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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

Presentazione

di Roberto Chieppa

 

Con il 2006 la rivista "Aedon" si arricchisce di un Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di beni culturali e paesaggistici. Tramite l'Osservatorio verranno segnalate le massime di quasi tutte le pronunce del Consiglio di Stato in materia di beni culturali e delle principali decisioni in tema di beni paesaggistici. Le decisioni in tema di beni culturali sono spesso motivate in fatto e di conseguenza non trovano facilmente spazio nelle riviste di diritto amministrativo; in considerazione di ciò, è stata scelta una tecnica di redazione della massima, che lasci emergere almeno in parte il fatto oggetto della controversia, in modo da evitare di riproporre massime consolidate che possono risultare di minore interesse se non collegate al fatto. Il testo delle decisioni è comunque facilmente reperibile sul sito ufficiale del Consiglio di Stato www.giustizia-amministrativa.it.

La scelta di pubblicare anche alcune decisioni sui beni paesaggistici da un lato si pone in linea con l'inclusione del paesaggio tra i contenuti della rivista "Aedon", avvenuta a partire dallo scorso numero della rivista per le ragioni illustrate nell'editoriale del Prof. Cammelli. Sotto altro profilo, tale scelta si rende necessaria anche per segnalare quelle sentenze, che, pur vertendo sui beni paesaggistici, possono coinvolgere anche i beni culturali sotto il profilo dell'interpretazione delle norme procedimentali o di principi generali validi per entrambe le discipline.

Va tenuto presente che il contenzioso in materia di beni culturali è numericamente inferiore a quello relativo ai beni paesaggistici. Ciò dipende dal fatto che le procedure di autorizzazione degli interventi relativi ai beni culturali sono concentrate in capo al ministero o alle locali soprintendenze, mentre per i beni paesaggistici tali procedure riflettono la c.d. co-gestione del bene ambiente da parte di Stato, regioni ed enti locali, che ha determinato un sistema di ripartizione di competenze che vede, in attuazione del decentramento, in primo piano gli enti più vicini ai cittadini e all'intervento da realizzare e in seconda battuta lo Stato, che conserva dei poteri di intervento ad estrema difesa del vincolo ambientale.

Proprio il potere di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica, riservato agli organi ministeriali, è stato da sempre oggetto di un ampio contenzioso ed anche per questo sarà sostituito da un parere che le Soprintendenze potranno esprimere all'interno di un unico procedimento di autorizzazione (regime ordinario, non ancora entrato in vigore, previsto dall'art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). Nel sistema attualmente vigente il rilascio di una autorizzazione paesaggistica da parte della regione o degli enti locali suscita spesso nell'interessato aspettative all'edificazione che, in caso di annullamento da parte della soprintendenza, inducono a ricorrere in sede giurisdizionale. Questa la principale ragione del maggior contenzioso sui beni paesaggistici rispetto a quello sui beni culturali.

Dalla lettura delle massime contenute in questo primo Osservatorio si possono trarre alcune considerazioni di carattere generale. Emerge una tendenza del giudice amministrativo ad attestarsi in tali giudizi su massime ricorrenti, che vengono riproposte dal giudice ed adattate ai fatti di causa.

Sotto il profilo dell'intensità del sindacato giurisdizionale, viene spesso richiamato quell'orientamento secondo cui la declaratoria di particolare interesse storico e artistico di un immobile è basata su un giudizio che attiene alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione ed è sindacabile in sede di legittimità solo per difetto di motivazione, illogicità manifesta ed errore di fatto. E' noto che fino a pochi anni fa l'equazione discrezionalità tecnica - merito insindacabile rendeva particolarmente ardua la tutela giurisdizionale in tutti quei casi in cui la scelta amministrativa era preceduta da valutazioni tecniche fondate su scienze non esatte. Basti pensare alle difficoltà che incontrava il privato, proprio nel settore dei beni culturali e paesaggistici, nel contestare l'apposizione di un vincolo su un bene di sua proprietà, se proprio il momento della valutazione della rilevanza storico - artistica o ambientale dell'immobile veniva sottratto al sindacato del giudice.

Il definitivo superamento di tale orientamento si ebbe con la sentenza n. 601 del 9 aprile 1999 della IV sezione del Consiglio di Stato, con cui è stato evidenziato che la c.d. "discrezionalità tecnica" è altra cosa dal merito amministrativo: essa ricorre quando l'amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta. L'applicazione di una norma tecnica può comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento, quando la norma tecnica contenga dei concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili. Ma una cosa è l'opinabilità, altra cosa è l'opportunità.

Il Consiglio di Stato, a supporto della svolta, ha poi utilizzato anche un ulteriore argomento di carattere processuale, costituito dall'introduzione nel processo amministrativo della generalizzata possibilità del ricorso alla consulenza tecnica d'ufficio, che oggi consente al giudice amministrativo un più completo accertamento del fatto e un sindacato esteso anche alle valutazioni tecniche effettuate dall'amministrazione. Da un controllo meramente estrinseco si è passati ad un controllo intrinseco sulla discrezionalità, anche tecnica, esercitata dalle P.a.

Tornando alle massime contenute in questo primo Osservatorio, l'impressione è che nel settore dei beni culturali e paesaggistici, tali aperture tendenti ad un sindacato più intenso del giudice amministrativo, siano utilizzate con maggiore prudenza e spesso si faccia ricorso a massime anche datate per limitare il sindacato su alcune valutazioni effettuate dall'amministrazione. Lo strumento della ctu viene utilizzato molto raramente dal giudice.

Va tuttavia rilevato come tale atteggiamento non costituisca la regola: in una fattispecie esaminata nel 2004 dalla VI sezione del Consiglio di Stato, la dichiarazione di notevole interesse archeologico di determinati beni immobili è stata annullata sulla base di una ctu disposta in primo grado e da cui era emerso che il provvedimento dell'amministrazione si era fondato su una "raffigurazione della realtà, se non distorta, quantomeno trasfigurata". All'annullamento del vincolo, fondato anche sulle conclusioni della ctu, era seguito anche un giudizio risarcitorio in cui, sulla base di altra consulenza, l'amministrazione era stata condannata al risarcimento dei danni (Cons. Stato, VI, n. 1261/2004).

Da tali elementi emerge l'esigenza di rendere sempre più effettiva la tutela giurisdizionale del privato avverso gli atti della P.a., anche se si deve essere consapevoli dei rischi di un indiscriminato utilizzo delle ctu, che devono servire per consentire al giudice un completo accertamento, anche sotto il profilo tecnico, dei fatti di causa, e non per creare una sorta di amministrazione "virtuale" sostitutiva dell'operato dell'amministrazione reale.

Il corretto punto di equilibrio tra tali esigenze non è facile da raggiungere, ma ciò dovrebbe indurre il giudice amministrativo ad uno sforzo maggiore per arrivare ad un pieno accertamento dei fatti in tali controversie, senza "trincerarsi", come a volte avviene e come si può ricavare da alcune massime segnalate, dietro una sostanziale non sindacabilità o limitata sindacabilità degli atti dell'amministrazione dei beni culturali.

Molte altre sarebbero le questioni di rilievo in relazione alla disciplina dei beni culturali e paesaggistici, ma ovviamente non si ha la pretesa di affrontarle, o anche citarle, tutte in questa breve presentazione, che forse è andata anche al di là di una semplice introduzione al nuovo Osservatorio.

L'auspicio è comunque che questo Osservatorio, che seguirà la cadenza quadrimestrale della rivista, possa costituire un piccolo contributo finalizzato ad incrementare le occasioni di riflessione e di dibattito, che da tempo la rivista Aedon offre nel settore dei beni culturali e oggi anche paesaggistici. Le riflessioni che in questi anni la rivista ha fornito dimostrano la bontà di una iniziativa che ha colto l'esigenza di una autonoma trattazione, insieme organica e puntuale, delle questioni giuridiche ed istituzionali che riguardano questa materia. Il contributo al dibattito scientifico offerto dalla rivista Aedon assume particolare rilevanza in una nazione come l'Italia, in cui dovrebbe essere unanimemente condivisa l'esigenza (e la responsabilità) di proteggere il patrimonio culturale e ambientale. In tale contesto una "finestra" sulla giurisprudenza amministrativa può essere particolarmente utile per i lettori e può contribuire a "stimolare" lo stesso giudice amministrativo verso quello "sforzo maggiore", descritto in precedenza, nella trattazione delle controversie in tema di beni culturali e paesaggistici.

 

 



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