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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

Sentenze

Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.

1. Beni culturali

Cons. Stato, II, parere 26 gennaio 2005, n. 11605, Pres. Rosa, Est. Carbone.
Sulla restituibilità, pubblicabilità e consultabilità del carteggio Petacci-Mussolini.

Il lasso di tempo trascorso dagli eventi storici cui il carteggio Petacci-Mussolini si riferisce non ha reso irrilevante l'interesse dello Stato all'acquisizione dei documenti stessi, soprattutto con riferimento allo specifico fine istituzionale, di sostegno degli studi sulla Storia del nostro Paese, che caratterizza l'Archivio centrale dello Stato, attuale titolare dei documenti me anche in considerazione dell'estremo rilievo storico dei personaggi; non sussistono quindi i presupposti per l'esercizio di quei poteri di autotutela che consentirebbero di revocare il provvedimento 22 ottobre 1950 col quale, in applicazione dell'art. 13 lett. b) legge 22 dicembre 1939 n. 2006, l'Archivio centrale dello Stato ha acquisito il carteggio Petacci-Mussolini.

La conoscenza storica è anche divulgazione: pertanto, una volta riaffermata l'attualità dell'interesse all'acquisizione del carteggio, il medesimo rilievo dei personaggi in questione fonda anche un generale interesse pubblico alla diffusione dei dati oggettivi sui quali effettuare una ricostruzione storiografica. Tuttavia nell'ambito del carteggio in questione è necessario verificare, caso per caso, la effettiva consistenza del suddetto interesse pubblico alla conoscenza dei contenuti: in caso di prevalenza dell'interesse pubblico la pubblicazione di singoli documenti può prescindere dal consenso degli aventi diritto, mentre va subordinata al suddetto consenso quando la divulgazione è afferente alla sfera privata.

La consultazione di singoli documenti del carteggio Petacci-Mussolini, anche inerenti dati personali, deve avvenire secondo i criteri fissati dall'art. 123 comma 1 del d.lg. 42/2004, che comporta una valutazione in concreto al fine di bilanciare i contrapposti interessi della conoscenza storica e della riservatezza, considerando che l'eventuale notorietà di un singolo fatto documentato nel predetto carteggio di per sé costituirebbe condizione per la consultabilità del documento.

Cons. Stato, VI, 24 gennaio 2005, n. 106, Pres. Giovannini, Est. Polito.
Sulla dichiarazione di particolare interesse storico di un complesso di beni appartenenti a più proprietari.

La dichiarazione di particolare interesse storico di un immobile non richiede che il complesso di beni presi in considerazione debba necessariamente appartenere al medesimo soggetto, dovendo aversi riguardo sul piano oggettivo all'idoneità dell'insieme di beni, anche se appartenenti a diversi soggetti, ad esprimere l'interesse storico, artistico, o archeologico che l'amministrazione ha inteso tutelare.

Il giudizio di interesse storico e/o artistico di determinati beni ai fini dell'imposizione del vincolo diretto può fondarsi, oltre che sulle emergenze immediate del bene, anche su fonti bibliografiche e cartolari che ne indichino in dettaglio l'estensione e le originarie destinazioni d'uso nel caso di specie, la dichiarazione di vincolo del terreno adiacente ad un edificio ha trovato conforto in una documentazione storica risalente nel tempo, che ha confermato il legame unitario esistente fra l'edificio ed il giardino ad esso annesso).

Cons. Stato, IV, 31 gennaio 2005, n. 256, Pres. Riccio, Est. Leoni.
Sull'imposizione di un vincolo storico e artistico.

Quando in sede di imposizione di un vincolo stoico artistico viene data compiuta ragione del valore storico-archeologico dell'area in questione, con motivazioni prive di vizi di legittimità, non è poi necessaria una ponderazione dell'interesse culturale con altri interessi, pubblici e privati, dovendosi riconoscere al primo, in conformità dell'art. 9 Cost., un valore assoluto, e quindi una prevalenza istituzionale.

Cons. Stato, VI, 1 marzo 2005, n. 805, Pres. Giovannini, Est. Salemi.
In materia di vincolo archeologico e reperti interrati.

Per l'imposizione di un vincolo di interesse archeologico, non rileva se i materiali oggetto di tutela siano stati portati alla luce o siano ancora interrati, in quanto l'effettiva esistenza delle cose da tutelare può essere dimostrata anche per presunzione, essendo sufficiente che il complesso risulti adeguatamente definito e che il vincolo archeologico appaia adeguato alla finalità di pubblico interesse al quale è preordinato.

Cons. Stato, VI, 22 marzo 2005, n. 1160, Pres. Giovannini, Est. Salemi.
Sui beni storici e artistici di proprietà di enti pubblici e sulla non necessità di un provvedimento costitutivo del vincolo.

Contrariamente a quanto avviene per i beni di interesse artistico-storico di proprietà privata, per i quali, ai fini della sottoposizione al particolare regime giuridico di cui alla l. 1089/1939, è necessaria la notificazione di un apposito provvedimento che accerti l'esistenza del particolare interesse storico-artistico, i beni di interesse storico-artistico di proprietà degli enti pubblici sono ex lege assoggettati al regime per essi dettato dal codice civile ed alle norme protettive di cui alla citata l. 1089/1939, senza che sia necessario alcun accertamento costitutivo della loro qualificazione.

In tale caso, infatti, non è strutturalmente configurabile un'attività di accertamento costitutivo, ma soltanto un'attività di mera ricognizione di una situazione giuridica esistente, diretta cioè ad accertare che per il bene in questione ricorrono i presupposti che, per effetto scaturente direttamente dalla legge, fondano il suo assoggettamento al particolare regime di tutela.

Tuttavia, anche ai fini ricognitivi, non è sufficiente il mero richiamo alle disposizioni legislative che disciplinano il potere, ma è necessario accertare l'esistenza dei presupposti di fatto in ordine al valore storico-artistico del bene e quindi una adeguata motivazione dell'atto.

Cons. Stato, VI, 29 aprile 2005, n. 2004, Pres. Varrone, Est. Garofoli.
Sulle modalità di esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni di interesse storico e artistico.

L'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni di interesse storico e artistico, che formano oggetto di alienazione tra privati, non può essere motivato con un semplice rinvio al provvedimento impositivo del vincolo, ma è necessario giustificare le ragioni per le quali viene esercitato il diritto.

Cons. Stato, VI, 29 aprile 2005, n. 2017, Pres. Varrone, Est. Maruotti.
In tema di diritto di prelazione e rapporti obbligatori con il precedente proprietario.

Il decreto di esercizio della prelazione da parte dello Stato rende irrilevante ogni precedente contratto o rapporto di natura obbligatoria, di cui fosse parte il precedente proprietario, e - come ogni atto ablatorio - consente l'immissione nei confronti dell'occupante senza titolo e di chiunque utilizzi il bene quale detentore.

Cons. Stato, VI, 29 aprile 2005, n. 2036, Pres. Schinaia, Est. Montedoro.
In materia di vincolo storico notificato solo ad alcuni proprietari, di sanatoria dei vizi di notificazione e di distacco di beni (affreschi) vincolati unitariamente con il bene principale (edificio).

L'art. 13 del d.lg. 490/1999, che prevede il ministero possa procedere alla dichiarazione di bene culturale nei confronti dei beni immobili indicati nell'art. 2 per i quali non siano state rinnovate e trascritte le notifiche precedentemente effettuate a norma delle leggi 20 giugno 1909, n. 364, e 11 maggio 1922, n. 778, non dispone una generale sanatoria di tutti i vizi formali dei vincoli apposti prima del 1939, ma regolamenta una sanatoria per casi tipici e tassativi di vincoli con notifiche non rinnovate e di vincoli non trascritti.

L'art. 13 ben può essere utilizzato in relazione a vincoli apposti su immobili appartenenti a più proprietari, e notificati solo ad alcuni di essi, poiché nella "rinnovazione di notifiche precedentemente effettuate" va compresa non solo l'attività volta a rinnovare notifiche difettose per vizi propri, ma anche quella volta a rinnovare notifiche effettuate in modo incompleto perché non dirette a tutti i destinatari della misura di conoscenza, e, quindi, anche l'attività volta ad attingere con la notifica tutti i proprietari successivi dell'immobile, mentre originariamente il decreto di vincolo era stato portato a conoscenza solo di alcuni.

E' erroneo ritenere che il vincolo originariamente notificato ad alcuni solamente dei proprietari non riguardi l'intera proprietà, in quanto le "notifiche precedentemente effettuate" di cui è permessa la rinnovazione sono anche quelle effettuate in modo incompleto o difettoso nel senso soggettivo, ossia le notifiche dirette solo ad alcuni (non a tutti) fra i naturali destinatari, purché dal tenore oggettivo del decreto si possa desumere che il vincolo riguardi un intero bene, così come posseduto da diversi proprietari.

In presenza di affreschi e di determinate caratteristiche architettoniche dell'edificio, rientra - nella piena discrezionalità dell'amministrazione dei beni culturali - nel c.d. merito amministrativo - la decisione di non staccare gli affreschi e di tutelare l'immobile in tutta la sua consistenza.

Qualora un palazzo venga vincolato per l'interesse storico ed artistico proprio e delle sue pertinenze, quali affreschi murali, e si verifichino poi abusivamente il distacco e la vendita ad un terzo di tali affreschi, nonché la vendita ad un distinto acquirente del palazzo medesimo senza gli affreschi, deve riconoscersi alla p.a., nell'esercizio dei poteri conferitile dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, la facoltà di insorgere avverso detto distacco e vendita degli affreschi, per far valere la nullità del trasferimento ed ottenere una pronuncia di ripristino della situazione anteriore, restando a tal fine irrilevante sia la circostanza che il venditore degli affreschi non sia più proprietario del palazzo sia la circostanza che l'Amministrazione non abbia reagito anche contro la suddetta vendita del palazzo senza affreschi, trattandosi di una sua scelta discrezionale che non interferisce sulla permanenza del vincolo nella sua unitarietà.

Lo stato di degrado di un bene che non consenta di considerarlo inesistente non è di per sé ostacolo all'imposizione del vincolo d'interesse artistico storico ai sensi della l. 1089/1939.

Cons. Stato, VI, 7 giugno 2005, n. 2949, Pres. Varrone, Est. Maruotti.
Sul risarcimento dei danni in caso di illegittima imposizione di un vincolo storico artistico.

La condanna al risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'accertamento della illegittimità dell'atto autoritativo (imposizione di vincolo storico artistico), ma presuppone l'ulteriore accertamento della colpevolezza dell'apparato amministrativo, che il giudice amministrativo effettua senza formalismi (e senza gravare alcuno dell'onere della relativa prova), tenendo conto delle deduzioni delle parti e di quanto emerge dalla documentazione acquisita (nel caso di specie, l'annullamento dell'originario decreto di vincolo era avvenuto per insufficiente motivazione e inadeguata istruttoria, poiché il ministero si era basato su una istruttoria che - pur avendo evidenziato il particolare pregio del complesso immobiliare - non aveva tenuto conto anche del fatto che il bene era già stato "interessato da lavori edilizi preceduti da denuncia di inizio"; il Consiglio di Stato ha affermato che non era rimproverabile il comportamento del ministero, che, a seguito dell'annullamento dell'atto, pur potendo reiterare il vincolo sull'intero complesso immobiliare sulla base di una ulteriore specifica valutazione sulla prevalenza degli interessi pubblici, neppure esclusa dal Tar, ha ritenuto di contemperare tali interessi, non ostacolando l'edificazione su una parte della superficie originariamente vincolata e rinnovando l'imposizione del vincolo solo su una parte di tale superficie).

Cons. Stato, VI, 16 giugno 2005, n. 3148, Pres. Schinaia, Est. Polito.
Circa l'autorizzazione per i lavori su immobili tutelati.

Il potere di autorizzare lavori si beni immobili vincolati sotto il profilo storico artistico è caratterizzato da un'ampia sfera di valutazione tecnico discrezionale dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, che deve bilanciare le esigenze di uso del bene da parte del proprietario e i valori storici ed artistici che costituiscono la ragione del vincolo.

Il giudice amministrativo esercita un sindacato di tipo "esterno" su tale potere limitato alla verifica della corretta percezione da parte dell'organo pubblico dei presupposti di fatto del provvedere, della completezza dell'istruttoria, della ragionevolezza delle scelte effettuate in relazione alla fattispecie concreta, dell'esaustiva esternazione delle ragioni della decisione.

Cons. Stato, VI, 22 giugno 2005, n. 3305, Pres. Giovannini, Est. Maruotti.
Sul vincolo archeologico e sull'estensione dei ritrovamenti.

Per imporre un vincolo archeologico su determinate aree non è necessario che su tutte le aree interessate siano avvenuti ritrovamenti, essendo sufficiente che l'amministrazione, sulla base di dati oggettivi, ritenga che reperti non ancora portati alla luce sono presenti nel sottosuolo.

Cons. Giust. amm. reg. Sic., 14 luglio 2005, n. 446, Pres. Barbagallo, Est. De Lipsis.
Sulla demolizione di opere abusive realizzate in zona vincolata.

In presenza di una inerzia dell'amministrazione comunale nel disporre la demolizione di opere abusive eseguite nella Valle dei Templi di Agrigento, è legittimo l'esercizio di poteri surrogatori da parte dell'assessorato regionale ai beni culturali e ambientali, a nulla rilevando la competenza dell'assessorato regionale per il territorio e l'ambiente per i profili edilizi ed urbanistici.

Cons. Giust. amm. reg. Sic., ordinanza 29 luglio 2005, n. 504, Pres. Barbagallo, Est. de Francisco.
Sull'organizzazione della amministrazione del ministero dei Beni culturali (questione di legittimità costituzionale)

Non è manifestamente infondata, con riferimento all'art. 76 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 comma 2 legge 29 gennaio 1975, n. 5, e derivativamente dell'art. 31 (con particolare riferimento al comma 6) d.p.r. 3 dicembre 1975, n. 805, in quanto il detto comma 2, nel delegare il governo a disciplinare la struttura degli uffici per il definitivo assetto funzionale del ministero per i Beni culturali e ambientali e a riorganizzare gli organi consultivi relativi alle materie trasferite ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, omette nel comma 2 (al contrario che nel comma 1) di prefissare al Legislatore delegato qualsiasi principio o criterio direttivo, con il corollario o della radicale illegittimità sia della norma delegante sia di quella delegata, ovvero di quest'ultima soltanto nella parte in cui, nel riscontrato difetto di parametri guida, ha travalicato il minimale potere di riassetto della materia delegata, innovando, al sistema legislativo previgente al di là dei limiti consentiti da un mero riassetto della materia (questione già sollevata dal Cga con ord.za 2 novembre 2001, n. 505, e dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte cost. con ord.za 9 luglio 2002, n. 330).

Cons. Stato, VI, 5 agosto 2005, n. 4147, Pres. Giovannini, Est. Montedoro.
Sul rapporto tra vincolo storico artistico e utilizzo commerciale del bene.

Ai fini della l. 1089/1089 costituiscono oggetto di tutela storico culturale i beni nei quali siano incorporati valori storico-artistici e culturali (e quindi compresi quelli attinenti a speciali discipline) non anche le gestioni commerciali e gli esercizi artigianali, nei quali si svolgono attività attinenti ai valori sopramenzionati; peraltro è legittima l'imposizione del vincolo storico culturale, ai sensi dell'art. 1 legge citata, finalizzato alla conservazione di aspetti architettonici ed arredi decorativi di un esercizio commerciale che costituisca testimonianza dello stile e della cultura di una determinata fase storico-ambientale.

La rilevanza culturale non richiede l'accadimento di fatti storici specifici in un locale ma può desumersi dall'utilizzo antico dell'immobile, con conseguente suo radicamento nella storia e nella cultura locale (nel caso di specie, è stato ritenuto che la situazione dei locali e degli arredi dell'esercizio la Chincaglieria La Coroncina di Bologna è tale da denotare un innegabile pregio storico ed artistico, mentre il riferimento all'esercizio commerciale è finalizzato solo ad individuare l'oggetto della tutela, comprensivo, nella specie, di vetrine di esposizione, porta di ingresso, scaffalature lignee, boiseries ecc. ed è stato evidenziato che la relazione storico-artistica evidenziava, a sufficienza, gli elementi di collegamento con la storia e la cultura bolognese, con valutazione espressiva di discrezionalità tecnica non viziata da illogicità o travisamento).

Cons. Stato, VI, 20 ottobre 2005, n. 5904, Pres. Varrone, Est. Montedoro.
Sulla sanzione amministrativa ex art. 59 della l. 1089/1939 e sul caso di un immobile vincolato demolito per esigenze di incolumità pubblica.

Il carattere peculiare della sanzione amministrativa di cui all'art. 59 della l. 1089/1939 comporta la non applicabilità della l. 689/1981 e, in particolare, dell'art. 28 in tema di prescrizione, con la conseguenza tale potere sanzionatorio non è soggetto a prescrizione ed è esercitato in surroga del potere ripristinatorio, per cui come quest'ultimo può essere azionato senza termine (si è infatti ritenuto che il potere dell'amministrazione di ordinare la demolizione di edifici costruiti su beni d'interesse storico artistico non viene meno per il fatto che l'autorità competente abbia lasciato trascorrere un lungo periodo di tempo prima di avvalersene), così anche la sanzione pecuniaria può sempre essere irrogata nel caso in cui il ripristino non risulti possibile.

E' illegittima una sanzione irrogata al comune per l'avvenuta demolizione di un immobile vincolato, nel caso in cui il provvedimento sanzionatorio tenga conto (e quindi non motivi) circa le ragioni che hanno indotto il comune a demolire l'immobile (il sindaco aveva agito in una situazione del tutto particolare: aveva dapprima ordinato ai proprietari di eseguire i lavori di consolidamento in ragione del fatto che i dissesti ed i possibili crolli avrebbero potuto causare danni alla cittadinanza e, successivamente, in ragione degli ulteriori crolli determinati dal terremoto del 1980 e dell'inerzia della predetta soprintendenza, ne aveva ordinato la demolizione per eliminare lo stato di pericolo).

Cons. Stato, VI, 20 ottobre 2005, n. 5909, Pres. Varrone, Est. Barra Caracciolo.
Sui presupposti per la dichiarazione di particolare interesse storico di un edificio.

Ai fini dell'imposizione del vincolo storico-artistico, non si può infatti ritenere sufficiente il riferimento ad elementi come il sistema politico in cui si inserisce funzionalmente l'edificio, o la vetustà ultra cinquantennale, o l'attribuzione ad un determinato stile architettonico, sia pure sottolineando la odierna rivalutazione dello stesso stile e descrivendo le caratteristiche essenziali dell'edificio. Quello che, al di là di presupposti storico-politici generali e di elementi descrittivi, qualifica l'interesse in rilievo è l'individuazione e l'esposizione delle ragioni per cui, nel panorama critico di quello stesso stile architettonico, esistano obiettivi e pregnanti elementi dell'immobile considerato che illustrino un peculiare e specifico pregio, alla stregua di un giudizio di valore obiettivo e condivisibile secondo i parametri più accreditati della critica nel settore culturale interessato. L'interesse deve infatti essere particolarmente importante con riguardo alla rarità se non all'unicità dell'edificio, in termini di testimonianza di un determinato stile architettonico (nel caso di specie, la dichiarazione di particolare interesse storico del bene è stata annullata su ricorso del comune).

Cons. Stato, VI, 21 ottobre 2005, n. 5939, Pres. Giovannini, Est. Salemi.
Sull'imposizione di un vincolo storico artistico e sul sindacato giurisdizionale.

La declaratoria di particolare interesse storico e artistico di un immobile è basata su un giudizio che attiene alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione ed è sindacabile in sede di legittimità solo per difetto di motivazione, illogicità manifesta ed errore di fatto.

In tema di imposizione di vincolo storico ed artistico, la motivazione attiene all'indicazione e alla specificazione del tipo di interesse che giustifica il provvedimento e cioè, nel caso di specie, del valore artistico del bene, sicché l'attività dell'amministrazione è quella concernente la valutazione di particolare rilevanza del bene dal punto di vista artistico, esulando da essa la valutazione di altri profili di interesse pubblico (nel caso di specie, è stato ritenuto irrilevante che l'amministrazione dei beni culturali non abbia tenuto delle osservazioni espresse da un comune, che aveva evidenziato il pregiudizio che il vincolo avrebbe causato alla realizzazione di una progettata scuola, mentre non aveva sollevato alcuna contestazione relativamente al valore storico dei terreni da sottoporre a vincolo).

Cons. Stato, VI, 8 novembre 2005, n. 6214, Pres. Giovannini, Est. Polito.
Sulla tutela storico artistica e sul rapporto con il degrado e la destinazione d'uso di un bene.

Eventuali condizioni di degrado di un bene di interesse storico, artistico o archeologico o la presenza di superfetazioni ed elementi aggiuntivi all'originaria consistenza non fanno venir meno le esigenze di tutela storico artistica; queste ultime, anzi, devono ritenersi rafforzate a prevenzione di ogni ulteriore degrado, con effetto anche sulle misure di tutela indiretta, la cui ragion d'essere non viene meno per il turbamento arrecato all'originario sviluppo ed alle linee architettoniche dell'edificio di riconosciuto valore monumentale.

Nella graduazione degli interessi pubblici che coinvolgono l'utilizzo del territorio quelli afferenti alla tutela del patrimonio storico ed artistico, del paesaggio e dell'ambiente assumono carattere prevalente su ogni altro, in relazione al principio di primaria tutela, assunto a fondamento dell'ordinamento della Nazione, che si enuclea dall'art. 9, comma secondo, della Costituzione, di conseguenza, la destinazione ad uso edilizio di un'area non preclude, pertanto, la possibilità di esercitare la potestà di tutela nelle forme previste dalla l. 1089/1939.

Cons. Stato, VI, 15 novembre 2005, n. 6355, Pres. Varrone, Est. Cafini.
In materia di vincolo archeologico.

Per salvaguardare l'integrità, il decoro e il godimento di un complesso archeologico e per consentire le ricerche re adhuc integra, l'amministrazione può sottoporre al vincolo un'ampia area, considerata come parco o complesso archeologico, dove vi sono stati i più antichi insediamenti o sono stati rinvenuti reperti. in tal caso, per l'imposizione del vincolo non è necessario che siano stati riportati alla luce tutti i reperti o che siano stati effettuati scavi preventivi estesi a tutta l'area (non sempre possibili), essendo sufficiente che essi siano stati rinvenuti in alcuni terreni tra quelli vincolati e che il complesso stesso risulti adeguatamente definito e il vincolo appaia adeguato alla finalità di pubblico interesse cui è preordinato.

L'amministrazione dei beni culturali può motivatamente rilevare (con una valutazione di per sé insindacabile) che i ruderi disseminati su una vasta estensione di terreno (di epoca storica o preistorica) facciano parte di un complesso inscindibile: oltre alla loro scoperta e valorizzazione in funzione della conoscenza e delle ricerche nei vari settori scientifici, i beni archeologici possono essere tutelati anche in funzione della immutabilità o della conservazione dell'unitario contesto ambientale in cui si trovano.

Cons. Giust. amm. reg. Sic., 14 dicembre 2005, n. 867, Pres. Trovato, Est. Giaccardi.
Sull'applicabilità nella regione siciliana del Testo unico beni culturali ed ambientali.

Le norme del Testo unico beni culturali ed ambientali trovavano applicazione in Sicilia, pur in mancanza di formale recepimento in sede regionale, in quanto la disciplina all'esame riguarda specificamente non la materia urbanistica, ma quella della tutela delle bellezze naturali, in relazione alla quale la regione siciliana ha normato facendo riferimento alla disciplina sostanziale di cui alla l. 1497/1939, del resto comunque applicabile, in mancanza di "occupazione" della materia da parte di specifiche fonti regionali.

In Sicilia le soprintendenze ai beni culturali ed ambientali sono organi periferici dell'assessorato bb.cc.aa. e p.i., con la conseguenza che l'intera normativa dettata in materia, sia essa statale o regionale, trova in essi i suoi referenti istituzionali in sede amministrativa, per ciò stesso muniti del potere-dovere di applicare le norme speciali dettate dal legislatore e di attivare le relative procedure coercitive e sanzionatorie.

2. Beni paesaggistici

Cons. Stato, VI, 14 febbraio 2005, n. 474, Pres. Schinaia, Est. Salemi.
Sul rilascio dell'autorizzazione paesaggistica postuma.

E' possibile rilasciare l'autorizzazione paesaggistica dopo la realizzazione dell'intervento, e salva l'applicazione delle sanzioni, anche dopo l'entrata in vigore della l. 47/1985, in quanto la valutazione di impatto paesaggistico non muta in relazione al fatto che l'opera sia stata realizzata o meno.

Cons. Stato, VI, 16 febbraio 2005, n. 499, Pres. Varrone, Est. Salemi.
Sul risarcimento del danno per illegittimo annullamento di una autorizzazione paesaggistica.

In casi di illegittimità, accertata in sede giurisdizionale, dell'annullamento di una autorizzazione paesaggistica, in seguito al quale è stata anche annullata la concessione edilizia, al privato spetta il risarcimento del danno consistente nel guadagno non conseguito e non più conseguibile (se non in via risarcitoria) a causa della tardiva realizzazione del menzionato progetto; deve escludersi che l'area del risarcimento si possa dilatare sino a comprendere l'utile che l'appellante avrebbe ricavato, ove dopo aver ricostruito il fabbricato, avesse proceduto alla vendita del fabbricato stesso (nel caso di specie il danno è stato liquidato in via equitativa nella misura di euro 51.645).

Cons. Stato, VI, 9 marzo 2005, n. 968, Pres. Giovannini, Est. Chieppa.
Sui termini per l'annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche da parte delle soprintendenze e sulle richieste istruttorie.

Il termine di 60 giorni previsto per l'esercizio del potere di annullamento decorre dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell'autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico-amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti.

Tale richiesta istruttoria può essere effettuata nel solo caso di mancata trasmissione della documentazione o degli elementi, sulla cui base l'autorizzazione è stata rilasciata, senza che il termine possa essere interrotto da richieste istruttorie, relative a documenti diversi ed ulteriori, rispetto quelli acquisiti nel procedimento conclusosi con l'autorizzazione; una diversa interpretazione attribuirebbe alla suddetta autorità un potere, che potrebbe agevolmente essere sospeso indefinitamente con richieste di elementi integrativi, che condurrebbero al concreto risultato dell'elusione del termine perentorio (nella specie, la richiesta di mere nuove fotografie è stata ritenuta non idonea ad interrompere il termine perentorio, mentre è stato affermato che poteva essere richiesto, con effetti interruttivi sul termine, il montaggio fotografico soprattutto con l'indicazione delle volumetrie previste, perché questo aveva costituito un elemento su cui il comune si era pronunciato nel suo giudizio di compatibilità con il vincolo ambientale e che doveva essere quindi valutato dalla Soprintendenza).

Cons. Stato, VI, 22 marzo 2005, n. 1186, Pres. Varrone, Est. Montedoro.
In materia di vincolo paesaggistico e tutela di insieme e sui rapporti tra vincolo ambientale e vincolo culturale.

Il vincolo di bellezza d'insieme non postula necessariamente che ogni singola cosa compresa nel paesaggio abbia caratteri di bellezza naturale, fermo restando che le bellezze individue vanno protette singolarmente e non vincolando complessi di immobili.

Non è necessario che sussistano punti di vista per tutelare il quadro naturale che può essere goduto anche dall'interno, dovendosi considerare il pregio intrinseco del bene; la mancanza del belvedere non osta quindi alla legittimità del vincolo.

La delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale "bellezza d'insieme", ai sensi dell'art. 1 n. 3 e 4 legge 29 giugno 1939, n. 1497 costituisce poi tipica espressione di discrezionalità tecnica, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità se non sotto il profilo della manifesta arbitrarietà ed illogicità della scelta operata.

L'esistenza di un vincolo di bellezza naturale o ambientale già imposto ai sensi della l. 1497/1939, non preclude la possibilità di stabilire un successivo specifico vincolo sul medesimo immobile, per interesse storico o artistico, a norma della l. 1089/1939; così esprimendosi per la astratta cumulabilità dei vincoli (vale anche l'inverso ovviamente e l'imposizione di un previo vincolo culturale non esclude un successivo vincolo ambientale).

Non è richiesta l'eccezionale bellezza per imporre il vincolo, in quanto lo stato di degrado o di cattiva conservazione del bene non è di ostacolo per l'imposizione del vincolo, ben potendo detto vincolo costituire il presupposto per l'emanazione di misure cautelari e conservative a carico dell'ente proprietario (nel caso di specie, è stato ritenuto che non osta all'imposizione del vincolo paesaggistico la presenza di una discarica).

L'imposizione del vincolo su una bellezza d'insieme si perfeziona già nel momento in cui l'elenco delle località predisposto dalla commissione provinciale, nel quale è compresa detta bellezza, viene pubblicato all'albo dei comuni, e non occorre anche che si siano compiute le necessarie fasi procedimentali costituite dalla presentazione di opposizioni, reclami e proposte da parte di chi vi abbia interesse, dall'esame delle stesse da parte del ministero (nel caso in esame della regione), dall'eventuale modificazione degli elenchi ad opera dello stesso ministero (o regione) e dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Nella regione Piemonte, rientra nella competenza della giunta regionale il provvedimento di imposizione del vincolo paesaggistico.

Cons. Stato, VI, 13 maggio 2005, n. 2417, Pres. Varrone, Est. Polito.
Sulla comunicazione di avvio del procedimento di riduzione in pristino.

L'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento avente per oggetto l'irrogazione della misura della riduzione in pristino di area di interesse ambientale con ricostituzione delle specie vegetali distrutte non incide sulla validità del provvedimento quando dalle risultanze in sede contenziosa emerge che l'annullamento dell'atto opererebbe su un piano soltanto formale, senza portare a un contenuto diverso da quello in concreto adottato.

Cons. Stato, VI, 7 giugno 2005, n. 2926, Pres. Schinaia Est. Volpe.
Sul rapporto tra vincoli e pianificazione paesistica e sulla natura del potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche.

L'art. 1-bis del d.l. 312/1985, convertito, con modificazioni, dalla l. 431/1985, nell'imporre alle regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale le aree di particolare interesse paesistico, consente a tal fine di far ricorso a due diversi strumenti pianificatori, di cui il primo è costituito dai "piani paesistici" e il secondo, invece, dai "piani urbanistico-territoriali" con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, i quali, pur presentando natura diversa dai "piani paesistici", hanno natura di strumenti urbanistici e basano il loro nucleo iniziale di disciplina nei piani territoriali di coordinamento di cui all'art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.

I piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali non solo non fanno venire meno, ma anzi suppongono l'esistenza del vincolo paesaggistico

Il potere di annullamento del nulla osta paesaggistico, attribuito al ministero dei beni culturali dall'art. 82 del d.p.r. 616/1997, non comporta un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall'autorità sottoposta che ha emanato il nulla osta, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio del titolo autorizzatorio, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità, riferito a tutti i possibili vizi dell'eccesso di potere.

In sede di esame dell'istanza di autorizzazione paesistica a realizzare una costruzione edilizia, l'autorità delegata o subdelegata deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere, verificando se esse comportino una progressiva o ulteriore compromissione dell'area protetta; deve valutare, poi, a seconda dei casi, il particolare pregio dell'area o l'esigenza di evitare l'antropizzazione o l'alterazione per la fauna e la flora, e deve motivare l'autorizzazione in modo tale che emerga l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto, nonché la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria.

Cons. Stato, VI, 27 giugno 2005, n. 3384, Pres. Varrone, Est. Caringella.
Sulla comunicazione di avvio del procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.

L'annullamento ministeriale dell'autorizzazione paesaggistica deve essere preceduto dall'avviso dell'inizio del procedimento.

Cons. Giust. amm. reg. Sic., 29 luglio 2005, n. 480, Pres. Barbagallo, Est. de Francisco.
Sull'estensione del vincolo paesaggistico ad aree circostanti siti archeologici.

Ai sensi dell'art. 146 d.lg. 490/1999 rientrano nella tutela paesaggistica anche le aree circostanti i siti archeologici, le quali concorrono a creare, unitamente con questi ultimi, un insieme paesaggistico armonico ed omogeneo (nella specie, è stata respinto il ricorso avverso un diniego relativo ad una richiesta di nulla osta paesistico su un progetto di campeggio sito nelle vicinanze di un sito archeologico).

Cons. Stato, IV, 20 settembre 2005, n. 4828 - Pres. Patroni Griffi, Est. Deodato.
Sul rapporto tra strumenti urbanistici e vincoli storici o ambientali.

In ordine al rapporto fra piano regolatore generale o sue varianti da un lato, e vincoli e destinazioni di zone a vocazione storica, ambientale e paesistica, dall'altro, va rilevato che i beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici, e che il comune conserva la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici.

Cons. Stato, IV, 10 novembre 2005, n. 6312, Pres. Salvatore, Est. Poli.
Sulla necessità dell'autorizzazione paesaggistica per le opere militari da realizzare in zona vincolata.

A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 156 del d.lg. 490/1999, che ha espressamente sancito che per tutte le opere statali "ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, il ministero può in ogni caso rilasciare o negare entro sessanta giorni l'autorizzazione, anche in difformità della decisione regionale", deve ritenersi che tutte le opere militari, in quanto statali, sono sottoposte alla disciplina propria dettata dalla specifica normativa in materia di beni culturali e ambientali (fattispecie cui non era applicabile l'art. 147 del Codice dei beni culturali - d.lg. 42/2004, che ha introdotto una disciplina speciale per tutte le opere statali, ivi inclusi gli alloggi militari, in forza della quale l'autorizzazione paesistica è rilasciata all'esito di una conferenza di servizi).

 



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