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Commissione incaricata di elaborare una proposta per la definizione
dei livelli minimi uniformi di qualità della valorizzazione

(d.m. 1 dicembre 2006)

Sintesi dei lavori - ottobre 2007

(stralcio)

SOTTOCOMMISSIONE 2

PROCESSI DI PRODUZIONE DEL VALORE

 

1. Premessa

Il lavoro della sottocommissione fa riferimento in generale al concetto di valorizzazione definito dall'art. 6, al ruolo ministeriale di armonizzazione e integrazione delle attività di valorizzazione dei beni pubblici (art. 7) e alle attività specifiche di valorizzazione intese come "costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all'esercizio delle funzioni e al perseguimento delle finalità indicate dall'art. 6." (art. 111).

Inoltre, sempre ai sensi del 111, è rilevante tener conto che

a) "a tali attività possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati" ovvero che tali catene di processi e fasi produttive possono essere condivisi in una prospettiva di sussidiarietà orizzontale

b) che qualora tali processi fossero condotti pubblicamente devono conformarsi a principi operativi tali da salvaguardare comunque i principi di equità e accessibilità del mercato (quindi non introdurre elementi di distorsione nel mercato): la trasparenza gestionale, la libertà di partecipazione, la pluralità dei soggetti.

c) che comunque la valorizzazione condotta in forma privata può e deve essere socialmente utile.

Nel concreto questo significa:

- Stilizzare i processi produttivi caratteristici delle istituzioni preposte alla "valorizzazione" ovviamente avendo cura di segmentarli, laddove necessario, su base dimensionale (grandi o locali) e funzionale (collezioni, musei di differente natura e patrimonio, siti archeologici ecc.).

- Riconoscere al loro interno le macro-fasi che vanno a comporre la catena del valore ovvero la formazione del valore "percepito" da parte delle diverse categorie di utenti (pubblici e privati).

- Qualificare tali macro fasi con casi ed esempi concreti che possano essere utili per identificarne varianze e specificità.

- Identificare i principali punti di criticità che consentono nei diversi casi di ottimizzare in termini di efficacia ed efficienza lo svolgimento del processo di produzione del valore.

- Identificare le soluzioni di carattere istituzionale e di governance, strategico e organizzativo, che consentono di ottimizzare la gestione dei diversi processi di produzione del valore (ad esempio le dimensioni prevalenti della possibile esternalizzazione, la differenza tra i processi di crescita in rete e per linee interne, la creazione di distretti ecc.).

Obiettivo del documento è evidenziare i processi a cui è opportuno far riferimento per definire i livelli minimi di qualità delle attività di valorizzazione, ma anche caratterizzare, in termini generali, il processo di valorizzazione in modo da offrire un quadro di riferimento e di principio in relazione ai temi relativi alle competenze, alle risorse umane, alle scelte di esternalizzazione.

2. Principi di riferimento

Data la natura molto generale del mandato e la necessità di definire un sistema di riferimento adattabile per situazioni estremamente diversificate (dai musei di arte contemporanea ai siti archeologici diffusi sul territorio), si è deciso di procedere ad una stilizzazione essenziale a partire da alcuni principi condivisi all'interno della sottocommissione.

A. La prospettiva della valorizzazione consente di ridefinire l'organizzazione museale (intesa in senso allargato) facendo riferimento alla sua capacità di produrre un valore "condiviso" ovvero un valore riconducibile ad un utilizzo attuale o atteso nel futuro, effettivo o semplicemente immaginato dei beni e dei servizi gestiti dall'istituzione.

B. Tale capacità di produrre valore fa riferimento simultaneamente a differenti categorie di interlocutori che manifestano bisogni e domande molto differenziate. Tra queste categorie sono compresi:

1) gli attori pubblici (stato ed enti territoriali, enti sovraterritoriali) che, per grandi aggregazioni, attribuiscono valore a:

- L'esistenza del bene (attuale e futura- tutela e conservazione).

- La sua accessibilità (la riduzione tendenziale di ogni forma di razionamento che ne riduce la dimensione pubblica).

- La sua funzione simbolica e di rappresentanza.

- La sua funzione educativa e formativa lungo tutto il ciclo della vita dei cittadini.

- La sua funzione economica per lo sviluppo dei territori con particolare riguardo al turismo, nonché per il valore aggiunto delle merci che inglobano il prestigio culturale dei luoghi in cui vengono prodotte.

- La sostenibilità ed economicità della sua gestione (efficacia/efficienza) rispetto ad indicatori di carattere pubblico.

2) la comunità scientifica (museale, accademica, curatoriale, nazionale ed internazionale), che, sempre per generalizzazioni, attribuisce valore a:

- La qualità e riconoscibilità del progetto culturale complessivo (identità e posizionamento dell'istituzione).

- La qualità e condivisibilità delle scelte di tutela, conservazione e dei programmi di valorizzazione.

- L'accessibilità delle collezioni e degli archivi per attività di studio e ricerca (biblioteca, fototeca, catalogazione).

- L'accessibilità delle collezioni e degli archivi per attività di valorizzazione congiunta (prestiti e scambi).

3) il pubblico dei visitatori (e in generale coloro che fruiscono del patrimonio come privati) che attribuisce valore alla qualità specifica della visita (esperienza) comprensiva dei diversi servizi a fronte di domande potenzialmente molto diversificate (dallo svago al senso di cittadinanza).

C. Ogni categoria di interlocutori è internamente segmentata, ovvero manifesta domande potenzialmente eterogenee. Questo è in particolare vero per il pubblico dei visitatori, che non è mai "uno", ma corrisponde alla stratificazione di diversi segmenti di domanda portatori di differenti modelli di percezione e interpretazione dell'offerta.

D. La prospettiva della valorizzazione implica dunque la necessità di considerare una gamma ampia di processi "produttivi" tra cui si evidenziano:

1) L'attività di formazione e sviluppo delle collezioni [1].

2) L'attività scientifica (di ricerca, approfondimento, inventario, catalogazione, predisposizione di strumenti e materiali).

3) L'attività di conservazione nelle sue diverse componenti (che garantisce il valore "pubblico" di esistenza del bene meritorio).

4) La definizione e la gestione dell'offerta al pubblico sia a scopo "educativo pubblico" (non di mercato - scuole) sia a scopo educativo e di intrattenimento privato (potenzialmente di mercato - famiglie).

5) La definizione e la gestione dell'offerta in prospettiva "business to business" (in particolare diritti correlati alle immagini, agli spazi, alle collezioni)attività ad oggi quantitativamente accessoria ma "logicamente" specifica della valorizzazione.

E. Ognuno di questi processi produce un valore potenzialmente diverso per diverse categorie di interlocutori; tale valore è ogni volta e in ogni caso determinato dalla qualità del "modello di offerta" che informa la relazione con gli utenti. La decisione di enfatizzare la prospettiva analitica suggerita dal concetto di "modello di offerta" è legata alla convinzione che il "valore" percepito dal pubblico sia influenzato da un insieme complesso e integrato di servizi, oggetti, luoghi, ritmi, che inscindibilmente danno forma ad una "esperienza" che può essere di natura scientifico-culturale, etico-politica o di svago e semplice piacevolezza. La prospettiva del modello di offerta implica quindi di estendere il registro della valorizzazione dalle aspettative pre-visita ai servizi di relazione post-visita, passando per un sistema di comunicazione che coinvolge l'intero percorso (spazi, allestimenti, servizi ecc.); la qualità percepita e riconosciuta dipende dunque dal livello di qualità (integrazione, coordinamento, immagine, leggibilità) di tutto il percorso che l'utente compie nel rapporto con l'istituzione, rapporto all'interno del quale si qualifica il valore percepito, il posizionamento dell'istituzione e il "senso" dello stesso patrimonio. Questa angolatura analitica è certamente fondamentale per qualificare l'offerta al pubblico dei visitatori - per i quali si producono esperienze di valore individuale, ovviamente influenzate da aspettative, codici espressivi e interpretativi diversi afferenti a segmenti di pubblico dotati di origini culturali, sensibilità diverse [2] - ma vale anche per la relazione con gli altri interlocutori (scientifici, politici, commerciali).

F. Non vi è quindi un processo dominante (ad esempio la ricerca scientifica o l'offerta al pubblico) in grado di garantire la qualità degli altri, ma, nel rispetto delle priorità determinate dalle caratteristiche dei singoli istituti, ciascuno di essi chiede essere sviluppato in modo specifico, pur tenendo conto delle continue interrelazioni tra processi e tra esiti degli stessi.

G. La qualità complessiva della valorizzazione sta quindi nella capacità dell'istituzione di gestire simultaneamente questi processi (con intensità differenti a seconda della sua natura e dimensione) e nel determinare la loro reciproca integrazione.

H. I quattro processi indicati riassumono le attività fondamentali di valorizzazione. Tra questi due appaiono autenticamente irrinunciabili e strategici: conservazione e offerta al pubblico (che corrispondono alle fondamentali funzioni museali); la ricerca è una attività fondamentale per qualificare l'eccellenza a medio termine dell'istituzione; l'offerta "commerciale" (b2b) è invece funzionale all'ottimizzazione dei ricavi, anche in questo caso in una prospettiva di medio termine, ma concorre, benché in modo non determinante, anche alla qualità percepita della visita.

3. Implicazioni gestionali

I principi di riferimento adottati impongono alcune conseguenze riguardo alla rappresentazione della "mappa" dei processi produttivi critici della gestione e valorizzazione del patrimonio.

A. La necessità di un intenso coordinamento strategico (derivante dalla complessità dei sistemi di relazione in cui l'istituzione è inserita), nel quale sono riassunte tutte le attività che qualificano l'identità, la reputazione, il senso dell'istituzione e tutte le informazioni necessarie a governare i processi produttivi:

1) La definizione delle politiche e delle decisioni relative all'attività di tutela.

2) Le politiche e le decisioni relative alle attività di conservazione/acquisizione (intese in senso ampio) e inclusive di collezioni/immobili/siti.

3) La definizione delle politiche culturali per la valorizzazione scientifica e per la valorizzazione al pubblico: definizione e orientamento del modello di offerta complessivo.

4) Scelta delle alleanze culturali e istituzionali.

5) Le politiche territoriali, le relazioni e le alleanze con altre risorse e istituzioni con il territorio.

6) Le politiche di comunicazione e immagine coordinata.

7) Politiche economiche, di fundraising e gestione finanziaria.

8) Politica e strategia delle risorse umane.

9) Scelte di allocazione delle risorse e diligences relative.

10) Coordinamento dei diversi progetti.

11) Controllo qualità.

12) Controllo amministrativo, finanziario e budgeting.

13) Affari legali.

B. La necessità di una struttura qualificata dedicata alle attività di coordinamento operativo. La complessità specifica inerente ad ognuno dei processi indicati e quella determinata dall'esigenza di integrarne i risultati verso il pubblico, determina un fabbisogno gestionale di norma non adeguatamente considerato né sul piano della quantità che della qualità; un fabbisogno che riguarda da un lato la cura dei flussi informativi dai livelli operativi ai livelli strategici, dall'altro il presidio degli ambiti e delle figure di coordinamento.

C. La presenza di questi due livelli (coordinamento strategico e coordinamento operativo) definisce gli ambiti cruciali su cui l'istituzione di valorizzazione del patrimonio organizza i suoi percorsi di apprendimento e definisce le sue competenze fondamentali. Ad essi è necessario far riferimento per delineare il quadro concettuale in cui collocare ogni riflessione in merito alle attività di esternalizzazione.

4. La stilizzazione dei principali processi

Sempre lavorando nella prospettiva di una stilizzazione molto essenziale dei principali ambiti operativi relativi alla valorizzazione, e tenendo conto dei principi condivisi, si propone la seguente stilizzazione che suddivide l'attività in tre livelli principali e per ciascuna individua le macro-aree di processo.

I. Processi/attività di definizione e controllo delle strategie

a) Definizione delle politiche e delle decisioni relative all'attività di tutela.

b) Politiche e decisioni relative alle attività di conservazione/acquisizione (intese in senso ampi) e inclusive di collezioni/immobili/siti.

c) Definizione delle politiche culturali per la valorizzazione scientifica e per la valorizzazione al pubblico: definizione e orientamento del modello di offerta complessivo.

d) Scelta delle alleanze culturali e istituzionali.

e) Politiche territoriali, le relazioni e le alleanze con altre risorse e istituzioni con il territorio.

f) Politiche di comunicazione e immagine coordinata.

g) Politiche economiche, di fundraising e gestione finanziaria.

h) Politica e strategia delle risorse umane.

i) Scelte di allocazione delle risorse e controllo delle diligences relative.

j) Coordinamento dei diversi progetti.

k) Controllo qualità.

l) Controllo amministrativo, finanziario e budgeting.

m) Affari legali.

II. Processi/attività di coordinamento operativo e gestione

a) Attività di direzione e gestione esecutiva.

b) Gestione dei sistemi informativi.

c) Gestione della sicurezza degli immobili, pulizie, servizi.

d) Gestione / controllo degli impianti.

III. Processi/attività di valorizzazione

a) ricerca scientifica, inventario e documentazione. L'attività scientifica dell'istituzione di valorizzazione risponde a due principali istanze:

- una relativa alle attività di ricerca di natura storico critica (datazioni, attribuzioni, interpretazioni o ricostruzioni contestuali) o tecnologica (tecniche di intervento, condizioni e competenze di tutela ecc.). A questa fanno riferimento processi di progettazione, gestione, produzione di ricerche o documenti di approfondimento scientifico, materiali documentali interni;

- una relativa alle attività di inventario e catalogazione delle collezioni e dei materiali di ricerca progressivamente disponibili.

b) conservazione e sicurezza delle collezioni. I processi relativi alla conservazione rispondono a due principali istanze generali:

- una relativa alle condizioni di conservazione delle collezioni, che si distingue in azioni diagnostiche e di rilevazione dei rischi, in azioni di pianificazione e programmazione degli interventi, in azioni di esecuzione degli stessi;

- una relativa alle condizioni di sicurezza e manutenzione delle collezioni nelle diverse sedi in cui esse sono collocate (aree espositive esterne-interne, depositi), che si estende dalla identificazione delle condizioni stesse in termini microclimatici e di esposizione agli agenti atmosferici, alla definizione delle migliori tecnologie di protezione e tutela dagli stessi, per arrivare alle condizioni relative ad eventuali trasporti o trasferimenti.

c) offerta al pubblico. I processi relativi alla formazione di un sistema di offerta riguardano tutto quanto contribuisce ad alimentare e qualificare l'esperienza di visita. In questo senso la loro qualità è dipendente dalla qualità specifica di ciascuno di essi così come dal livello di integrazione e coerenza reciproca.

- spazi e servizi comuni (logistica, allestimenti, pulizia);

- servizi di accoglienza (biglietteria, guardaroba, guardiania);

- esposizione permanente (collezioni, allestimenti, apparati didattici e informativi);

- esposizioni temporanee (collezioni, allestimenti, apparati didattici e informativi);

- eventi (palinsesti di attività, spazi dedicati, servizi connessi);

- sistema comunicativo (esterno, immagine coordinata, segnaletica interna);

- attività editoriale (libraria, multimediale, internet, fogli illustrativi, mappe ecc.);

- attività educative in collaborazione con scuola e altre strutture del territorio;

- attività didattiche inerenti le iniziative espositive permanenti e temporanee (visite guidate, audio o video guide ecc.);

- servizi aggiuntivi (libreria, ristorazione);

- qualità relazioni con il pubblico da parte del personale.

d) offerta per usi commerciali. Riguarda l'offerta in prospettiva commerciale (noleggio) dei diritti di proprietà di competenza dell'istituzione culturale, in particolare:

- immagini;

- spazi;

- format e competenze.

Per ciascuna di queste differenti categorie è necessario definire:

- politiche di uso (fair- commerciale);

- politiche e condizioni di prestito/nolo;

- modelli e pratiche di offerta;

- definizioni contrattuali ed amministrative.

5. Governo dell'istituzione ed esternalizzazione di attività

Ogni analisi relativa ai processi di esternalizzazione delle attività, data la mappa sopra indicata, non può prescindere da una simultanea analisi delle modalità complessive di governo dell'istituzione. Ogni livello di decentramento/esternalizzazione implica infatti la cessione di frammenti di sovranità.

Dall'insieme delle osservazioni precedenti emerge con chiarezza che le attività di valorizzazione qualificanti quali accoglienza, esposizione, comunicazione culturale, sviluppo della conoscenza e della ricerca, iniziative di educazione al patrimonio, di svago, di promozione turistica non possono costituire segmenti di attività indipendenti l'uno dall'altro, ma devono comporsi in una visione strategica di ampio respiro.

E' inoltre evidente che le attività relative alla costruzione dell'"offerta al pubblico" costituiscono una componente strategica centrale dell'istituzione, un elemento della sua sovranità, della sua identità e missione.

E' irrealistico e gestionalmente inefficace immaginare che questo implichi una soluzione di completa internalizzazione (in particolare se questo significa "statalizzazione") dei processi.

Al contrario è necessario immaginare che le istituzioni di gestione possano predisporre un ampio e articolato percorso di esternalizzazioni, che consenta loro di acquisire competenze di eccellenza sui diversi snodi operativi sfruttando la presenza di forniture e reti territoriali.

In termini generali è ipotizzabile che sia possibile gestire i livelli di decentramento o di affidamento all'esterno sulla base di normali veicoli contrattuali.

Questo appare realizzabile in particolare per le attività di valorizzazione commerciale (b2b) (con agenzie distributive mono o pluri mandatarie).

Più complesso, almeno concettualmente, l'esternalizzazione delle attività di ricerca (da considerare nel rapporto con le Università) e di conservazione. In questo caso è fondamentale un controllo impostativo, scientifico, di merito sulle attività del concessionario, previsto su base contrattuale. Esiste comunque su questo punto una consolidata prassi (contrattuale ed organizzativa) di esternalizzazione dei compiti di conservazione.

L'argomento più delicato e centrale è costituito dall'esternalizzazione dell'offerta al pubblico.

- Si tratta infatti di una attività strategica che afferisce direttamente alla sovranità e alla missione dell'istituzione museale.

- E' un'attività che, indipendentemente dal fatto che l'istituzione si pubblica o privata, è o dovrebbe essere orientata da una combinazione principi di carattere pubblicistico (educativi, non profit o addirittura non di mercato) e da principi di carattere privatistico (profit).

- E' un'attività dinamica e "imprenditoriale" nel senso che vive di un continuo confronto con l'evoluzione della domanda e dei suoi diversi segmenti e quindi deve potersi evolvere di continuo sulla base di un processo di apprendimento organizzativo basato sul controllo della relazione con l'utenza.

Esistono quindi ottime ragioni quindi per considerarla come un'attività pienamente decentrabile a soggetti privati, e altrettanto buone ragioni per temere, perseguendo una simile prospettiva, una riduzione progressiva della dimensione pubblicistica nell'offerta culturale.

La sorgente originaria del problema e delle antinomie che esso ha generato nel tempo, risiede nella stratificazione e nell'articolazione dei livelli di governo e di sovranità dell'istituzione culturale.

Per intendere questo concetto è possibile far riferimento a due casi estremi: uno rappresentato da una situazione in cui la singola istituzione di gestione del patrimonio scelga di accentrare tutti i processi di valorizzazione fino alla relazione post-visita del visitatore. In questo modello la responsabilità della politica culturale nella sua interezza ricadrebbe sull'istituzione stessa, che assume la responsabilità strategica ed esecutiva dell'intera gamma delle politiche di offerta (editoriali, commerciali, culturali ecc.), salvo "comperare" sul mercato competenze esecutive (tipografiche, allestitive ecc.). Simmetrico a questo è il caso rappresentato da una completa delega al privato /concessionario della definizione dell'intero modello di offerta, caso che implicitamente prevede la separazione tra un ruolo istituzionale che presidia attività di carattere pubblicistico (non di mercato) come la ricerca e la conservazione e un ruolo "commerciale" di carattere privatistico (di mercato) che presidia l'offerta al pubblico.

Ogni soluzione intermedia implica - poiché si tratta di concepire oltre che eseguire attività strategiche - una effettiva condivisione e quindi corresponsabilizzazione (nei limiti che riguardano l'offerta al pubblico) del governo e della sovranità del processo di gestione de patrimonio.

Il tentativo di negare questa corresponsabilità ha determinato l'oscuramento del principio a cui invece è necessario far riferimento per il riordino del settore.

L'ibridazione e la sostanziale inadeguatezza delle soluzioni concessorie sviluppatesi sino a questo momento sono correlate all'ambiguità e al sotterraneo conflitto su questo punto:

- da un lato le istituzioni concedenti (in particolare quelle di matrice pubblica) hanno tentato di mantenere piena potestà "strategica e culturale" sui palinsesti di valorizzazione, relegando formalmente i concessionari al ruolo di "fornitori di servizi";

- dall'altro i concessionari, gestendo di fatto e di diritto il sistema concreto di relazioni con l'utenza hanno, non solo svolto un ruolo strategico, ma anche sviluppato un insieme di competenze tale da rendere credibile la loro candidatura ad un maggior e più esplicito ruolo strategico e culturale.

Questo significa che, in termini generali, si ritiene opportuno un recupero di sovranità, ma anche di responsabilità e di "disponibilità alla rendicontazione" da parte delle istituzioni di gestione del patrimonio in relazione ai processi di valorizzazione.

Tale recupero appare cruciale soprattutto facendo riferimento alle istituzioni pubbliche di gestione del patrimonio (le Soprintendenze in particolare), che, in parte per la loro tradizione istituzionale, fortemente concentrata sulla tutela e sulla conservazione, e in parte per l'oggettiva mancanza di risorse in questi anni, hanno delegato ai concessionari ogni attività di relazione con i visitatori, limitando lo sviluppo di competenze interne specifiche riguardo alla valorizzazione.

Nella definizione dei modi in cui è opportuno e fattibile procedere al fine di garantire tale percorso è poi necessario tener conto di altre considerazioni:

- Innanzi tutto è necessario distinguere tra realtà di carattere "pubblico" e realtà "private", tra plessi di grandi dimensioni e con forte impatto territoriale e istituzioni di piccole dimensioni. La presenza di vincoli amministrativi e legislativi, la scala delle operazioni sia in termini di flussi di visitatori che in termini di estensione territoriale sono infatti variabili che influiscono in modo cruciale sulla natura dei processi di esternalizzazione e sui modi migliori per condurli.

- In secondo luogo è necessario tener conto della forte varietà di soluzioni che possono determinarsi pur all'interno degli schemi contrattuali previsti per legge. Come nei sistemi imprenditoriali di natura produttiva o di servizi si assiste ad una gamma di soluzioni molto variate per la costruzione dei diversi sistemi di rete interaziendale, così per le istituzioni culturali appare, per alcuni membri della commissione, problematico fissare centralmente e prescrittivamente le forme contrattuali da attuare.

- Questo appare tanto più vero in quanto il problema non si esaurisce nell'affidamento di segmenti operativi da parte di istituzioni la cui sovranità è strutturalmente concentrata (come accade alla aziende private). I musei sono soggetti a forme di concertazione e di accordo su base territoriale che implicano una cessione-condivisione di rilevanti segmenti di sovranità sulla base di "patti" o accordi che possono avere o non avere una forma contrattuale definita (ad es. accordi di programma). Si tratta di un'evidenza diversamente riconoscibile a seconda che si tratti di istituzioni private o pubbliche, ma per molti aspetti comune. Nelle diverse realtà territoriali le soluzioni concessorie possono o devono far riferimento, e rispondere, quindi a sistemi complessi di accordi la cui strutturazione è soggetta a forti variazioni. In questo senso risulterebbe significativo operare nel senso di una migliore conoscenza e convergenza (su base induttiva) delle migliori pratiche realizzate nei diversi ambienti territoriali.

La sottocommissione individua in proposito due possibili indirizzi alternativi o complementari a seconda delle condizioni operative e delle dimensioni delle istituzioni. Entrambi orientati, con diversa intensità, a intensificare il senso di corresponsabilità strategica ed operativa in relazione al modello di offerta. Il primo che di fatto introduce alcune correzioni e aggiustamenti alla prospettiva del mandato concessorio, il secondo, da considerare come mera ipotesi di lavoro, che propone una soluzione più drastica in direzione della corresponsabilità tra concedente e concessionario in tema di valorizzazione.

5.1. Concessione: vincoli e controlli

Un modo di procedere consiste nell'enfatizzare la riuscita di un regime di concessione ampio duraturo e selettivo, che affidi il mandato di gestire il modello di offerta a strutture private qualificate e di congrue dimensioni, su base programmatica e forte autonomia dei concessionari limitando, il ruolo del mandante ad una dimensione di orientamento (non solo iniziale) e di verifica dei risultati. Prima di considerare l'opportunità di affidare a soggetti esterni la conduzione di alcune attività/processi produttivi occorre dunque definire:

1) Piano strategico di valorizzazione: un documento programmatico triennale che definisca il target cui si rivolgono le attività previste, gli obiettivi qualitativi e quantitativi che si intende raggiungere (ad es. raggiungimento di nuovi segmenti di pubblico, aumento del numero di visitatori, tipologia e numero di esposizioni temporanee da realizzare, pubblicazioni, eventi culturali, apertura di nuove sale, riallestimenti, istituzione di nuovi servizi o miglioramento di quelli esistenti);

2) Carta dei servizi: definizione di standard di qualità garantiti per i servizi forniti (impegni), la cui osservanza sia direttamente verificabile dagli utenti; individuazione delle modalità di reclamo e delle forme di ristoro in caso di inadempienza. Tali impegni devono essere automaticamente assunti anche dagli eventuali gestori esterni.

3) Modello di contratto di servizio e strumenti di controllo, in relazione alla tipologia dei contratti e di attività/ prodotti affidati

- approvazione dei contenuti e modalità di singoli prodotti/prestazioni;

- commissione mista di controllo e monitoraggio della qualità dei servizi;

4) Verifica dei risultati, attraverso:

- analisi delle osservazioni e dei reclami degli utenti;

- indagini periodiche di customer satisfaction;

- altre forme di riscontro.

L'opportunità di affidare attività o fasi di attività all'esterno deve essere valutata in base alla struttura organizzativa, alla disponibilità di risorse umane e finanziarie del museo/sistema museale.

Nel caso di istituti di proprietà statale, un'efficace azione di tutela e conservazione richiede, di norma, di essere accompagnata da adeguate attività di valorizzazione gestite in forma diretta.

Singoli esperti e collaboratori possono assicurare l'esecuzione di specifici progetti di carattere temporaneo.

Le imprese con le loro organizzazioni stabili possono farsi carico della gestione di servizi che richiedono continuità di erogazione.

Questa prospettiva presenta il vantaggio di:

- mantenere una notevole continuità con l'esperienza condotta finora;

- avere una sostanziale coerenza con gli indirizzi del codice;

- ottenere una maggior attrattività delle concessioni per i soggetti privati;

- consentire un più efficace coordinamento del modello di offerta.

E' inoltre percorribile con relativa facilità almeno sul piano degli adempimenti formali.

 

SERVIZI E ATTIVITA' DI VALORIZZAZIONE CUI POSSONO CONCORRERE SOGGETTI ESTERNI AL MUSEO

Servizi/Attivita'/

Soggetti esterni

Responsabilità in capo al Museo/Ente

Comunicazione esterna (rapporti coi media, ufficio stampa, campagne pubblicitarie)

Società/consulenti

Predisposizione o approvazione del piano di comunicazione; approvazione dei singoli prodotti

Servizi editoriali, prodotti multimediali

Imprese editoriali

Predisposizione o approvazione dei contenuti e della presentazione grafica/sonora/audiovisiva

Ricerca sponsor (fund raising)

Società/consulenti

Verifica di compatibilità con l'immagine del museo, verifica delle condizioni, approvazione dei contratti

Organizzazione delle mostre

Società

Progetto scientifico (o sua condivisione); gestione dei prestiti e rapporti istituzionali; approvazione del piano finanziario

Allestimenti esposizioni permanenti o temporanee

Società/consulenti

Definizione o approvazione progetto

Didattica/educazione (scuole, pubblico adulto, inclusione sociale)

Società/Università/esperti

Progettazione o approvazione iniziative e prodotti specifici; formazione degli operatori (in concorso con le università)

Catalogazione

Singoli esperti/ Università

Programmazione e metodologia

Studi e ricerche sulle collezioni, gli autori, le opere. Indagini di mercato. Indagini sul pubblico

Singoli esperti/Università; Società ed Enti di ricerca

Progettazione o condivisione degli obiettivi e della metodologia

Servizi connessi con la fruizione

   

Biglietteria, vigilanza, accoglienza

   

Pulizia degli ambienti

   

Gestione/manutenzione impianti di sicurezza

   

 

Un possibile svantaggio potrebbe risiedere nella tendenziale riduzione del ruolo dei soggetti pubblici nella relazione con gli utenti e in un'incompleta soluzione del problema della corresponsabilità a causa dell'inefficacia della soluzione contrattuale a questo fine (per la necessaria incompletezza del contratto).

Più in particolare:

- L'attività di carattere pubblicistico che in questo modello afferirebbe al concessionante (istituzione museale) interferisce infatti sulle pratiche quotidiane, sugli spazi, sulla gestione e può non giungere a definire modelli di offerta autenticamente integrati, comunicabili e percepibili e quindi rischia di tradursi in una disarticolazione dell'offerta stessa.

- Il coordinamento essendo operativo sarebbe difficilmente normabile nel contratto di concessione iniziale e, con la conseguente difficoltà di determinare le responsabilità degli andamenti e dei risultati ottenuti, si creano incentivi per le parti ad adottare comportamenti opportunistici o di blocco (free riding).

- Le due parti non hanno incentivi espliciti a cooperare al fine di un miglioramento e un'integrazione del modello di offerta (il pubblico infatti non ha necessariamente interesse ad aumentare i ricavi, il privato a svolgere azioni non profit). Non risolve quindi pienamente il punto della corresponsabilità. Comunque i costi irrecuperabili sono prevalentemente dalla parte dei concessionari che potrebbero non veder risolti i problemi di dipendenza ad oggi lamentati.

- La definizione del modello di offerta è necessariamente dinamica/adattativa e quindi difficilmente si presta ad essere effettivamente vincolata sulla base di regimi contrattuali negoziati all'inizio della concessione. I rischi sono o un eccesso di vincoli (e quindi il blocco o l'evasione) o una incompletezza contrattuale che di fatto lascia poi spazi del tutto non normati.

- La gestione della relazione con il pubblico (e quindi con il concreto definirsi del valore) determina processi di apprendimento cumulativi. La scelta di affidare la gestione dei modelli di offerta implica quindi una divaricazione tendenziale delle competenze che può giocare a sfavore della capacità dell'istituzione mandataria di svolgere anche il suo doveroso ruolo di controllo operativo e strategico.

5.2. Istituzioni miste per affidamenti in house

Una seconda possibilità, che si espone a titolo di mero esercizio ipotetico, si fonda sull'idea di enfatizzare ed esplicitare l'effettiva e ineludibile corresponsabilità di concessionante e concessionario (pubblico e privato) per la definizione del modello di offerta al pubblico.

L'ipotesi potrebbe essere orientata dall'obiettivo di incentivare in modo più cogente comportamenti cooperativi e virtuosi:

a) attraverso la creazione di soggetti collettivi esplicitamente responsabilizzabili, riconducibili per esempio alla figura di ATI. Tali soggetti dovrebbero essere costituiti dall'istituzione pubblica e da soggetti privati selezionati in base ad apposite gare. A tali soggetti l'istituzione pubblica dovrebbe affidare (in house) la gestione dell'offerta al pubblico sia per la componente non profit sia per la componente profit. La governance di questa associazione di "soggetti pubblici e imprese" potrebbe essere soggetto di studio e valutazione specifica (le posizioni dei due soggetti potrebbero essere mediate per esempio da rappresentanti del territorio).

b) attraverso la creazione eventuale di una competenza nazionale di controllo che monitori le attività e definisca l'erogazione del sistema di incentivi e vincoli fissati anche sulla base di parametri negoziati tra le parti, in modo da istituire un sistema di incentivi al comportamento virtuoso (nella forma ad esempio di -sostegni/contributi pubblici). E nel contempo un raccordo per il miglioramento e l'implementazione dei patti territoriali.

Questa soluzione implica:

- la responsabilizzazione esplicita di entrambi i partner (pubblico e privato) riguardo alla funzioni strategiche e di sovrane, con riduzione dei comportamenti di free riding;

- la condivisione di entrambi i partner dei processi di apprendimento e delle informazioni relative all'evoluzione della domanda e dei migliori modelli di offerta;

- la presenza di costi irrecuperabili (sunk costs), legati alla costituzione dell'istituzione di raccordo, coerenti con la riduzione di comportamenti opportunistici;

- il rispetto del principio di concorrenza tra privati che sono scelti come partners sulla base di gara ad evidenza pubblica;

- la creazione di un'unica centrale di gestione del modello di offerta dedicata alla sua ottimizzazione;

- la possibilità per l'attore pubblico di operare come garante della coerenza tra l'offerta al pubblico e la garanzia di tutela, conservazione e studio scientifico dei beni;

- la definizione di contenitori istituzionali flessibili per la formazione di un ceto "tecnico" culturalmente e gestionalmente competente.

Una simile ipotesi si presterebbe ad essere in prevalenza applicata ai casi dimensionalmente più rilevanti (poli museali, grandi soprintendenze autonome, estese organizzazioni in rete).

Per entrambe le soluzioni proposte appare comunque cruciale un incremento dell'orientamento alla fruizione da parte delle istituzioni di gestione del patrimonio rispetto alla prassi attuale.

 

 

Note

[1] Vi è stato un dibattito in seno alla commissione riguardante l'opportunità di inserire tra i processi fondamentali di valorizzazione anche il processo di acquisizione e  sviluppo delle collezioni. Le posizioni in proposito non sono omogenee. Per alcune tipologie museali la formazione delle collezioni è un'attività cruciale (in particolare per l'arte contemporanea), per altre è il risultato dell'attività di ricerca ed eventualmente di tutela che determina possibili nuovi ritrovamenti, per altri ancora non appare un'attività rilevante in quanto musei basati su collezioni già definite stabilmente. Pur tenendo conto di queste varianze si considera l'attività di acquisizione come un elemento rilevante delle attività di valorizzazione, un processo centrale per la formazione dell'identità del museo e quindi un processo incluso nelle funzioni strategiche e di governo dello stesso.

[2] In questo senso si tratta di accettare l'idea che le esperienze di fruizione del patrimonio possano essere assimilabili ad esperienze di "consumo" (attuali o potenziali per il futuro) e siano potenzialmente sostituibili da altre caratterizzate da analoghe qualità. L'interesse di questa prospettiva è dato dal fatto che essa impone alla singola istituzione culturale di autorappresentarsi come una struttura inserita in un gioco competitivo, che le impone regole del gioco tipiche dei mercati di consumo simbolico. Questa consapevolezza non implica una necessaria brutalizzazione del senso profondo della tradizione e il "tradimento" di un'approccio scientifico, al contrario questo consente di contestualizzare tali valori in una "salutare" conoscenza dei diversi segmenti di utenza, che è alla base di ogni possibile diversificazione e sofisticazione degli apparati di relazione e di fidelizzazione.

 

 



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