introduzione di iniziative speciali (ad esempio il tour Pompei di notte). Oltre che all'aumento dei visitatori, il risultato positivo sul versante delle entrate da biglietteria è legato quindi ad una migliore politica di prezzo e ad uno sviluppo dei servizi, dirette conseguenze dell'autonomia sulla gestione delle risorse introdotta dalla riforma.

- I fondi trasferiti dal ministero per "lavori" seguono la logica della riforma. Le risorse passano da 2,9 milioni nel 1998 a 0 nel 2003: il finanziamento ministeriale non si dimostrava infatti più necessario poiché la soprintendenza poteva trattenere le entrate da biglietteria per finanziare i lavori di conservazione e le spese correnti. La voce di bilancio seguente - fondi ministeriali per i dipendenti - non deve essere confusa con i fondi per il costo personale, che è rimasto e rimane in carico al ministero, non comparendo quindi nei bilanci della soprintendenza (con 711 dipendenti nel 1998 questo potrebbe essere stato pari ad almeno 20-25 milioni di euro all'anno). I fondi per i dipendenti si riferiscono invece alle risorse trasferite per la copertura delle spese accessorie del personale quali trasferte, corsi di formazione ecc... ed appaiono stazionari negli anni in analisi.

- Va sottolineato il risultato positivo del fundraising a livello europeo grazie al Programma operativo regionale (vedi fondi regionali lavori), che porta a Pompei 4,1 milioni nel 2006, 3,5 nel 2007 e 12,2 nel 2008. In aggiunta è stato introdotto ad Ercolano fin dal 2006 un interessante esempio di public-private partnership tra la soprintendenza e la fondazione Packard [31]. La storia della partnership - denominata Hercolaneum conservation project - meriterebbe un'analisi a sé che va al di là dello scopo del presente articolo. Vale la pena di sottolineare però come l'esperienzanon venga mai citata nei bilanci della soprintendenza, con una scarsa copertura anche all'interno della Rivista di Studi Pompeiani, minando la possibilità di apprendimento dalla collaborazione, in termini di elementi positivi o negativi, di aspetti replicabili o non replicabili.

- Ad eccezione di quest'ultimo particolare, l'esperimento dell'autonomia sulla gestione delle risorse finanziarie sembra aver in definitiva funzionato dal lato delle entrate: i proventi generati dalla biglietteria sono rimasti a Pompei (mentre prima erano trasferite al ministero), i furti sono stati efficacemente contrastati e sono state inoltre sfruttate alcune opportunità esterne di finanziamento (fondi Por, Herculaneum conservation project): in definitiva le risorse potenzialmente utilizzabili per la conservazione del sito sono passate dai 3 milioni di euro l'anno pre-riforma ai 23-27 milioni tra 2005 e 2008.

Figura 1- Entrate della Soprintendenza, 1998-2008.

b) Uscite

Le uscite presentano un'interessante dinamica che riflette le condizioni organizzative iniziali e i successivi cambiamenti.

- Partendo da 3,2 milioni di euro nel 1998, le spese correnti per il funzionamento hanno raggiunto i 7 milioni di euro in media negli anni successivi. Questo può essere interpretato come una riduzione del cosiddetto "deficit nascosto", ovvero la tendenza a lasciare decadere il livello del servizio offerto o delle condizioni lavorative spendendo di meno di quanto sarebbe opportuno secondo standard correnti [32]. Nel 1998 ad esempio c'erano solo due computer nell'intera soprintendenza, dato che può far comprendere il ritardo tecnologico nel periodo pre-riforma ed il successivo sforzo di modernizzazione (ad oggi ci sono 86 computer).

- Le spese capitali dall'altro lato permettono di individuare tre fasi distinte. Una prima, dal 1998 al 2003, risulta caratterizzata da un livello di spesa abbastanza basso. Spendere ingenti quantità di risorse (in questi primi sei anni sono disponibili in media 23,2 milioni di euro l'anno) non deve essere stato semplice, considerando l'assenza di progetti immediatamente cantierabili e l'abitudine a gestire importi di gran lunga inferiori, attorno ai 3 milioni di euro [33]. Una seconda fase va dal 2004 al 2006 compreso ed è caratterizzata da un forte incremento delle spese in conto capitale, che si attestano ad un livello medio pari a 22 milioni di euro. Questo era esattamente lo scopo della riforma: investire la quota più ampia possibile delle entrate generate dal sito nella conservazione di domus, affreschi e mosaici. Il circolo virtuoso tra risorse generate e spese in conto capitale si arresta però dopo il 2006, quando i prelievi operati prima dal ministro Buttiglione (30 milioni di euro nel 2006, più il 30% delle entrate da biglietteria su base annuale) e poi dal commissario delegato (40 milioni nel 2008) fanno precipitare le spese per investimenti a 13 milioni nel 2007 e a 7 milioni nel 2008 [34]. Questa riduzione non testimonia né una scelta volontaria né la conclusione del piano di conservazione. Per dirla brutalmente il problema è che, a causa dei prelievi, a Pompei non ci sono più soldi da spendere.

Figura 2 - Uscite della Soprintendenza, 1998-2008.

c) Surplus

Il diverso tasso di crescita di entrate da un lato ed uscite dall'altro (figura 3) ha portato negli anni ad una situazione rischiosa, caratterizzata da un ingente risultato di gestione cumulato, principalmente dovuto al ritardo iniziale nel lanciare i progetti di conservazione attivando di conseguenza la spesa in conto capitale. Il risparmio cumulato risultava pari a 44,5 milioni nel 2003. La Soprintendenza è riuscita a spendere parte dei residui nel 2004 e nel 2005, riducendo il risparmio a 30 milioni di euro alla fine del 2005. Questa cifra è esattamente pari a quella prelevata dal ministro Buttiglione pochi mesi dopo. Piuttosto che interpretare la cifra come una somma transitoria, generata dal ritardo nella spesa rispetto alle risorse in entrata, l'ammontare di risorse venne rappresentato all'interno della contabilità finanziaria come un residuo passivo, riassorbibile da parte dell'amministrazione centrale e utilizzabile per altri scopi al di fuori dei siti pompeiani.

Figura 3 - Surplus della Soprintendenza, 1998-2008.

Secondo la stessa logica, 40 milioni furono poi prelevati dal commissario nel 2008, a dispetto dei risultati positivi raggiunti sul fronte dell'aumento delle entrate e del miglioramento della capacità di spesa, che pure era stato registrato negli anni precedenti.

4. Discussione

L'intera esperienza della riforma della soprintendenza autonoma di Pompei può essere discussa su vari livelli. Ci concentreremo qui sulle implicazioni di questa vicenda per il cambiamento della pubblica amministrazione italiana, anche alla luce del dibattito internazionale sulla trasformazione del settore pubblico, e sui suoi possibili riflessi per il recente Grande Progetto Pompei.

4.1. Pompei: un caso di mancata convergenza

La situazione di Pompei nel 2008 può essere sintetizzata con una strana equazione politica: "Pompei 2008 = legge 352/1997 + Napoli - City Manager + Commissario - 70 milioni di euro", dove ognuno dei cambiamenti introdotti dopo la riforma ha indebolito la logica iniziale dell'autonomia, minandone le potenzialità e le aspettative. In particolare,

+ Napoli: La soprintendenza di Pompei è stata unita con la soprintendenza di Napoli nel 2008. Quest'ultima era caratterizzata da un deficit sistematico: le entrate provenienti dai siti e dai musei napoletani erano di gran lunga inferiori rispetto alle spese necessarie per la loro conservazione, senza contare quelle per il funzionamento della soprintendenza. Siccome in seguito all'unione il Ministero ha bloccato i trasferimenti verso la soprintendenza di Napoli, allo stato attuale parte delle risorse generate da Pompei vengono dirottate su Napoli, per coprirne le spese. Il risultato è un indebolimento dell'idea iniziale introdotta dalla riforma secondo la quale le entrate di Pompei sarebbero dovute essere utilizzate esclusivamente per la conservazione del sito archeologico.

- City Manager: La posizione di city manager, presentata dal ministro Veltroni nel 1997 come un elemento centrale nel processo di managerializzazione dell'ente, è stata in seguito eliminata, peraltro senza troppe discussioni, dal ministro Rutelli nel 2007. Più che un cambiamento in termini di indirizzo o di agenda politica, l'abolizione della figura che avrebbe dovuto gestire l'autonomia finanziaria e contabile della nuova entità riflette la scarsa comprensione dell'importanza delle competenze e delle risorse umane al fine di rendere possibile l'autonomia, carenza che ha caratterizzato il processo di riforma fin dal suo inizio.

+ Commissario: L'introduzione temporanea di un commissario delegato nel 2008 ha ridotto di gran lunga i poteri del soprintendente, a posizione di city manager già abolita. Con l'"emergenza" e la nomina del commissario si realizza quindi la definitiva distorsione dei ruoli e delle responsabilità organizzative inizialmente delineate dalla riforma. Tutto questo è avvenuto in assenza di una valutazione approfondita delle performance pregresse o delle cause dell'"emergenza", che in definitiva rende il "chi ha fatto cosa" (o meglio il "chi non ha fatto cosa") molto più complesso da determinare.

- 70 milioni di euro: I prelievi di 30 milioni di euro da parte del ministro Buttiglione nel 2006 e di 40 milioni da parte del commissario nel 2008 hanno radicalmente alterato le intenzioni della riforma in termini di responsabilità sulla raccolta e l'utilizzo delle risorse, causando peraltro la sospensione degli investimenti di lungo periodo.

L'equazione appena presentata testimonia un processo di progressivo smantellamento dell'idea iniziale di autonomia per Pompei. In questo senso, la recente storia amministrativa di Pompei riflette l'incapacità o l'assenza di volontà da parte dell'apparato centrale nel supportare il processo di decentralizzazione in modo coerente e continuo negli anni, un fallimento per il quale sia ministri di centro destra che di centro sinistra possono essere ritenuti responsabili. In particolare:

- Veltroni (coalizione di centro-sinistra), per le contraddizioni dell'iniziale disegno di riforma.

- Urbani (coalizione di centro-destra), per le logiche che hanno portato alla nomina del secondo e del terzo city manager.

- Buttiglione (coalizione di centro-destra), per aver allocato le risorse generate da Pompei a favore di progetti culturali al di fuori del sito archeologico.

- Rutelli (coalizione di centro-sinistra), per l'abolizione della posizione di city manager.

- Bondi (coalizione di centro-destra), per l'introduzione del commissariamento.

Oltre a testimoniare un processo di riforma fallito, i cambiamenti sintetizzati nell'equazione e le relative implicazioni fanno emergere una seconda questione cruciale.

Ai tempi dell'analisi effettuata nel 1997-8 avevamo interpretato la riforma di Pompei come un esempio di quel processo di trasformazione della pubblica amministrazione in senso manageriale che stava avvenendo a livello internazionale. Più in particolare, la percezione era quella di una convergenza, seppur lenta e difficoltosa, verso il modello amministrativo anglo-americano inspirato dall'arms length principle e che portava con sé l'idea di un settore pubblico composto da entità autonome chiamate a rendere conto ai vari ministeri. Al di là delle aspettative iniziali tuttavia, la lettura della riforma a dieci anni di distanza archivia definitivamente l'idea iniziale di convergenza. Quanto è accaduto dopo il 1997 pone infatti seri dubbi sull'avvicinamento delle modalità gestionali di Pompei, e di riflesso della pubblica amministrazione italiana, verso quel modello. L'evidenza è infatti quella di un progressivo rinvigorimento del sistema amministrativo centralistico (si pensi al commissariamento), lo stesso che credevamo sarebbe stato superato proprio grazie al processo di managerializzazione.

Evidenze simili in termini di mancata convergenza provengono anche da altre esperienze di ricerca sul campo svolte a livello internazionale, da Machu Picchu [35], alla Cina [36], fino alla Turchia [37]. Nonostante l'uso di un linguaggio analogo (in termini di "autonomia", "responsabilità", "trasparenza", ecc...), l'impressione è che tradizioni amministrative diverse tendano a metabolizzare gli stessi termini conformemente al sistema amministrativo locale. In definitiva, la questione non è tanto una di tempo ("la convergenza impiegherà anni"). Il punto è che i sistemi amministrativi convergono raramente al di là di un superficiale "livello retorico" [38].

4.2. Alcune riflessioni sul Grande Progetto Pompei

Un nuovo capitolo nella storia amministrativa di Pompei è stato scritto il 5 aprile scorso, con il lancio del Grande Progetto Pompei e il parallelo stanziamento di 105 milioni di euro da investire nel sito. Il Grande Progetto prevede cinque piani operativi, che saranno finalizzati a) all'indagine delle criticità strutturali e di restauro del sito (8,2 milioni di euro), b) alla messa in cantiere di opere già progettate e alle nuove progettazioni (85 milioni di euro), c) alla fruizione e al miglioramento dei servizi (2 milioni di euro), d) al potenziamento e all'estensione della videosorveglianza (2 milioni di euro) e, infine, e) al rafforzamento tecnologico della soprintendenza e a iniziative di capacity building per il suo personale (2,8 milioni di euro).

Rimandando la valutazione degli impatti del Grande Progetto ad un futuro aggiornamento dello studio, si vuole di seguito provare a riflettere su quelle worst practice del passato che si spera vengano superate attraverso lo sviluppo del Grande Progetto. In questo senso, il Piano per Pompei si pone come un interessante antecedente per individuare quegli elementi organizzativi che potranno influenzare l'andamento del Grande Progetto.

Più di 10 anni fa, in concomitanza con la riforma, la soprintendenza aveva terminato la prima fase del Piano per Pompei, un progetto che si poneva l'obiettivo di raccogliere e sistematizzare i dati relativi al sito per proporre poi le strategie prioritarie. Dopo la prima fase, durante la quale vennero sviluppate tre mappe e delineate le linee guida di intervento già descritte nel par. 3.1, la mappatura del sito venne ulteriormente migliorata da un punto di vista tecnico con la creazione di un Gis tra 1999 e 2000, sistema che venne poi ulteriormente affinato nel 2001 e nel 2005 [39]. Tre principali problematiche hanno tuttavia caratterizzato il Piano per Pompei durante il suo sviluppo.

Da un punto di vista tecnico, il Gis, una volta creato, non è stato aggiornato continuamente. Come uno degli architetti che ha lavorato al piano ha affermato,

"Il problema è stato lo scarto tra il sistema avanzato e gli strumenti e la mentalità dell'amministrazione, che non si sono rivelati adeguati per la sua gestione. Il piano andava aggiornato continuamente... Il Gis se non è aggiornato è desueto. L'amministrazione doveva fare questo, però senza quelle competenze necessarie per far fronte ad una complessità maggiore."

Dal punto di vista delle pratiche organizzative, le linee guida indicate nella prima fase del Piano per Pompei non furono seguite da un business plan che rendesse chiare le priorità e provasse a programmare la spesa negli anni a venire. Al contrario nelle successive fasi il Piano diventò sempre più sofisticato da un punto di vista tecnico (elaborazione del Gis), salvo poi non essere più aggiornato né essere "operazionalizzato" in senso amministrativo (in termini di budget e piano).

Dal punto di vista dell'accountability infine, nessun rapporto sullo stato di avanzamento e sul grado di raggiungimento degli obiettivi dichiarati nel piano (recuperare Pompei in 10 anni con 250 milioni di euro) è stato elaborato durante gli anni analizzati, nonostante grazie all'autonomia Pompei abbia beneficiato di un'ingente quantità di risorse. (Peraltro lo stesso lavoro di confronto sul grado di raggiungimento degli obiettivi del piano svolto in questa sede avrebbe potuto essere effettuato dai city manager o dal soprintendente, come resoconto del loro mandato).

Questo breve supplemento di analisi sull'evoluzione del Piano per Pompei testimonia la presenza di uno sfasamento tra le pratiche professionali archeologiche o architettoniche da un lato e quelle amministrative e gestionali dall'altro. In altre parole, i progressi fatti negli anni dal punto di vista professionale in termini di creazione di uno strumento elaborato di conoscenza del sito (cartografie, Gis) non sono stati accompagnati da un parallelo sforzo in termini di pianificazione e reporting, due elementi fondamentali del discorso manageriale che di fatto non hanno infatti mai preso piede a Pompei nonostante il riferimento iniziale alla managerializzazione del sito archeologico.

Alla luce di quanto affermato, risulta in primo luogo interessante notare l'enfasi del Grande Progetto Pompei sul tema della pianificazione. La presenza dei cinque piani esecutivi testimonia la volontà di trasformare programmi generici in priorità, rispetto alle quali allocare le risorse disponibili. L'introduzione di questo modus operandi va sicuramente salutato positivamente, in attesa di una successiva valutazione della sua efficacia al momento dell'implementazione.

In secondo luogo, è positivo che vengano destinate delle risorse al miglioramento delle capacità gestionali e organizzative delle professionalità interne alla soprintendenza, come parte del piano di rafforzamento tecnologico e capacity building. Ciò appare cruciale in termini di prospettive future, per far sì che quanto avviato dal Grande Progetto sia sostenibile anche al di là dell'orizzonte temporale 2012-2015. Sul rafforzamento del sistema di gestione ordinario si gioca infatti non solo il successo del progetto, ma anche l'uscita dalla spirale "emergenziale" che ha caratterizzato la storia recente del sito.

Ringraziamenti

Desideriamo ringraziare Pier Giovanni Guzzo, Bruno Sammarco, Francesco Barbato, Giovanni Mandara, Andrea Longobardi e tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo alla fase di raccolta dati. Un ringraziamento va anche a Marcia Annisette, David Cooper, Sarah Court, Salvatore Settis e Jane Thompson per i commenti costruttivi sulle prime versioni dell'articolo. Il nostro lavoro è stato inoltre arricchito dai commenti raccolti durante la conferenza internazionale Accounting, Auditing and Management in Public Sector Reforms nel 2010, l'incontro annuale EGOS 2011 e i seminari del Dipartimento di Accounting della London School of Economics.

 

 

Note

[*] La versione originale del paper è in corso di pubblicazione presso la rivista internazionale CPA, 2013.

[1] Ministero per i Beni e le Attività culturali, Progetto Pompei per la tutela e la valorizzazione dell'area archeologica di Pompei, 2012.

[2] L. Zan, Economia dei musei e retorica del management, Milano, 2003.

[3] Tra le altre pubblicazioni qui citate, L. Zan, S. Bonini Baraldi, C. Gordon, Cultural heritage between centralisation and decentralisation: Insights from the Italian context, International Journal of Cultural Policy 2007, 13 (1), 49-70; L. Zan, Managerial Rhetoric and Arts Organizations, Basingstoke, Palgrave MacMillan, 2006.

[4] L. Zan, L. Paciello, Rilanciare Pompei: anno zero. Le attese verso approcci manageriali e forme moderne di accountability in Rivista di studi pompeiani 1998, estratto IX.

[5] L. Zan, L'autonomia funziona, è il Ministero che non ce la fa in Il Giornale dell'Arte, dicembre 2000.

[6] Si veda: Rivista di Studi Pompeiani, anni 1997-2008; P.G. Guzzo, Pompei, tra la polvere degli scavi. Essere soprintendente a Pompei: memorie umane e professionali, Napoli, 2011; P.G. Guzzo, Pompei 1998-2003. L'esperimento dell'autonomia, Roma, 2003.

[7] L. Zan, L.Paciello, op. cit.

[8] L. Zan, L'autonomia funziona, è il Ministero che non ce la fa, cit.

[9] L. Zan, Economia dei musei e retorica del management cit.; per un confronto più esplicito si veda M. Lusiani, L. Zan Institutional transformation and managerialism in cultural heritage: Heritage Malta. in Museum Management and Curatorship, 2010, n. 25 (2), pagg. 147-65.

[10] L. Zan, L. Paciello, op. cit.

[11] Decreto del Presidente del consiglio dei ministri, 4 luglio 2008, Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di grave pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei.

[12] Ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri 11 luglio 2008, n. 3692, Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare la grave situazione di pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei.

[13] Negli ultimi anni si è assistito tuttavia ad una progressiva e pericolosa dilatazione della fattispecie emergenziale, al di là dei soli disastri naturali. Commissari sono stati infatti nominati frequentemente per intervenire in situazioni che testimoniano piuttosto l'incapacità cronica delle amministrazioni ordinarie (per un'analisi più approfondita si rimanda a A. Fioritto, L'amministrazione dell'emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, 2008) o per l'organizzazione dei cosiddetti "grandi eventi", suscitando in quest'ultimo caso forti critiche soprattutto a seguito delle indagini della magistratura che hanno svelato il cosiddetto "sistema gelatinoso" di gestione degli appalti della Protezione civile.

[14] Si confronti l'ordinanza 3692/2008 relativa allo stato di emergenza di Pompei con il decreto emesso a seguito del terremoto che ha colpito la regione Abruzzo nel 2009. "Considerato che il territorio della provincia di l'Aquila e di altri comuni della regione Abruzzo è stato colpito il 6 aprile 2009 alle ore 3,40 circa da un terremoto di notevole magnitudo...; considerato che tali fenomeni hanno provocato crolli diffusi in numerosi comuni della provincia predetta ed in altri della regione Abruzzo, causando la perdita di vite umane, ferimenti e lo sgombero di molti immobili e che l'estensione del terremoto è stata tale da determinare un elevato numero di sfollati; ... ritenuto, pertanto, necessario, provvedere tempestivamente a porre in essere ogni azione urgente finalizzata al superamento della grave situazione derivante dai citati eventi sismici mediante il ricorso a mezzi e poteri straordinari..., al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del consiglio dei Ministri sono conferiti i poteri di Commissario delegato...". Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 6 aprile 2009, Dichiarazione dello stato di emergenza in ordine agli eccezionali eventi sismici che hanno interessato la provincia dell'Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009.

[15] Sul punto si veda: A. Fioritto, I commissari straordinari per la gestione dei beni culturali, in Aedon, n. 2/2009; M. Feltri, Ora i manager alla cultura su La Stampa, 1 settembre 2008; Corte dei conti, deliberazione n. 16/2010/P, del 4 agosto 2010; Camera dei deputati, Informativa urgente del Governo sul crollo della scuola dei gladiatori presso gli scavi di Pompei del 10 novembre 2010.

[16] L'articolo citato dal ministro Bondi è Furti, vandali e rifiuti. Il degrado di Pompei di Alessandra Arachi in Corriere della Sera. L'articolo è stato pubblicato il 3 luglio 2008. Ventiquattro ore dopo è stata dichiarata l'emergenza.

[17] P.G. Guzzo, Pompei, tra la polvere degli scavi. Essere soprintendente a Pompei: memorie umane e professionali cit.

[18] Sul punto si veda: Senato della Repubblica, Resoconto stenografico della seduta n. 157 del 24 febbraio 2009; Senato della Repubblica, Resoconto stenografico della seduta n. 93 del 18 novembre 2008.

[19] Lo stato di emergenza nell'area archeologica sara' revocato solo nel Giugno 2011. Per un'analisi approfondita dei due anni di gestione commissariale si rimanda a P. Ferri, L'eccezione è la regola: ricerca esplorativa sul fenomeno del commissariamento nel settore culturale, Bologna, Università di Bologna (Tesi di dottorato non pubblicata), 2012.

[20] Legge 23 febbraio 2006, n. 51, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.

[21] Decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233. Regolamento di riorganizzazione del ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[22] P.G. Guzzo, Perché un piano per Pompei in Un piano per Pompei. Piano programma per la conservazione e la gestione del patrimonio storico-archeologico della città antica. Prima fase, a cura di ministero per i Beni culturali e ambientali e World monument fund, Roma, 1997.

[23] Ibidem.

[24] Ibidem.

[25] Ibidem.

[26] Due precisazioni sull'analisi che sta per essere presentata. 1) Ci focalizzeremo solo sul sito archeologico di Pompei, escludendo quindi i progetti effettuati ad Ercolano, Stabia, Oplontis e Boscoreale. Questo sia perché Pompei è la più estesa delle aree gestite dalla Soprintendenza, sia perché il Piano per Pompei si riferiva esclusivamente a questo sito; 2) i dati che analizzeremo sono relativi ai bandi di gara assegnati. L'assegnazione del bando coincide solitamente con l'inizio dei lavori. Pertanto i lavori di costruzione o restauro che nomineremo potrebbero non essere stati ancora terminati.

[27] E' interessante notare come i lavori per il nuovo ingresso di Piazza Anfiteatro siano nominati solo per descrivere i saggi archeologici che ne hanno preceduto la costruzione. Si veda A. D'Ambrosio, Notiziario ufficio scavi di Pompei, in Rivista di Studi Pompeiani, a cura dell'Associazione internazionale amici di Pompei, Roma, 2003, pag. 287.

[28] S. Cervasio, Gherpelli dimissioni choc Pompei senza city manager in La Repubblica, 21 dicembre 2001.

[29] M. Assalto, Le dimissioni del soprintendente. Terremoto a Pompei, in La Stampa, 4 Dicembre 2006.

[30] C. Avvisati, Pompei, Guzzo contro il city manager, in Il Mattino, 11 Ottobre 2007.

[31] Sul punto si veda: MP. Guidobaldi, L'Herculaneum Conservation Project: un programma di conservazione per salvare la città antica in Ocnus: Quaderni della Scuola di Specializzazione in Archeologia, 2006, n. 14, pagg. 135-42; J. Thompson, Conservation and management challenges in a public-private partnership for a large archaeological site (Herculaneum, Italy) in Conservation and Management of Archaeological Sites, 2007, n. 8(4), pagg. 191-204; J. Thompson, Engagement in public-private partnerships for cultural heritage: the case of Herculaneum, Italy, in Privatisation and Cultural Heritage, a cura di Iccrom, Roma, 2007; A. Wallace-Hadrill, The Herculaneum Conservation Project: an introduction, in Vesuviana: archeologie a confronto. Proceedings of the international conference. Bologna 14-16 January 2008, a cura di A. Coralini, Bologna, 2009, pagg. 203-07.

[32] Si veda la nozione sviluppata dall'Edward Report per quanto riguarda il British Museum: Zan, Economia dei musei e retorica del management, cit.

[33] Il rischio di incapacità di spesa era già stato sottolineato nella prima analisi svolta tra 1997 e 1998, Zan e Paciello, Rilanciare Pompei: anno zero cit.

[34] Si noti che i dati riguardanti le spese in conto capitale riportati nei bilanci (tab. 2) non corrispondono con quelli relativi agli importi dei bandi di gara assegnati dal Cda (tab. 1). La differenza è dovuta principalmente allo scarto temporale tra la decisione di assegnare un appalto e il pagamento finale. Ciò rende la comprensione degli impatti finanziari dei processi decisionali e le relative responsabilità ancora più difficili da comprendere.

[35] L. Zan, M. Lusiani, Managing Machu Picchu: Institutional settings, business model and master plans in Journal of Cultural Heritage Management and Sustainable Development, 2010, n. 1(2), pagg. 157-76.

[36] Y. Guo, L. Zan, S. Liu, The Management of Cultural Heritage in China. General trends and a micro-focus on the Luoyang municipality, Milano, 2008.

[37] S. Bonini Baraldi, D. Shoup, L. Zan, Understanding cultural heritage in Turkey: Institutional context and organizational issues, 2012, in corso di pubblicazione.

[38] C. Pollitt, Clarifying convergence. Striking similarities and durable differences in public management reform in Public Management Review, 2001, n. 3(4), pag. 477.

[39] A. Mandara, G. Longogardi, Un piano per Pompei. Piano programma per la conservazione e la gestione del patrimonio storico-archeologico della città antica. Quarta fase, Roma, 2005.

 

 



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