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Il percorso delle riforme

 

Gli uffici di diretta collaborazione nel nuovo ministero
per i Beni e le Attività culturali

di Luisa Torchia


Sommario: 1. La "diretta collaborazione" fra indirizzo politico e gestione amministrativa. - 2. La specificità del Mbac. - 3. Conclusioni.



1. La "diretta collaborazione" fra indirizzo politico e gestione amministrativa

Il regolamento 6 luglio 2001, n. 307 ridefinisce ex novo, per il Mbac, l'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione e si inserisce, dunque nel processo di attuazione della riforma del governo prevista con la legge di delega 15 marzo 1997, n. 59 realizzata sul piano generale con i d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 e 30 luglio 1999, n. 303 e specificamente per il Mbac con il d.lg. 368/1998 (le cui disposizioni sono riprese e in parte modificate dal d.lg. 300/1999).

In questo quadro, la riorganizzazione delle strutture di "line" e di "staff" è stata definita, quanto ai principi e ai criteri comuni, nelle disposizioni di legge e rimessa, quanto alla individuazione e determinazione delle specifiche e concrete soluzioni organizzative, alle disposizioni regolamentari. I regolamenti in materia di uffici di "line" e di uffici di "staff" hanno, così, lo stesso rango, ma sono distinti oltre che per materia anche quanto ai criteri direttivi, che si trovano, per gli uffici di diretta collaborazione, nell'articolo 7 del d.lg. 300/1999.

La disciplina dettata con questo articolo si differenzia significativamente da quella previgente, risalente agli anni '20, per almeno tre aspetti rilevanti: la configurazione dell'attività di diretta collaborazione, l'offerta di più moduli organizzativi, il ricorso non più limitato a specifiche categorie di personale per la direzione degli uffici.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l'attività di diretta collaborazione va collocata all'interno dei nuovi rapporti tra politica e amministrazione, retti, in virtù delle riforme degli anni novanta, dal principio di separazione e distinzione.

Nel sistema precedente gli uffici coadiuvavano un ministro che era, allo stesso tempo, vertice politico e vertice amministrativo dell'apparato, titolare di tutti i poteri di decisione e, almeno formalmente, di tutte le responsabilità. Una volta distinta la responsabilità per l'indirizzo politico dalla responsabilità per la gestione amministrativa, è emersa la necessità di "attrezzare" sia l'attività di indirizzo, sia l'attività di gestione con apposite strutture, distinte quanto a funzioni e organizzazione. Di conseguenza, la disciplina degli uffici di "staff" e degli uffici di "line" si è differenziata, garantendo, inoltre, per questi ultimi, una più ampia possibilità di scelta al ministro, sia pure entro un quadro generale definito. La disciplina generale indica, infatti, gli uffici necessari e le funzioni minime, ma consente articolazioni e arricchimenti a seconda delle esigenze.

Sul piano organizzativo, il principale cambiamento è dato dal superamento della tradizionale diarchia fra ufficio di gabinetto e ufficio legislativo, con l'individuazione del gabinetto quale centro unitario di imputazione e di organizzazione, ferma restando la possibilità di differenziare l'articolazione interna.

Per quanto riguarda, infine, i titolari degli uffici, si è abbandonata la riserva a favore di alcune categorie (magistrati, avvocati dello Stato, etc.), liberando i requisiti richiesti - "expertise", professionalità, competenza - dalla necessaria corrispondenza con alcuni mestieri.

La "diretta collaborazione" non è più, quindi, un'attività riservata più o meno esclusivamente ai giuristi, mentre, per altro verso, si accentua il carattere fiduciario della scelta del titolare, una volta che questa sia estesa oltre il tradizionale ristretto numero di categorie, per così dire "abilitate".

 

2. La specificità del Mbac

Nell'ambito del processo di riforma del governo e degli apparati ministeriali, la riforma del Mbac ha seguito un percorso singolare, motivato con la "specificità" del ministero stesso, che ha portato, come si è detto, all'anticipazione della riorganizzazione con il d.lg. 368/1998.

Si è scelto, in questo quadro, di non ricorrere all'articolazione per dipartimenti, come nella maggior parte dei ministeri, ma alla più tradizionale organizzazione per direzioni generali - solo altri due ministeri, la Difesa e gli Affari esteri, mantengono questa articolazione - con l'istituzione di un segretario generale.

La "specificità" del Mbac non rileva, però, nel regolamento sugli uffici di diretta collaborazione, se non appunto per il particolare problema di disciplinare i rapporti fra le diverse linee di comando: ministro, gabinetto, segretario generale, direttori generali.

Per il resto, il regolamento è assai simile agli altri regolamenti sugli uffici di diretta collaborazione emanati per gli altri ministeri e ha, del resto, nonostante l'anticipo della riorganizzazione, seguito gli stessi tempi.

Come si evince dalla premessa, infatti, ad una prima deliberazione del Consiglio dei ministri del 25 febbraio 2000, ne sono seguite altre due, il 7 febbraio 2001 (quindi quasi un anno dopo) e, in via definitiva, il 22 giugno 2001. Fra le cause di questo prolungato iter stanno anche le ripetute osservazioni frapposte dagli organi di controllo e in particolare dalla Corte dei conti, tese soprattutto a salvaguardare i privilegi del personale già in servizio rispetto alla possibilità di ricorso a personale esterno.

Proprio sulla disciplina del personale è concentrata in larga misura la disciplina contenuta nel regolamento, con la determinazione del contingente (110 unità, di cui 20 esterni all'amministrazione, più 12 esperti, oltre ai capi degli uffici) e la minuta regolazione degli aspetti retributivi.

Per quanto riguarda l'articolazione organizzativa, il gabinetto è costituito come centro di responsabilità amministrativa, articolato in sei uffici: l'ufficio di gabinetto, la segreteria del ministro, l'ufficio legislativo, l'ufficio stampa e comunicazione, il servizio di controllo interno, le segreterie dei sottosegretari.

I compiti degli uffici sono definiti richiamando le norme generali in materia - ad esempio, per il servizio di controllo interno si richiama tout court il d.lg. 286/1999 - anche se nella configurazione organizzativa del ministero assume rilievo particolare il ruolo attribuito al capo di gabinetto, che non solo coordina le attività degli uffici di diretta collaborazione, ma deve assicurare anche il "raccordo" fra indirizzo politico e compiti del segretario generale.

Il ruolo di quest'ultimo è, a sua volta, non del tutto determinato, comprendendo sia funzioni di coordinamento nei confronti dei direttori generali e di organizzazione dei servizi generali, sia funzioni di trasmissione dell'indirizzo politico del ministro.

Ancora sul piano dell'organizzazione, rileva la distinzione, comune anche ad altri regolamenti, fra personale addetto agli uffici di diretta collaborazione e personale di supporto agli stessi uffici: questo secondo contingente di personale, che non può superare la metà del primo, è fornito dal segretario generale, insieme alle risorse strumentali. La distinzione è significativa perché, a differenza che nel passato, l'attività di diretta collaborazione ne risulta definita per i contenuti e non per l'assegnazione ad una struttura: essa richiede, quindi, particolari competenze e non si estende automaticamente alle attività di supporto (ad esempio: autisti, custodi, etc.), che rimangono attratte negli ordinari servizi di carattere generale.

Rimane da dire, infine, di altri uffici che, pur essendo richiamati o disciplinati nel regolamento, non sono uffici di diretta collaborazione. Fra essi rientrano il comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, posto in posizione di dipendenza funzionale rispetto al ministro e alcuni organi consultivi, quali il consiglio per i beni culturali e ambientali, il comitato per i problemi dello spettacolo, i comitati tecnico-scientifici, la conferenza dei presidenti delle commissioni regionali per i beni culturali e ambientali.

Il regolamento interviene, in particolare, sulla composizione e le funzioni del consiglio per i beni culturali e ambientali e dei comitati tecnico-scientifici, attribuendo il supporto strumentale per il primo al gabinetto e per i secondi alle direzioni generali. Si è così realizzata una delegificazione della disciplina dettata con l'articolo 4 del d.lg. 368/1998, peraltro già "autorizzata" dal comma 6 dello stesso articolo.

 

3. Conclusioni

Gli uffici di diretta collaborazione dovrebbero passare, con il nuovo regolamento, dall'ausilio "all'opera personale del ministro", come si leggeva nel previgente regio decreto, allo svolgimento di un'attività di diretta collaborazione volta a supportare un indirizzo politico ormai separato dalla gestione e non più sovrapposto ad essa.

La scommessa sta, quindi, nella capacità di reperire e utilizzare le competenze e le professionalità necessarie alla determinazione degli indirizzi e delle priorità, al monitoraggio del processo di attuazione, al controllo dei risultati, all'accumulo di conoscenze ed esperienze, alla correzione e continua verifica delle scelte fatte e del modo di fare le scelte. Senza la costruzione della funzioni di indirizzo politico e senza la capacità di "attrezzarla" seriamente in termini di competenze e, organizzazione e risorse, viene a mancare una condizione necessaria ed essenziale della stessa distinzione fra politica e amministrazione e della conseguente distribuzione di responsabilità in capo alla classe politica e alla dirigenza amministrativa.



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